Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Kyrie Eleison    16/02/2022    0 recensioni
Porco abbandonò il telefono sul letto e tirò fuori dal cassetto del comodino il poster spiegazzato degli Eldians che si era fatto comprare di nascosto da Gabi. Era inutile negarlo: Eren attirava tutta l’attenzione su di sé, con quello sguardo magnetico, la posa naturale, i capelli appositamente spettinati e le mani cariche di anelli. Historia pareva un angelo finito in quel gruppo di scalmanati quasi per caso e Bertholdt sorrideva con un velato imbarazzo da sotto l’ombra della barba. Reiner però sembrava felice. Sembrava sereno, come se fosse nato per stare lì.
[GalliRei]
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Eren Jaeger, Marcel, Porco Galliard, Reiner Braun
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dunque.
Che dire, innanzitutto chiedo scusa ai Måneskin, a cui ho dovuto rubare anche il titolo perché era assolutamente necessario. Ci tengo comunque a specificare che non è una AU basata sulla band in modo serio.
Secondariamente, chiedo scusa a chiunque nel mondo scriva fanfiction (soprattutto a chi scrive charachter/yn). Ho dovuto usare un po' di cliché (ispirandomi liberamente a, in ordine, il mondo generico delle fic brutte sugli One Direction, The Titan's Bride, il 2007 e le enemies to lovers con un letto solo).
A Fran.

 

Che c'ho una frase scritta in testa ma non l'ho mai detta 




“Se non posso averti”, s’intitolava la fanfiction. Un titolo stupido, che Porco era sicuro di aver scorto in libreria, sui ripiani della letteratura discutibile, almeno tre volte. Eppure vi cliccò sopra lo stesso.
Sorvolò con rapidità le prime righe, perché del contesto non gli importava, tanto era sempre la solita sbobba: Reiner Braun incontrava una ragazza ad un concerto, i loro occhi si incrociavano tra la folla, lui le sorrideva timidamente e le faceva capire che a fine serata l’avrebbe cercata. La trovava e scopavano. Sempre quello. Per variare, a volte veniva aggiunto Eren Jaeger come antagonista, che cercava di allontanare Your Name da Reiner, fallendo miseramente alla fine della storia. O, in alternativa, il tutto finiva in una threesome, mentre in altre occasioni la migliora amica di Your Name riusciva a far innamorare Eren di sé e si passava alle uscite di coppia.
Tutto patetico, in ogni caso. Patetico come Porco, che stava seduto sulla tazza del cesso con i pantaloni tirati su e il cellulare in mano a leggere racconti scritti da tredicenni che nella migliore delle ipotesi andavano in giro con t-shirt con la faccia di Reiner stampata sopra. Adolescenti colpevoli solo del fatto di non aver ancora raggiunto la maturità, alla fine, ma Porco poteva davvero dirsi meglio di loro? Rinchiuso in bagno come un criminale a leggere fanfiction pensate per lettrici ragazzine in cui Reiner Braun era una specie di scimmione timido che però s’infuocava nei momenti di passione e infine lasciava che Your Name riposasse sui suoi giganteschi pettorali, che assumevano le dimensioni di due mongolfiere. E, diamine, gli era venuto duro solo a pensarci.
- Devo andare in bagno. – annunciò la sagoma di Marcel dietro la porta.
Merda. Era arrivato a neanche metà della storia – più precisamente quando Your Name si stava dirigendo verso il backstage, le mani tremanti e il fiato corto, dopo che l’amica le aveva aggiustato il trucco e le aveva dato una pacca d’incoraggiamento – e il rigonfiamento nei pantaloni non gli permetteva di uscire dalla stanza. Non davanti a Marcel. Non davanti a Marcel che gli aveva detto in maniera molto esplicita di aver sbirciato la sua cronologia.
- Ho mal di pancia, fattene una ragione. – replicò da sopra il water, stringendo il telefono come se la sua vita dipendesse da esso.
- Fra dieci minuti torno e sarà meglio che tu ti sia levato dalle palle. –
Porco sospirò e abbassò nuovamente gli occhi sullo schermo del cellulare. Era ora di concentrarsi davvero. Niente più Your Name con le calze a rete e l’eyeliner marcato: sarebbe stato lui, Porco.

Porco emise un gemito spaventato. A pochi metri da lui, Eren Jaeger fumava una sigaretta con aria maliziosa, appoggiato alla parete accanto alla porta del suo camerino.
Porco non si sarebbe lasciato intimorire. Aveva una destinazione da raggiungere.
- Non si può fumare qui, sai? – commentò, indicando con un cenno del capo il cartello di divieto appeso proprio sopra il ragazzo.
Eren sfoderò un ghigno compiaciuto. – Non lo sai che a me le regole non piacciono? –

- Cristo. –
Porco alzò gli occhi al cielo. Un’altra scemenza che sarebbe finita in threesome, ne era sicuro. Se almeno gli autori si fossero degnati di taggare decentemente le loro storie.
Doveva trovare qualcos’altro in fretta, perché sentiva il fiato di Marcel sul collo e aveva bisogno di quella sega. Certo, ci avrebbe potuto pensare da solo, ma la soddisfazione di trovare il racconto giusto, con Reiner ben caratterizzato e una perfetta dose di smut era impareggiabile.
Cliccò nervosamente sulla fanfiction successiva.

- Mio adorato Porco, sono costretto a prenderti come mio consorte. In quanto sovrano di Eldia, ho un obbligo verso il mio popolo, e la tradizione vuole che alla cerimonia di incoronazione il re presenti a tutti la sua futura sposa. – mormorò Reiner rammaricato.
- Ma Reiner, cosa dici? Io devo tornare nel mio mondo, tra gli umani! Non posso restare qui ad Eldia! Sai bene che mio padre è morto e mia madre riesce a sopravvivere solo con i pochi spiccioli che guadagno vendendo il mio corpo! – strillò Porco in lacrime.
Reiner si alzò di scatto dalla sedia in legno intarsiato e sbatté il possente pugno sul tavolo di quercia. Quando era in piedi torreggiava sul giovane Porco, rendendo ancora più evidenti le differenze fisiche tra umani ed Eldiani.
Nonostante il momento fosse drammatico, Porco non riuscì a non far scivolare lo sguardo sull’orlo della tunica bianca che a malapena gli copriva le cosce. Sapeva bene cosa si celava sotto, e il ricordo di quel pene di dimensioni quasi mostruose gli fece mancare il fiato.
- Ed è proprio per questo che non ti rimanderò nel tuo universo, Porco! Sei la persona più dolce e genuina che io abbia mai conosciuto, non potrei considerarmi un re se lasciassi che qualcuno come te si rovinasse perdendo la propria dignità. Starai qui con me, mio amato, e porterai in grembo il futuro di questa nazione. -

- Che cazzo. – sbottò porco chiudendo anche il secondo link.
Il rigonfiamento nei pantaloni sembrava lanciargli occhiate supplicanti, la presenza di Marcel si faceva sempre più ingombrante.
La prossima sarebbe stata la fanfiction giusta, se lo sentiva.

Porco sollevò a fatica le palpebre e venne investito dalla luce del sole che filtrava dalla finestra della stanza d’ospedale.
Come mai si trovava lì? Non ricordava nulla. Riusciva solo a riportare alla mente sprazzi di momenti privi di senso: la moto che sbandava, il sorriso di Reiner, il verde delle colline e l’azzurro del mare. Uno schianto.
Impiegò un attimo a realizzare la presenza di Eren accanto a sé. Eren, l’amico fidato di Reiner, che dava voce ai suoi testi e accompagnava con tono melodioso le note della sua chitarra.
- Eren. – balbettò Porco, scoprendo di avere la bocca estremamente secca.
- Ti sei svegliato, principessa. – gli rispose lui con un sorriso triste.
- Non ho idea di cosa sia successo, perché mi trovo qui? –
Eren socchiuse gli occhi e si sedette sul letto accanto a lui. – Tu e Reiner eravate in moto insieme, te lo ricordi? –
Porco annuì.
- Pare che i freni fossero stati manomessi. –
In quel momento tutto tornò chiaro nella mente di Porco. Reiner che accelerava, ignorava le sue proteste e gli diceva dolcemente di togliergli il casco e indossarlo al posto suo. “Andrà tutto bene, amore mio.”
- Vi hanno soccorsi subito, ma le tue condizioni erano critiche. – proseguì Eren, lo sguardo perso nel bianco della parete di fronte a sé.
Porco deglutì. – Eren, dov’è Reiner? –
Il ragazzo sorrise amaramente. – Chi pensi che ti abbia donato il cuore? –

Per poco Porco non sbatté il telefono a terra con una sonora bestemmia. Persino l’erezione gli era calata.
- Porco, o esci dal cesso o ti faccio uscire io. – ululò Marcel da dietro la porta.
Merda, merda, merda.
- Sto veramente male! – borbottò in risposta.
- E allora prenditi un Buscopan, ma esci di lì che me la sto facendo addosso! –
Con un grugnito carico di frustrazione, il ragazzo si alzò dal water, fece scivolare il telefono nella tasca dei pantaloni ed uscì, visibilmente in imbarazzo, senza guardare Marcel negli occhi. Anche senza vederlo, fu in grado di percepire il ghigno di scherno del fratello.
- Non dirmi che ti stavi masturbando di nuovo sulle foto di Reiner! –
- No. –
In fondo era vero, le foto non c’entravano nulla.
- Sei proprio uno sfigato, Pooh. –
Porco sbuffò. Odiava quando Marcel lo chiamava così, odiava che Marcel sapesse della sua cotta per Reiner, e soprattutto odiava la consapevolezza del fatto che, se fosse stato Marcel, Reiner si sarebbe interessato a lui.

Prima che gli Eldians vincessero uno dei premi più prestigiosi del mondo, a sapere chi fossero erano solo poche migliaia di ragazzine attratte più dalla bellezza dei membri del gruppo che dalle loro canzoni. E come biasimarle: Historia Reiss, la bassista, era praticamente la reincarnazione di Avril Lavigne, con gli occhioni da cerbiatta e l’aria combattiva; il batterista, Bertholdt Hoover, stuzzicava le fantasia delle fan più timide e taciturne, con quell’aria di mistero sotto cui si poteva celare qualsiasi cosa. Per il podio, però, a combattere erano il vocalist, Eren Jaeger, e Reiner, chitarrista.
Se Eren affascinava tutti con il suo sguardo magnetico, i lunghi capelli castani che gli incorniciavano il viso delicato e quell’aria da bad boy che gli era stata appiccicata fin dal primo album, Reiner era tutt’altra cosa. I suoi occhi erano del colore del miele e il suo sorriso così dolce da sciogliere il cuore di Porco ogni volta che guardava una sua fotografia. Sembrava l’immagine del ragazzo perfetto, quello che ogni figlia vorrebbe presentare ai genitori: distinto, educato, gentile e con dei pettorali che, secondo Porco, non erano umani. Così come tutto il resto della muscolatura.
Gli Eldians erano semplicemente perfetti, come un sacchetto di caramelle dai gusti variegati in cui si poteva tuffare la mano e scoprire che tipo di ben di dio era venuto fuori. E, se all’inizio la loro musica era stata più che pietosa, con il carisma di Eren, la dolcezza di Reiner, i silenzi di Bertholdt e la sfrontatezza di Historia, erano riusciti a scalare le classifiche fino a vincere una delle principali competizioni al mondo.

Prima che gli Eldians fossero gli Eldians, quelli che la gente vedeva erano soltanto quattro sfigati.
E Porco lo sapeva, perché con gli Eldians aveva passato tutti gli anni della scuola superiore. C’era chi conosceva meno, come Historia ed Eren, più piccoli di un paio d’anni, e chi aveva letteralmente trascorso i pomeriggi a casa sua per cinque anni, come Reiner e Bertholdt.
Cinque anni trascorsi a sentire i compagni prendere in giro Bertholdt per la sua altezza, per la scarsa voglia di socializzare, per la totale incapacità di flirtare con le ragazze. E cinque dannatissimi anni trascorsi a vedere Reiner sbavare dietro a Marcel come se fosse stato un dio.
Non che potesse dargli torto: Marcel sembrava aver saltato a piè pari la fase imbarazzante dell’adolescenza, con acne, arti smisurati e peso instabile, passando direttamente dall’essere un bellissimo bambino all’essere uno splendido ragazzo. Non solo bello, anche intelligente, lodato dai professori, sempre pronto a dare una mano ai compagni in difficoltà, addirittura felice di sacrificarsi per le interrogazioni a sorpresa salvando gli amici impreparati.
E, alla fine, era stato proprio grazie a suo fratello che Porco si era innamorato di Reiner: non gli ci era voluto molto per capire che erano simili, entrambi disperatamente desiderosi di essere abbastanza, entrambi invidiosi e al tempo stesso adoranti dell’irraggiungibile perfezione di Marcel.
Solo che agli occhi di Porco Reiner abbastanza già lo era, e avrebbe tanto voluto che lo sapesse anche lui, ma Reiner non sembrava nemmeno considerare la sua presenza. Il fratello di Marcel Galliard, ecco cos’era, quello scorbutico e attaccabrighe con cui non valeva la pena di fare amicizia.
Era stato proprio Marcel a spingere Reiner a credere nei propri sogni e a convincerlo a buttarsi seriamente nel mondo della musica. Si poteva quasi dire che gli Eldians fossero nati grazie a lui. Porco, invece, non aveva fatto nulla di utile, anzi: un pomeriggio in cui Reiner stava facendo ascoltare una demo a suo fratello, si era alzato dal divano commentando: “Che schifo” e se n’era andato, con l’acido della rabbia che gli corrodeva le interiora.
Quella era stata l’ultima volta in cui aveva visto Reiner Braun, perlomeno di persona.
Era stato invitato più volte – come fratello di Marcel – ai piccoli concerti organizzati dalla band, ma non era mai andato. Non era mai riuscito a scacciare il pensiero che tutto quello che Reiner avesse fatto fosse soltanto per compiacere suo fratello, per mostrargli che anche lui sapeva essere risoluto e forte, quando voleva. E lo odiava. Perché era stato Marcel a suggerirgli di proporre il progetto a Bertholdt, Eren e Reiner; era stato Marcel che gli aveva trovato una modesta sala prove; era stato Marcel che aveva invitato una ragazza più grande con cui aveva avuto una mezza storia e che aveva iniziato a lavorare per una casa discografica ad una patetica esibizione degli Eldians in una piazza di paese.
Il fatto era che su Marcel non si poteva dire nulla: era quello che faceva con tutti, non si capiva nemmeno come facesse a trovare il tempo di vivere mentre si destreggiava per aiutare questo o quest’altro. Ed era soprattutto Porco a non avere il diritto di lamentarsi, non quando era chiaro come il sole che la prima preoccupazione di Marcel fosse lui. Se gli avesse detto che voleva trasferirsi su un iceberg e cavalcare le orche marine, suo fratello lo avrebbe reso possibile. Non importava come, ma lo avrebbe fatto. Di conseguenza, tutta la faccenda lo lasciava senza capro espiatorio. Poteva forse biasimare Reiner per essere diventato una star mondiale? No. Né poteva biasimare Marcel per volere bene alle persone e cercare di aiutarle. Alla fine della fiera, l’unico responsabile era lui, che non aveva mai avuto il coraggio di confessare a Reiner i suoi sentimenti né di confidarsi con Marcel. E, soprattutto, di provare ad essere qualcosa, nella vita.

Dopo pochi mesi anche Marcel aveva smesso di vedere Reiner. Porco non si spiegava come, perché erano sempre stati legati, e Reiner non avrebbe mai sacrificato l’amico per gli impegni o la fama. L’unica spiegazione che riusciva a darsi era quella relativa alle voci che avevano iniziato a circolare dopo il primo album degli Eldians, rumor su una possibile relazione tra Reiner ed Eren. Porco però cercava di non pensarci, un po’ perché non voleva immaginare Eren e Reiner insieme, un po’ perché non osava riflettere sul perché questo avesse fatto allontanare Marcel. Lui e Reiner erano una coppia e non glielo aveva mai detto? Provava quel tipo di sentimenti nei suoi confronti?
Inutile sprecarci tempo. Ormai Reiner era a Los Angeles a pubblicare foto straordinarie su Instagram e lui era in camera da letto, una nuova fanfiction aperta sullo schermo del cellulare.
Dio, com’era patetico.

Reiner fissò con sguardo penetrante il proprietario della locanda, che lo scrutava divertito di rimando.
- Ho detto che ci servono due camere. – sibilò Reiner.
- E io vi ho detto che ne ho solo una. Dovevate aspettarvelo, sapete che domani è la Grande Festa del Castagno? Molta gente sta cercando di tornare a casa per festeggiare con i propri cari, e gli alberghi sono pieni. Credimi, giovanotto, non troverai un’altra camera neanche nel prossimo villaggio. – rispose l’uomo, facendogli dondolare davanti al volto una grossa chiave d’ottone legata ad un cordino consunto.
Reiner gliela strappò di mano e, con uno sbuffo, prese a salire le scale ripide che portavano agli alloggi.
Seguendolo con passo silenzioso, Porco scrollò le spalle. – Pensi davvero che ti ucciderò durante la notte? Ho sonno quanto te. E, se temi per il tuo bel sedere, be’, per ora è al sicuro. –
Porco fece una smorfia, ma continuò a leggere.
Lo sgomento fu immenso quando i due fuggitivi aprirono la pesante porta della stanza e si ritrovarono davanti ad uno spazio angusto e fatiscente, completamente occupato da un grosso letto matrimoniale a baldacchino.
- È uno scherzo? – mormorò Reiner con gli occhi spalancati.
- No, non credo. – fece Porco, alzando un sopracciglio con fare… bramoso?

Basta. Era troppo. Aveva provato qualsiasi genere, ma non c’era una sola storia in cui riuscisse ad immedesimarmi o, perlomeno, dove le azioni dei personaggi avessero un minimo di senso.
Poi, soprattutto, Reiner non era così. Non era un grosso stupido superdotato, non era un idiota che si sarebbe schiantato con una moto dopo essersi levato il casco, non era niente di tutto quello. Non era il dio del sesso che veniva descritto in alcune fanfiction, non era il cucciolone che guardava Your Name con aria imbarazzata chiedendo di essere sculacciato e sicuramente non era l’idiota che stringeva le braccia per mettere in mostra i personali arrossendo e fissando l’interlocutore con desiderio.
Era Reiner.
Porco abbandonò il telefono sul letto e tirò fuori dal cassetto del comodino il poster spiegazzato degli Eldians che si era fatto comprare di nascosto da Gabi. Era inutile negarlo: Eren attirava tutta l’attenzione su di sé, con quello sguardo magnetico, la posa naturale, i capelli appositamente spettinati e le mani cariche di anelli. Historia pareva un angelo finito in quel gruppo di scalmanati quasi per caso e Bertholdt sorrideva con un velato imbarazzo da sotto l’ombra della barba. Reiner però sembrava felice. Non come Eren che abbozzava una smorfia e fingeva di scagliare un pugno contro l’obiettivo della fotocamera, no. Sembrava sereno, come se fosse nato per stare lì. Si appoggiava mollemente a Bertholdt, una mano sulla spalla di Eren come a volerlo trattenere dal fracassare la macchina fotografica, e sorrideva. Come se non avesse più voglia di fingersi qualcuno che non era. Evidentemente quei ragazzi gli davano un coraggio che nemmeno Marcel aveva mai saputo dargli.
- Guarda com’è felice. – mormorò Porco, passando con cautela un dito sul volto di carta di Reiner.
- Oppure sa fingere bene. – replicò Marcel, appoggiato allo stipite della porta.
Un rossore violento si propagò sulle guance di Porco. – Perché non ti fai mai i cazzi tuoi? – ringhiò.
Non ce l’aveva con Marcel, non ce l’aveva mai con Marcel, ma gli sembrava di essere fermo in un limbo da cui non si usciva. Innamorato da fin troppo della sua cotta del liceo, indietro con l’università, senza la minima idea di che cosa voleva fare nella vita, mentre attorno a lui Marcel veniva già conteso dalle aziende, Reiner e Bertholdt facevano sognare le ragazzine di tutto il mondo ePieck lo videochiamava dall’altro capo del mondo mentre lavorava con le scimmie in una riserva naturale. A fargli compagnia forse era rimasto solo Colt, bravo ragazzo e pessimo compagno di bevute, visto che si ubriacava al primo bicchiere e lasciava Porco a tracannare alcolici in solitudine.
Marcel abbozzò un sorriso e tirò fuori il cellulare dalla tasca.
“Ciao, Marcel,
spero che ti ricordi di me. Che cosa stupida da dire, scusa. Non so bene perché io stia scrivendo questo messaggio, forse mi mancano i vecchi tempi, quando quello che facevo non era ossessivamente controllato e programmato per suscitare una reazione nei fan.
In ogni caso, come stai? Come sta Porco? Spero che siate felici.
Mi piacerebbe tanto potervi rivedere. So che ci siamo lasciati male e che forse né tu né tuo fratello avete voglia di riprendere i rapporti con qualcuno che è sparito dalla vostra vita come un vigliacco, ma la verità è che, oltre ai vecchi tempi, mi mancate voi. So che non vorresti che lo dicessi, ma mi manca Porco. Mi manca tanto. Ho sempre sperato di vederlo ad un concerto, anche se so che non gli è mai interessato né degli Eldians né di me. Era bello sperare, però. Salire sul palco e guardare la gente sotto, volto per volto, illudendomi di poter trovare il suo. O il tuo, per sapere che mi avevi perdonato.
Ci ho impiegato tre anni, ma ti chiedo scusa. Scusa davvero. Se mai vorrai rispondermi, sappi che ne sarò immensamente felice.
Reiner Braun”

Il ragazzo terminò la lettura e si schiarì la gola, senza poi dire nulla.
- Te l’ha scritto lui? – mormorò Porco, come se la risposta non fosse abbastanza ovvia.
Aveva tante, troppe domande.
- Quando? –
- Cinque mesi fa. – rispose Marcel.
Porco sgranò gli occhi. – Come cinque mesi fa? Perché non me l’hai detto? –
- Perché tu avresti voluto vederlo. –
- E quindi? –
Ormai Porco stava urlando.
- E quindi sarebbe stato un casino. –
Era incredibile come Marcel riuscisse a rimanere calmo, quasi gli stesse parlando del tempo. Per la prima volta in tutta la vita, Porco ebbe l’impulso di prenderlo a pugni in faccia. Forte.
- Che cazzo stai dicendo? – sibilò, tentando di rimettere insieme un po’ di dignità.
- Sto dicendo che non voglio che tu veda Reiner. –
- E perché? –
Era un sussurro carico di rabbia.
- Perché staresti male e io non voglio che tu stia male. –
- E io non voglio che tu decida per me, cazzo! Non sono un bambino, e non ho mai avuto bisogno che tu ti comportassi così neanche quando lo ero! Marcel, fatti una cazzo di vita! Trovati una ragazza, vattene di casa, visto che i soldi li hai, lasciami in pace ad essere un fallimento di merda che almeno però non vive nella tua ombra! – gridò con quanto fiato aveva in gola.
Marcel sorrise di nuovo, con uno sguardo incredibilmente triste.
- Non sei un fallimento, Porco. –
- Marcel, me ne fotto! Dimmi perché cazzo non hai risposto a Reiner, cristo! Gli rispondo io! Non vuoi che abbia uno straccio di amico? Pieck è andata a fanculo, Annie non so nemmeno più se sia viva, vuoi sul serio che passi tutto il mio tempo con Colt che si autocommisera più di me? –
- Ma Reiner non vuole essere tuo amico. –
Era stufo di parlare con la Sfinge, voleva delle risposte che avessero senso. E soprattutto voleva stare da solo a leccarsi le ferite. Marcel aveva sempre saputo della sua cotta per Reiner, lo aveva bonariamente preso in giro, solo per poi rivelarsi un traditore bastardo che gli aveva sempre impedito di raggiungere ciò che voleva? Per cosa? Un capriccio? Perché Reiner piaceva a lui? E perché non glielo aveva detto così come si era sempre confidato su tutto il resto?
Pieck si era trasferita, Annie era sparita e suo fratello si era appena trasformato in uno sconosciuto.
Colt doveva sentire una grande responsabilità sulle spalle.
Eppure, anche in quel momento orribile le parole di Reiner gli rimbombavano nella testa. “Come sta Porco?”, “So che non vorresti che lo dicessi, ma mi manca Porco”, “Ho sempre sperato di vederlo ad un concerto. Salire sul palco e guardare la gente sotto, volto per volto, illudendomi di poter trovare il suo”.
Perché?
Marcel si sedette sul letto accanto a lui, a debita distanza. Quella stanza era stata sua, una volta. Era stata di entrambi, poi Porco aveva deciso che aveva bisogno di una camera tutta per sé per poter esprimere al meglio la sua adolescenza, e Marcel si era trasferito in quello che un tempo era stato lo studio del padre, più buio e angusto. E in tutti quegli anni Porco non si era mai domandato cosa avesse provato suo fratello ad abbandonare la propria tana. Lo aveva fatto con il sorriso, come tutto quello che faceva, e nessuno si era posto domande.
- Senti, Pooh. –
Porco sorvolò sul soprannome perché non era proprio il momento giusto.
- So che stai avendo qualche difficoltà nel capire cos’è giusto per te. Sarebbe molto più facile se di punto in bianco un talent scout decidesse che la tua band può sfondare, no? Solo che nella maggior parte dei casi la vita non funziona così. Spesso succedono delle cose, cose tipo papà che se ne va e ci lascia da soli con mamma, che non ti fanno comprendere bene qual è la strada giusta da seguire. Sempre che ci sia, una strada giusta. E forse con te io ho sbagliato. Ho visto papà che se ne andava e ho pensato che qualcuno dovesse prendere il suo posto, che tu avessi bisogno di una bussola su cui fare riferimento. Mi accorgo che non era vero, perché una bussola l’hai sempre avuta dentro di te, e il più delle volte io ero solo un peso. –
La rabbia di Porco mutò in un insopportabile senso di colpa.
- Ho cercato di proteggerti quando non avevi bisogno di protezione, ho mentito perché pensavo di aiutarti. E mi vergogno, Porco, mi vergogno tanto. Non importa che io abbia pensato che stare con Reiner ti avrebbe fatto soffrire, che saresti stato in ansia sapendolo lontano e con migliaia di fan ai suoi piedi, che non saresti più stato in grado di portare avanti la tua vita. Di fatto, la vita è tua, non mia. Se fossi stato al tuo posto forse sarei stato più debole di te e può essere che stessi solo proiettando su mio fratello le paure che io. Ci ho messo tanto, forse, ma alla fine ho capito che se tu sei felice è giusto che sia felice anche io e che se invece sbatti contro un muro è giusto che ti consoli e basta, supportando le tue scelte. –
Porco stava per allungare una mano e prendere quella di suo fratello, quando il frastuono di un esercito pronto ad attaccare scosse le finestre della stanza.
- Che cazzo? – sbottò Porco, voltandosi.
Per strada, un fiume di persone si stava riversando proprio nella via di casa loro. Ragazzine, più che altro. Alcune si trascinavano dietro genitori recalcitranti, altre erano sole, altre ancora in gruppo.
Marcel si alzò di scatto dal letto. – Vado a vedere. – esclamò, con lo stesso tono di un martire pronto a sacrificarsi.

 

 

Marcel non fece in tempo ad aprire la porta per scoprire cosa fosse il motivo di quel putiferio che il campanello suonò.
Con una certa dose di timore, il ragazzo sollevò lo spioncino per ritrovarsi un occhio grigioverde che lo scrutava dritto nella pupilla.
- Chi è? – domandò.
- Eren Jaeger. –
Porco, che stava assistendo alla scena dalle scale che portavano al piano di sopra, per poco non cadde dalla sorpresa. Vide Marcel girarsi verso di lui, chiaramente incerto sul da farsi, e annuì con vigore nella sua direzione.
- Okay, Eren, ti faccio entrare, ma gli altri possono restare fuori? – chiese Marcel titubante.
Sentì Eren confabulare qualcosa con il gregge di accolite che lo seguivano, poi un “Va bene” mugugnato in tono poco convinto.
Con un sospiro e Porco seminascosto dietro una parete, Marcel aprì la porta. Centinaia di paia di occhi lo fissavano carichi di aspettative, mentre Eren, con estrema nonchalance, scivolò all’interno della casa, abbozzò un gesto di saluto rivolto alle ragazzine fuori e chiuse la porta con un tonfo sordo.
- Galliard, giusto? – domandò, masticando una gomma.
- Sì, sono Marcel. –
- Ah, no, allora niente. Vi somigliate ancora più che al liceo. Dov’è l’altro Galliard? – sbuffò Eren.
Porco, sentendosi ridicolmente titubante, uscì fuori dal suo nascondiglio. Eren non gli era mai stato granché simpatico – complici le fanfiction EreRei che gli era spesso capitato di trovare, ma vederlo lì, con trucco e parrucco perfetti come sul palco e quello sguardo penetrante ben più malizioso di quando era uno stupidotto delle superiori, lo faceva quasi rabbrividire.
- Galliard? – ripeté Eren, come se nel mondo ci fosse un numero infinito di Galliard e fossero allo stesso tempo tutti la stessa persona.
- Sì, sono Porco. – borbottò Porco, che ormai era più infastidito che altro.
- Meraviglioso, vieni con me. –
La voce di Eren sembrava una presa per il culo, come se in realtà avesse voluto dire: “Finalmente mi levo questa rottura di cazzo”. Forse era proprio ciò che intendeva.
- Se viene lui vengo anche io! – s’intromise Marcel, afferrando un braccio del cantante e fissandolo con una punta di astio.
Eren arricciò le labbra in una smorfia dubbiosa, mentre osservava la mano di Marcel sul suo polso con aria quasi schifata. – No, non credo, tu sei il Galliard che ha fatto casino, puoi benissimo stare qui. –
Detto questo, come in uno sgargiante incantesimo, trascinò Porco fuori, attraversò il mare di ragazzine urlanti senza battere ciglio, entrò con grazia nella limousine che li attendeva a qualche metro dall’ingresso della via pedonale in cui i Galliard vivevano, tirò accanto a sé il ragazzo con decisamente meno grazia e chiuse la porta.
- Okay, Hitch, portaci agli studi. – ordinò all’autista, poi rimase in silenzio.
Porco, in stato di shock, guardava le giovani fan sfilare davanti ai finestrini della lussuosa vettura. La temperatura non era né troppo alta né troppo bassa, i sedili morbidi ma senza far male alla colonna vertebrale, l’aria aveva un delicato profumo che sicuramente non proveniva da un normale Arbre Magique. Una costosa bottiglia di champagne riposava inclinata in un secchiello che pareva d’argento, colmo di cubetti di ghiaccio ancora solidi su cui era inciso il logo degli Eldians.
Doveva trattarsi di una fanfiction trash, non c’era altra spiegazione.
- Che cazzo… - mormorò Porco, guardandosi attorno.
- Ah, lascia stare, è Historia che pretende tutte queste cazzate da miliardari. Lo sai come sono Bert e Rei: se dipendesse da loro probabilmente andremmo in tour a dorso d’asino. – ridacchiò Eren.
Rei. Porco represse un moto di gelosia.
- Senti, perché sono qui e cos’è stato tutto quel macello? – chiese. Basta tergiversare, era ora che qualcuno gli dicesse come stavano veramente le cose.
- Tutto quel macello è stato perché gli Eldians potrebbero sciogliersi e io non ho la minima intenzione di ritrovarmi con il culo per terra solo perché Rei è convinto di essere una damina dell’Ottocento. –
La situazione non era in alcun modo più chiara, ma la parte un po’ più sveglia del cervello di Porco captò le parole “Eldians” e “sciogliersi”. Che equivalevano a niente più Reiner in tv o in radio, niente poster rubati dai giornaletti di Gabi, niente fanfiction, niente meravigliosi servizi fotografici di Reiner in biancheria intima.
- Perché gli Eldians si sciolgono? – boccheggiò nel panico.
- No, fra’, non hai capito un cazzo. Gli Eldians non si sciolgono. Perché tu, Galliard, parlerai assieme a Rei e gli farai capire che è scemo. –
Mentre la limousine sfilava tra i viali alberati e Porco fissava Eren con aria perplessa, il suo cellulare squillò. Diffondendo a tutto volume l’attacco di I Wanna Be Your Titan, degli Eldians.
- Merda, di solito ho sempre il silenzioso! – bisbigliò Porco imbarazzato, mentre Eren scoppiava a ridere e scandiva con voce squillante: “Patetico.”
In ogni caso, era Marcel.
Porco sospirò. – Che c’è? –
- Porco, tu mi devi lasciare spiegare. Ho fatto un casino, okay? Ho sbagliato, avrei dovuto dirti tutto prima. Avevo paura che Reiner ti spezzasse il cuore, che ti tradisse con qualche fan o ti lasciasse indietro mentre andava a conquistare il mondo con la sua band. Non erano affari miei. Cioè, lo erano, ma dovevo limitarmi a starti vicino, non è giusto che io abbia deciso per te. Sono stato stupido, non ho capito – o forse ho finto di non capire – quanto Reiner fosse importante per te. Porco, mi dispiace. Non sai quan-
La chiamata cadde mentre l’automobile s’infilava elegantemente in un parcheggio privato sotterraneo.
Non c’erano più fan in giro, solo Eren accanto a lui e, a una quindicina di metri distanza, quello che pareva Bertholdt intento a fumare una sigaretta in un’area in cui chiaramente non era consentito.
- Bert! – esclamò Eren quasi buttandosi giù dalla macchina prima che fosse ferma. In tutta risposta, Bertholdt alzò un braccio e lo riabbassò, senza voltarsi verso di lui. Poi colse Porco con la coda dell’occhio e s’illuminò. – Porco, sei venuto! –
Non ci fu tempo per nient’altro perché in quel momento Reiner, bellissimo, biondissimo e altissimo, si palesò davanti a loro fresco come una rosa, quasi non avesse appena sceso tre rampe di scale di corsa.
Il tempo parve fermarsi. Eren, appoggiato alla portiera della limousine, osservava a bocca aperta; l’autista Hitch teneva le mani incollate al volante nonostante il motore fosse fermo; persino il fumo della sigaretta di Bertholdt sembrava essere rimasto sospeso a mezz’aria.
Reiner guardò Porco come se fosse la cosa più bella che aveva mai visto in vita sua. Porco guardò Reiner con le guance scarlatte e un’espressione di disgusto che serviva a dissimulare l’infarto che stava per colpirlo.
- Sei qua. – disse Reiner a voce bassa, avvicinandosi con cautela.
- Mi ha portato Eren. – rispose Porco.
- In realtà ci ha portati Hitch. – s’intromise Eren, prima di ricevere un’occhiataccia collettiva da tutti i presenti.
- Già. – commentò Reiner.
Porco annuì.
La cenere cadde dalla sigaretta di Bertholdt e non fece rumore.
Porco annuì nuovamente.
Una formica, metri e metri più in alto, camminava tranquilla tra gli steli d’erba.
Un uomo, a 312 chilometri di distanza, apprendeva con dolore di non aver passato la revisione dell’automobile.
Eren diede un colpetto alla limousine con il gomito. – Be’? –
Era come se l’universo gli stesse dando un segnale: Marcel, Eren, le fan indemoniate, le fanfiction troppo brutte, Bertholdt che fumava dove non avrebbe dovuto, la formica, l’uomo che doveva rinunciare alla sua macchina. Reiner.
Porco chiuse gli occhi, li strizzò forte in modo da poter vedere le scintille bianche e avere meno consapevolezza di ciò che stava per fare, inspirò, sentì l’odore della sigaretta che Bertholdt stava fumando, constatò che non era una sigaretta e, dopo essersi fatto un discorso motivazionale che nella sua testa era durato otto ore e diciassette minuti ma nella realtà una frazione di secondo, aprì la bocca e disse: - Reiner, ho una cotta per te da quando andavamo alle superiori. –
Il silenzio calò di nuovo nel parcheggio sotterraneo. Se fossero stati a 312 chilometri di distanza, avrebbero sentito l’uomo che non aveva passato la revisione telefonare quasi in lacrime a sua moglie, ma erano lì, proprio lì.
Porco aprì cautamente gli occhi.
Bertholdt aveva ripreso a fumare, gli occhi puntati sugli sbuffi bianchi che si diffondevano nell’aria; Eren si stava fissando con grande attenzione un’unghia; Hitch scrutava il libretto della limousine, come se qualcosa la tormentasse. Reiner, in piedi davanti a lui, si torceva le mani quasi in lacrime.
Ormai niente poteva più fermare la tempesta. – So che Marcel ti ha detto qualcosa. Non ho capito bene cosa, forse sono troppo stupido per lui. So che volevi vedermi, ma non so perché. So che secondo Marcel mi avresti spezzato il cuore, ma non mi è chiaro cos-
Porco non ebbe modo di capire dove stesse andando a parare con quel monologo perché all’improvviso le mani di Reiner furono sulle sue guance brucianti e riuscì solo a percepire un paio di labbra morbide ovunque sul volto.
Qualcuno avrebbe decisamente dovuto scrivere una fanfiction del genere.
D’un tratto, furono illuminati da un flash, ma Porco scelse di non farci caso, perché Reiner era attaccato a lui e il suo corpo non era aria o uno stupido cuscino come quando si sentiva solo la notte: era proprio il corpo di Reiner. Con l’odore di Reiner, lo stesso di quando era più giovane, forse solo un po’ coperto dal profumo. E le braccia che lo stringevano erano proprio come le aveva immaginate, gli occhi dorati che lo guardavano con infinita dolcezza gli suscitavano sempre l’istinto di prenderlo a pugni, ma anche di non allontanarsi da lui di un solo millimetro.
- Mi sei mancato tanto, Porco. – gli bisbigliò Reiner contro le labbra.
E, cazzo, quello sì che sarebbe stato un gran modo di finire una fanfiction.

Q: Cosa sappiamo quindi di questo ragazzo?
H: Era un compagno di scuola dei membri del gruppo. Pare che lui e il fratello avessero legato particolarmente con Reiner e Bertholdt. Da quello che so – e credimi, ne so parecchio – Reiner ha sempre avuto una cotta per lui, ma ovviamente non è tipo da dichiararsi. E in tutto questo, se non avesse ricevuto una strigliata da me ed Eren, ma principalmente da me, forse gli Eldians si sarebbero sciolti, dato che ormai Reiner era soltanto l’ombra di se stesso e non faceva che frignare sul suo amore impossibile.
Q: Meno male, allora! Tutte le giovani fan ne sarebbero state devastate!
H: Immagina quanto sarebbero devastate a sapere che lì dentro uno etero non lo trovano neanche con il lanternino.
Q: Oh, Hitch, sei proprio simpatica! Cambiando argomento, parlavi di un fratello di questo misterioso ragazzo, giusto?
H: Sì, era il più caro amico di Reiner ai tempi della scuola. Penso che abbia in un certo modo cercato di proteggere il fratello minore dalle attenzioni di Reiner.
Q: E come mai?
H: Credo non voleva esporre P. alla vita da star o qualcosa del genere. Era convinto che gli Eldians sarebbero vissuti in tour e che Reiner non sarebbe stato in grado di tenere fede alle sue promesse.
Q: Be’, di fatto gli Eldians sono sempre in tour. Non li aspetta un mese in Canada? Il nuovo fidanzato di Reiner li seguirà?
H: Ovviamente.
Q: E tu? Non ti dispiace non far più parte del gruppo?
H: Non ho mai veramente fatto parte del gruppo e non è tutto oro ciò che luccica. Credimi, a volte scattare una foto al momento giusto può essere provvidenziale.
Q: C’è forse una ragione che ti ha spinta a questo gesto? Un qualche motivo di rancore nei confronti degli Eldians?
H: No, no, solo i soldi.
Q: Ah, sempre simpatica! Bene, ringraziamo con un caloroso applauso Hitch Dreyse per aver partecipato a questa puntata de I fatti vostri! Chiudiamo con il successo degli Eldians che ha conquistato tutti noi, Fondatore Torna a Casa, e facciamo i nostri più cari auguri a Reiner Braun e alla sua nuova fiamma!

 

Chiusa in bagno, con dita tremanti Mina aprì il sito di fan fiction sul cellulare, entrò nella sezione dedicata agli Eldians e digitò Reiner Braun/ragazzo misterioso sulla barra di ricerca.

  
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