Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: acidosolforic0    02/01/2022    0 recensioni
Prompt: "Show me where it hurts".
Tematiche affrontate: bullismo.
Genere: Generale, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Eren si stava dirigendo verso la sua scuola: finalmente l'ultimo anno delle scuole medie! Non vedeva davvero l'ora di finire quel periodo della sua vita; non che qualcosa andasse storto, anzi, ma non vedeva l'ora di iniziare un nuovo capitolo della sua vita, dare aria di cambiamento alla sua giovane esistenza. 

Era una mite gioranata di inizio settembre, un venticello soffiava timidamente nell'aria mentre, al contrario, il sole batteva forte, dando l'idea di essere ancora in vacanza, anche se non era così. 

Mentre il giovane attraversava la strada, strinse con le mani le spalline del suo zaino, sentendosi quasi più al sicuro. Passò accanto un bar e, nel momento in cui pensò di entrare per comprarsi un cornetto da consumare in seguito a ricreazione, sentì il suo telefono vibrare in tasca. Si sbrigò ad estrarlo e si spostò dall'ingresso della locanda e, leggendo il nome sullo schermo, rispose senza pensarci due volte. Non era da lui chiamare per telefono di mattina: erano abituati a trovarsi davanti scuola senza bisogno di accordarsi. 

"Armin? Che succede?" domandò allarmato Eren. 

Nessuna risposta giunse al suo udito, e ciò aumentò la sua preoccupazione. 

"E... ren" la voce del suo migliore amico era debole e poco convinta. 

"Che sta succedendo?" chiese ancora, tesissimo. Si era già fatto un'idea di ciò che potrebbe essere successo all'amico, ma sperava con tutto sé stesso di sbagliarsi. 

"È successo di nuovo..." mormorò singhiozzando. Si sentiva quanto la sua voce fosse spezzata dal pianto soltanto da quella breve frase. 

Eren perse un battito sentendo le sue ipotesi venir confermate. Sbarrò gli occhi. 

"Dove sei?" domandò, guardandosi attorno, come per cercarlo. 

"Al parco vicino Trost" disse piano. 

"Arrivo subito!" esclamò Eren, chiudendo poi la chiamata. 

Fece mente locale e cambiò direzione, tornando indietro. Correva. 

Superò la biblioteca, il supermercato, la gelateria e dopo altri 300 metri circa raggiunse la tavola calda Trost, vicino la quale c'era il parco. Si avvicinò all'entrata, coperta da dei cipressi, ed aprì il cancelletto, guizzando gli occhi per tutto il territorio. 

Vide il suo migliore amico dopo pochi istanti: era seduto su di una panchina, teneva il capo chino e si poteva notare, nonostante l'ampia distanza, il fatto che stesse tremando. Eren si sistemò lo zainetto sulle spalle, poi si incamminò a passo spedito verso l'amico. 

Quando fu davanti a lui si inginocchiò alla sua altezza posando una mano sulle sue, giunte in un intreccio e tremanti. A quel contatto il biondo smise di tremare ed alzò lo sguardo verso l'altro, che lo guardava dolcemente. 

«Sei qui.» mormorò. Le lacrime riempivano i suoi occhioni azzurri, tristi e vuoti. 

«Certo che sono qua.» rispose Eren, mantenendo il contatto visivo. 

Armin scoppiò nuovamente in lacrime e, tra i singhiozzi, cercava di parlare, farfugliava qualcosa in modo confuso; forse delle scuse o delle giustificazioni, conoscendolo, pensò Eren. 

«Scusa se ti ho chiamato, sicuramente s-stavi facendo qualcosa di più i-importante che venire a consolare me...» abbassò nuovamente lo sguardo, smettendo però di singhiozzare. Vedere il suo più caro amico ridotto così distrusse nuovamente il cuore di Eren. 

«Non dire stupidaggini, Armin.» lo contraddisse il moro. Strinse la presa sulle sue mani, così pallide e delicate – aveva quasi paura di romperlo, quasi fosse fatto di porcellana – cercando di rassicurarlo il più possibile. Restarono così, in silenzio, per una manciata di minuti, finché il biondo non smise di piangere del tutto. 

«Meglio?» domandò poi Eren, accarezzandogli il dorso della mano sinistra. Il suo migliore amico annuì lentamente, tornando a guardarlo negli occhi. 

«Mostrami dove ti fa male.» sussurrò il moro, usando il tono più delicato e apprensivo possibile. 

Armin s'irrigidì, ma lo fece ugualmente. Sfilò le sue mani dalla dolce presa dell'amico e si indicò l'addome ed il volto. Fu solo in quel momento che Eren notó la pelle chiazzata di rosso sul suo viso angelico e pallido. Si potevano vedere chiaramente dei piccoli taglietti sugli zigomi e del sangue che ne usciva. Il biondo sollevò a malapena la sottile stoffa blu della sua t-shirt, mostrando all'altro le chiazze già bordeaux che si trovavano sulla sua pelle, altrimenti immacolata. 

Eren sgranò gli occhi, ma non era più così sorpreso: Armin era vittima di bullismo da diversi anni ormai, ed ogni singola volta era lì per lui a sostenerlo e cercare di farlo stare meglio. Sapeva bene cosa fare per curargli le ferite, e l'avrebbe fatto altre mille volte, oltre alle decine di occasioni passate. 

Si sfilò lo zainetto e lo aprì con fretta, estraendone immediatamente una bottiglietta d'acqua fresca. L'aprì e nel frattempo prese anche un pacchetto di fazzoletti, dal quale si premurò di estrarne un paio; furono inumiditi subito dall'acqua ed iniziò a tamponare delicatamente le ferite. Lo fece con estrema premura e dolcezza; picchiettò piano il suo viso, poi l'addome, sentendo l'amico sospirare. 

«Grazie Eren.» disse Armin, una volta che il moro finì e si sedette accanto a lui sulla panchina. 

Il moro sorrise e si voltò verso l'altro: aveva un livido ormai formato attorno all'occhio destro, un cerotto sullo zigomo sinistro e due su quello destro. Aveva cercato di mascherare le chiazze violacee alla buona con del correttore – Armin era solito portarlo con sé, così come i cerotti – ma purtroppo si notava ugualmente la sua brutta cera. 

«Giuro che quei bastardi un giorno li ammazzo.» borbottò Eren, riferendosi alle persone che tormentavano il suo amico. 

Armin ridacchiò e scosse piano il capo, prendendo poi una sorsata d'acqua dalla bottiglietta, ormai vuota per metà. 

«Cambiando discorso, oggi a scuola non ci andiamo.» aggiunse il moro, prendendo la mano del biondo, che lo guardò confuso. 

«Dirò a mia madre di essermi sentito male nel tragitto, e tu starai con me! Possiamo fare una sessione intensa di videogiochi se vuoi.» spiegò, convinto. 

Armin si lasciò convincere, non troppo facilmente data l'importanza che riponeva nell'istruzione, ed infine si lasciò trascinare a casa Jaeger.

   
 
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