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Autore: Blue_02    10/02/2022    0 recensioni
Soukoku/ Dazai x Chuuya
Dazai, intrappolato dalla Port Mafia, ripensa alla sua vita passata, alle scelte che lo hanno portato fino a quel momento, alla persona che ha dovuto lasciare per ricostruirsi una nuova vita e che a breve entrerà da quella porta, Chuuya.
Dal testo:
"Per quanto cercasse di rimanere tranquillo e di apparire rilassato, Dazai avvertiva la tensione provocata dalla consapevolezza che Lui presto sarebbe arrivato; Lui che era l'ultima persona sulla faccia della Terra che voleva incontrare; Lui che avrebbe stravolto ancora una volta la sua vita. Era sicuro che sarebbe venuto, i suoi calcoli non erano mai sbagliati, infatti, per quanto non avesse le abilità deduttive di Ranpo, il ragazzo era fin troppo consapevole dell'infallibilità delle sue capacità intellettive ed erano proprio queste a suggerirgli che quattro anni non sarebbero bastati per contenere la rabbia e l'istinto omicida della persona che a breve avrebbe varcato quella porta. "
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All in all is all we are            

Pur essendo legato e imprigionato in una delle strutture appartenenti alla famigerata Port Mafia, Dazai era del tutto soddisfatto della sua situazione. Il suo piano procedeva come da programma e anche se stare giorni interi appeso ad un palo non era per niente piacevole, sapeva che le informazioni che doveva recuperare sarebbero state fondamentali per l'avvenire. Oltre tutto era molto divertito dalla sicurezza che aveva Akutagawa di averlo catturato; Dazai, infatti, aveva sempre pensato che al ragazzo mancasse qualcosa, ma era decisamente la prima volta che riteneva che quel "qualcosa" fosse il cervello.

Ciò che lo disturbava maggiormente era chiaramente il luogo in cui lo avevano sistemato, che era molto lontano dall'essere considerato caloroso e accogliente. Sentiva chiaramente delle gocce cadere dal soffitto ed infrangersi sul pavimento sporco e logoro di quella struttura abbondonata. Il ticchettio incessante accompagnava l'attesa e contribuiva a fermare il tempo, a cristallizzarlo in quegli attimi di straziante sospensione. L'odore di pesce andato a male e di salsedine gli suggerivano di trovarsi vicino al mare, magari nei pressi di un vecchio porto ai confini di Yokohama. Il soffitto era basso e putrido, costellato da inconfondibili macchie di muffa e il silenzio, interrotto solo dai suoi respiri e da quelle maledette gocce, non aiutava a nascondere l'onda insormontabile dei suoi pensieri. Per quanto cercasse di rimanere tranquillo e di apparire rilassato, Dazai avvertiva la tensione provocata dalla consapevolezza che Lui presto sarebbe arrivato; Lui che era l'ultima persona sulla faccia della Terra che voleva incontrare; Lui che avrebbe stravolto ancora una volta la sua vita. Era sicuro che sarebbe venuto, i suoi calcoli non erano mai sbagliati, infatti, per quanto non avesse le abilità deduttive di Ranpo, il ragazzo era fin troppo consapevole dell'infallibilità delle sue capacità intellettive ed erano proprio queste a suggerirgli che quattro anni non sarebbero bastati per contenere la rabbia e l'istinto omicida della persona che a breve avrebbe varcato quella porta. Così, il moro aveva trovato un modo per non pensare a tutte quelle cose che gli ingarbugliavano il cervello: concentrarsi sul fastidio che le corde provocavano strofinandosi ripetutamente sulla sua pelle, tentando in ogni modo di mascherare con il dolore la consapevolezza di quello che sarebbe avvenuto e di ciò che avrebbe dovuto nascondere.

In tutto quel tempo, Dazai non aveva mai pensato ad un possibile incontro con il suo vecchio partner, tutto era capitolato così velocemente che non si era mai preoccupato di pensare al futuro. D'altronde la vita era così fragile e irrecuperabile, che non aveva senso perdere tempo per creare illusioni inconsistenti e per immaginare vite che non sarebbero mai state vissute.

Dazai, era stato un freddo e spietato assassino che non aveva mai cercato niente con cui nutrire la sua umanità. Aveva lasciato tutta la sua vita per seguire una preghiera strappata dalla morte feroce, quella cara e vecchia amica che aveva sempre sognato più di ogni altra cosa. La consapevolezza di aver abbandonato l'unica persona in vita che potesse accettare la sua crudele insensibilità gli dava la certezza, o l'illusione, di essere perfettamente in grado di rincontrare quei due occhi taglienti che a breve lo avrebbero trafitto in ogni modo possibile.
Tutti questi pensieri si affacciavano alla sua mente in maniera ordinata, uno dopo l'altro si analizzavano e confrontavano vicendevolmente e delineavano il profilo delle sue scelte passate.
In mancanza di sentimenti che ti rendono umano, il regno delle bestie sembra l'unica soluzione razionale e lui aveva sempre trovato un dolce rifugio in esso. Pianificare contrabbandi e incontri clandestini, torturare e uccidere, erano azioni che a chiunque sarebbero sembrate spaventose e immorali, o che perlomeno avrebbero provocato una qualsiasi emozione, ma non a lui, per Dazai quelli erano stati gesti come altri. Uccidere era un passatempo illusorio, utile per convincersi che qualcosa avrebbe potuto finalmente muoversi nella landa desolata del suo essere. Come avrebbe dovuto definirsi? Uno psicopatico omicida con tendenze suicide e sociopatiche? Nel mondo normale forse, ma lui era stato il fiore all'occhiello della Port Mafia, tutti quei presunti disturbi mentali avevano reso solo più accattivante il suo curriculum. Poi, quando erano arrivati gli incontri al Lupin con Odasaku e Ango una parvenza di normalità era andata a instaurarsi nella vita sanguinaria del moro. In quelle sere, ormai irrimediabilmente lontane, erano semplicemente tre persone che condividevano del tempo insieme pur non avendo nulla in comune se non una organizzazione che non li metteva sullo stesso piano. Dazai era un dirigente, Ango un mediatore di segreti e Odasaku un semplice collaboratore con un inusuale integrità morale. Il primo uccideva e soffriva, il secondo mentiva e pianificava, il terzo eseguiva e sognava. Dazai era sempre stato ben consapevole che quella situazione non era destinata a durare, che presto tutto sarebbe finito e che una foto logorata dal tempo, sarebbe stata l'unica testimonianza di quegli incontri inattesi.
Nell'esatto momento in cui tutto era arrivato a un punto di non ritorno e Odasaku aveva scelto quelle misere parole per terminare la sua esistenza, tutto aveva iniziato a diventare consistente, reale. Le parole che gli aveva rivolto erano state spietatamente illuminanti.
Il vuoto dentro di lui sarebbe rimasto sempre incolmabile, non aveva speranza di provare delle emozioni vere, soprattutto se avesse continuato ad essere costantemente circondato dalla morte. Lui doveva stare dalla parte di chi salva le persone, questo gli aveva detto Oda. E così aveva deciso di cambiare vita, di cercare un altro modo per salvare la sua anima impura e maledetta dal silenzio della coscienza e ancora una volta aveva deciso di essere insensibile e calcolatore, di preannunciarsi un obbiettivo e di raggiungerlo, senza preoccuparsi di nessun altro, senza preoccuparsi di Lui, che con i suoi modi bruschi e infantili gli era sempre accanto. Per quando crudele fosse voleva salvare la sua anima, voleva trovare uno scopo, voleva disperatamente vivere, più di ogni altra cosa al mondo.

Dazai non sapeva cosa fosse l'amore, per lui era una parola vuota come qualsiasi cosa che riguardasse i sentimenti ed era sicuro che nemmeno il suo compagno sapesse cosa fosse. Seppur tanto diversi, lui e Chuuya rimanevano due cani randagi, abbandonati e allontanati da tutti, cani rabbiosi e violenti che non erano mai stati risparmiati dalla vita e che a loro volta avevano seminato terrore e distruzione sul loro cammino.
Allo stesso tempo ciò di cui era sicuro più di ogni altra cosa, era che l'odio che provavano l'uno per l'altro era quella rabbia incontenibile di chi, solo al mondo, non ha più nessuna forza di affidarsi a qualcuno che non sia loro stessi. Eppure, il terribile duo, a fine missione riacquistava l'umanità persa durante l'operazione e la terribile maschera della crudeltà cadeva dai visi sfatti e provati. Era proprio in quel modo che le due anime, così in conflitto tra loro, non riuscivano a fare a meno di incontrarsi a metà strada, di consolarsi, di creare un legame silenzioso ma indissolubile.
Chuuya era l'unica persona esistente al mondo a cui Dazai avesse permesso di vedere una benda sgualcita, uno sguardo perso o un sospiro desolato; al tempo stesso Dazai era l'unico ad aver visto una lacrima rigare il volto diafano del rosso, un sorriso stremato tenuto insieme dalla disperazione o un lampo di preoccupazione attraversare quegli occhi azzurri più splendenti dei più puri lapislazzuli. Era un rapporto malato il loro, costruito su minacce, urla e rancori che venivano messi da parte quando una carezza carica di una dolcezza sconosciuta anticipava un bacio, un sospiro o un gemito. Nella notte più nera e tenebrosa si perdevano in concessioni peccaminose e tenere, che si alternavano sconnesse e insicure. Dazai, unicamente in quegli istanti, si concedeva di spegnere il cervello, di oscurare i piani e i pensieri e di abbandonarsi completamente alle attenzioni del partner. Non esisteva niente oltre loro e quella notte che nascondeva le loro confessioni silenti.
Chuuya e Dazai si odiavano più di ogni altra cosa, ma allo stesso tempo si amavano pur non essendo in grado di amare.
Questo almeno fino a quando Dazai non se ne era andato. Era scomparso in una notte gelida senza lasciare tracce, una notte che normalmente sarebbe appartenuta a loro, lasciando Chuuya da solo, ancora una volta abbandonato e allontanato senza un avvertimento o delle scuse.
I due erano tornati ad essere due cani randagi solitari e mentre uno trasformava l'abbandono in rabbia, poi in distruzione e infine disperazione, l'altro finalmente aveva provato un sentimento. Per la prima volta era riuscito a sentire qualcosa muoversi nel suo torace: dolore. Non era un dolore fisico ma qualcosa di più immateriale e letale che ai suoi occhi lo aveva reso un essere vivente. Un cambiamento meraviglioso e malato era avvenuto quella notte in lui. Egli aveva sviluppato un attaccamento morboso a quel dolore che gli lasciava il petto in fiamme, che lo tormentava e lo straziava ma che al contempo lo rendeva vivo, per la prima volta.
Non erano servite a niente le parole disperate e le urla di tutte le persone con cui aveva giocato, che aveva ucciso e torturato, in quelle circostanze la sua freddezza e la sua crudeltà erano state sempre presenti ma solo il pensiero di non poter più vedere la figura minuta e sensuale del suo partner, di aver lasciato le sue spalle scoperte e di averlo abbandonato ancora una volta, gli corrodeva l'anima più di ogni altra cosa.
Solo dopo aver assaporato quell'amarezza Dazai fu in grado di ringraziare sinceramente Odasaku per essere stato suo amico, per avergli aperto la strada verso la vita e per avergli dedicato i suoi ultimi respiri facendogli conoscere la sofferenza e solo dopo aver abbandonato Chuuya si rese conto di come quella relazione malata, alla fine, gli avesse fatto tanto male da farlo stare bene.

Dazai aveva iniziato a vivere nel momento in cui, prima Odasaku e poi Chuuya, avevano smesso, anche se in maniera differente. Non era necessario piangere un amico morto, non bisognava pensare alle conseguenze delle proprie azioni sulla vita del rosso, aveva trovato uno scopo nella vita, aveva provato un'emozione reale, tutto il resto poteva passare in secondo piano. Finalmente la sua anima poteva respirare.
Ma Dazai come non sapeva amare, non sapeva neppure vivere e come non aveva capito di amare Chuuya, non aveva neppure compreso di non star vivendo davvero. Il ragazzo non si era reso conto che la sua esistenza era ancora una volta fittizia, che quell'emozione che aveva provato, forse lo aveva reso vivo per un secondo ma presto avrebbe annerito irreparabilmente il suo cuore. Salvare chi non poteva difendersi, cercare di fare del bene, questo avrebbe cambiato qualcosa ma non avrebbe alleggerito la colpa di tutte quelle vite che aveva spezzato e depredato in tutti quegli anni senza il minimo rimorso.

Così gli anni erano passati, Dazai si era abituato alla sua nuova vita tanto da confondersi con essa ma quattro anni non erano molti e certe tragedie non sono così semplici da dimenticare. Il ragazzo sentiva un legame viscerale collegarlo al passato, quel dolore che lo rendeva vivo e quella morbosa ossessione per la morte non lo lasciavano mai, dovunque andasse, qualsiasi cosa facesse lo riportavano sempre nello stesso punto. Dazai amava immaginare una fune sottilissima che lo teneva in equilibrio sopra un baratro, sempre pronta a farlo cadere come a illuderlo di potersi salvare. Infatti, se le carezze di Chuuya a poco a poco erano sbiadite dai suoi ricordi, il suicidio, il suo grande addio all'universo, continuava costantemente ad abitare il suo cervello.
Nonostante ciò, la clessidra mentale che si era prefigurato ancora non aveva finito di far scorrere i granelli di sabbia, Dazai aveva ancora una missione da portare a termine, prima di passare a miglior vita. Doveva creare un legame forte e indistruttibile, quasi quanto quello che aveva legato per anni lui e Chuuya. Gli ingranaggi erano stati oliati e avevano iniziato a funzionare, infatti, seppur con molti problemi, i suoi due protetti avevano iniziato a realizzare il suo progetto. Presto Atsushi e Akutagawa sarebbero stati in grado di creare qualcosa di eterno, un rapporto in bilico tra vita e morte, tra forza e debolezza, tra rabbia e quiete, tra odio e amore che avrebbe spazzato via qualsiasi forza contraria. Presto, quei due ragazzi sarebbero stati tutto ciò che lui e Chuuya non erano mai stati in grado di essere.

Così, mentre tutti i pensieri che il dolore fisico non era stato in grado di coprire erano venuti fuori e avevano segnato l'animo del giovane, Chuuya era entrato da quella porta. Rivedendo quella figura esile che nascondeva al suo interno una forza oscura e mortale al limite dell'immaginabile, Dazai capì che per la prima volta un suo piano era fallito e che i suoi gelidi calcoli erano stati ingannati dal fascino della sofferenza primordiale. Quando Chuuya aprì la bocca per riversargli addosso le peggiori parole che conoscesse, Dazai non poté fare a meno di rispondergli altrettanto male con il miglior sorriso da schiaffi stampato sulle labbra.
Loro erano fatti così, l'orgoglio e l'arroganza avrebbero coperto tutta quella sofferenza che avevano mascherato in quegli anni, le urla avrebbero sostituito le parole intrise di angoscia e delusione e i gesti violenti avrebbero nascosto mani tremanti incredule di poter ritoccare quei corpi costretti a stare a lontani. Le parole di Odasaku rimbombarono ancora una volta nella mente del moro e questo, guardando dritto in quegli occhi azzurri dopo così tanto tempo, capì che anche se non avrebbe mai potuto colmare il vuoto dentro di sé, forse avrebbe potuto continuare a esistere, per quel poco che gli rimaneva, insieme a qualcuno simile a lui, a qualcuno insensibile e corrotto come lui ma infinitamente più forte a sopportare il fardello dell'esistenza.
 Le parole di Odasaku rimbombarono ancora una volta nella mente del moro e questo, guardando dritto in quegli occhi azzurri dopo così tanto tempo, capì che anche se non avrebbe mai potuto colmare il vuoto dentro di sé, forse avrebbe potuto continu...
NOTE AUTRICE:
Prima di tutto vorrei ringraziare chiunque legga questa storia, dedicandoci del tempo. E' la prima volta che pubblico qualcosa che ho scritto, dunque recensioni, critiche, correzioni e commenti sono molto graditi. Detto questo un saluto a tutti.

   
 
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