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Autore: FrancyF    13/02/2022    0 recensioni
[DOC Nelle Tue Mani ]
Doc - nelle tue mani. Un epilogo diverso per Giulia e Lorenzo. Il loro futuro assieme.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dopo avere visto la seconda stagione di "Doc - Nelle tue mani"  ho iniziato a scrivere vari pezzi di fanfcition che poi ho unito in un'unica storia. Perchè noi ci meritavano di vedere Lorenzo, Giulia e il loro bambino felici a Genova. Dovevo levarmela dalla testa. Il titolo è un riferimento a questa canzone "I get to love you" di Ruelle. Spero vi piaccia. Questa fanfiction l'ho anche pubblicata sul mio account Wattpad
-Fran 

“I get to love you” - Ruelle
“One look at you, my whole life falls in line
I prayed for you before I called you mine…”
 
Marzo 2020
La dottoressa Giulia Giordano spalancò la porta con così tanta foga che tutti i presenti sussultarono.
La donna era accaldata, esausta, distrutta. Dopo un turno interminabile di dodici ore, Giulia aveva male dappertutto e la vista annebbiata. La tuta ermetica e la mascherina ffp2 peggioravano ulteriormente la sua visuale.
La dottoressa era pronta per andarsene a casa a riposare, così aveva promesso a Lorenzo; ma ecco che Carolina era venuta da lei, tutta concitata, e le aveva detto che Lorenzo si era incaponito a dare la sua bombola d’ossigeno a Clara, la paziente ricoverata nella sua stessa stanza.
Giulia non aveva esitato un secondo ed era corsa da lui, spalancando la porta.
E adesso non riusciva a credere ai suoi occhi: tra la vista annebbiata dalla stanchezza e dal sudore,  la donna fece fatica a mettere a fuoco la scena che le si era palesata davanti. Quello scemo del suo ragazzo le stava sorridendo con quel suo dannato mezzo sorriso.
-Ciao- disse lui, prendendo un lungo respiro dal respiratore nasale.
Lo sguardo di Giulia vagò nel vuoto per circa due secondi, per poi focalizzarsi sulla nuova bombola d’ossigeno presente nella stanza. Una per Lorenzo, piena, e una per Clara.
-Sono arrivato dieci minuti fa-.
La voce di Andrea la fece voltare. Fino a quel momento pensava di essere sola.
-Ma sei scemo o cosa?!- sbottò Giulia, avvicinandosi al letto con la mano alzata.
-Dai Giulia, è tutto ok- Andrea le prese dolcemente il braccio e sorrise di rimando. –Lorenzo sta bene. Gli ho portato io la bombola d’ossigeno-.
-E’ stato un eroe- si intromise Clara, sorridendo alla vista della coppia. –Ci siamo divisi l’ossigeno per questa sera-
-Potevi morire- Giulia sforò i capelli di Lorenzo. Era madido di sudore e aveva lo sguardo distrutto, era pallido e con pesanti occhiaie. Gli tastò il polso.
-Sei tachicardico-
-Sono stato peggio-
-No. Sei andato in tachicardia perché hai voluto fare il santo e non il medico. L’ossigeno c’è per tutti, non puoi anteporre la tua vita a quella degli altri-
-Giulia, sono un medico. Lo facciamo sempre. Salviamo vite e mettiamo i pazienti al primo posto-.
Giulia sospirò e alzò gli occhi al cielo. Se solo la nuova bombola non fosse arrivata in tempo… allora Lorenzo… non ci poteva nemmeno pensare.
La donna si portò un attimo le mani sulla pancia. Lì dentro suo figlio era sicuro, protetto. Tra meno di sette mesi avrebbe potuto incontrarlo finalmente, ma sarebbe toccato a lei e a Lorenzo proteggerlo. Quel pensiero fisso era ormai diventato un’ossessione per lei e, era certa, che anche Lorenzo stesse provando le stesse cose. Erano due mesi che si prendevano cura l’uno dell’altra. Sentì le mani di Lorenzo sulle sue e alzò lo sguardo per incrociare quello del compagno.
-Io e Ric abbiamo scommesso che è una femmina. Se vinco mi devi un casco nuovo per la moto?-.
Andrea scoppiò in una lieve risata inaspettata che alleggerì l’atmosfera.
-Sei un cretino- sussurrò Giulia nell’orecchio dell’uomo. –E  comunque- annunciò ad altra voce, in modo potessero essere testimoni –è un maschio. E se vinco io mi devi portare un piatto enorme di tagliatelle alla panna dopo il parto-.
Lui le fece l’occhiolino e sorrise con gli occhi. Se quello era il suo futuro con Giulia e il loro bambino beh, avrebbe cucinato per loro tagliatelle tutti i giorni.
-Vai- disse dolcemente lui- ho l’ossigeno e il respiratore e non farò altre pazzie, promesso-.
Giulia lo guardò in cagnesco.
Anche pochi minuti potevano risultare fatali, lei lo sapeva meglio di tutti loro. Lei aspetta suo figlio, il figlio che lui aveva desiderato più di se stesso. E lui cosa faceva nel frattempo? Si cacciava nei guai anche da malato, sosteneva una paziente anche con il covid19. Avrebbe dovuto odiarlo, eppure con quel gesto Lorenzo aveva dimostrato nuovamente a Giulia tutto il suo amore. Era davvero un uomo capace di esserci sempre per chi aveva bisogno.
-Torna a casa Giulia- insistè Lorenzo. –Dovevi essere già a letto-. Si preoccupava sempre per lei.
La donna lanciò un ultimo sguardo ad Andrea che annuì con il capo, per farle capire che aveva compreso.
-Niente divisioni- asserì –lo controllo ogni quarto d’ora-.
-Non fare altre scemenze-. Giulia si chiuse la porta alle spalle e gettò un ultimo sguardo dalla vetrata. Lorenzo sorrideva a Clara e Andrea e, probabilmente, stava facendo una delle sue solite battute, perché stavano tutti ridendo. Probabilmente non si era accorto del rischio che aveva corso, o non ci aveva neppure pensato tale era il suo desiderio smaniato di  aiutare gli altri. Era stato fin troppo impulsivo. La donna accarezzò il vetro  e si prese qualche secondo di riposo. Il suono incessante di una pallina di gomma la riportò in corsia.  
 
“…they say love is a journey, I promise that I'll never leave
When it's too heavy to carry, remember this moment with me…”
 
Maggio 2020
Lorenzo tornò al lavoro di venerdì. Due mesi dopo essere stato ricoverato per il covid19 in quello stesso reparto.
Non era stato accolto con calore. Non ce ne era stato neppure il tempo. L’ospedale non era più al collasso come lo era stato durante il suo ricovero, ma i numeri dei morti non accennava a diminuire e c’era bisogno di tutte le mani possibili.
Giulia ormai era al quinto mese di gravidanza e la direzione l’aveva obbligata a chiedere la maternità anticipata. Era stata dura da convincere, ma alla fine Lorenzo e Agnese erano riusciti a convincerla.
Agnese era tornata in pista, tra le corsie del reparto, Alba era ancora in aspettativa e la direzione era allo sbando più totale.
-E’ assurdo…- borbottò Lorenzo, sfilandosi la mascherina, dopo l’ennesimo tampone. Era nella medicheria e Teresa stava controllando l’esito di tutti i tamponi dello staff per rimandarli a casa per la notte.
-Cosa è assurdo?-  l’infermiera gli sorrise con gli occhi.
-Che mi mandiate a casa dopo un turno di sole otto ore. Non sono stanco, posso ancora lavorare, aiutare, dare una mano e…-
-Hai avuto il covid, e se Agnese o Giulia scoprono che ti faccio fare doppi turni io qua avrò grossi guai-.
Lorenzo sorrise.
-Giulia è a casa. Non lo saprà mai-
-Giulia ha occhi e orecchie ovunque- si intromise Andrea, chiudendosi la porta alle spalle –e ti aspetta a casa ogni sera. Vai a casa Lorenzo-.
Andrea gli porse un fagotto.
-E questo?-
-E’ un regalo… da parte di tutto il reparto-.
-Cane blu… - Lorenzo fissò il cagnolino di peluche con lo sguardo vitrio.
-Cane blu- ripetè Andrea. –E’ per tuo figlio, vostro figlio. Abbiamo pensato che potesse portarli fortuna-.
-Io-…- Lorenzo provò a dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Come poteva? Grazie non era una parola sufficiente. Gli avevano salvato la vita, avevano salvato la vita di Giulia e del loro bambino. Cosa poteva fare per dirgli tutto quello che provava nei loro confronti. “Grazie” era di certo un termine riduttivo.
Andrea lo abbracciò stretto.
-Ehi Doc… dimmi che andrà tutto bene-.
Lorenzo lo fissò negli occhi serio, la mano sulla spalla costringeva Andrea Fanti a fissarlo direttamente negli occhi.
Lo sguardo dell’amico era serio e impassibile, gli occhi colmi di paura. Si stava trattenendo dall’urlare.
l’amico e si sistemò la cuffia e la mascherina.
-Certo che andrà tutto bene. Cane blu, ok?-. Una punta della sua voce lo tradì.
Lorenzo fu rapido nel fulminarlo con lo sguardo. Troppe volte quelle parole, ormai stigmatizzate da l’intero reparto, era uscite dalla sua bocca. L’aveva sentito troppe volte da intubato, aveva visto il peluche e aveva usato lui stesso quel motto, una volta guarito. Era un motivo, un incoraggiamento, una speranza per il futuro. Mai però aveva compreso quanto davvero significassero quelle due parole per lui.
Cane blu. Si ripetè, chiudendo gli occhi e cercando di calmarsi.
-No… non devi dirmelo con quel tono incerto. Anche l’altra volta doveva andare tutto bene e…-
Andrea lo fissò senza proferire parola. Era vero. Lorenzo aveva ragione a essere terrorizzato. Andrea sapeva che l’amico era più paralizzato dalla paura. Siete vivi, pensò, ma questo non lo disse. Entrambi erano già scesi nell’Inferno una volta e non aveva nessuna intenzione di tornarci.
-Io non sono te- sussurrò Lorenzo –io non posso sopravvivere ad un dolore così grande. Ci ho pensato tutti i giorni. Ci ho pensato tutti i giorni a lei e al piccolo e adesso vorrei che tutto si fermasse. Vorrei nessuno dei due dovesse affrontare lo stress del parto. Io… io…-.
Si fermò lì, incapace di dare un senso ai suoi pensieri. Sapeva che Andrea poteva capirlo, sapeva cosa aveva attraversato con Agnese e Mattia. E Lorenzo sapeva anche che lui non saprebbe potuto sopravvivere a un dolore così disumano e immenso. 
-Ok…- Andrea lo fece sedere sulla panca, vicino agli armadietti. –Hai decisamente bisogno di una pausa. Sei sconvolto. E’ normale, ti devi abituare di nuovo a lavorare qui a stare in ospedale e a…-
-Mi devo abituare a lavorare di nuovo dodici ore al giorno mentre penso per ventiquattro ore a Giulia e al bambino. Andrea lo so. Giulia non fa altro che ripetermelo…- non voleva usare un tono scocciato, ma la frase gli uscì di bocca con un tono di voce più alto del normale. –Scusa- aggiunse subito dopo. –Non sono l’unico che a gente a casa-
-Ma sei l’unico di noi ad avere un figlio in arrivo. E tu e Giulia aveva avuto il covid. Sarai…-
-Giulia sta bene. Si lamenta che non le faccio fare più niente. Ogni sera le porto la cena a letto e stiamo abbracciati per ore. Passo le notti insonni stretto a lei, mi chiedo se il giorno dopo sarò ancora in grado di tornare a casa per rivederli-.
Si asciugò una lacrima silenziosa e Andrea ricambiò il suo sguardo asciutto. Nessuno di loro meritava di vivere così. Nessuno. Ma non c’era altra soluzione.
-Mi dispiace per Mattia- disse Lorenzo infine, alzandosi.  
Giulia lo stava aspettando.
 
“The way you love, it changes who I am…”
 
Settembre 2020
La operatoria appariva sterile e fredda e Lorenzo rabbrividì. Quello che fino a pochi mesi fa era il suo habitat naturale adesso era solo un guscio freddo colmo di brutti ricordi e sofferenza. Faceva ancora fatica ad affrontare l’interno dell’ospedale. 
Era terrorizzato che qualcosa potesse andare storto: aveva sperato e pregato per arrivare in piedi e vivo alla nascita di suo figlio ed ora che era lì, a pochi attimi da quel momento, avrebbe dato di tutto per tornare indietro. Voleva proteggere la sua famiglia con tutto se stesso ed era dilaniato tra il terrore di vedere Giulia soffrire e l’impazienza di conoscere il nuovo amore della sua vita.
La donna era già vestita con il camice, cuffia e mascherina ed era già stata messa in posizione seduta, pronta per l’anestesia locale epidurale. Non appena vide Lorenzo allungo le mani verso di lui e lui ricambiò il gesto stringendola a sé e baciandole la testa.
-Ehi amore… sei pronta?-  cercò di nascondere il tremore della sua voce, ma era sicuro che Giulia l’avesse intuito perché sentì il tocco delle sue mani delicate sul suo volto e la fronte sulla sua.
Annuì piano e in quello sguardo cercò di metterci un sacco di cose che erano custodite solo da loro due.
Le era stato rubato così tanto. Ancora non si capacitava che solo fino a pochi mesi prima aveva rischiato di perderli entrambi.
Spesso i suoi amici gli continuavano a ripetere che lui aveva rischiato tutto per Giulia, che solamente lui poteva capirla e confortarla. Ma Lorenzo sapeva che non era vero.
Era Giulia che aveva rischiato tutto per loro. E l’amava immensamente per quello. Aveva rischiato quando lo aveva sorpreso con la notizia della gravidanza. Aveva lottato per stare in vita, aveva affrontato il covid con la consapevolezza che poteva perdere il bambino e tutto quello che aveva costruito.
Nessuno poteva capire, nemmeno lui.
-Sei tranquilla amore?- le sfiorò delicatamente il viso e si perse ancora una volta nei suoi occhi colore del mare. –Io ci sono sempre. Sono qui, va bene?-.
Ancora non riusciva a capacitarsi che lei aveva scelto lui. Fino a un anno fa erano solo amici e adesso lei gli stava dando un figlio. Un futuro. Sapeva i timori di Giulia riguardanti la salute di loro figlio, e voleva rassicurarla in ogni modo possibile.
-Ehi, mi hai capito? Sei preoccupata? Vuoi che ti prenda…-
-Sto bene- tagliò corto lei, guardandolo fisso negli occhi. Giulia si leccò le labbra un paio di volte e sospirò pesantemente per calmarsi. Enrico le aveva insegnato degli esercizi di rilassamento in previsione del parto. Non voleva fare preoccupare eccessivamente né Lorenzo né i suoi amici che erano stati meravigliosi con lei in questi mesi.
Teresa li guardò teneramente e si schiarì la voce per riportarli alla realtà.
-Possiamo iniziare ragazzi?-.
Lorenzo lasciò la mano di Giulia quando bastava per avvicinarsi un’ultima volta al dottor Maresca, che avrebbe seguito Giulia durante l’operazione. Era un vecchio medico in pensione che gi era stato consigliato da Andrea stesso.
- Tutti gli esami preoperatorii sono stati ottimi…-  lo rincuorò l’uomo, come se volesse presentare a Lorenzo le ragioni scientifiche della sua tesi.
-Questo lo so’. Ho presenziato anche io agli esami di prericovero. Ho controllato le giusti dosi di antibiotico, ma il tracciato cardiografico di questa mattina segnalava una lieve tachicardia e…-.
-Lorenzo… Lorenzo…- Andrea si intromise e gli mise entrambe le mani sulle spalle –stai andando in iperventilazione e questo non fa del bene né a te, né a Giulia… né tantomeno al bambino- sussurrò. –E’ vero il tracciato ha rilevato una lievissima tachicardia, che però è perfettamente normale, dato che fino a qualche mese fa Giulia era in riabilitazione per il covid. Ti devi calmare… non…-.
Non sei lucido.
No… Lorenzo era perfettamente lucido. Andrea avrebbe voluto dirgli che sicuramente sarebbe andato tutto bene, che Giulia e il bambino sarebbero stati perfettamente sani e in salute per il resto delle loro vite. Ma sapeva benissimo che non poteva prometterli ciò. Lorenzo era un uomo brillante, lo sapeva lui stesso che ogni intervento chirurgico comporta dei rischi minimi, ma non poteva permettersi di perdere nuovamente la sua famiglia.
-Ehi, siete pronti? Tutto bene amore- Giulia li rivolse uno sguardo confuso.
-Tutto a posto. Sì, volevo solo assicurarmi che fosse tutto ok e che avessero una sacca di sangue pronta per te-  la rassicurò Lorenzo, baciandole la mano.  
Il parto cesareo di Giulia era stato programmato da tempo e sembrava che mezzo reparto avesse fatto a gara per avere un posto in sala operatoria. Teresa e Elisa avrebbero assistito come infermiera e capa degli specializzandi.
Ad un cenno positivo da parte di Giulia, l’infermeria non perse tempo: infilò nel braccio della donna l’ago cannula e poi iniziò a preparare l’epidurale.
Il dottor Maresca rivolse alla coppia una sguardo d’incoraggiamento.
-Salve dottori. Ci siamo già detti tutto durante il pre ricovero. Il dottor Fanti mi assisterà nell’intervento. In non meno di venti minuti dovresti diventare genitori. E la dottoressa Elisa Russo monterà tutti i parametri del bambino. Va bene?-.
Lorenzo si mise dietro Giulia e li strinse forte la mano. I due si scambiarono un lungo sguardo d’intesa.
-Adesso fai un grosso respiro Giulia e sentirai la pressione dell’ago va bene?- Teresa infilò l’ago e Giulia trattiene il respiro. Stava tremando, ma il freddo della sala operatoria non centrava nulla.
-Ok, senti qualcosa o possiamo procedere?- Andrea le rivolse un sorriso da sotto la mascherina.  Giulia scosse la testa e rivolse a Lorenzo uno sguardo carico di nervosismo.
Lui si chinò tanto bastava per sussurrarle all’orecchio.
-Tranquilla amore, sarà una cosa rapida e indolore-
-Ok, stiamo disinfettando l’addome e…- Elisa lanciò un’occhiata torva a Lorenzo –e tra poco il dottor Maresca procederà con l’incisione-.
Lorenzo osservava avidamente ogni loro singola mossa. Voleva prevedere ogni loro minimo movimento. Abbassò lo sguardo tanto quanto bastava per osservare Giulia. Teneva gli occhi chiusi e le labbra serrate ed era pallida in volto, come se si aspettasse che qualcosa andasse storto da un momento all’altro.
-Non senti niente vero Giulia?- Lorenzo la baciò in fronte e si accorse che stava tramando così tanto da essere quasi scossa. Doveva essere una situazione schizofrenica per lei: dopo il covid Giulia aveva giurato che non avrebbe mai più messo piede in un ospedale nelle vesti da paziente, e invece eccola lì. Aveva cercato di opporsi fino all’ultimo al parto cesareo, ma il suo ginecologo non aveva voluto sentire ragioni. Giulia aveva accettato, ma aveva comunque dettato le sue condizioni: Lorenzo dovevano stringerle la mano tutto il tempo, e i medici del reparto di medicina interna dovevano assistere al parto. Aveva cercato di mantenere il suo atteggiamento stoico fino alla fine, ma la verità era che lei era più terrorizzata di Lorenzo. Dopo tutta la sofferenza che aveva avuto, dopo tutto il dolore che lei e Lorenzo avevano attraversato, non poteva permettersi di perdere anche suo figlio. 
La donna scosse la testa, gli occhi stavano iniziando a diventare ludici e le mani tremavano.
-Respira amore, va bene? Ci sono io qui con te. Sarà tutto finito nel giro di mezz’ora-.
-Fai un bel respiro Giulia, e dicci se dobbiamo aumentarti la anestesia va bene? Adesso stiamo praticando l’incisione…- Andrea aveva avuto l’ordine preciso dai colleghi di ripetere passo passo la procedura.
-I parametri del bambino sono stabili- aggiunse Elisa.
Giulia aprì leggermente gli occhi, ma li chiuse subito dopo. La luce della sala operatoria era troppo forte. Sentiva il rumore dei macchinari, sentiva la mano calda di Lorenzo stretta alla sua, sentiva la pressione nella parte bassa del ventre.
-Diavaricatore…- Andrea lo passò al dottor Maresca e Giulia trattenne il respiro..
-Sta incidendo il sottocute e la fascia muscolare- continuò a sussurrare Lorenzo –senti tanto freddo?-.
Giulia annuì.
-Un po’- sussurrò.
Avrebbe voluto proteggerla con tutto se stesso, farle da scudo con il proprio corpo e impedirle  il dolore fisico ed emotivo del cesareo, ma non ne aveva le capacità e il solo pensiero lo stava facendo impazzire.
-Va tutto bene, vero?- la voce di Lorenzo fece spalancare di nuovo gli occhi a Giulia.Adesso si stava preoccupando. Silenzio. I battiti del suo cuore accelerarono. Rivolse uno sguardo carico di preoccupazione a Lorenzo che però non la vide. Era troppo impegnato a tenere d’occhio la situazione al di là del telo sterilizzato.
La donna strinse leggermente la mano del compagno che abbassò lo sguardo su di lei. Giulia capì subito che era preoccupato di qualcosa, quasi angosciato.
-Che succede Andrea?-.
Lorenzo fissò l’orologio: gli sembrava fermo e immobile. Se fosse successo qualcosa a Giulia e al bambino lui non avrebbe avuto la forza di andare avanti senza di loro. Lui e Giulia si fissarono per parecchi secondi senza dire niente, le mani intrecciate. Poi, dopo quella che entrambi parve un’eternità, Andrea disse:
-Stiamo rompendo il sacco amniotico… ecco…è podalico.. un attimo… sto cercando di prenderlo senza fargli male… Teresa viene a darmi una mano-.
-Andrea…- Lorenzo ci riprovò. Era come se il suo cervello fosse scollegato dalla realtà e si trovasse in un’altra dimensione. Voleva andare oltre il telo a vedere, ad aiutare, ma contemporaneamente i suoi piedi erano come ancorati al pavimento sterile e la stretta di Giulia lo tratteneva da lei.
-Ah!- l’esclamazione di dolore di Giulia lo riportò alla realtà.
-Giulia…- avvicinò il viso a quella della compagna. -Amore sta andando tutto bene… ok? Tra poco ci siamo…-. Le parole gli si bloccarono in gola.
-Scusa Giulia… sentirai un po’ più di pressione…- il dottor Maresca lanciò alla coppia uno sguardo sinceramente dispiaciuto, ma Lorenzo avrebbe voluto prenderlo a calci. Adesso stava sudando freddo. La vista di Giulia in sofferenza e sapere che era giunta una complicazione lo stava mandando fuori di testa.
-And…- fece per richiamare l’attenzione dell’amico, ma la voce di Andrea lo precedette.
-Eccolo! L’ho preso!-.
Un primo, debole, pianto trafisse il silenzio dell’aria.
Eccolo lì, loro figlio. Un esserino minuscolo coperto di sangue e muco che si affacciava al mondo per la prima volta.
Giulia adesso aveva gli occhi spalancati e pieni di lacrime.
-Lo vedi?- adesso stava letteralmente piangendo.
Teresa le porse il neonato e Giulia lo strinse immediatamente al petto, mentre Lorenzo li fissava, immobile.
Era perfetto. Era piccolo, mingherlino, con una voce flebile e tanti capelli castano chiaro in testa. Gli occhi erano chiusi, i pugni minuscoli e serrati, il respiro affannoso. Era un miracolo, era il loro miracolo.
-Vieni dalla mamma- grosse lacrime solcavano il viso della donna, mentre stringeva al petto il suo bambino.
Giulia lo osservò per bene e permise anche a Lorenzo di avvicinarsi. Stavano tremando entrambi.
Lui li fissava imperterrito, incapace di muoversi. La sua mano stava meccanicamente accarezzando i capelli di Giulia, mentre grosse lacrime rigavano anche il suo viso. Era scosso dai singhiozzi. Il mondo si era appena fermato, perché la meraviglia che aveva davanti agli occhi non poteva essere reale.
Lui e Giulia ci erano finalmente riusciti. Era tutta la vita che aspettava quel momento e, finalmente, aveva trovato la serenità.
Sentì la mano della donna tra i capelli e si chinò maggiormente, baciandole la fronte e permettendole di stringerlo a sé.
-Sei stata… Dio, Giulia sei stata straordinaria-.
Si abbassò la mascherina e la baciò sulle labbra, sfiorando con il naso il viso del piccolo e abbassando lo sguardo linseme alla sua compagna.
-E’ un maschio, hai visto? Avevo ragione io- Giulia tentò di reprime le lacrime di gioia, ma quella continuavano a scendere. –hai visto quanto è bello?-
-Oh certo che avevi ragione tu- Lorenzo si asciugò una lacrima e tirò su con il naso. Con un dito sfiorò i capelli del piccolo che prese a piagnucolare in maniera quasi impercettibile.
-E’ un pochino blu forse… tu che ne pensi Doc?- Teresa si avvicinò con cautela alla coppia di neo genitori e cercò di prendere il bambino dalle mani di Giulia.
Lorenzo si fece finalmente da parte, ma la guardò con riluttanza.
-Dici è un po’ blu?- la precedette. Il cordone ombelicale era ancora attaccato e Giulia sussultò. -Taglio il cordone e gli do’ un po’ d’ossigeno asserì il giovane medico.
Nessuno osò obiettare, mentre videro Teresa porgere le forbici a Lorenzo. L’uomo strinse il figlio al petto, liberandolo dal cordone, e assieme a Elisa, depositò delicatamente il piccolo sul lettino. In un attimo l’ostetrica passò a Lorenzo l’ossigeno.
-Respira… ti prego… respira…- sussurrò Lorenzo mentre lo stimolava con un massaggio cardiaco.
-Lorenzo…- la voce di Giulia era appena udibile, anche se nella stanza era calato il silenzio più totale.
Andrea le fu subito accanto.
-E’ solamente un pochino blu Giulia… va bene? Lo stiamo stimolando e gli stiamo dando un pochino d’ossigeno-.
Lo sguardo di Giulia cercò Lorenzo, ma vagò nel vuoto.
Un attimo apparve essere un’eternità finchè… un pianto più forte echeggiò nella stanza e tutti i presenti tirarono un sospiro di sollievo.
-Sta piangendo - singhiozzò Lorenzo tra le lacrime, sollevando il bambino in aria per permettere anche a Giulia di vederlo.
La donna allungò nuovamente le braccia e Lorenzo gli passò il bambino, appoggiandolo al petto di Giulia.
Il piccolo pianse di nuovo e tutti sorrisero. Elisa fece il segno di vittoria e Andrea non potè fare a meno di andare da Lorenzo e battergli una sonora pacca sulla spalla.
-Ti avevo detto che sarebbe andato tutto bene paparino!-.
-Va bene ragazzi…- Teresa si intromise nuovamente, ma lo sguardo implorante di Lorenzo la costrinse a fermarsi. –Potete tenerlo in braccio, ma Giulia dobbiamo ancora rimuovere la placenta e chiudere tutto. Sentirai ancora un po’ di freddo. Per adesso sembra tutto perfetto, il bambino respira e ha un buon colorito. Tienilo stretto, poi lo andiamo a pesare e misurare-.
Giulia annuì e lei e Lorenzo si concederlo qualche minuto per studiare al meglio loro figlio.
-Ehi- gli sussurrò –ti abbiamo aspettato tanto. Ti abbiamo immaginato tanto, correre per casa con lo stetoscopio di tuo papà al collo mentre Fabio e Susanna fanno a gara per rincorrenti-. Non voleva dirlo ad alta voce, eppure Lorenzo sentì di amarla ancora di più per aver sognato la vita che loro avevano faticosamente costruito assieme. La vita che fino ad un anno fa per lui era solo un sogno e che adesso era realtà tangibile.
 
“I get to love you, it's the best thing that I'll ever do
I get to love you, it's a promise I'm making to you
Whatever may come, your heart I will choose
Forever I'm yours, forever I do…”

 
-Sei stanca? Dovresti…- Lorenzo accarezzò il volto di Giulia, ma lei gli scostò la mano.
-Se qualcuno qui dentro mi dice ancora che devo riposare giuro che faccio chiudere mezzo reparto-.
Carolina nascose con forza una risata e sorrise, mentre finiva di fare un prelievo a Giulia.
Lorenzo, invece, alzò le sopracciglia per dimostrare il suo disappunto.
-Beh, forse Lorenzo non ha tutti i torti. Hai subito un intervento-.
-Sto bene- insistette Giulia, e dal suo sguardo Carolina capì che non era proprio il momento adatto per insistere.
-Torno tra qualche ora a vedere come state va bene? Ma lui- e indicò il bambino stretto al petto di Giulia –tra poco deve essere portato al nido-.
Lorenzo nascose uno sbadiglio. Non doveva cedere al sonno. Non dormiva da due giorni, ma anche solo si fosse addormentato si sarebbe perso qualche momento con loro. Non poteva e non voleva. Non era fisicamente capace. Vedere suo figlio addormentato sul petto dell’amore della sua vita era decisamente troppo. Non resistette e scattò un'altra foto con il suo I-Phone.
-Ne hai già fatte cinquecento- sussurrò Giulia.
-Ne farò altre cinquecento-  Lorenzo sorrise e le tastò la fronte. Era ancora leggermente accaldata. Era del tutto normale dopo avere subito un cesareo, ma l’uomo non potè fare a meno di preoccuparsi.
Giulia, d’altro canto, sembrava essere una donna bionica. Dopo il cesareo sembrava fresca e riposata, anche se Lorenzo la conosceva troppo bene. Due pesanti occhiaie circondavano gli splendidi occhi azzurri della neo mamma. Così Lorenzo fece finta di niente e sollevò il piccolo dal petto di Giulia e lo prese in braccio, sedendosi sulla poltrona accanto al letto.
Loro figlio era caldo e morbido e si incastrava perfettamente tra le sue braccia. Soprattutto era sano.
Dopo lo spavento in sala operatoria, il suo respiro era tornato normale e tutti gli esami di Apgar erano perfettamente della norma.
-Ma lo vedi quanto è bello?- ripetè Giulia, inclinando leggermente la testa. -Ti assomiglia così tanto –continuò lei –ha la forma dei tuoi occhi… sembrano verde scuro ma…-
-E ha il tuo sorriso-completò lui –e sono certo che amerà le tagliatelle alla panna-.
Risero entrambi.
-Quando sei scemo!- sorrise Giulia, sbadigliando nuovamente.
Lorenzo si prese un momento per fissarla. Era distrutta, ma caparbia come pochi.  Nonostante i punti, il dolore e la stanchezza estrema voleva restare sveglia per loro.
-Giulia, amore… non succederà nulla se chiudi gli occhi e ti riposi. Sono un medico, lui è al sicuro, siamo in ospedale. Non accadrà niente davvero-.
-Disse quello che per nove mesi mi ha impedito di alzarmi e ha preteso di lavarmi pure i denti dopo ogni pasto perché riteneva che sollevare uno spazzolino fosse troppo-.
Colpito e affondato.
-Dormi-  Lorenzo la baciò sulla fronte.
-Non farlo portare al nido va bene?- Giulia chiuse per un attimo gli occhi. Stava lottando per rimanere sveglia.
-No, tranquilla amore. Lui resta con me- la rassicurò Lorenzo, stringendole la mano.
-Adesso però dovresti davvero dormire. Tra poco Susy e Ale saranno qui e… poi chiamerà anche tuo fratello-.
Giulia sospirò e si girò su un fianco, cedendo finalmente al sonno.
 
-Tua mamma è una campionessa, lo sai piccoletto?- sussurrò Lorenzo.
Il reparto di neonatologia era insolitamente tranquillo. Il giovane uomo camminava su e giù per i corridoi, cullando il bambino. Si era categoricamente rifiutato di lasciarlo al nido. Era lui stesso un medico e non  voleva per nulla al mondo separarsi da suo figlio dopo averlo atteso per novi lunghi mesi. Per fortuna una delle infermiere che lavorava nel reparto era stata una sua vecchia fiamma, e quindi gli aveva permesso di potere restare con suo figlio anche durante tutti gli esami. 
-Non dirlo alla mamma intesi? E’ un patto tra uomini. Se sapesse che ho incontrato qui una mia ex andrebbe fuori di testa-.
Il piccolo gorgogliò felice e Lorenzo lo intese come un segno d’approvazione.
Avvicinò a lui il volto di suo figlio e fece cozzare i loro nasi, inspirando il dolce profumo di talco dei neonati.
-A dire il vero ti prometto che non permetterò a niente al mondo di separarci. Intesi? Sarò il papà migliore del mondo per te e farò di tutto per rendere te e la mamma felici-.
Lorenzo si guardò nervosamente in giro, come se sospettasse di vedere sbucare qualcun da un momento all’altro. Un anno e mezzo fa aveva solo i suoi pazienti. E ora? Ora stringeva al petto il figlio suo e di Giulia e ci parlava come se fosse stata l’azione più naturale al mondo. Lui che un padre non l’aveva mai avuto.
-Io e la mamma ti insegneremo tutto quello che sappiamo e saremo con te ad ogni passo. Anche quando probabilmente non ci vorrai…-.
 
Quando Giulia aprì gli occhi si sentì ancora stordita e le ci vollero parecchie minuti per rendersi conto di essere nuovamente distesa in un letto d’ospedale. Per pochi, brevi secondi la sua mente vagò nei ricordi della pandemia.
-Ciao amore. Ti sei svegliata finalmente!-.
Sentì le labbra di Lorenzo sulla fronte, si tirò su a sedere e mise a fuoco la stanza.
Era circondata da medici. Andrea, Agnese, gli specializzandi e Teresa le sorridevano calorosamente.
-Che succede?-. chiese, confusa.
-Non succede nulla- Teresa le regalò un ampio sorriso. –Abbiamo solo pensato di salutarvi e di stare un po’ con…-
-Con mio nipote- Susanna che stringeva tra le braccia il suo nipotino. La ragazza aveva un sorriso enorme in volto.
Giulia si voltò e, finalmente, vide suo figlio, stretto tra l’abbraccio dei suoi zii.
-Ti abbiamo preso questi- Alessandro indicò i fiori e il cuore di Giulia accelerò: lei e Lorenzo avevano davvero creato una famiglia meravigliosa.
-Grazie per i fiori ragazzi, sono stupendi-.
Andrea sorrise, mentre sfogliava la cartella.
-Allora ragazzi, come va? Giulia domani mattina ti dimettiamo. Ci vediamo qui tra dieci giorni per levare i punti alla cicatrice-
Lorenzo baciò la mano della donna e sorrise, facendole l’occhiolino.
-E per quanto riguarda… il piccoletto… beh tutti gli esami post operatori sono buoni. Pesa due chili e settecento grammi, è lungo 44 centimetri, le analisi vanno bene. Portatelo qui tra una settimana per il controllo-
-O portatelo qui tutti i giorni- si intromise Agnese – è davvero adorabile ragazzi. E’ un capolavoro-.
-Tutto merito di Giulia- Lorenzo la baciò sulle labbra e si sedette accanto a lei, incapace di scostare lo sguardo da cotanta meraviglia.
-Mmm.. sei il solito adulatore Lazzarini-
-Ah… quindi?- Alessandro si intromise –come si chiama?-.
Tutti i presenti focalizzarono la loro attenzione sulla coppia di neo genitori.
-Già… questo ometto ha bisogno di un nome!- Andrea sventolò in aria il certificato di nascita –allora ragazzi, cosa devo scrivere. Lazzarini…-
-Oh… beh… Andrea-.
-Sì, lo so devo farmi gli affari miei, ma andiamo ragazzi… come si chiama?-.
Lorenzo sorrise, scuotendo la testa. Era quasi in imbarazzo. Giulia gli diede un buffetto sulla spalla e sorrise complice.
-Il suo nome è Andrea-
-E’… è stata un idea di Lorenzo. Io non centro- si giustificò Giulia, accettando il bambino che gli porgeva Alessandro. –Abbiamo pensato che…- si schiarì la voce con un colpo di tosse –che..-
-Che dopo tutto quello che hai fatto per noi nell’ultimo anno meritavi qualcosa di più di un “grazie”- concluse Lorenzo. –Sei, sei stato davvero un grande amico per noi.
Andrea strinse Lorenzo in un abbraccio e gi diede una sonora pacca sulla spalla.
-Ci avete tenuti all’oscuro per mesi! Siete stati bravi, eh!- sorrise.
-E poi Giulia proponeva  nomi orrendi…-
-Non proponevo nomi orrendi. Proponevo…
-Sì… insomma chi vuole chiamarsi mai Gianluigi? E poi… ha la faccia da Andrea. Andrea Lazzarini-.
 
“Oh, I can't believe it's true, sometimes
Oh, I can't believe it's true”
 
Gennaio 2021
Giulia si svegliò di soprassalto. Aveva avuto un altro incubo, anche se non ne ricordava affatto il contenuto. Per lei quella oramai era diventata la normalità da più di un anno: si svegliava nel cuore della notte,  in un bagno di sudore, con i battiti cardiaci accelerati e una sensazione di nausea alla bocca dello stomaco.
Respira.
Uno. Due. Dentro e fuori.
Respira.
Tu sei qui e adesso.
Tu sei viva.
Lei era qui, era presente ed era viva. Era quello il mantra, il pensiero fisso che si ripeteva ogni notte. Era quella la formula che, prima Enrico al Policlinico Ambrosiano, poi il dottor Scarrone, il suo nuovo psichiatra, le ripetevano di continuo. Era la sua medicina quotidiana, l’unica che data la sua condizioni attuale, il suo corpo poteva assimilare. Anche se non era mai sufficiente a farle dimenticare gli orrori e la sofferenza che i suoi occhi avevano visto.
Allungò un braccio verso l’altro lato del letto king size e Lorenzo non c’era, come ogni notte d’altronde. Ormai si era abituata a quella sua nuova solitudine, anche se l’ansia le impediva di dormire in modo sereno e la costringeva a lunghe notti insonni.
Si girò su un fianco e chiuse gli occhi inspirando profondamente. Poteva ancora sentirlo lì accanto a lei, l’odore di colonia misto a schiuma da barba di Lorenzo.  Le mancava immensamente, ma aveva dovuto abituarsi preso a questa nuova normalità per la sua stessa sopravvivenza. Dove Lorenzo era solito riposare, adesso c’era disteso Andrea.
Lui, invece, dormiva profondamente con i pugni chiusi sopra la testolina piena di capelli scuri, il petto che si alzava e abbassava ritmicamente ai suoi respiri. Con la pelle chiarissima, un ciuffo di capelli castano chiaro e gli occhi ch erano un misto tra verde scuro e color cioccolato, Andrea era la perfezione fatta persona. Il piccolo emise un gorgoglio nel sonno e sorrise nello stesso modo di Giulia. Dieci dita dei piedi, dieci dita delle mani e un carattere calmo e tranquillo l’avevano reso in poco tempo la luce degli occhi di sua madre. Assomigliava così tanto a suo padre.
La  sua nuova casa era immersa nel silenzio più assoluto della notte, nonostante fuori i mille rumori cittadini di Genova si mischiavano ai gracidii notturni dei pochi  gabbiani ancora svegli.
Giulia sospirò nuovamente, mentre osservava la sveglia sul comodino che imperterrita segnava le due e quarantacinque. Era sveglia e vigile e sapeva benissimo che non si sarebbe mai più riaddormentata dopo quel genere di incubo.
No, non poteva andare avanti così: non poteva spendere l’intera nottata a fissare il soffitto e a pensare ai brutti ricordi.
Allungò la mano e prese il suo I-Phone. Il blocco schermo era una foto sua e di Lorenzo il giorno che lei gli aveva rivelato di essere incinta. Lei era ancora quasi incredula e stringeva in mano la foto dell’ecografia, lui era raggiante ed era intendo a baciarla su una guancia e aveva gli occhi chiusi per difendersi dalla luce del sole. Erano più giovani, più felici. Completamente ignari di quello che stava per travolgerli e di tutto il dolore che avrebbero dovuto affrontare a partire dall’indomani.
Il piccolo dormiva ancora, ma Giulia potè benissimo scorgere nel buoi dei piccoli movimenti.
Ecco, ci risiamo.
La donna sospirò e prese in braccio il figlioletto che, finalmente sveglio, iniziò a piagnucolare. Giulia si era da sempre stupito di quanto Andrea fosse calmo e paziente: sembrava che il piccolo avesse intuito il passato travagliato della madre e che il suo carattere pacifico collimasse alla perfezione per adattarsi a Giulia.  In effetti non gli aveva dato da mangiare da più di quattro ore e Giulia stessa si era sopraresa che suo figlio non avesse ancora reclamato la sua attenzione.
La mora di diresse in cucina e scaldò il latte in polvere in un pentolino prima di sedersi nuovamente nel lettone, la schiena appoggiata alla testata in legno.  Prese suo figlio in grembo e iniziò a dargli il latte. Tenne stretto al petto suo figlio finché non vide il sole rosso fuoco baciare I tetti di Genova e illuminare le case colorate. Si stava tutto risvegliando… poteva sentire I versi dei gabbiani farsi più numerosi, I rintocchi delle campane della chiesa di S. Giorgio…
-Giulia-.
La prima cosa che vide fu il volto caldo e rassicurante di Lorenzo.
-Cosa?- le ci vollero parecchi secondi per mettere a fuoco l’ambiente introno a lei.
-Ehi… buongiorno amore…- Lorenzo si chinò a baciarla sulle labbra e appoggiò la fronte alla sua. Indossava ancora il camice da lavoro.
-Sei già qui?-
Lorenzo sorrise.
-Sembri sorpresa di vedermi-la baciò nuovamente e poi baciò il figlio sulla testolina scura.
-Spero che questo diavoletto qui non ti abbia tenuto sveglia tutta la notte-.
-No- Giulia allungò le braccia apre prendere Andrea dalle braccia di Lorenzo e lo distese sul lettone – è stato un angelo… non ho dormito per…-
-… per gli incubi lo so’-. Non c’era bisogno di aggiungere nulla
-Vuoi dormire un po’ con noi? Sarai esausto…-.
-Pensavo dormissi ancora. Sono solo le cinque-.
Giulia scosse leggermente la testa e lasciò che Lorenzo si sdraiò accanto a loro, con il volto di fronte al suo. Le loro mani erano intrecciate.
Lui non si era nemmeno cambiato. Era troppo esausto anche solo per dormire, figuriamoci cambiarsi. Si era semplicemente tolto il camice. Lavorava all’ospedale “San Martino” di Genova solo da poche settimane e questo significava che toccava a lui fare infiniti doppi turni notturni. Giulia era ancora in maternità, ma tra il trasloco recente – casa loro era ancora piena di scatoloni da svuotare – e un neonato di quattro mesi era davvero poco il tempo che riuscivano a passare assieme. Era stata dura lasciare Milano e tutti i loro amici, ma allo stesso tempo era stato semplice. Troppi brutti ricordi legavano i due ragazzi a quella città. Giulia era riuscita a ritardare il trasferimento, essendo in maternità; ma poche settimane dopo la nascita di Andrea lei e Lorenzo avevano fatto armi e bagagli e si erano trasferiti in un appartamento a Genova Brignole.
Giulia sapeva quando era costato a Lorenzo dire addio a Milano e, soprattutto a sua sorella.
-Lori…- disse, soffiandogli sul viso per accertarsi di tenerlo sveglio.
-Mmmm…- mugugnò lui nel dormiveglia.
-Sei felice?-.
Nel sentire pronunciare quelle parole l’uomo aprì gli occhi, gonfi di sogno. Ogni tanto Giulia gli faceva quella domanda e lui rispondeva sempre alla stessa maniera.
-Ho te e ho Andrea. Certo che sono felice. Milano o Genova non fa differenza-.
Il letto era caldo, poteva sentire il respiro della donna che amava vicino al suo e aveva loro figlio accanto a sé. Quello per lui era l’importante.
-Non riesco a smettere di pensarci –ammise Giulia, accarezzando teneramente le manine del bambino.
-Non devi pensarci. Susy sta cercando casa qui e poi… adesso ci siete voi. Finalmente. Voi siete la cosa più bella della mia vita-.
Era vero, Giulia andava rassicura ma Lorenzo non aveva avuto dubbi fin dall’inizio. Amava lei e il bambino di un amore sincero e profondo e senza di loro non era niente.
-Smettila-
-Dai, guardarlo. Sono ancora convinto che tutto questo sia un sogno e che… e di essere attaccato ancora a quel dannato respiratore. E invece mi sveglio e ci sei tu con me nel mio letto e… e adesso c’è lui. E io… e io . Dio, Giulia sono pazzo di voi. E tu sei la mamma più tosta di questo mondo-.
Giulia nascose il volto nel petto di Lorenzo: non era abituata a parlare di sentimenti e queste continue dichiarazioni d’amore la coglievano ancora di sorpresa.
Lo baciò teneramente e lasciò che le mani di Lorenzo vagarono sotto la sua maglietta.
-Fai il bravo- sussurrò.
-Sei stanca? O porto Andre nella sua di camera, così ti posso avere tutta per me qualche ora?-.
-Sei geloso di nostro figlio?-
-Sono geloso di te. Sempre-.
-Sei un cretino!- Giulia lo schiaffeggiò sul petto e lui ne approfittò per baciarla sulle mani. Poi sfiorò delicatamente i capelli di Andrea.
 -E’ stata dura al lavoro oggi?-
-No-.
Non era mai dura. O meglio non era mai così dura come lo era stata in quei mesi, quando l’Inferno era sceso in Terra.
-Abbiamo avuto un incidente stradale, ma niente di che. Settimana prossima ho un giorno libero e pensavo di portarvi al mare-.
Giulia sorrise all’idea. Sembrava quasi una vita parallela. Faticava ancora a credere che avesse scelto quella vita con quell’uomo, che il suo migliore amico ora fosse il padre di suo figlio.
Andrea li aveva uniti in maniera indissolubile. Lorenzo non aveva esitato nel seguire Giulia a Genova.
Te lo prometto. Io, te e lui staremo bene. Vivremo a Genova, tu sarai fantastica al San Martino e avremo altri bambini.
Lorenzo gli aveva promesso una vita nuova,  una vita che stavano realizzando non senza sacrifici.
Giulia avrebbe voluto chiedergli altro, lasciarlo sfogare, passare la notte a parlare come facevano prima di diventare genitori. Lei era in maternità fino a giugno e fare il medico le mancava immensamente, ma non poteva sopportare l’idea di separarsi da suo figlio. Non così presto almeno. Quando fece per aprire la bocca si accorse del russare indistinto del compagno. Sorrise.
Evidentemente Lorenzo era troppo esausto, anche per parlare. Il piumone era confortevole, caldo, accogliente. Poteva sentire i respiri di entrambi. Adorava guardarli dormire assieme. I lineamenti di Lorenzo rispecchiavano quelli di Andrea e viceversa.
La sveglia ormai segnava le sei del mattino, ma la donna non aveva alcuna intenzione di alzarsi.
-Vi amo- sussurrò. Poi chiuse gli occhi.
Poteva rimanere sdraiata lì con loro per sempre.
 
“Forever I'm yours, forever I do
I get to love you, I get to love you”
   
 
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