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Autore: __aris__    10/01/2022    1 recensioni
L'Oscuro ha vinto il giorno della distruzione di Kribrisk. Mal è morto e Alina non è riuscita a liberarsi del collare. Sono passati anni, forse decadi o addirittura vite intere, da quel giorno e Alina ha ancora gli incubi quasi ogni notte.
Sono passati anni da quando Alexander ha spostato la Faglia e portato la pace a Ravka. Eppure c'è ancora talmente tanto da fare che sono più le notti che passa a studiare rapporti che quelle in cui riesce a dormire.
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Questa storia ha partecipato al Santa Lucia Challenge del gruppo FB Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - gruppo nuovo.
Autore: __aris__
Parola Chiave: In Punta di Piedi
Fandom: Sadow and Bone, personaggi Alina e Darkling
Warnings: SERIE AU, cenni a violenze fisiche e psicologiche
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alina Starkov, Darkling
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: __aris__ 
Parola Chiave: In Punta di Piedi
Fandom: Sadow and Bone, personaggi Alina e Darkling
Warnings: SERIE AU, cenni a violenze fisiche e psicologiche
 


 
Alba, 1958 parole
 
 




Alina si sveglia urlando.
Succede spesso, non ogni notte ma quasi, e ormai la guardia che Alexander ha fatto mettere fuori dalla sua porta ha smesso di entrare nella stanza per accertarsi che non sia un attentato. Così Alina ha tutto il tempo di mettersi a sedere e distrarsi guardando i raggi della luna infrangersi sui mille cristalli del lampadario.
Il sogno è sempre lo stesso: Mal che viene buttato fuoribordo dalla velasabbia, la distruzione di Kribrisk e lei che cerca con tutte le sue forze di liberarsi dal collare che l’Oscuro le ha imposto per fallire miseramente.
Nelle notti buone immagina come sarebbe andata se davvero il cervo l’avesse scelta. Immagina di saltare giù dalla velasabbia e di ritrovare Mal. Immagina di poter scappare lontano da Ravka e dall’Oscuro. Ma ogni volta il sogno si dissolve con i primi raggi del sole e Alina torna a essere una prigioniera rinchiusa in una gabbia dorata da un uomo crudele.
Il cielo è ancora nero, probabilmente è l’unica sveglia in tutto il Piccolo Palazzo. Se uscisse dalla sua stanza non incontrerebbe nessuno, se non la sua guardia, e non dovrebbe fingere di essere lì per sua scelta.
Alina si infila la vestaglia di velluto grigio, calza le pantofole in seta ricamata e esce dalla sua camera senza fare il minimo rumore.
Accanto alla porta incontra la sua guardia che si mette subito sull’attenti. Ha provato infinite volte a dirgli che non serve, ma lei è la Tsaritsa e gli ordini dello Tsar devono sempre essere rispettati. Soprattutto quando il Tsar è l’Evocatore di ombre che ha distrutto città intere per donare a Ravka pace e ordine. Alina gli sorride mentre si allontana. Vorrebbe dire a Igor, così si chiama, che sono entrambi burattini nelle mani di un sovrano crudele, ma sarebbe inutile.
Cammina in punta di piedi tra i corridoi del Piccolo Palazzo che costeggiano i giardini, gli unici rumori che sente sono il suo respiro e i passi del suo carceriere qualche metro indietro. È il massimo della solitudine a cui può aspirare da quando Alexander le ha messo il collare al collo, di giorno c’è sempre un Grysha con lei per controllare che si comporti come lo Tsar desidera. Con le mani crea una piccola sfera di luce, le grandi finestre rischiarano abbastanza l’oscurità che la circonda ma Alexander farebbe uccidere il suo carceriere senza ripensamenti se la perdesse di vista anche solo per pochi momenti e Alina non vuole un’altra vita sulla propria coscienza. Al suo passaggio tutti gli stucchi dorati, gli specchi e i cristalli dei lampadari scintillano creando un’aura luminosa attorno alla sua figura, l’illusione di una santità che sente di non avere.
Continua a camminare fino a quando non trova la porta della sala da musica aperta. Incuriosita si avvicina ma se ne pente appena vede un uomo in kefta nera vicino a alla finestra centrale intento a osservare il giardino. Vorrebbe tornare indietro ma sa che Alexander ha percepito la sua presenza, così sente di non avere altra scelta se non quella di dissolvere la sfera di luce e raggiungerlo.
Di solito non entra nella sala da musica, non sa suonare nemmeno la balalaika e non può dire di avere amici veri tra i Grisha, ma ogni volta si stupisce di quanta cura sia stata messa nella sua progettazione. Sul pavimento piastrelle bianche e blu creano disegni geometrici che potrebbero rincorrersi all’infinito se le pareti non li interrompessero. A destra e a sinistra si fronteggiano due camini in marmo grigio perfettamente speculari nelle loro forme ondulate e nei decori dorati, sopra le loro mensole stucchi sinuosi e riccioluti incorniciano due specchi ellittici. Paraste verde chiaro sormontate da capitelli dorati si alternano a tappezzerie damascate verde e oro. Di fronte alla porta aperta ci sono le tre finestre alte fino al soffitto, separate tra loro da altre paraste, davanti a quella di sinistra c’è un lungo pianoforte nero mentre le altre illuminano leggii senza spartiti e le loro sedie imbottite. Tutti i lampadari sono spenti anche se basterebbe girare una piccola manopola per illuminare la sala, ma il cielo non è più cupo come prima e sulla linea dell’orizzonte si può vedere una po’ di indaco che annuncia l’arrivo dell’alba.
Non pensavo che qualcuno fosse già sveglio.”
La guardia non l’ha seguita, nessun attentatore sarebbe tanto stupido da cercare di ucciderla quando è con l’uomo capace di controllare la Faglia. “Ho avuto un incubo. Una passeggiatina mi era sembrata una buona idea.”
Il non detto è ovvio: Alina ha avuto l’ennesimo incubo e passeggiare le era sembrato una buona idea prima di incontrarlo. Alexander non ha mai nemmeno pensato di chiedere il suo perdono, ha agito per il bene dei Grisha e di Ravka e nemmeno il risentimento di Alina gli farà rimpiangere la distruzione di Kibrisk, ma il peso di quelle morti dovrebbe tormentare solo lui. “Posso chiedere ai Guaritori di preparare un tonico.”
No grazie.” Hanno avuto quella conversazione centinaia di volte, ma il risultato è sempre stato identico: Alina preferisce gli incubi al suo aiuto, perché fino a quando sentirà le urla degli abitanti di Kibrisk ogni notte sarà sicura di non essere diventata un mostro come lui.
Alexander torna a guardare il giardino. Davanti a lui otto vasche d’acqua ghiacciata riflettono il cielo in uno specchio perfetto, creando uno spettacolo tanto bello da sembrare lo sforzo di un abile pittore. Le vasche d’acqua sono disposte su due file e divise da tre fontane da cui zampilla acqua limpida anche in pieno inverno grazie alle invenzioni dei fabrikator. Più in lontananza c’è un piccolo gazebo innevato e dietro ancora un’alta siepe di bosso imbiancata. La neve è caduta copiosa nelle ultime settimane trasformando il giardino in un luogo incantato. Immagina che anche Alina ne abbia approfittato per fare qualche schizzo a carboncino, come hanno fatto gli altri Grisha che sanno disegnare almeno un po’. No, non lo immagina, lo sa perché le sue guardie non perdono mai di vista Alina. Vorrebbe che glieli mostrasse ma non mostra a nessuno i suoi disegni, né a lui, né a Genya, né a chiunque altro.
Non credevo che fossi già sveglio.”
Non sono andato a dormire. La guerra sarà anche finita, ma Ravka è ancora da ricostruire.” Alexander sospira stancamente, se pensa alle carte sparse sulla sua scrivania sente di nuovo l’emicrania attanagliargli le tempie. “Volevo vedere l’alba.”
Alina segue lo sguardo di Alexander oltre la siepe e vede che il blu notte del cielo si è rischiarato fino a diventare un pervinca profondo decorato da soffici nuvole rosa, un filo d’oro è adagiato sulla neve che ricopre la siepe facendola scintillare. Tutto è riflesso nelle vasche d’acqua ed è talmente bello da toglierle il fiato. Lentamente le nuvole cambiano colore, percorrendo tutte le variazioni del color pesca fino a raggiungere un arancione pallido con vibranti riflessi oro. Quando il sole comparve era tutto talmente perfetto che per un momento Alina dimenticò di essere nella stessa stanza con Alexander, si sentiva leggera e libera come quando giocava con Mal nei campi che circondavano l’orfanotrofio.
Quanti anni erano che non si sentiva così?
Non poteva dirlo con certezza. Dalla distruzione di Kibrisk i giorni si erano susseguiti infiniti e uguali senza che riuscisse a distinguerli tra loro. Forse qualche decade.
Non deve essere così.” La voce di Alexander la riporta a Os Alta, nel Piccolo Palazzo accanto a lui. “Abbiamo l’eternità, Alinoshka …”
Non chiamarmi Alinoshka!” Alina si volta, puntandogli contro l’indice. Non che Alexander si senta intimidito per così poco, ma è stato più forte di lei. Perché ha dovuto spezzare la perfezione di quel momento? Non poteva resistere e doveva rovinarle anche i pochi secondi di pace che riusciva a trovare?
Non voglio che tra noi sia così.” Continua con la sua serafica voce di velluto.
Liberami! Lasciami andare lontano e non seguirmi o cercarmi mai più.”
Alexander aspetta qualche istante prima di rispondere e Alina non saprebbe dire se sta semplicemente recitando o se davvero provi a cercare delle parole sincere. “Non posso farlo, non nel modo in cui vorresti.”
Allora non abbiamo più niente da dirci.” Senza pensarci due volte Alina si allontana per tornare nella propria camera. L’unico posto in tutto il Piccolo Palazzo in cui sa che Alexander non la verrà a disturbare.
Non posso farti lasciare il Piccolo Palazzo, il popolo ha bisogno di sapere che al mio fianco c’è una Tsarina benevola che interceda per loro.”
La risata che le sfugge dalle labbra è isterica. Vorrebbe poter dire di aver acquisito più autocontrollo, vorrebbe non dargli la soddisfazione di vedere quanto la sua calma ascetica la riempie di collera, ma ormai ha le tasche piene oltre ogni dire delle bugie di Alexander. “No, tu hai bisogno che il popolo creda che io abbia il potere di intercedere con te. Per questo non puoi liberarmi.”
Cambierebbe qualcosa?
Cambierebbe che per una volta saresti onesto con qualcuno. Ma so che per te è impossibile, ormai sei talmente abituato a mentire e manipolare che per te la realtà è semplicemente inesistente.” Adesso gli parla con la delusione l’amarezza che il suo tradimento continua a farle provare. Perché per quanti anni siano passati, per quanto la rabbia le faccia ribollire il sangue ogni giorno di più, c’è ancora una parte di Alina che crede che se lui fosse stato sincero fin dall’inizio le cose tra loro sarebbero potute andare diversamente.
Per me o per loro, non cambia il fatto che non puoi andare via da me.”
Alina si volta prima ancora di rispondergli. “Come ho detto prima, non abbiamo più niente da dirci.
Non posso darti la libertà che desideri, ma posso darti il mio amplificatore.”
Alexander non aveva bisogno di amplificatore. L’unico che portava era un anello fatto con le stesse corna del cervo che circondavano il collo di Alina e che gli permetteva di controllare i suoi poteri. Anche se non lo aveva più fatto dalla distruzione di Kibrisk, non aveva mai sfilato l’anello dall’indice sinistro. Era il segno visibile del loro legame, per il popolo rappresentava la devozione dell’Oscuro a Sanka Alina, Tsarina e speranza di Ravka, in realtà era il guinzaglio attaccato al collare. “Dov’è il trucco?
Nessun trucco. Sono sicuro che David potrà distruggerlo senza rischiare di ucciderti. E anche se non ne fosse in grado potrai nasconderlo dove vorrai e prometto che non lo cercherò mai più.”
Perché?” Alexander non hai mai usato il potere dell’anello dopo Kibrosk, come non l’ha mai sfiorata e non le ha mai imposto di consumare il loro matrimonio. Tutte cose per cui Alina gli è sempre stata molto grata, anche se ha sempre saputo che erano solo l’ennesimo tentativo di manipolarla, di farle credere che lui non era il cattivo nella storia. E non avevano mai funzionato, ma adesso, davanti alla possibilità di essere almeno in parte libera, doveva fare appello a tutta sé stessa per non illudersi che fosse davvero sincero.
Forse sono stanco di concederti tempo per odiarmi. Hai avuto luna vita intera per farlo e continuare vorrebbe dire sprecare l’eternità che ti è stata donata. Pensa a tutto quello che potresti fare.”
A differenza tua, non m’interessa il potere.
No, tu disprezzi il potere.” Il suo soprattutto. “Ma non dirmi che una parte di te non vorrebbe occuparsi degli orfani e degli ultimi, invece di lasciare passare i giorni gli uni dopo gli altri.”
Quindi lo fai per il popolo? Che martire!
Alexander si avvicina con passi lenti, la sua kefta crea un leggero fruscio sul pavimento. “Tutto quello che faccio è per Ravka.” Quando arriva davanti ad Alina le mette l’anello in una mano prima di richiuderla e lasciarla nella stanza ormai pienamente illuminata dal sole “E anche tu sei parte di Racka, Alinoshka.”






 
   
 
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