Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Luiss la Rossa    06/02/2022    0 recensioni
Cosa sarebbe accaduto se Levi avesse scelto Erwin, al posto di Armin?
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Eren Jaeger, Erwin Smith, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Pioggia e umidità battevano impietosi alle finestre del suo alloggio. Aveva aperto gli occhi solo un attimo prima di svenire, ed era riuscito solo a sussurrare: “Che cosa hai fatto, Levi?”.
Ma Levi era certo, CERTO, che questa scelta prima o poi, gliel’avrebbe perdonata. Non poteva pensare nemmeno per un secondo di agire in modo diverso, non dopo TUTTO quanto.
Non dopo anni di vite spezzate per confermare i loro sospetti, di indagini, di sangue versato, di amici perduti per sempre, di ragazzini innocenti mandati a morire. La morte non poteva essere nemmeno presa in considerazione per LUI.
Lo guardava dormire, e si rendeva conto che oramai la vita senza di lui non aveva senso, non dopo gli attimi maledetti in cui credeva di averlo perso PER SEMPRE.
Si sarebbe adattato a quella nuova vita? E perché no, dopo tutto Erwin era un gigante anche nel mondo reale, quanto a rettitudine, determinazione, moralità…avrebbe imparato a gestire il suo gigante anche e forse meglio di quando non aveva fatto quell’idiota frignone di Eren, che per un pelo non gli aveva tagliato la mano, quando aveva fatto la sua scelta.
Non tanto impensierito per lui, quanto per la piccola Akermann, anch’essa in prigione per insubordinazione, il caporalmaggiore sospirò sperando, che a freddo, almeno lei tornasse a ragionare, e riuscisse a far tornare Eren in sé. Anche perché se con entrambi i giganti avrebbero avuto un ottimo vantaggio tattico da poter battere lo scimmione e il corazzato, da soli sarebbero stati menomati. Ma era fiducioso, sarebbe passato da lei subito dopo essersi sincerato delle condizioni di Erwin.
La pioggia non accennava a smettere di tamburellare nervosamente le finestre. Hange non era passata a vedere le condizioni di Erwin perché ancora messa troppo male per potersi muovere, e troppo a pezzi per essere felice per il suo più grande e fidato amico: aveva perso troppo. Sospirò di nuovo sentendosi vecchio e sentimentale.
Erwin aveva appena terminato l’esercitazione e si stava distaccando dal colossale. La trasformazione, la prima, era stata un successo. Ovviamente era stata organizzata in uno dei territori abbandonati all’interno del Wall Maria, completamente ripulita dai giganti grazie ad Eren e Mikasa (che usavano la rabbia per la loro perdita in un modo, se non costruttivo, almeno pratico anche se distruttivo).
Levi corse subito sulla spalla della carcassa del Colossale a sincerarsi che lui stesse bene. L’espressione di Erwin era abbastanza sconcertata, non seppe definirla anche perché lo agganciò subito con lo sguardo e tornò immediatamente concentrata e senza espressione. Erwin gli sorrise delicatamente e gli chiese: “che dici? Come sono andato?”. Levi sgranò lo sguardo (effettivamente non se lo aspettava, né quel sorriso, tantomeno la sua approvazione, dopo che gli aveva a malapena rivolto per giorni la parola) e disse semplicemente: “perfetto, questo bestione ti calza a pennello”.
Tornarono verso Hange, che era tornata ai suoi esperimenti pur di non pensare più a quanto era accaduto alla battaglia di Shigashina, e in preda al suo solito entusiasmo urlò ad Erwin: “SEI STATO GRAAAANDEE!! La prossima volta voglio che provi a indirizzare la gettata di vapore in un punto, così da non disperdere la massa!”
“Agli ordini, Capo.” Fece Erwin con un sorriso soddisfatto. Il primo dal risveglio, se non contiamo quello fatto a Levi pochi istanti prima.
“E’ cambiato. “ pensò Levi. Il problema ora era capire quanto.
A passi certi e spediti, guidati da Eren e Mikasa silenziosi e vicini (molto più vicini del loro solito, notò Levi), attraversarono il distretto di Shigashina fino alla loro vecchia casa. Ci misero un po’ a riconoscerla, la natura aveva fatto il suo corso, rendendola piuttosto malmessa e spettrale.
“Oggi avrai le tue risposte Erwin, quelle che cercavi da sempre.” Ammise Levi sottovoce al suo comandante.
“Forse.” Sorrise Erwin, mentre l’impazienza se lo mangiava vivo, Levi glielo leggeva in faccia.
La notte prima l’avevano passata in bianco, a poco meno di tre settimane dalla battaglia, per la prima volta Erwin aveva nuovamente parlato con lui. Aveva aspettato che tornassero nei loro alloggi dalla riunione del consiglio ristretto e gli aveva chiesto se gradisse un tè. Levi non se lo era fatto ripetere due volte, era entrato senza aspettarsi ormai granchè – sapeva benissimo che ce l’aveva ancora con lui per non averlo lasciato andare- e si ripeteva oramai come fosse una cantilena stanca e vuota che anche se non avessero mai più recuperato il loro rapporto, si sarebbe limitato a godere della sua presenza e del fatto che fosse LI’, VIVO, ancora accanto a lui. Ma quella sera Erwin era eccitato come un ragazzino che sta per avere il suo regalo di Natale più bello, e voleva solo condividere quella gioia con il suo oltremodo leale compagno.
Levi, dopo averlo ascoltato paziente per oltre un paio d’ore, approfittò di qualche minuto di silenzio del comandante per chiedergli una cosa che avrebbe voluto sapere dal primissimo giorno, ma che non aveva ancora osato chiedere: “come stai, come ti senti DAVVERO, Erwin?”.
Il Comandante lo guardò dritto negli occhi, sorrise ancora una volta, e si lasciò andare:” Vorrei poterti dire che sono ancora arrabbiato con te, che ti odio. Vorrei poterti dire che scegliere ME al posto di Arlet è stato stupido e insensato, visto che avrebbe un giorno preso sicuramente il mio posto, e avrebbe svolto egregiamente il suo lavoro. Vorrei dire che sto male, che odio essere un gigante e che credo che non sia questo, ora, il mio posto. Vorrei poterlo dire davvero, Levi. Ma mentirei, se lo facessi. “.
Levi trasalì al suono di quelle parole. Ma Erwin riprese immediatamente il discorso:
“Quando ti ho chiesto, anzi, TI HO IMPOSTO di lasciarmi partecipare alla battaglia di Shigashina, quando ti ho chiesto di uccidere il Gigante Bestia coprendoti le spalle lanciandomi alla carica con i miei soldati, ed infine, quando ti ho chiesto di fare quella scelta, ho sbagliato. Eri probabilmente la persona meno adatta a valutare chi dovesse ereditare il colossale, dopo tutto quello che abbiamo condiviso in questi anni, dopo tutto quello che ci siamo detti, conoscendo i sentimenti che provi nei miei confronti…ho pensato avessi agito istintivamente e solo con il cuore, a mio avviso. “
Levi perse un battito. Non riusciva più a respirare.
“Ero veramente arrabbiato all’inizio. Sconcertato e arrabbiato. Non riuscivo a credere che avessi potessi prendere una decisione così irrazionale, ma poi sono andato a trovare Hange, visto che lei non riusciva ancora a muoversi bene. Era, anzi, è ancora provata dalla morte di Moblit, logicamente. Le ho chiesto che cosa avrebbe fatto lei se fosse stata nei tuoi panni. Ebbene, mi ha detto che se avesse potuto scegliere, nonostante Moblit fosse il suo braccio destro da tutta la vita, avrebbe comunque scelto ME. E che se credessi che la tua scelta sia stata una scelta guidata solo dai tuoi sentimenti, sarei stato ingiusto, oltre che poco riconoscente. Perché al di là dell’amore che a modo tuo potresti provare o meno nei miei confronti, tu hai sposato non solo ME, ma la mia CAUSA. Ed il minimo che potevi fare, in quel momento, era farmi arrivare alla resa dei conti finale. “
Levi restò completamente senza parole. Gli occhi sgranati, la bocca dischiusa ed incapace di poter dire niente. Lo aveva inchiodato lì, su quella sedia, con poche semplici frasi, dopo anni in cui aveva creduto di poter nascondere un sentimento che invece, al contrario, Erwin conosceva benissimo.
Erwin lo guardò in modo dolce, e andò a preparare il tè. Cambiò argomento e parlarono solo di quello che teorizzavano potesse trovarsi nella cantina di casa Jeger.
Faticarono non poco ad aprire la porta, una volta scesi nella cantina scoprirono che la chiave non apriva la porta, ma con poco, Erwin riuscì a buttarla giù. Rovistarono nella polvere per oltre un’ora, senza trovare nulla. Poi Levi (che nel frattempo bestemmiava mentalmente per la lordura presente nella stanza) notò che la scrivania aveva un vano segreto chiuso a chiave. Aprirono i cassetti e individuarono immediatamente il doppio fondo.
Estrassero i libri di Grisha Jeger, e con il cuore all’impazzata Erwin cominciò a leggere la vera storia dell’origine dei Giganti.
   
 
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