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I wish I’d known these stones were something I could save
Jaskier. Fu come una crosta strappata da una ferita non rimarginata a dovere, che sanguina ancora. Una ferita stuzzicata ogni volta che aveva sentito le corde di un liuto tra il vociare di una taverna, ogni volta che aveva visto un farsetto sgargiante sparire tra la folla.
Era una ferita cui Geralt non aveva permesso di guarire, perché sapeva di meritarsi quel dolore leggero ma costante, che poteva esplodere in maniera inaspettata.
Non aveva il diritto di chiedere, ma lo fece comunque: «Che tipo di guai?».
Oxenfurt era caotica, sporca, variopinta, piena di vita. Sapeva quanto Jaskier la amasse, e sapeva che spesso ci passava l’inverno, dividendosi tra le osterie e l’università. Oxenfurt offriva divertimenti, piacere, lusso, vita; tutto ciò che Geralt non aveva mai saputo dare a Jaskier.
Ma era perso. Doveva riconoscerlo: era rimasto solo, finalmente solo, come aveva sempre voluto, e ci voleva una gran faccia tosta ad andare a cercare proprio la persona che aveva cacciato in cerca di quel benedetto silenzio. Tuttavia, la preoccupazione per Ciri scavava dentro di lui fino a sovrastare il… qualunque cosa fosse quel groviglio doloroso che il pensiero di Jaskier gli procurava, che, a ben vedere, gli aveva sempre procurato.
Era complicato persino trovarlo: Geralt non voleva attirare ulteriore attenzione su se stesso e sul bardo, quindi cercò di essere il più discreto possibile. Oxenfurt, però, sembrava aver ingoiato Jaskier, e non volerlo restituire a Geralt. O forse… forse era Jaskier stesso a non voler essere trovato: non c’era forse un pazzo incendiario che gli dava la caccia? E, magari, Jaskier non voleva essere trovato anche da… qualcun altro.
Geralt si rifiutò testardamente di approfondire quel pensiero. Doveva pensare a Ciri e a dove diavolo Yennefer l’avesse portata, e a cosa cazzo stesse pensando Yennefer.
Un sospetto gli si insinuò strisciando nella mente: che Yennefer non avesse affatto incontrato Jaskier a Oxenfurt, che Jaskier non fosse mai stato a Oxenfurt ultimamente. O forse Yennefer non era mai andata lì: cosa ci avrebbe fatto Yennefer a Oxenfurt, dopotutto? E non era davvero il colmo, una coincidenza incredibile che si fosse imbattuta proprio nella persona che di solito evitava come la peste?
Geralt respirò profondamente e si guardò intorno, cercando di capire dove fosse. Alla sua destra c’era un edificio che aveva tutta l’aria di essere la prigione della città.
Qualcosa solleticò la sua attenzione: un suono, un suono che conosceva bene…
«Sometimes it takes a prison cell…»
Quante, quante volte Geralt aveva sentito quella voce improvvisare una ballata su cose banali come accendere il fuoco e preparare l’accampamento.
«Go fuck yourself, you whoreson! ‘Cause you’re through fucking with me!»
Be’. Se mai avesse avuto dei dubbi prima, ora era inequivocabile, la nota sarcastica e polemica che non andava a intaccare la melodia. Persino in una canzone stupida e volgare come quella, Jaskier riusciva a trovare l’armonia e a metterci l’anima. Geralt ricordava ancora come quelle note infernali della Figlia del Pescatore gli si fossero piantate nel cervello per due settimane buone. Nessuna sorpresa, però, considerato che l’autore della canzone si era piantato nella vita di Geralt senza alcuna intenzione di andarsene. Almeno finché Geralt stesso non aveva… fatto quello che aveva fatto.
Geralt prese un altro respiro ed entrò.
«… neanche se ve lo infilassi su per il – Geralt». Era passato tanto tempo da quando qualcuno aveva pronunciato il suo nome in maniera così morbida e così… dolorosa. Forse nessuno, tranne Jaskier, l’aveva mai fatto.
La verità era che Geralt non aveva mai pensato a cosa dirgli; ma, se anche l’avesse fatto, probabilmente non sarebbe riuscito a dire granché. La cosa che aveva nel petto gli era risalita in gola e bloccava ogni parola che avrebbe potuto pronunciare. Che avrebbe dovuto pronunciare.
Jaskier sembrava più magro e sciupato dell’ultima volta che l’aveva visto, gli occhi ancora più grandi di come Geralt li ricordava. Non che avesse passato notti fredde, mentre vegliava Ciri, a cercare di imprimersi il colore e la forma di quegli occhi nella memoria, il modo in cui si illuminavano quando la risata contagiosa del bardo arrivava ad accenderli, perché era convinto che non li avrebbe più rivisti. Assolutamente no.
Fu Jaskier a rompere gli indugi, come sempre. Coraggioso e ingenuo e buono, nonostante tutto, buono a tal punto da regalare abbracci immeritati, a vent’anni come adesso.
Se Geralt fosse stato migliore, non avrebbe accettato quell’abbraccio. Ma, come molte cose che riguardavano Jaskier, si ritrovava egoista e terribilmente debole.
I am weak, my love, and I am wanting…
No. Non c’era tempo per questo, e non c’era tempo nemmeno per stringere Jaskier. Era effettivamente più magro: Geralt avvertì la forma delle costole sotto quell’assurda giacca, e avvertì un leggero tremore nella mano destra di Jaskier e…
«Mi sei mancato anche tu» buttò fuori, lasciandolo andare. Oh, che presunzione, strigo, dare per scontato che Jaskier avesse sentito la sua mancanza, che avesse desiderato rivederlo quanto Geralt aveva desiderato rivedere lui…
Ciri. Doveva pensare a lei, a lei e basta, non allo sguardo ferito e arrabbiato di Jaskier, o a come evitasse accuratamente i suoi occhi.
Dopo. Dopo, Geralt promise, gli avrebbe chiesto tutto quel che era successo, e il perché della prigione, e gli avrebbe anche detto tutto, o forse ci avrebbe solo provato, e forse l’avrebbe abbracciato di nuovo e… poi non lo sapeva. Vide Jaskier alzare il mento, con quel moto fiero che ogni tanto guizzava in lui.
«Bene».
La sua spalla, nonostante tutto, era solida e calda anche attraverso il guanto di pelle.
Era una ferita cui Geralt non aveva permesso di guarire, perché sapeva di meritarsi quel dolore leggero ma costante, che poteva esplodere in maniera inaspettata.
Non aveva il diritto di chiedere, ma lo fece comunque: «Che tipo di guai?».
Oxenfurt era caotica, sporca, variopinta, piena di vita. Sapeva quanto Jaskier la amasse, e sapeva che spesso ci passava l’inverno, dividendosi tra le osterie e l’università. Oxenfurt offriva divertimenti, piacere, lusso, vita; tutto ciò che Geralt non aveva mai saputo dare a Jaskier.
Ma era perso. Doveva riconoscerlo: era rimasto solo, finalmente solo, come aveva sempre voluto, e ci voleva una gran faccia tosta ad andare a cercare proprio la persona che aveva cacciato in cerca di quel benedetto silenzio. Tuttavia, la preoccupazione per Ciri scavava dentro di lui fino a sovrastare il… qualunque cosa fosse quel groviglio doloroso che il pensiero di Jaskier gli procurava, che, a ben vedere, gli aveva sempre procurato.
Era complicato persino trovarlo: Geralt non voleva attirare ulteriore attenzione su se stesso e sul bardo, quindi cercò di essere il più discreto possibile. Oxenfurt, però, sembrava aver ingoiato Jaskier, e non volerlo restituire a Geralt. O forse… forse era Jaskier stesso a non voler essere trovato: non c’era forse un pazzo incendiario che gli dava la caccia? E, magari, Jaskier non voleva essere trovato anche da… qualcun altro.
Geralt si rifiutò testardamente di approfondire quel pensiero. Doveva pensare a Ciri e a dove diavolo Yennefer l’avesse portata, e a cosa cazzo stesse pensando Yennefer.
Un sospetto gli si insinuò strisciando nella mente: che Yennefer non avesse affatto incontrato Jaskier a Oxenfurt, che Jaskier non fosse mai stato a Oxenfurt ultimamente. O forse Yennefer non era mai andata lì: cosa ci avrebbe fatto Yennefer a Oxenfurt, dopotutto? E non era davvero il colmo, una coincidenza incredibile che si fosse imbattuta proprio nella persona che di solito evitava come la peste?
Geralt respirò profondamente e si guardò intorno, cercando di capire dove fosse. Alla sua destra c’era un edificio che aveva tutta l’aria di essere la prigione della città.
Qualcosa solleticò la sua attenzione: un suono, un suono che conosceva bene…
«Sometimes it takes a prison cell…»
Quante, quante volte Geralt aveva sentito quella voce improvvisare una ballata su cose banali come accendere il fuoco e preparare l’accampamento.
«Go fuck yourself, you whoreson! ‘Cause you’re through fucking with me!»
Be’. Se mai avesse avuto dei dubbi prima, ora era inequivocabile, la nota sarcastica e polemica che non andava a intaccare la melodia. Persino in una canzone stupida e volgare come quella, Jaskier riusciva a trovare l’armonia e a metterci l’anima. Geralt ricordava ancora come quelle note infernali della Figlia del Pescatore gli si fossero piantate nel cervello per due settimane buone. Nessuna sorpresa, però, considerato che l’autore della canzone si era piantato nella vita di Geralt senza alcuna intenzione di andarsene. Almeno finché Geralt stesso non aveva… fatto quello che aveva fatto.
Geralt prese un altro respiro ed entrò.
«… neanche se ve lo infilassi su per il – Geralt». Era passato tanto tempo da quando qualcuno aveva pronunciato il suo nome in maniera così morbida e così… dolorosa. Forse nessuno, tranne Jaskier, l’aveva mai fatto.
La verità era che Geralt non aveva mai pensato a cosa dirgli; ma, se anche l’avesse fatto, probabilmente non sarebbe riuscito a dire granché. La cosa che aveva nel petto gli era risalita in gola e bloccava ogni parola che avrebbe potuto pronunciare. Che avrebbe dovuto pronunciare.
Jaskier sembrava più magro e sciupato dell’ultima volta che l’aveva visto, gli occhi ancora più grandi di come Geralt li ricordava. Non che avesse passato notti fredde, mentre vegliava Ciri, a cercare di imprimersi il colore e la forma di quegli occhi nella memoria, il modo in cui si illuminavano quando la risata contagiosa del bardo arrivava ad accenderli, perché era convinto che non li avrebbe più rivisti. Assolutamente no.
Fu Jaskier a rompere gli indugi, come sempre. Coraggioso e ingenuo e buono, nonostante tutto, buono a tal punto da regalare abbracci immeritati, a vent’anni come adesso.
Se Geralt fosse stato migliore, non avrebbe accettato quell’abbraccio. Ma, come molte cose che riguardavano Jaskier, si ritrovava egoista e terribilmente debole.
I am weak, my love, and I am wanting…
No. Non c’era tempo per questo, e non c’era tempo nemmeno per stringere Jaskier. Era effettivamente più magro: Geralt avvertì la forma delle costole sotto quell’assurda giacca, e avvertì un leggero tremore nella mano destra di Jaskier e…
«Mi sei mancato anche tu» buttò fuori, lasciandolo andare. Oh, che presunzione, strigo, dare per scontato che Jaskier avesse sentito la sua mancanza, che avesse desiderato rivederlo quanto Geralt aveva desiderato rivedere lui…
Ciri. Doveva pensare a lei, a lei e basta, non allo sguardo ferito e arrabbiato di Jaskier, o a come evitasse accuratamente i suoi occhi.
Dopo. Dopo, Geralt promise, gli avrebbe chiesto tutto quel che era successo, e il perché della prigione, e gli avrebbe anche detto tutto, o forse ci avrebbe solo provato, e forse l’avrebbe abbracciato di nuovo e… poi non lo sapeva. Vide Jaskier alzare il mento, con quel moto fiero che ogni tanto guizzava in lui.
«Bene».
La sua spalla, nonostante tutto, era solida e calda anche attraverso il guanto di pelle.