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Autore: Lisbeth Salander    04/01/2022    7 recensioni
Si era rassegnato dal primo momento in cui aveva messo piede nella strada magica più famosa di Londra: a Diagon Alley, durante le feste natalizie, era assolutamente improbabile (se non impossibile) non incontrarlo.
Anni ad evitarsi e poi si sarebbero ritrovati faccia a faccia, pieni di pacchi tra le braccia, vittime inevitabili di quel silenzio imbarazzante che può calare solo tra due che si sono amati disperatamente un tempo e sono finiti per diventare estranei.
[Questa storia partecipa all'iniziativa "Regali d'inchiostro tra i tavoli del pub" indetta dal gruppo Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta"]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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A Marti


All too well

(it was rare, I was there, I remember it… all too well)


 
Si era rassegnato dal primo momento in cui aveva messo piede nella strada magica più famosa di Londra: a Diagon Alley, durante le feste natalizie, era assolutamente improbabile (se non impossibile) non incontrarlo.
Anni ad evitarsi e poi si sarebbero ritrovati faccia a faccia, pieni di pacchi tra le braccia, vittime inevitabili di quel silenzio imbarazzante che può calare solo tra due che si sono amati disperatamente un tempo e sono finiti per diventare estranei.
È per questo che Scorpius non si stupisce nel vederlo lì, che ride e scherza fuori dall’atelier nuovo di zecca di sua cugina Lucy. 
È andato nella tana del lupo consapevole e curioso, perché, da quando ha scoperto che era rientrato in Gran Bretagna, una parte di lui non vedeva l’ora di sapere che n’era stato di Albus Severus Potter, l’uomo che gli aveva spezzato il cuore anni prima, che da un giorno all’altro era sparito dalla sua vita. 
Scorpius si era trovato a pensare alla loro storia innumerevoli volte, cercando di capire se avesse potuto cogliere prima i segnali di quella storia così traballante, se la vera natura di Albus fosse sempre stata quella così casualmente crudele com’era stata alla fine.


Tre anni prima


Un giorno dovrà decidersi a spiegare ai suoi familiari per quale ragione scappa in Irlanda così spesso, un giorno dovrà dire ai suoi della sua relazione con Albus e quel giorno dovrà prendere il coraggio a due mani spiegando ai genitori che la secolare dinastia dei Malfoy è arrivata presumibilmente alla sua fine.
Un giorno — non troppo tardi — dovrà raccontare di quell’amore nato tra i banchi di scuola anni prima, di quell’amicizia incomprensibile ai più che ha malcelato una passione bruciante. 
La verità brutale, difficile, fastidiosa è che per lui è sempre esistito solo Albus. Tutti i tentativi fatti con qualcun altro sono stati fatti cercando di ignorare le sensazioni che gli ha sempre dato il suo compagno di dormitorio, il suo compagno di banco, il suo migliore amico.
È strano a dirsi ma c’è una parte di sé che non vede l’ora di fare quel bagno di verità, di guardare i suoi genitori e i suoi nonni e dire senza giri di parole «Io mi sono innamorato di Albus Severus Potter».
Albus non è una persona semplice e Scorpius non ha mai capito se sia più a causa di chi è figlio o se sia la sua natura ad essere dannatamente complicata ma è quel suo carattere così indecifrabile ed imprevedibile ad averlo fatto capitolare senza che neanche se ne rendesse conto. 
Parlare con Albus anche semplicemente della loro storia, delle loro prospettive è più complicato di prendere il Boccino alla Coppa del Mondo di Quidditch. Albus scappa da ogni conversazione più impegnativa, evita di dare nomi e definizioni ai rapporti se non quando assolutamente costretto.
«Devo dirti una cosa».
Albus non lo guarda neanche mentre infrange silenzi e pensieri. Ciondola sui due piedi, fissandosi le scarpe, in un’abitudine che ha sin da quando erano due novellini del primo anno.
«Mi hanno preso in un programma di scambio con il M.A.C.U.S.A. Mi trasferisco negli Stati Uniti».
«Quando?».
«Tra tre giorni».
Scorpius resta sospeso mentre nell’aria riecheggia ancora quell’informazione di cui non sa esattamente cosa fare.
«Potrei venire con te», azzarda.
Albus ghigna ed è con quel ghigno che Scorpius dovrebbe capire che è finita, non insistere, lasciar andare.
«No».
«Be’ , quando torni?».
«Non lo so, Scor. Non so neanche se torno».
«E cosa dovrei fare io?».
Albus scrolla le spalle con quel fare strafottente che ha sempre irretito Scorpius e che adesso non fa altro che ferirlo a morte.
«Rispondimi. Non mi vuoi lì, non sai se torno. Quindi? Che cosa ne sarà di me, di noi?».
«La risposta mi sembra abbastanza ovvia».
«Non lo è».
«Scor, questa tiritera del cazzo va avanti da anni. Lo abbiamo sempre saputo che ad una certa sarebbe finita così».
«Questa tiritera del cazzo, come la chiami tu, va avanti da anni perché tu non sei mai sicuro ma io lo sono».
«Sì, tu lo sei sempre stato».
«Ma tu no».
«No, io no».
«Perché?».
È l’unica domanda da fare, forse era l’unica domanda da fare anni prima, in tutte le fughe e i ritorni di Albus, in tutte le volte che si è sentito dire che era indeciso, che non sapeva cosa provasse, che aveva incontrato qualcun altro che lo intrigava, che doveva decidere. 
«Perché non possiamo salutarci bene e andare ognuno per la nostra strada?».
«Perché io ti amo, Albus, e fino a neanche mezz’ora fa in teoria mi amavi anche tu ed ero convinto che ci fosse altro per noi e scusami tanto se non faccio i salti di gioia all’idea che tu vada dall’altro lato del mondo e non mi voglia con te».
«Guardiamo in faccia alla realtà, Scor. La tua famiglia detesta cordialmente la mia e la mia disprezza altrettanto cordialmente la tua. Per i miei genitori con i miei fratelli è sempre venuto tutto facile, ma io sono stato il figlio scomodo, scontroso, difficile da capire, smistato in una Casa diversa. I miei amici sono figli di gente che ha ucciso amici dei miei genitori, figli di gente che gli ha puntato la bacchetta contro, che li avrebbe consegnati a Voldemort in un battito di ciglia. Con me hanno dovuto fare fatica, costringersi a sorrisi, ad essere affabili perché odiavano l’ambiente in cui ero immerso e le persone da cui ero circondato. Non ho intenzione di percorrere questa strada, Scorpius, di discutere con loro, di rendergli di nuovo la vita difficile, di rendermi da solo la vita difficile. Non ho intenzione di macchiare il nome di famiglia per una relazione in cui non so rimanere. Diciamoci la verità: siamo stati insieme la prima volta che avevamo quindici anni; ne sono passati sette anni da allora e ancora veniamo nel cottage irlandese della tua famiglia perché nessuno possa scoprirci, per restare in segreto perché alla fine neanche noi sappiamo che fare. Siamo stati tante cose tu ed io insieme, ma la verità è che nel mondo reale non possiamo essere niente».
Si lascia cadere sul letto perché è la prima volta che Albus vomita tutte quelle parole, la prima volta che dice una verità che è sempre stata nascosta tra gli innumerevoli non detti. Se, di solito, si limita a scrollare le spalle con l’aria strafottente e a lasciar cadere ogni problema, questa volta ha detto proprio tutto.
«Hai mai pensato sul serio a noi insieme? A una vita solo nostra?».
Si pente di quella domanda nel momento esatto in cui le parole scivolano dalla sua bocca. Non vuole sentire quella risposta, non vuole scontrarsi con l’idea di essere stato solo una storia senza speranza.
«No».


Come sempre è circondato dalla sua famiglia, da quella famiglia che non ha voluto affrontare, prigioniero di vecchi schemi.
Alza la mano non appena lo vede con un sorriso innaturalmente affabile, come se l’ultima volta che si sono visti non lo avesse fatto a pezzi, come se non avesse lacerato una relazione in cui aveva creduto con tutto se stesso.
Uno, due, tre passi. 
Tre passi e lo ha di nuovo di fronte, come se non fossero passati anni, come se fossero solo due compagni di scuola che si incontrano dopo tempo, come se non si fossero amati per tanti anni.
«Diana mi aveva accennato del tuo ritorno. Bentornato».
«L’ho incontrata qualche settimana fa. Tua cugina è sempre in ottima forma».
«Anche le tue se la cavano» dice alludendo al nuovo atelier di Lucy.
«Madama McLan non è stata particolarmente felice ma lo desiderava da tempo. Ti ricordi quella volta che organizzò la sfilata e ci chiese di fare da modelli?».
Scorpius annuisce nel tentativo di non tradire nessuna emozione, passando al setaccio ogni dettaglio del viso di Albus, perché non sa se è cattiveria gratuita o semplice noncuranza ed è difficile da dire, dopo tutti quegli anni, che cosa sia peggio.


Sette anni prima


C’è ancora imbarazzo nonostante entrambi si siano ripetuti che non accadrà più, che è stata colpa del FireWhisky che Albus ha sgraffignato dalle scorte che Hannah Paciock ha mandato ai suoi genitori. 
È stato quasi facile ignorare il bacio che si sono scambiati la notte di Capodanno, unici della loro Casa ad aver fatto ritorno ad Hogwarts, rifilando scuse a genitori e nonni. 
È stato facile dimenticare di essere andati ben oltre il bacio appassionato, di essersi accarezzati, toccati dimentichi per un po’ di qualsiasi freno inibitorio.
È stato lui a tirarsi indietro, a riacquistare lucidità lì dove Albus sembrava averla persa del tutto, temendo le conseguenze, temendo che quel loro rapporto così complicato potesse prendere una piega di non ritorno. 
È stato lui a dire che se ne sarebbero pentiti il giorno seguente, che era stata tutta colpa dell’alcol.
È stato incredibilmente difficile il giorno seguente al risveglio quando l’imbarazzo non andava via, perchè il FireWhiskey era stato in grado di eliminare i freni inibitori ma non di annebbiare i ricordi.
La sfilata organizzata da Lucy Weasley per il 1 gennaio aveva coinvolto tutti gli innumerevoli cugini e i loro amici e Albus lo aveva costretto a prendervi parte.
Ogni movimento, ogni singola parola gli erano costate il doppio, in quell’ambiente familiare in cui ha sempre avuto la sensazione d’essere fuori posto.
«Grazie per oggi» gli sussurra Albus quando tornano in dormitorio.
«Te lo avevo promesso e tua cugina mi sarebbe venuta a prendere per le orecchie se non mi fossi presentato».
«Sì, Lucy ha questi suoi momenti».
Albus gli sorride ed è dannatamente difficile non pensare alla sera prima, ai mille piccoli momenti in cui gli è sembrato di poter essere ricambiato.
«Senti, Scor…».
«Dimmi».
«Io non me ne sono pentito». 
Uno, due, tre passi. 
Albus lo bacia e non aspetta la risposta — non lo fa mai forse perché sa già, forse perché non gli interessa, forse perché non vuole ascoltare nulla di quello che non piace a lui.
In realtà, Scorpius non ha bisogno di rispondere in altro modo se non slacciando il mantello disegnato e cucito da Lucy Weasley in persona.


«Mi ricordo bene, Al. Ricordo tutto molto bene».
Anche questa volta le parole scivolano via più veloci del solito, prima ancora che Scorpius se ne renda conto.
È forse la prima volta che un lieve cenno di imbarazzo fa capolino sul suo volto ma Albus la soffoca prima ancora che Scorpius possa decidere di darle seguito. 
Se c’è una cosa che ha imparato da lui in tutto quel tempo, da tutta la loro storia, è che Albus fa così con qualsiasi emozione, qualsiasi sentimento. Taglia la corda ancor prima che gli altri si accorgano di cosa sta provando.
«Ti sei sposato». 
Lo dice così, come se stesse parlando del tempo, come se quella notizia non contasse nulla, come se Scorpius non gli avesse detto che avrebbe voluto sposare lui.
«Sì. È incinta».
Sul volto di Albus compare ancora una volta quel ghigno con un barlume di soddisfazione insopportabile, come se volesse rivendicare le proprie ragioni, come se volesse dirgli ancora che tanto sarebbe comunque dovuta andare così, che non c’era futuro per loro due, che lui doveva continuare la dinastia e lui vivere nel nome e all’altezza di quella sfilza di eroi.
«Congratulazioni. Saranno tutti al settimo cielo».
C’è qualcosa di tagliente nel modo in cui Albus si congratula con quella gentilezza che stride tanto con il suo carattere spesso ombroso e lunatico.
«Se non potevi essere tu, tanto valeva fare quello che si aspettavano da me».
«Non potevo essere io, Scorpius». 
«Non potevi perché non lo volevi».
«Non potevo perché non saremmo mai stati felici insieme».
«Hai deciso tutto tu, Albus, ma vedo che non hai alcun rimpianto».
«Tu ne hai?».
«Come se t’importasse».
«Te l’ho chiesto».
Stavolta è Scorpius a scrollare le spalle e a decidere di non rispondere, di portare con sé quell’ultima risposta, a lasciare il dubbio che qualche volta quello che avevano lui e Albus gli possa essere mancato. 
«Ci vediamo in giro, Al. Stammi bene».
Gli volta le spalle. 
Uno, due, tre passi.
Dall’altro lato della strada c’è una vita a cui ha deciso di adattarsi, una vita già tracciata, già scritta, secondo le regole, anche se avrebbe voluto sparigliare le carte, anche se avrebbe dato tutto per un’ultima notte con lui, anche se l’uomo che ama da una vita è uno stronzo e l’ha lasciato apparentemente senza mai guardarsi indietro. Sarà stata quell’assurda convinzione che ha maturato a quindici anni, quando ha fatto l’amore con cui per la prima volta, di non poter mai amare un’altra persona come ha amato lui ad averlo fatto vivere così sospeso in tutti quegli anni che sono stati lontani.
Lo ha rivisto e nulla è andato via, perché, se fosse possibile, tornerebbe ancora in quel cottage in Irlanda, dove non potevano essere visti da nessuno e il mondo poteva essere chiuso fuori.
«Scor».
La voce di Albus lo richiama dall’altro lato della strada ed è appena distinguibile nel vociare di persone che vanno e vengono, inconsapevoli di passare esattamente in mezzo alla vita che Scorpius Malfoy voleva e a quella di cui si è dovuto accontentare.
Scorpius si volta cercando il suo viso tra la gente.
«Nella mia stanza c’è ancora la tua sciarpa, quella che hai lasciato quando siamo andati a vedere la Coppa del Mondo».
Adesso lo sa. Non è noncuranza, non è neanche cattiveria. È qualcosa che somiglia al rimpianto e alla nostalgia di un tempo passato in cui si è stati felici e che non può tornare.
«È lì da tanti anni. È giusto che la tenga tu».


 
Time won't fly, it's like I'm paralyzed by it
I'd like to be my old self again
But I'm still trying to find it
After plaid shirt days and nights when you made me your own
Now you mail back my things and I walk home alone
But you keep my old scarf from that very first week
'Cause it reminds you of innocence
And it smells like me
You can't get rid of it
'Cause you remember it all too well, yeah
(Taylor Swift - All too well)

Note: Ehm ehm ehm, torno dopo un LUUUUNGO periodo di inattività e di crisi di ispirazione con una dedica per la mia amica Marti Lestrange, che oggi compie gli anni. In realtà, anche se non li avesse compiuti proprio oggi, questa storia sarebbe stata in ogni caso dedicata a lei, innanzitutto perché ispirata ad una canzone di Taylor Swift e poi perché è stata la prima autrice in assoluto a farmi considerare Albus e Scorpius come coppia. 
È stata scritta un po' in fretta, anche se è nella mia mente da un bel po' ma l'ispirazione è ballerina e questo è stato il meglio che sono riuscita a fare, anche se volevo scrivere una exes to lovers ma chissà magari avrà un seguito o magari no.
Nella storia ho disseminato alcuni headcanon, come Lucy con la passione della moda o Albus che lavora alla Cooperazione magica (anche se questo non esplicitato). Per quanto legga parecchio della Nuova Generazione non ne scrivo spesso e questo è un tentativo minuscolo. 
Sperando di non aver fatto troppi disastri... eccomi qui.
Un abbraccio,
Fede 

 
   
 
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