Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: psyco_mkr    06/01/2022    1 recensioni
Questa è la lettera in cui Hanji, una donna del '700 a cui non è mai stato permesso di vivere la sua vita in quanto essere a se stante ma solo in relazione ad un uomo, parla di quando ha deciso di compiere una scelta per rivendicare il suo diritto a decidere della propria vita e dell'unico uomo che l'ha trattata come un suo pari permettendole anche se per brevi istanti di vivere davvero. Si tratta di una Levi x Hanji
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mia adorata Sorella                                                                                                             
Non so se quando ti arriverà questa lettera sarai già a conoscenza di quello che è successo, in ogni caso ne sarai informata presto ma ho deciso comunque di scriverti, ci tenevo a raccontare ad una delle persone più importanti per me della prima e unica volta in cui ho cercato di avere controllo sulla mia vita.

Da quando sono nata mi hanno sempre insegnato che io, Hanji di Shiganshina figlia del Conte Zoe in quanto essere umano non esistevo, sono sempre stata di proprietà di un uomo. Appena nata appartenevo a mio padre che decideva con chi potevo o non potevo parlare, come dovevo vestirmi, cosa potevo o non potevo fare, ricordo ancora il disgusto con cui rispose alla mia richiesta di prendere in prestito dalla biblioteca dei libri di chimica, mi chiese perché dovesse prestare i suoi preziosi libri ad un essere stupito che con quelle nozioni non avrebbe potuto farci nulla visto che il mio ruolo era un altro. Ricordo quanto mi sentissi impotente il giorno del compimento dei tuoi quindici anni, quando ti inviò dall’altra parte del paese per sposare un uomo mai visto che aveva il doppio dei tuoi anni, piansi per giorni interi, facendo attenzione a non farmi sentire dalla governante. Non solo ti aveva trattato come una merce di scambio per rafforzare l’alleanza con il casato dei Jeager, ma mi aveva privato dell’unica persona a palazzo con cui potevo essere me stessa. Passai gli anni successivi come un guscio vuoto, facevo ciò che mi veniva detto di fare, leggevo ciò che mi era concesso leggere e conversavo solo con le persone con cui mi era permesso conversare, gli unici momenti in cui non mi sentivo un burattino nelle mani di qualcuno era durante quei pochi scambi epistolari che mi venivano concessi con te sorella mia.
Il giorno dei miei sedici anni fui data in moglie al Duca Smith, un uomo gentile, elegante e di bell aspetto, di rango superiore al mio, nonché membro della cerchia ristretta del principe. Tutti mi invidiavano, non facevano altro che dirmi quanto fossi fortunata ad aver trovato un uomo come lui, solo io sapevo che in realtà Erwin mi aveva sposata perché il padre lo aveva obbligato a generare degli eredi e io ero un buon partito, non mi considerava come un essere senziente ma un oggetto sul quale sfogare la sua rabbia o frustrazione a piacimento, un trofeo da mostrare orgogliosamente a corte e uno strumento per generare quel tanto decantato erede a prescindere che io fossi consenziente o meno, sinceramente i periodi delle gravidanze erano i miei preferiti, in quei casi per paura di nuocere alla creatura che portavo in grembo non mi picchiava e tendenzialmente non abusava di me, preferendo i bordelli, in questo modo avevo nove mesi di pausa. La mia vita non era cambiata di molto rispetto a quando vivevo a Shiganshina, le grandi differenze erano che ora ero proprietà di mio marito invece che di mio padre, il quale per evitare che mi distrassi dei miei doveri di moglie e madre mi impediva di scrivere a te, l’unica persona che fino a quel momento mi aveva considerata come tale e non come un oggetto da usare a proprio piacimento. Dopo qualche anno le cose migliorarono un pochino perché non mi sentivo più così sola, per quanto non siano venuti al mondo per mia volontà quelle piccole creature nate dal mio ventre erano gli unici che mi volevano genuinamente bene a palazzo, e che tenevano a me facendomi sentire amata. Fortunatamente erano tutti maschi, almeno a differenza mia avrebbero avuto controllo sulla loro vita.

Quando Armin, il primogenito, aveva 12 anni ci furono dei cambiamenti di servitù a palazzo, la mia nuova cameriera personale si chiamava Isabel, una ragazza empatica e genuina che riuscì a rendere la mia vita in quella gabbia dorata più sopportabile, giorno dopo giorno eravamo sempre più legate, divenne la mia unica amica e consigliera. In qualche modo era entrata nelle grazie di Erwin il quale di tanto in tanto le concedeva di prendere in prestito un libro da portare a casa a quelli che lei considerava suoi fratelli e che anche se lui non ne venne mai a conoscenza, lavoravano a corte come lei, da quando le parlai della mia passione per la chimica iniziò a prediligere libri che parlavano di scienza e prima di portarlo a casa lo faceva leggere a me in modo che finalmente potessi informarmi su quella materia che mi aveva sempre tanto affascinata, di tanto in tanto mi procurava anche dei quaderni per prendere appunti e insieme avevamo creato uno scomparto sotto il pavimento dove nascondere tutto. Dopo un po’ le parlai del mio desidero di poter compiere degli esperimenti per conto mio, per testare alcune ipotesi che avevo formulato leggendo l'ultimo manoscritto che mi aveva portato, Isabel mi consigliò di parlare con Erwin del mio “grande desidero” di coltivare delle rose, con lo scopo di donarle a lui e ai nostri figli, in modo che non me lo vietasse, in verità uno dei fratelli della mia salvatrice era il giardiniere e mi avrebbe dedicato un piccolo spazio nella serra dove svolgere i miei esperimenti che finalmente, dopo anni in cui mi era vietato anche solo immaginare di svolgerli, sarei stata libera di compiere. In cambio di qualche pagnotta in più lui si sarebbe preso cura di quei fiori al posto mio nel caso qualcuno si fosse messo a controllare.  
La prima volta che vidi Levi mi chiesi come tanto astio potesse essere concentrato in una persona così piccola, era taciturno, arrogante e tremendamente geloso delle sue piante, se mi ci avvicinavo troppo mi sgridava senza ritegno nonostante fossi la proprietaria della villa e mi faceva sempre le storie sul fatto che lasciassi in disordine lo sgabuzzino degli attrezzi quando finivo con i miei esperimenti, dopo i primi mesi iniziammo a parlare, e più parlavamo più mi rendevo conto che l’uomo antipatico che conoscevo in realtà indossava una maschera, al di sotto di questa si celava la persona più dolce, onesta e gentile che abbia mai conosciuto, con un po’di fatica, mi raccontò dell’orfanotrofio dove era cresciuto, di come avesse conosciuto Farlan (l’aiuto cuoco) e Isabel che considerava come dei fratelli minori, rimasi piuttosto sorpresa di sapere che avesse soltanto 20 anni, dal modo in cui parlava sembrava almeno dieci anni più vecchio, mi chiesi quante difficoltà avesse dovuto affrontare per essere stato costretto a crescere così in fretta. Il nostro rapporto mutò lentamente, inizialmente si limitò a sgridarmi di meno, poi una sera mentre recideva le rose per Erwin e i bambini, per mantenere la mia copertura, ne diede una anche a me dicendo che si era sbagliato e ne aveva tagliata una in più, ma più ci pensavo più capivo che un uomo meticoloso e preciso come lui non si fosse affatto sbagliato, era il suo modo di farmi capire che teneva a me, ma non osò mai agire in modo più esplicito. Qualche tempo dopo nello stanzino degli attrezzi mentre pulivamo i risultati fallimentari di un mio esperimento presi coraggio e dopo aver afferrato il colletto del suo camice da lavoro con le mani lo tirai verso di me, il bacio che ci scambiammo fu dolce ma un po’ frettoloso, ci mise qualche secondo per capire cosa avevo fatto, quando lo realizzò si lanciò su di me con un desiderio e una foga che mi fecero sentire desiderata, amata, speciale. Con Levi mi sentivo davvero libera, felice, per la prima volta avevo amato davvero e mi ero sentita amata da una persona con cui non avevo legami di sangue, per lui ero una persona, una sua pari con cui parlare di qualsiasi cosa e pensare di poter evadere dalla realtà ma commettemmo l'errore di sentirci liberi quando eravamo insieme, senza renderci conto che le sbarre di quella gabbia invisibile si inspessivano sempre di più. Aspettammo che fossi di nuovo incinta, per evitare problematiche, la prima volta che facemmo l’amore su una coperta bucata in quel capanno degli attrezzi fu la prima volta in cui scoprì che non solo il sesso poteva non essere doloroso ma addirittura piacevole, le sue labbra che si avventavano possessivamente sulle mie per smorzare quel grido che ci avrebbe fatto sicuramente scoprire è uno di quei ricordi che sparirà solo quando chiuderò gli occhi un ultima volta.

La nostra relazione andò avanti per quasi 10 anni, a tutti i miei bimbi ormai cresciuti avevo cercato di insegnare soprattutto il rispetto per gli altri, a prescindere dal sesso e dalla condizione sociale, complice anche l'assenza del padre, che preferiva passare le giornate a caccia o tra le braccia di qualche prostituta non fu difficile fare in modo che apprendessero tutta quella gentilezza che Erwin ostentava verso di me in pubblico ma di cui in realtà era privo. Armin, il più grande, sin dalla tenera età aveva capito come si comportasse suo padre con me, nonostante non potesse opporsi a lui in maniera esplicita cercava di starmi vicino, curandomi anche le ferite che mi venivano inflitte, ben consapevole che mi facevo picchiare anche per evitare che si sfogasse su di loro. Era l'unico oltre a Isabel che sapesse cosa succedeva nella serra, ma per quanto fosse preoccupato che ci scoprissero era felice che avessi qualcuno con cui mi sentissi viva, e io ero contenta di essere riuscita a essere per i miei figli un genitore amorevole, che non li facesse sentire delle proprietà. Se questa lettera è arrivata a te mia amata sorella è solo merito suo. Io e Levi abbiamo continuato a vederci principalmente nella serra mentre il ripostiglio degli attrezzi oltre che il mio laboratorio era il nostro nido d’amore e il massimo che potevamo concederci erano delle passeggiate nel giardino quando Erwin era fuori casa con la scusa che mi stesse insegnando come prendermi cura di altri tipi di piante oltre le rose, forse sembrano pochi momenti ritagliati ma a me sembrò che fosse tutto quello di cui avevo bisogno per andare avanti. Sai Ophelia, Levi era un tipo serioso, aveva sempre la solita espressione stoica che non lasciava trasparire alcuna emozione, ma quando eravamo da soli posso vantarmi di aver ammirato sul suo volto il sorriso più bello e magnetico abbia mai visto in vita mia, e il mio primo pensiero quando corsi alla serra per avvisarlo che Erwin ci aveva scoperto e vidi il suo corpo senza vita sul pavimento su cui tante volte ci eravamo amati fu che quel sorriso non avrebbe mai più scaldato le mie giornate.

Da quel giorno è passata una settimana, vengo picchiata tutti giorni ma onestamente non percepisco nemmeno più il dolore fisico, non so se è per il fatto che il mio corpo si sia abituato o se è perché ho perso ogni desiderio di vivere, non mi viene permesso di vedere i miei figli, mi hanno cambiato cameriera, anche se fortunatamente non hanno capito quanto Isabel fosse coinvolta e quindi lei è ancora viva e l’unica faccia che vedo è quella del mio carnefice. Io non ho potuto oppormi al desiderio di mio marito, perché secondo lui e questo mondo io sono di sua proprietà, ma Armin no, essedo più il grande e di rango più alto di Erwin da quando ha sposato Miss Leonardth è riuscito (con non poca fatica) a ottenere il permesso di venirmi a trovare, sapere che c’è qualcuno che tiene ancora a me mi ha dato la forza di compiere questo ultimo sacrificio, il mio amato figlio sta scrivendo sotto dettatura questa lettera visto che io ho le mani gonfie e non riesco neanche a tenere la penna in mano, mi mancano due lettere e poi avrò scritto a tutte le persone che mi hanno fatto sentire meno sola in questa gabbia dorata, per fargli sapere quanto li ami e li ammiri e magari spiegargli il significato delle mie azioni. Il mio corpo è debole e con questi ritmi non so quando soccomberà, ma piuttosto che andarmene da questo mondo a suon di calci e pugni preferisco questo liquido colorato che farà pensare a tutti che io sia morta a causa delle botte. Ci ho pensato molto in questi giorni e non credo di avere paura di morire, mi dispiace di non essere riuscita a vivere, il massimo che sono riuscita a fare è stato ritagliarmi qualche angolino in cui mi sono illusa di vivere, il tempo passato con i miei figli, i momenti e le lettere condivise con te, le chiaccherate con Isabel, ma gli istanti in cui mi sono davvero sentita viva erano quelli con Levi.
Per la prima volta sto davvero prendendo una decisione che mi permetterà di avere il controllo sulla mia vita, non in un aspetto, non in una piccola parentesi ma nella sua totalità. Non ho paura di morire, sono certa che lo vedrò presto, che mi stia aspettando in paradiso o all’inferno non importa, basta che staremo insieme, non importa se passeremo l’eternità tra le nuvole candide o scaraventati in giro a causa di un terribile tornado, non mi importa, finché saremo insieme, non importa.
Tua per sempre Hanji
Non Hanji Zoe
Non Hanji Smith
Solo Hanji 
Angolino dello sproloquio
Questa storia è nata per caso, pensando alla corte francese del '700 come ambientazione ma date le premesse non poteva nascere una storia con il lieto fine (si più di una volta mi sono fermata mentre scrivevo per piangere) spero comunque che vi sia piaciuta. Le critiche costruttive sono sempre ben accette
Alla prossima

 
   
 
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