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Autore: futacookies    06/01/2022    1 recensioni
{Ginny/Neville - one shot - happy ending}
Nel giorno del suo fidanzamento con Harry, Ginny si sente più triste e sola che mai. Bersi un goccetto, forse, potrebbe aiutarla.
«È un peccato che Neville non sia riuscito a venire!», strilla Lavanda verso Hermione, che riceve il commento con educata indifferenza.
«Un peccato, certo. Ma possiamo di certo fare qualcosa di meglio che parlare di Ne-»
«Parliamone, invece!», esclama Ginny, con una vocetta stridula che a stento riconosce come la sua. «Tu lo sai, Hermione, perché Neville non è venuto?»
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Neville Paciock | Coppie: Ginny/Neville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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NdA: scritta per la maritombola #12 organizzata da Lande di Fandon con il prompt 57: quando beve, X non ha più controllo su ciò che dice o fa. X, in questo caso, è Ginny, che per quella che penso sia la prima nel mio storico di fic scritte su lei e Neville, riesce a portarsi a casa un finale felice che è ovviamente fuori dalle grazie di Dio del canon - parlando di cose fuori dalle grazie del canon, non ho la minima idea se effettivamente il Whiskey Incendiario porti come effetto quello di sputare fuoco, ma è un dettaglio divertente e quindi concedetemelo. Il titolo viene dalla cazone Wildflower wildfire, di Lana del Rey, di cui vorrebbe essere una divertente reinterpretazione. Per quanto rigurda la caratterizzazione, l'unica su cui veramente ho qualche dubbio è Hermione, ma nel caso siate anche voi assaliti dai dubbi pensate che è solo una ragazza molto intelligente che cerca di proteggere il proprio migliore amico. Avrei potuto approfondire di più le scene finali? Forse. Volevo farlo? No. Quindi-

Buona lettura!




Firewhiskey wildfire

 

«Ma sì, quanto male potrà mai farti un altro sorso?», chiede sorridendo George mentre vuota quel che resta di una bottiglia di Whiskey Incendiario nel suo bicchiere.

Ginny annuisce e rivolge uno sguardo vacuo al giardino della Tana, infestato da invitati pronti a congratularsi con lei in ogni istante. Dovrebbe esserne felice. Dubita che in questo momento in Inghilterra ci siano ragazze più invidiate di lei, che secondo la rubrica di gossip della Gazzetta del Profeta “...è riuscita ad accalappiare il ragazzo migliore che la comunità magica abbia da offrire e davvero non si capisce…”. 

E davvero non si capisce, pensa con un certo fastidio, come ci sia finita in questa situazione. Non è interamente convinta dell’estraneità di sua madre, per non parlare di quella di Ron ed Hermione, tutti sempre coinvolti per incoraggiarla verso Harry, ma ha la speranza che questo ennesimo cicchetto, buttato giù così rapidamente che per un istante ha temuto che le sarebbe toccato sputare fuoco in risposta, possa chiarirle le idee.

Oppure potrebbe continuare a bere e confondersele del tutto, le idee, così almeno la serata avrebbe una degna possibilità di diventare piacevole. La verità è che in questo preciso momento, mentre si nasconde rapidamente dietro la porta della cucina nella speranza che sua madre non l’abbia già vista, preferirebbe essere in qualunque altro luogo. Uno qualsiasi, davvero. O forse-

Forse preferirebbe essere in un luogo molto specifico. Un luogo così specifico che in realtà nessuno potrebbe equivocare le sue intenzioni, ovvero quelle di essere con una persona molto specifica, una persona che giusto qualche ora fa le ha rifilato un biglietto via gufo per dirle che no, proprio non ce la fa a venire. Proprio non ci riesce. Troppi impegni. Ci sono piante, nelle serre di Hogwarts, che in primavera non possono fare a meno di lui nemmeno per qualche minuto, figuriamoci un paio d’ore.

E c’è una ragazza, obietta una vocina ormai biascicante nella sua mente, c’è una ragazza nel Devon che non dovrebbe fare a meno di lui. Non adesso. Non così, non per il resto dei suoi giorni, non per- non per Harry. 

Potrà anche aver accettato la sua proposto, in fondo è stata proprio lei a dire di sì, ma come avrebbe potuto comportarsi altrimenti? C’era mezza comunità magica alla sua ultima partita di Quidditch, le Holyhead Harpies avevano appena vinto il campionato e- e Harry che fa? Si congratula con lei, certo, e poi si mette in ginocchio di fronte a tutte quelle persone, e le chiede di sposarlo come il perfetto idiota che è. 

E lei che può fare? In fondo stanno insieme da così tanto. Che ne può sapere, Harry, del fatto che è da quasi altrettanto tempo che lei cerca di trovare il coraggio di lasciarlo? 

«Ehi, Gin, posso offrirti qualcosa da bere?»

Le guance rubiconde di Charlie si sollevano amorevolmente e deve trattenere l’istinto di vomitare sulle sue scarpe. Non avrebbe dovuto toccare nemmeno un goccio di alcol, non è mai stata in grado di reggerlo, e invece stasera ogni volta che la beccano da sola non possono fare a meno di pensare tutti che sia agitata, che abbia bisogno di sciogliersi un po’, che debba essere molto, davvero molto emozionata se sta scappando così da tutti quanti e quindi le propongono di bere. Non sanno che sta facendo uno sforzo sovrumano per non rovinare la serata a tutti. Per non rovinare la vita di Harry. O forse solo per il gusto di rovinare la sua.

«Sai una cosa, Charlie? Penso proprio che ti confischerò questa bottiglia che hai in mano.»

Gliela sfila senza un briciolo di resistenza da parte dal fratello. Si dà la pena di guardare cosa sia soltanto è finalmente di nuovo fuori, pronta a nascondersi tra i cespugli al limitare della casa, pregando che questo strazio finisca in fretta - la targhetta recita soltanto Whiskey Incendiario e poi, appena sotto, 1992. Pessima annata.

 

***

 

Riesce ad arrivare ad oltre metà bottiglia prima che Hermione la trovi. Capisce ancora quello che dice - “Ginny, per Merlino, ma sei impazzita!” - ma non ha più la forza per opporsi all’essere ritrascinata in mezzo ad una folla festante, decine di persone che si moltiplicano nella sua mente fino alle centinaia, luci accecanti e una musica assordante che le danno per qualche attimo l’obliante sensazione di annullamento che sta cercando dall’inizio della serata.

In un istante non c’è più niente, non rimane più nessuno, neanche lei, solo il rumore che travolge ogni ostacolo e la lascia sempre più stordita. Pensa di potersi abituare alla sensazione, di poter lasciare la testa ciondolare su una spalla e la mente scivolare via, verso nord, verso una serra che è sporca di terra e puzza di concime ma che non può diventare ai suoi occhi un paradiso terrestre nuovo di zecca - l’unico luogo miracoloso in cui non vede negati i suoi sentimenti, le uniche braccia che le danno sempre, esattamente, quello che vuole. Non quello di cui ha bisogno, non quello che è giusto che abbia, ma semplicemente ciò che desira. L’unica persona che le permette di essere egoista, che glielo permette perché, in fondo, vuole che sia abbastanza egoista per entrambi.

E poi, improvvisamente, non è più lì. 

«È un peccato che Neville non sia riuscito a venire!», strilla Lavanda verso Hermione, che riceve il commento con educata indifferenza. 

«Un peccato, certo. Ma possiamo di certo fare qualcosa di meglio che parlare di Ne-»

«Parliamone, invece!», esclama Ginny, con una vocetta stridula che a stento riconosce come la sua. Ma la rabbia che le brucia le vene, quella sì che la riconosce, e poco importa che nessuno la veda per com’è davvero, messa a ferro e fuoco da quella situazione infelice. Per gli altri probabilmente adesso è soltanto una ragazza disgustosamente ubriaca il giorno del suo fidanzamento.

«Tu lo sai, Hermione, perché Neville non è venuto?», domanda, alzando un altro po’ la voce - se c’è un momento per fare una scenata, pensa, meglio che sia questo che non dopo la cerimonia nuziale.

Ci sono diverse paia di occhi curiosi - e orecchie indiscrete - puntate su di loro. Hermione si dimena a disagio, ma Ginny mantiene una morsa ferrea sul suo braccio e pensa di essere disposta a scuoterla finché non proferisca parola. L’altra, però, si limita a scuotere la testa. Non lo sa. O forse, quello che sa, non ha il coraggio di dirlo.

«Aveva degli impegni, qualcosa a che fare con il corso di Erbologia a Hogwarts.», confida a Lavanda. «Adesso vuoi sapere perché non è venuto davvero?», aggiunge con tono che dovrebbe continuare ad essere confidenziale, ma in realtà sta parlando a voce così alta che le pizzica dannatamente la gola - questo, o gli effetti a scoppio ritardato del Whiskey cominciano a farsi sentire. Ricorda di aver letto in qualche rivista che tra i casi di sbronze più clamorose si annoverano tipi che sono arrivati anche a sputare fuoco. In questo momento, Ginny sente di poter sputare soltanto veleno.

Nel silenzio sbalordito che la circonda, sente che è un buon momento per ripetere la domanda più forte, per assicurarsi che tutti la sentano - per assicurarsi che Harry sappia, una volta e per tutte, come stanno le cose. 

«Lo vuoi sapere, perché Neville non è venuto?», strilla, quando finalmente trova Harry che la guarda sgomento. C’è un terrore, nei suoi occhi vecchi, che fino a dieci minuti prima sarebbe stato sufficiente a farle venire gli incubi per settimane - perché era tutta colpa sua. Adesso, invece- Ginny spinge via Hermione, che sussurra minacce pur di zittirla, e continua a parlare.

Sente qualcosa che ribolle in lei, oltre la frustrazione e la rabbia, un odio atavico e viscerale per ogni singola persona che è lì presente, disposta a sacrificarla all’altare della felicità del mitico Harry Potter. 

«Neville non è venuto perché non voleva vedere la donna che lo ama fidanzarsi con un altro!», sbotta.

In quell’istante succedono molte. La prima è che Ginny sente caldo, caldissimo, sente di star strillando e vomitando allo stesso tempo ma in realtà non sta facendo nessuna delle due cose: sta, a tutti gli effetti, sputando fuoco come un drago, allontanando così quanti si sono immediatamenti mossi per raggiungerla nel momento in cui ha smesso di parlare. La seconda cosa di cui si rende conto è che il silenzio è finito: c’è un chiacchiericcio, uno strepitio continuo, urla sconvolte e di protesta, domande che dovrebbero essere rivolte a lei ma che si porta via il vento. La terza cosa che nota, appena prima di perdere coscienza, è che Hermione ha fatto la prima cosa sensata dall’inizio della serata: ha cacciato la bacchetta per stupefirla. 

 

***

 

«Hai fatto proprio un bel casino.»

Ginny non vuole aprire gli occhi. La luce minaccia di essere troppo forte. Ginny non vuole aprire gli occhi perché ha paura di cosa ci sia ad aspettarla quando non potrà continuare a fingersi collassata. Si è svegliata in piena notte, si è ritrovata in pigiama nel suo letto con sua madre  che dormiva su una sedia accanto a lei.

Quella che le ha parlato, però, non è la voce di sua madre. È una voce maschile, forse, ma in fondo tutte le voci si assomigliano, tutti i rumori non fanno che aumentare le fitte alla fronte. Sente che prima che le passi l’arsura alla gola dovrà bersi l’intero corso del Tamigi, perché lei ieri ha-

«Ho sputato fuoco!»

Si gira, eccitata, e incontra lo sguardo intenerito di Neville - lo vede, che mentre si sforza di mantenere un’espressione seria, vede le familiari righe all’angolo della sua bocca e sa che sta nascondendo un sorriso. 

«Questo non giustifica quello che-»

«Non capisci Neville!», esclama, ignorando completamente la sua ammonizione, «Non puoi capirlo, mi ero scolata quasi una bottiglia di Whiskey Incendiaro, pensavo che quelle storie sul fuoco fossero una marea di pluffe, poi mi sono arrabbiata così tanto, tu non c’eri, ma avresti dovuto ved-»

«Non c’ero.», commenta, e dal tono fermo della sua voce si guarda bene dall’interromperlo di nuovo. «Non c’ero, e avrei dovuto esserci, perché forse così sarei riuscito a fermarti.»

Ginny riduce gli occhi a due fessure. Non dubita che se non fossero passate ormai tante ore dalla sera precedente, avrebbe potuto riprendere il suo ruolo di drago malvagio in qualunque momento. 

«Ce l’hai con me?»

«Non potrei mai avercela con te.», allunga una mano e l’abbandona tra le sue. La sua voce si è addolcita, ma quando parla è terribilmente malinconico. «Ce l’ho con me stesso. Non hai idea di come mi sia sentito. Un attimo sto cenando e quello dopo arriva lo sconclusionato Patronus di Harry che dice che devo correre alla Tana. Ero così agitato che sono finito nel caminetto di mia nonna e- ehi, non ridere!»

Ginny non riesce ad evitarlo, nonostante la morsa angosciosa che le attanaglia il petto.

«Non hai visto com’era ridotto Harry. Ti avrebbe fatto passare la voglia di ridere per il resto dei tuoi giorni. Era uno straccio, Ginny. Continua a ripetere che lui non aveva capito, non lo sapeva, non voleva ferirti, che se solo avesse immaginato non ti avrebbe mai chiesto di sposarlo. Si è scusato, Ginny. Con me. Penso che neanche Piton sia mai riuscito a mortificarmi così.»

«Per le mutande di Merlino.»

«Ginny penso che dovremmo-»

«Vuoi lascarmi?», sibila, affondando le unghie nel palmo della sua mano. C’è una dolorosa confusione  sul suo volto per un attimo, poi si distende, si inalbera e mentre si massaggia la mano continua a parlare.

«-penso che dovremmo scusarci con Harry. No, Ginny, non voglio lasciarti, non potrei mai- ma abbiamo sbagliato tanto, forse tutto e-»

«Decisamente tutto.», commenta amara, seppure con evidente sollievo.

«-e vorrei fare le cose per bene, per una volta. Vorrei darti tutto quello che vuoi, tutto quello che meriti, tutto quello che- se anche tu-»

Neville è sceso come pioggia per calmare il suo incendio. Le sue parole curano il dolore e rinfrescano l’arsura, condonano le azioni avventate della sera precedente, e la assolvono da una colpevolezza che non può far a meno di sentire ancora, perché in fondo non era in sé mentre parlava, ma ricorda con lucidità il momento in cui ha sperato che una cosa del genere potesse succedere, tra un sorso e l’altro.

 

******

 

«Stavolta, Ginny cara, non pensare che ti lasceremo bere così facilmente!», tuona sua madre, mentre le toglie da mano il bicchiere di champagne che uno sprovveduto cameriere le ha celermente procurato.

Ginny sospira, fintamente imbronciata, ma tutto sommato non si lamenta – poteva andarle molto peggio. Non ha più bisogno dell’aiuto dell’alcol. Ha esattamente tutto quello che ha sempre voluto.

Guarda sorridente il giardino della Tana, pieno di gente che mormora ancora del suo fallito fidanzamento con Harry, ma comunque disposta a congratularsi con lei nel giorno delle sue nozze. Il suo sguardo si allunga fino a Neville, impettito ed elegante nel suo completo scuro, e ignora il continuo borbottio di sua madre per muoversi verso di lui – c’è una ragazza, nella campagna del Devon, che non deve più fare a meno di lui neanche per un minuto.

  
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