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Autore: May Jeevas    01/02/2022    0 recensioni
Vigilia di Natale, 1991.
Dopo il crollo dell'Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda, Feliks si sente pronto per un passo avanti nella sua relazione con Toris, e ovviamente lo farà a modo suo, sobrio e intimo.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Polonia/Feliks Łukasiewicz
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Vilnius, 24 Dicembre 1991


“Tooooriss!”
Lituania stropiccia gli occhi, infastidito dall’essere strappato dal mondo dei sogni con così poca grazia. Dalle labbra esce un lamento frustrato, mentre si rifiuta categoricamente di aprire le palpebre e di accettare l’inizio di quella giornata.
“Toris!” la voce è ancora più chiara, insistente e soprattutto vicina. Di malavoglia, un occhio viene socchiuso e si trova il viso di Eduard a cinque centimetri dal suo.
Sbuffa, prende deciso il lembo del piumone e se lo porta fin sopra la testa. Qualunque cosa abbia bisogno Ivan, per una volta ci possono pensare Lettonia e Estonia. Lui ha stretto una relazione col suo letto che non ha alcuna intenzione di interrompere a breve.
Il suo cervello però non è d’accordo. C’è qualcosa che gli impedisce di rilassarsi e di rimettersi a dormire. Forse l’aurea di Russia e il panico che mette in Lettonia è responsabile…
Toris salta seduto, completamente sveglio. Si guarda intorno, girando freneticamente la testa.
Eduard e Raivis sono in piedi in fondo al letto, con due sorrisi che non avevano mai quando abitavano a casa di Russia.
Perché sono passati mesi da quando vivevano insieme a casa di Ivan a Mosca.
Ecco cosa non gli tornava. Estonia e Lettonia non hanno motivo di trovarsi in camera sua. In camera sua.
Sì, la situazione è di sicuro strana. E il nervosismo sale, raggiunge la bocca dello stomaco.
“Dov’è Feliks?” è la prima cosa gli viene in mente. La parte del letto di solito occupata da Polonia è vuota, e questo non aiuta l’agitazione che attanaglia Toris.
Eduard sorride ancora più candidamente. “Oh, è stato chiamato dal suo superiore nel cuore della notte, e siccome ne avrà ancora per un po’, ci ha dato il compito di tenerti compagnia!”
Toris guardò scettico i suoi ex coinquilini.
Se davvero il capo di stato di Polonia avesse chiamato Feliks nel cuore della notte, la Nazione si sarebbe lamentata così sonoramente che tutti gli Stati adiacenti si sarebbero svegliati. E che diamine poteva essere successo, la Vigilia di Natale?
“E’ successo qualcosa di grave. Devo andare a controllare…” prima che possa precipitarsi fuori dalla porta, Lettonia lo prende per il polso.
“Toris. Non preoccuparti. Feliks sta bene.” gli occhi di Raivis sono così puri e sinceri che riescono a trasmettergli un po’ di tranquillità. Lituania si ferma, fronteggiando i suoi due amici.
“Voglio sapere che cosa sta succedendo.” l’intenzione era che le parole uscissero come un'ammonizione, della serie ‘ditemelo o vedrete cosa combino’ ma il tono usato è un po’ troppo preoccupato per incutere un minimo di autorità.
È il turno di Estonia di avvicinarsi. “Feliks ci ha chiamato per aiutarti per la festa di stasera. Si scusa, ma non potrà esserci per tutto il giorno. Ma ha assicurato che non mancherà alla cena e che si farà perdonare il prossimo anno.”
Toris guarda scettico i due Baltici, lo guardo indagatore. Se qualcosa di buono è uscito dalla loro convivenza con Russia, è che ormai si conoscono abbastanza da capire se stanno nascondendo qualcosa di preoccupante o no. E sì, sono agitati, di sicuro c’è qualcosa che sfugge a Lituania, ma Estonia e Lettonia non sono sulle spine. Quindi, qualunque cosa sia, Toris decide di non preoccuparsi e di dedicarsi alla preparazione della Festa della Vigilia. Feliks ci tiene, e Toris vuole fare il massimo per il suo compagno.
La cosa più difficile, riflette Toris, è preparare le dodici portate e rimanere a digiuno fin dopo la messa, così come vuole la tradizione. Per fortuna hanno deciso di festeggiare a Vilnius, così la chiesa di Bernardinai è vicina. Celebrazione e poi cenone con i Baltici e Polonia. Quest’anno festa contenuta, dopotutto i rapporti sono ancora tesi… Lituania sospira e prepara gli Uszka, i ravioli ai funghi, esattamente come piacciono a Polonia.
Questo lo ha ha deciso Toris: la cena di Natale sarà secondo i piatti della tradizione polacca, un po’ per festeggiare l’indipendenza finalmente ottenuta un paio di mesi prima, un po’ perché sa che Feliks ama il cibo della propria terra. Quindi Raivis è incaricato dei Pierogi, gli gnocchi di pasta ripieni, mentre Eduard è alle prese con la Barszcz, la zuppa di barbabietole. Le altre nove portate le improvviseranno con le scorte di carpa e aringhe. Niente carne la Vigilia.
Nonostante il numero esimio di persone, Estonia e Lettonia insistono per tirare fuori il tavolo grande. “C’è la tovaglia rossa e bianca che è la più natalizia e che sta benissimo!” è la spiegazione che rifilano, sorridendo festosi, e Toris non se la sente di dire di no. Il sole sta già tramontando quando finiscono di apparecchiare la tavola. Eduard e Raivis si vanno a cambiare, mentre Lituania si occupa degli ultimi ritocchi. Quando tornano i suoi amici, non riesce a nascondere la sorpresa nel vedere i vestiti che si sono scelti. Abiti tradizionali dei propri paesi verso il periodo del quattordicesimo secolo, più o meno. Alza il sopracciglio destro, in una muta richiesta di spiegazioni. Raivis sfoggia un sorriso gioioso, girando su sé stesso con una perfetta piroetta. “Abiti tradizionali per festeggiare la nostra riconquistata indipendenza!”
A quelle parole, l’atmosfera cambia nella stanza per un secondo, e tutti e tre si guardano. Sguardi un po’ colpevoli, sguardi felici, sguardi ancora un po’ increduli. Ma alla fine, sguardi liberi. Toris sorride.
“Va bene, saremo il trio dei Paesi Baltici più fuori moda in quella chiesa!” esclama tra le risate. Eduard annuisce. “Sapevamo saresti stato dei nostri, eccoti qui.” Toris prende dalle mani di Estonia gli abiti che gli sta porgendo. Li riconosce subito, il soprabito marrone con la pelliccia vicino alle mani e al collo è l’ideale per stare caldo. Getta un’ultima occhiata alla finestra prima di uscire. Peccato, ancora niente neve. Non sarà un bianco natale. Sospira, e va a cambiarsi.
Non hanno fatto due passi fuori dalla porta che Eduard scatta sull’attenti e dice che ha dimenticato di dire una cosa importantissima al suo capo e corre a cercare una cabina telefonica, intimando gli altri due di andare avanti e di aspettarlo in chiesa.
Dieci minuti dopo, in perfetto orario per la celebrazione, Toris e Raivis sono davanti al portone della chiesa. Lituania si guarda intorno, cercando Polonia e Estonia. Raivis lo prende sotto braccio. “Entriamo? Fa freddo. Li aspettiamo dentro e teniamo loro il posto, ti va?” Lituania sorride davanti agli occhi di Lettonia che ancora quando il ragazzo propone qualcosa di sua iniziativa tremano impauriti, come se avesse fatto qualcosa di male. Stringe la mano della nazione più giovane dentro la sua ed entrano, prendendo posto nei primi due banconi. Lituania si posiziona nel primo, sapendo che Polonia ci tiene, e Raivis occupa il secondo. Poco dopo arriva Eduard, e prende posto vicino a Lettonia. Lituania continua a guardare verso l’ingresso. La chiesa si sta riempendo, un mormorio che sa di festa aleggia tra le mura, ma Feliks è in ritardo. Per un impegno non precisato con il suo superiore. La sensazione di agitazione torna a mordicchiare il petto di Lituania, il quale cerca di rimanere tranquillo. Proprio quando sta per girarsi per l’ennesima volta verso il portone, sente una presenza di fianco a lui.
Si gira, e ad accoglierlo trova gli occhi smeraldini e felini di Polonia. Toris non si trattiene, e lo abbraccia stretto, affondando il viso tra i capelli biondi, fregandosene che sono davanti a tutti. Per una volta. Anche se sono in chiesa. Feliks ricambia la stretta, e stringe ancora di più a sé Lituania, chiudendo gli occhi e aggrappandosi con le braccia al soprabito marrone.
Il prete entra in chiesa, e le due nazioni si allontanano. Lituania non riesce a smettere di sorridere e di guardare Polonia. Adesso sì che è Natale. Anche se non nevica. A questo pensiero, Toris schiocca piano le labbra che si incurvano in un piccolo broncio, che subito sparisce.
La celebrazione sembra durare anche poco. Verso la fine, dopo la comunione, Feliks gli prende la mano e gli fa segno che deve allontanarsi. Gli occhi verdi brillano, e Toris è sorpreso ma gli fa un cenno d’assenso.
Il prete sta per finire il discorso, quando le luci si affievoliscono, e il coro di bambini che ha allietato la messa si sposta e occupa tutto l’ambone. Partono delle note e da davanti l’altare compare Polonia. Toris non riesce a staccargli gli occhi di dosso. È vestito in modo così eccentrico che i vestiti storici dei Baltici rischiano di passare inosservati. Ha una mantella beige che gli copre tutto il corpo e da cui si intravede il maglione color panna, il collo a dolcevita ma che lascia gli avambracci scoperti, lasciando intravedere numerosi bracciali preziosi (e Lituania si chiede come non abbia fatto ad accorgersi dello smalto nero sulle unghie di Feliks), un anello di ossidiana adorna l’anulare destro.. Sulla mantella dei semplici motivi impreziositi da pagliuzze d’oro e pietre preziose.
Lituania ingoia a vuoto, perché sa che non dovrebbe fare certi pensieri in chiesa, ma il suo ragazzo è davvero bellissimo, e non aiuta che lo stia fissando intensamente con i cuoi occhi smeraldo, con un sorriso che Toris sa, percepisce, che è dedicato a lui, e questo gli fa battere forte il cuore nel petto. Non aiuta nemmeno il momento in cui riconosce la melodia. Lulajże Jezuniu. La loro canzone. Nessuno lo sa, ma Feliks l’aveva scritta per lui. Poi, altri tempi, altri secoli, secoli in cui anche se si era nazioni, anche se i matrimoni combinati andavano bene, sapevano benissimo che i loro sentimenti non sarebbero stati compresi, soprattutto dalla chiesa cristiana che stava diventando sempre più influente. E quindi Feliks era stato così scaltro da cambiare il soggetto, in modo da far credere a tutti che fosse una ninna nanna per Gesù bambino, e solo loro sapevano il vero significato di quella canzone. Toris sente un calore raggiungergli le gote, mentre l’immagine del suo amato che canta per lui gli riempe gli occhi.


Zamknijże znużone płaczem powieczki,
Utulże zemdlone łkaniem usteczki.
Chiudi gli occhi stanchi di piangere,
fai riposare le tue labbra stanche di gridare.


Lulajże, piękniuchny nasz Aniołeczku.
Lulajże wdzięczniuchny świata Kwiateczku.
Riposa, piccolo angelo,
riposa, grazioso fiorellino del mondo


Lulajże, Różyczko najozdobniejsza,
Lulajże, Lilijko najprzyjemniejsza.
Riposa, mia preziosa rosellina,
riposa, tu che sei il più amato dei gigli.


Toris sente gli occhi unumidirsi un po’ per la commozione e un po’ per il testo scelto da Feliks. Non se lo ricordava così sdolcinato, ma il coro di bimbi finisce il ritornello e Feliks è praticamente davanti a lui. Lituania sa che deve trattenersi, e trasforma velocemente un singulto umido in colpo di tosse. Feliks gli copre la mano appoggiata sul bancone con la propria, nascondendole entrambe con la mantella. Si gira verso i fedeli presenti, come se gli ultimi minuti non fossero mai esistiti.
Wesołych Świąt! Buon Natale!” esclama tranquillo e festoso. Si dirigono insieme verso l’uscita, le mani intrecciate sempre nascoste della mantella. Alcune persone si fermano a parlare con Toris, augurando buone feste. Aspettano fino alla fine, quando la chiesa è quasi vuota. Lituania sta apprezzando sempre di più la mantella di Polonia, che permette loro di fare un gesto così semplice eppure che hanno sempre evitato di sbandierare.
All’improvviso, una voce rimbomba nella chiesa, facendo trasalire Toris e infastidendo Feliks, che emette un sibilo in direzione dell’ ”intruso”, in una perfetta imitazione di un gatto.
“Vuoi darti una mossa?? Si congela qui e io voglio tornarmene a Roma in tempo per il cenone!!”
Toris sbatte le palpebre un paio di volte, mettendo a fuoco il maggiore dei fratelli Vergas venire fuori da dietro una colonna, le braccia incrociate sul petto e il piede destro che batte sul pavimento impaziente.
“Aah, Romano, ssh!” dalla stessa colonna spunta fuori anche Spagna, che guarda sconsolato Feliks con un’espressione di scuse.
“Darti una mossa? Per cosa?” Toris è sempre più confuso. Sente solo che la stretta della mano del compagno si fa più stretta, e Polonia si mette davanti a lui.
“Liet, io…” gli sta parlando a un soffio dalle labbra, ma qualcosa li interrompe. Un tsk tsk proveniente dalla colonna vicina a quella dove prima sono sbucati Romano e Antonio precede un tono infastidito e deluso. “Polonia! Cosa ti ha detto di fare il fratellone Francia? Sono chiamato il Paese dell’Amore per un motivo! Su!”
Feliks chiude gli occhi, esasperato, e si gira verso Francis con gli occhi che mandano saette. “Io non mi metto in ginocchio con la mia mantella nuova! Cioè, scordatelo!” sibila, prima di tornare a rivolgersi verso Toris, che è rimasto impietrito e il cervello gli è andato talmente in tilt che anche fare due più due sembra impossibile.
“Io lo sapevo che non doveva chiedere a te per i consigli, dannato di una rana! Non dargli ascolto, Feliks, fai come ti senti, non dare retta questo qui!”
“Oh, mon Angleterre, non fare il geloso, io te l’ho fatta una proposta di matrimonio ma tu mi hai rifiutato così duramente spezzandomi il cuore…” Francia cade in ginocchio in modo teatrale, sogghignando davanti alla reazione di Arthur, il quale si sta esibendo in una serie di insulti che nessun mattone di nessuna chiesa al mondo dovrebbe mai ascoltare.
Romano si unisce agli insulti, maledicendo il freddo e la lentezza di Feliks, Spagna e Feliciano (il quale è spuntato da un’altra colonna così, a caso) cercano di calmarlo, Germania (che era nascosto dietro la stessa colonna di Italia) si guarda bene dall’intervenire, temendo le ire di Romano.
Feliks esplode anche lui in delle urla che superano quelle di Inghilterra e Romano, e mettono tutti i presenti sull’attenti, richiamando l’attenzione su lui e Toris.
Lancia un’ultima occhiata velenosa a Francia, poi si gira, alza gli occhi al cielo e guarda Lituania.
“Guarda che, tipo, lo faccio solo per te.” gli sussurra, e piega un ginocchio, prendendo la mano di Toris tra le sue. Alza lo sguardo verso il suo compagno, il quale è rimasto ancora impietrito e lo sta fissando con occhi sgranati.
“Liet.” comincia in tono serio “Questo è stato un anno, tipo… speciale. Di cambiamenti, ecco. Cioè, siamo Nazioni indipendenti adesso, ed è totalmente favoloso.” il nervosismo comincia ad avere il sopravvento. “Però… ecco, Liet, c’è una cosa che volevo fare. Da, tipo, tantissimo tempo.” Feliks ingoia a vuoto. “So che non sarà come tra le persone normali. Totalmente impossibile, lo so. Però, io vorrei passare la mia vita da Nazione con te. Tipo, per sempre.” il nasino di Polonia si arriccia nervoso, mentre Lituania si sta rendendo conto di quello che gli sta chiedendo Feliks. Gli tira su il braccio, tirandolo in piedi. Lui dà ragione ad Arthur, al diavolo i convenevoli.
“Po, io…” ingoia. Abbassa il tono, diventa un sussurro. “Io ti amo, e tu lo sai” dice dolcemente. Vede gli occhi di Feliks illuminarsi e il viso da bimbo annuire, speranzoso. Ma lui rimane serio. “Ma siamo nazioni. Ci sono i nostri superiori, i nostri paesi che vengono sempre e comunque prima di tutto…” Lituania scuote la testa, cercando di mandare via le lacrime, perché non è giusto. Fossero persone normali, fossero esseri esistenti normali, allora la risposta sarebbe bellissima e semplicissima da dare.
Ma loro non sono normali, anzi, non c’è niente di normale in loro. Creature secolari o millenarie, è così ingiusto che abbiano tutto il tempo del mondo, ma che non ci sia spazio per i loro sentimenti.
“Non mi importa.” il tono di Polonia è determinato e allo stesso tempo ricorda quello di un capriccio. Continua a fissare Lituania negli occhi. “Cioè, non mi importa di quello che diranno i nostri superiori. Io continuerò a mettere il mio Paese e la mia gente totalmente sopra tutto e tutti, anche sopra a me stesso. Ma voglio farlo con te al mio fianco.”
Le fierezza negli occhi di Polonia è così tangibile che Toris si sente in colpa a dover ribattere.
“Ma i nostri paese potrebbero anche entrare in guerra, Po, e noi…”
“Che entrino in guerra, allora.” Lituania sussulta a quelle parole.
“Che entrino in guerra. Non cambierà i miei sentimenti per te, mai, e non ti chiederei di scegliere tipo tra me e il tuo popolo. Se dovessimo affrontarci allora ci affronteremo. Il nostro dovere di Nazione verrà sempre e totalmente prima di tutto.” Continua a fissarlo negli occhi, magnetico, e Toris deve fare uno sforzo per non distogliere lo sguardo. “Ma io ti amo, come Nazione e come essere vivente. E ti amo da praticamente sei secoli, Liet. Quante cose sono tipo successe in questi secoli? Totalmente un casino.” Sorride, appoggiando la propria fronte a quella di Toris, che non si allontana, anzi, senza rendersene conto si abbandona a quel contatto.
Lituania riflette. Feliks ha ragione su alcuni aspetti. E che i sentimenti sono ricambiati è indubbio. Sospira, ripensando a tutto quello che era successo soprattutto in quell’ultimo secolo che stava quasi giungendo al termine. Indipendenze conquistate e perse, due conflitti mondiali in cui avevano rischiato di sparire (e il cuore di Toris sprofonda ancora al ricordo di quanto Feliks avesse rischiato da quel punto di vista), il dominio sotto l’Unione Sovietica, identità mantenute per un pelo…
Nonostante i pensieri più razionali, Toris si ritrova ad annullare la distanza tra lui e l’amato e a prendere le labbra di Feliks nelle sue, giochicchiandoci un poco.
“Hey, mon chere, guarda che occorre una risposta ufficiale!” Toris si allontana di scatto. Si era completamente dimenticato della presenza delle altre nazioni. Si guarda intorno, e si accorge che Polonia ha fatto le cose in grande. Sono tutti presenti. Oltre alle nazioni già uscite allo scoperto ci sono anche Cina e Giappone, America e Canada, Bulgaria e Romania che tengono Moldavia per un braccio ciascuno, la famiglia dei Nordici al completo, con tanto di Mister Puffin che stranamente è riuscito a non starnazzare fino a quel momento.
“Se sei ancora titubante per la risposta da dare al tuo Po” una voce calma da bambino sbuca fuori dall’ennesima colonna, “posso solo dirti che se non sono risusciti a separarvi io, niente riuscirà a farlo.” Russia fa capolino con il suo sorriso dolce, la sciarpa che gli arrivav fino agli stivali, e il rubinetto usato come bastone. Probabilmente è così che è riuscito a portarlo in chiesa. Rifletté Toris, prima di rendersi conto di chi, effettivamente, avesse davanti.
“Signor Russia, noi…” sente il corpicino di Lettonia appoggiarsi dietro la schiena e usarla per nascondersi. Un gesto che lo riporta indietro di qualche mese. Inghiotte a vuoto. Non sa come interpretare la presenza di Russia.
“Non mi fraintendere.” continua Ivan. “Non ho rinunciato all’idea di riavervi tutti a casa mia. Voi e molti altri.” Ivan fa scorrere lo sguardo su tutte le nazioni presenti. Poi torna a esibire quel sorriso innocente e puro. “Ma, Polonia ha ragione. Nemmeno io sono riuscito a farlo scomparire, anzi, mi sembra giusto dopo tutte queste decadi, di chiederti scusa..” a quelle parole si sente un “Anch’io” sommesso di Germania. Ludwig è in una posa molto rigida, chiaramente a disagio dal discorso di Russia. Gli anni sono passati, certo, ma le ferite riportate durante l’ultimo conflitto mondiale non sono ancora state sanate. Per niente. Serve molto, molto più tempo, e forse nemmeno quello è bastato. Italia si avvicina a Germania e lo abbraccia, stringendolo forte con gli occhi tristi e lucidi.
Lituania osserva quel gesto così naturale e nota come la postura rigida della nazione tedesca si scioglie dalla tensione. Si guarda intorno, osservando come tutte le nazioni si siano ritrovate nella sua capitale, probabilmente invitate da Feliks per questa occasione di festa. E forse sì, le ferite saranno ancora da curare, e le cicatrici saranno sempre e comunque visibili e palpabili a tutti, ma alla fine per un’occasione speciale, magari anche un po’ frivola, ma sono tutti presenti. America e Russia nella stessa stanza, dopo quegli anni di guerra e i loro rapporti tesi. Germania che ancora si sente responsabile ma che nonostante tutto è venuto, mettendo da parte il disagio che sapeva avrebbe provato, di sicuro.
Toris riflette, e forse, quello di cui tutte le nazioni hanno bisogno di sopravvivere è un po’ di quella umanità che tanto rifuggono. E decide di provarci, di vivere, di provare questa nuova avventura con la Nazione, anzi con la persona, che ama al proprio fianco. Guarda verso Francia, che li sta fissando con gli occhi a cuoricino, e alza gli occhi al cielo, come aveva fatto prima Feliks.
Alza le braccia, facendole passare dietro al collo di Feliks. Sorride, perché si sta godendo la gioia che sente dentro al petto. “La mia risposta è sì, Po.” sussurra, ma in realtà è un sussurro udibile a tutti, merito dell’eco della chiesa. E le nazioni applaudono, Romano esclama: “era ora!”, e Toris si gode questa aria di festa, di libertà. Feliks lo sta guardando, impassibile. “Sul serio?” Toris annuisce. “Totalmente sul serio?” incalza Polonia. Toris ride. Non importa quante volte glielo chiederà, lui sarà sempre pronto a confermarlo.
“E adesso cenone per festeggiare!” Lettonia spunta da dietro la schiena di Lituania. Estonia lo supporta, sorridendo. “Andiamo, sono tutti pronti!”
Toris li guarda sorpreso e si rivolge a Polonia. “Tu… hai invitato…” Feliks lo guarda, non capendo il suo stupore. “Sì, io volevo invitare tutti, ma poi Raivis e Eduard mi hanno…”
Romano si avvicina. “Hey, senza offesa, ma anche no. Voi non mangiate né carne né dolci alla vigilia, quindi, grazie ma noi torniamo a casa nostra…” si volta rassegnato verso Ludwig “mi toccherà sopportare il mangiapatate. HEY, CRUCCO, SE VEDO CHE TI AVVICINI AI FORNELLI GIURO CHE TI LEGO ALLA SEDIA!” urla, giusto per mettere le cose in chiaro. “Comunque, io non sono per le smancerie, e se mai Antonio dovesse fare una roba del genere sa che lo pianterei seduta stante, ma… congratulazioni. E, uhm, fatemi sapere se per il viaggio di nozze volete venire nelle mie bellissime coste. Buon Natale!” Toris lo guarda allontanarsi e si volta verso Feliks.
Ma le nazioni fanno il viaggio di nozze?!
A quanto pare la risposta è sì, perché Romano non è l’unico a offrirsi come meta turistica. Feliciano propone loro un romantico soggiorno a Venezia o in alternativa una vacanza sulle Dolomiti, Francia offre loro la propria capitale, la romantica Paris, Inghilterra porta loro i saluti di Australia e Nuova Zelanda dicendo che entrambi sarebbero felici di ospitarli, così come Yao e Kiku. Hanno davvero tanti posti bellissimi tra cui scegliere, e Toris non sa come ringraziare per l’affetto che sta ricevendo in questa vigilia speciale
Alla fine, pian piano i vari paesi salutano e tornano a casa, pronti a festeggiare il Natale con i propri cari. Toris si guarda intorno. Sono rimasti Lui, Polonia, Estonia, Lettonia, Romania, Bulgaria con Moldavia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia e Islanda. Polonia annuisce soddisfatto. “Loro sono i furbi che hanno accettato di passare la vigilia con noi!” esclama, contento. Toris lo guarda preoccupato. “Po, ma non abbiamo cucinato abbastan…” Estonia e Lettonia ridacchiano.
“Oh, in realtà i preparativi di oggi li ha sistemati nel freezer Eduard quando ha fatto finta di dover fare quella chiamata. Potete mangiarli voi nei prossimi giorni. E anche la tavola è a posto, perché pensi che ti abbiamo fatto tirare fuori il tavolo grande?? Eduard ha pensato anche a finire di apparecchiare! In realtà per il cibo.. beh, alle cose tradizionali ci abbiamo pensato noi due ieri. E poi…” Finlandia si avvicina, sorridendo “abbiamo portato anche noi qualcosa, rigorosamente a base di pesce. Ci sembrava il minimo dopo il vostro invito!” Svezia fa un verso di assenso, Danimarca invece sbuffa vistosamente e Norvegia gli tira una gomitata tra le costole, fulminandolo col suo sguardo indaco ma senza dire nemmeno una parola. Feliks gli fa la linguaccia “Nessuno ha invitato te, proprio per niente!” specifica. Danimarca prende un cipiglio da sbruffone: “per tua informazione, noi nordici siamo una famiglia, e non esiste che ci dividiamo proprio per Natale. Chiaro, principessina?” Feliks non cede alla provocazione, anzi, fa una piroetta mettendo in mostra la mantella beige, girando su sé stesso con grazia e forza allo stesso tempo. Toris guarda con ammirazione, mentre Danimarca che sta per ribattere viene fermato da Norvegia, che lo guarda malissimo, e Mathias sospira rassegnato.
“Lukas tiene in ostaggio il suo regalo di Natale” spiega Finlandia, sogghignando. “Quindi stasera deve comportarsi bene.” Feliks ghigna, annuendo soddisfatto. Toris si guarda intorno. Vede Ivan che è rimasto in disparte. Russia si accorge del suo sguardo, gli sorride e si avvicina.
“Signor Russia, grazie per essere venuto…” comincia Lituania, non senza un velo di imbarazzo.
“Oh, in realtà ne ho approfittato. Sapete, la vigilia la passo con Ucraina e.. e Bielorussia…” un brivido ben visibile solca la schiena della nazione sovietica. “quindi, è stato bello cambiare aria per un po’ di ore! Me ne torno al freddo e dalle mie sorelle.” si congeda con un sorriso dolce e malinconico.
I Baltici e anche i Nordici si scambiano uno sguardo indeciso. Ferite ancora aperte pulsano, Mathias guarda con preoccupazione Tino, che però rivolge a Svezia un sorriso come a voler dire: “va tutto bene” al quale Berwald annuisce. Norvegia è sempre impassibile mentre Islanda tiene stretto Mister Puffin, che quasi ad aver capito la situazione comincia a starnazzare allegro: “E’ Natale! E’ Natale!”
E Toris pensa che è vero. È Natale, lui e Po si sono appena fidanzati, la Guerra Fredda, quell’ultimo strascico della seconda guerra mondiale, è finita… Ci vorrà tempo, ma qualcuno dovrà pur fare qualche passo per fare un modo che quelle ferite si cicatrizzino.
“Ehm, signor Russia… se vuole passare la vigilia con noi, è benvenuto… Insomma, se alle signorine Ucraina e Bielorussia non dispiace fare a meno di lei…” Lituania lancia uno sguardo verso Polonia. In effetti, all’appello delle nazioni presenti mancavano proprio le sorelle di Ivan. Feliks capisce il messaggio e gli sussurra all’orecchio:”io le avrei anche invitate, ma Russia mi ha totalmentefermato dicendo che ci avrebbe pensato lui stesso a riferire il l’invito. Ne ho approfittato, visto che Bielorussia mi fa ancora paura…”
Viene interrotto da Ivan, che si unisce al gruppo e prende sottobraccio Estonia e Lettonia, facendoli sobbalzare. “Oh, non vi preoccupate per loro, se mi fate chiamare da casa vostra le avviso che staremo insieme domani!”
Con una punta di orgoglio, Toris vede Raivis e Eduard togliersi dalla presa di Russia ma senza allontanarsi, in un gesto di riconquista dei propri spazi.
Sente la mano di Feliks intrecciarsi nella sua e la testolina bionda che si appoggia sulla sua spalla. Posa un bacio tra quei capelli biondo grano che nelle belle giornate imprigionano i raggi del sole. Feliks alza lo sguardo verso di lui, accucciandosi sempre di più vicino al corpo del fidanzato. Sorride.
“Ho chiesto io a Eduard e Raivis di farti mettere questo vestito a messa.” confessa. Toris fa il finto indignato.
“Eravate d’accordo anche su questo?!”
“Forse non te lo ricordi, ma tu lo indossavi proprio quando…”
“Lo indossavo il giorno in cui ci siamo conosciuti. Certo che me lo ricordo, Po.” la verità è che per ogni cosa che riguarda Polonia, la memoria fa brutti scherzi e ricorda anche i dettagli più insignificanti.
“E’ stato come tipo completare un cerchio. Ero terrorizzato all’idea dell’unione tra i nostri due paesi. E oggi invece…” si stringe ancora di più a Lituania “… oggi invece la sola cosa che mi terrorizza totalmente è perderti.” il corpicino è attraversato da un brivido. Toris deve lottare contro un groppo in gola, perché sa fin troppo bene essere terrorizzati all’idea di perdere un proprio caro. Con Feliks, non deve neanche immaginarlo, lui lo ha vissuto quel terrore. Lo stringe forte, quasi ad accertarsi che è lì, che è reale, non importa quanti anni passeranno, questa cosa se la porterà dietro per sempre, lo sa.
“Ti amo, Po.” è l’unica cosa che riesce a sussurrare, l’unica cosa vera che sente.
“Ti amo, Liet.” è la risposta.
Un singolo fiocco di neve si posa sul nasino di Polonia, che starnutisce. Lituania alza il viso verso il cielo, sorridendo. Alla fine, sarà un bianco Natale.

 
Angolino di May
Questa ff in realtà non era prevista. E vorrei mi fosse venuta in mente prima di Natale, mannaggia a me. Coomunque, l'ispirazione è stata causata da questo video. Cioè, io in realtà avevo in mente da mesi una ff in cui Feliks scriveva questa canzone a Toris, ma nei primi anni dopo la loro unione. E invece, guardando quel video mi sono detta:"Ma Polonia chiederebbe in questo modo a Lituania di sposarlo!" e quindi eccomi qui con questa cagata.
Preciso: è un periodo storico su cui (purtroppo!) sono molto ignorante. Quindi, chiedo già scusa se quello che ho scritto va a urtare la sensibilità di alcuni o se non è appropriato visto le varie relazioni tra i paesi in quegli anni. Altra cosa che mi sento in dovere di precisare: io amo Hetalia, ma sento di non saper scrivere i suoi personaggi. Quindi mi scuso anche se dovessere risultare OOC. Davvero, mi spiace perché io cerco di renderli più IC possibile, ma soprattutto con Hetalia sento di non farcela. In più mi voglio male doppiamente e qui ci piazzo troppi personaggi, ma dove ho la testa io?? -.-'
Vi lascio, e vi ringrazio se siete arrivati fin qui! Critiche e suggerimenti sono ben accetti, aiutano e migliorare e io ne ho un gran bisogno!
Mata ne!
May
 
   
 
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