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Autore: Death Lady    17/02/2022    0 recensioni
Namjoon e Hobi hanno deciso di sposarsi alle Maldive e di rapire i loro parenti e amici per cinque giorni. Perché? Ovviamente per divertirsi tutti insieme.
Peccato che Jimin abbia un pessimo senso per gli affari; Yoongi sia troppo sensibile al sole e Jungkook debba passare più tempo del previsto con il suo peggior amico Taehyung.
Aggiungiamo un ex antipatico che vuole tornare nelle grazie del più piccolo e un guasto alle tubature ... ed ecco il mix perfetto per una Enemies To Lovers.
- Taekook
- EnemiesToLovers!AU
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Enemies

Viaggiare dovrebbe essere un’esperienza divertente o, per lo meno, questo era ciò che si ripeteva Jungkook da ormai due ore. Il fatto che Jimin avesse fatto promettere a entrambi che si sarebbero comportati bene non aiutava affatto. Quella notte, una volta salito sull’aereo, si era seduto al suo posto sentendosi ottimista -anche rassegnato, è vero, e di certo non senza sussurrare qualche parolaccia, ma comunque ... In quel momento però si trovava sull’orlo di una crisi di nervi, e non aveva proprio intenzione di iniziare l’ennesima discussione con il suo vicino di posto, in un luogo ristretto come quello. Sarebbe potuta andare a finire male, molto male, ad esempio lo avrebbe potuto strangolare, e lui aveva promesso di fare il bravo. Se solo il bel ricciolino non avesse passato le ultime due ore a sbuffare, muoversi, picchiettare le dita su ogni superficie a portata di mano …

– Potresti smetterla? – esclamò esasperato.

Il disturbatore in questione si limitò a rivolgergli un’occhiata veloce, annoiata, per poi sbuffare e girarsi verso il finestrino, come se lui non avesse detto niente.

Jungkook represse la voglia di urlare e si voltò anche lui, provando a ignorare la gamba premuta contro la sua che non aveva smesso un attimo di saltellare. Cercando disperatamente una ragione per non afferrare il ginocchio di Taehyung in preda all’ira, si disse che forse, se non stessero viaggiando nel bel mezzo della notte, passare il viaggio seduto accanto alla persona che meno preferiva al mondo, sarebbe stata un’esperienza sopportabile. Dopotutto, era colpa di Jimin e delle sue idee terribili “ Vedrai che partendo di notte arriveremo super riposati! E il volo costa anche di meno! ” aveva detto l’amico. Certo che il volo costava di meno, avrebbe voluto rispondergli, c’era a malapena lo spazio per muoversi in quel maledetto trabiccolo!

Se solo Yoongi avesse aspettato qualche giorno in più, avrebbero potuto passare il viaggio seduti vicini. Invece no, si era dovuto dichiarare a Jimin prima di comprare i biglietti!

“ Namjoon già lo sa ” aveva detto con un’alzata di spalle, “ mi ha chiesto di fargli sapere quante stanze ci servono. Non potevo aspettare! ”. Una cosa come un’altra per Yoongi: fare la spesa, studiare, andare in palestra, dichiararsi alla crush storica perché Namjoon non può aspettare … A volte, desiderava vivere la vita con la stessa calma con cui il suo amico affrontava le decisioni importanti.

– Proprio alle Maldive dovevano sposarsi questi due? – borbottò il ragazzo accanto a lui.

Si girò a guardarlo con un sopracciglio inarcato. Il lungo collo di Taehyung era teso all’indietro e guardava con occhi socchiusi le lucine sopra le loro teste – E quindi? – chiese, piccato – Mica eri obbligato a venire, sai –

– Non stavo parlando con te – rispose con tono basso e piatto, senza muoversi.

Loro non erano amici. È vero, si conoscevano da parecchi anni, avevano frequentato gli stessi corsi e facevano parte dello stesso gruppo di amici, ma non si erano mai andati a genio. O meglio, Jungkook non riusciva a non trovare il ragazzo insopportabile.

– Beh, allora stai zitto – grugnì.

Il viaggio Corea del Sud-Maldive durava quasi nove ore e lui era sempre più convinto che non sarebbero arrivati tutti interi al matrimonio di Namjoon e Hobi, due dei suoi migliori amici. Nove ore erano tante, troppe per condividere l’ossigeno con uno stronzo so-tutto-io.

Taehyung sbuffò di nuovo, sistemandosi meglio contro lo schienale e, spingendo ancora di più il ginocchio contro il suo, gli diede una leggera botta con il gomito. Le lunghe dita che avevano giocato fino a quel momento con l’anello all’indice sinistro, iniziarono a picchiettare nervosamente sul bracciolo in pelle.

Jungkook cercò di non alzare gli occhi al cielo e di non sbuffare a sua volta. “ Stai calmo ” si disse.

Sporgendosi verso il corridoio, guardò la fila opposta in cerca del suo altro migliore amico e lo trovò a sonnecchiare con la testa appoggiata su quella di Yoongi. I capelli biondi erano ben nascosti sotto un cappello rosa e aveva le mani tra le gambe. Oltre ad essere un aereo giocattolo, era anche una cella frigorifera. Maledisse ancora una volta l’amico e le sue idee. Come se avesse sentito lo sguardo puntato su di lui, Jimin aprì un occhio.

“ Salvami ” mimò con le labbra “ Non ce la faccio più ” lo supplicò con la sua miglior espressione da cucciolo. Il ragazzo si limitò a ridere scuotendo la testa. Jungkook fece il broncio guardandolo male prima di risedersi composto. Non solo li aveva intrappolati lì dentro, ma lo prendeva anche in giro!

L’aereo ebbe uno scossone e lui fu costretto ad abbandonare i suoi pensieri per tornare alla realtà.

– Che succede? – chiese mettendosi seduto composto.

– Stiamo attraversando un temporale su un cazzo di aereo giocattolo. Ecco che succede! – rispose Tehyung, la voce bassa piena di quello che sembrava panico. Aveva gli occhi nascosti da una frangetta di capelli neri e mossi, ma la preoccupazione che si celava dietro alle sue iridi scure era evidente, soprattutto per lui che lo conosceva ormai da parecchi anni.

–Va tutto bene? – chiese un po’ confuso, toccandogli titubante il braccio.

– Tu che dici? – sibilò assottigliando lo sguardo e allontanandosi bruscamente da lui.

– Dico che te la stai per fare sotto – scattò acido, rimpiangendo subito di aver fatto un gesto carino. Per una volta, voleva solo essere gentile.

– Ma vaffanculo – rispose l’altro, la voce un po’ più salda.

Beh, si disse, era pallido come la morte ma per lo meno riusciva ancora a mandarlo a quel paese. Di sicuro, prima di fare ancora qualcosa per lui, avrebbe aspettato il suo imminente tracollo, parola sua. “Non ci si guadagna niente ad essere gentili con chi non se lo merita”, gli ripeteva sempre sua nonna. E chi era lui per non dare retta a quella vecchietta, saggia e risoluta?

L’aereo sussultò e le luci traballarono, Taehyung respirò profondamente lamentandosi di nuovo. Jungkook alzò un sopracciglio – Hai bisogno del sacchetto di carta? Stai per vom-

Un fortissimo rumore lo fece zittire e le luci si spensero. Registrò distrattamente le esclamazioni degli altri passeggeri prima che le spie delle cinture si accendessero sopra le loro teste, illuminando l’abitacolo di una luce rossastra. Taehyung aveva gli occhi sbarrati e la bocca stretta in una linea. Improvvisamente Jungkook perse tutta la voglia di scherzare e una sensazione sgradevole gli invase lo stomaco.

– Si avvisano i signori passeggeri che stiamo attraversando una zona di leggera turbolenza, data da una nuvolosità diffusa –

Concentrato sulla voce acuta e nasale del pilota, quasi non si accorse delle lunghe dita del ragazzo accanto a lui che si stringevano sul suo ginocchio.

– Vi assicuriamo che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Il tempo a terra è buono e prevediamo di uscire dalla turbolenza tra qualche minuto –

Un tuono rimbombò nel cielo e Jungkook sentì distintamente il sibilo sofferente di Taehyung.

– Si prega di mantenere la calma e di allacciare le cinture di sicurezza, di chiudere il tavolino davanti a voi e riporre negli appositi contenitori tutti gli oggetti che potrebbero cadere a terra – continuò la voce.

– Mantenere la calma – sussurrò il più grande – Stiamo per morire in una cazzo di scatoletta! – Un lampo gli illuminò il volto sudato e lui sentì il cuore stringersi. Non aveva idea di cosa fare, non aveva mai avuto paura di volare e per spaventarlo ci voleva ben altro. Non che non fosse preoccupato per la situazione, ma era più che disposto a fidarsi delle capacità del pilota. Insomma, le patenti di volo non cadevano giù dal cielo! Probabilmente, se fosse stato più tranquillo avrebbe riso alla sua stessa battuta, aveva un pessimo senso dell’umorismo.

– Taehyung – provò a dire – va tutto b- si bloccò non appena lo sguardo omicida del ragazzo lo trafisse. – Guarda che sto solo cercando di aiutarti! –

– Non te l’ho chiesto – un altro scossone lo fece sobbalzare – Lasciami in pace – lo guardò con occhi grandi e scuri – Ti prego – sussurrò infine.

Innanzitutto, pensò Jungkook mentre la rabbia e la frustrazione gli invadevano il petto, lui voleva solo essere gentile, di nuovo. Secondo, trovava incredibile che Taehyung riuscisse ad essere un rompi palle anche durante un attacco di panico.

Cercando di ritrovare la calma e provando a non pensare alle unghie di Taehyung conficcate nel suo ginocchio che probabilmente gli avrebbero lasciato un segno, cercò di riflettere per trovare un modo per essere d’aiuto. Non voleva certo che morisse di crepacuore! Per lo meno, non perché non era stato in grado di aiutarlo. La verità era che Jungkook era stato colto totalmente alla sprovvista: non sapeva che Taehyung avesse paura di volare. Cioè, effettivamente non sapeva tante cose di lui, ma con Jimin avevano condiviso così tante cose in quegli anni, che gli sembrava assurdo che non fosse mai uscito fuori l’argomento. Tutte le volte che erano andati in vacanza, o in America a trovare Namjoon come avevano fatto? Ma soprattutto, perché Jimin non glielo aveva detto prima di incastrarlo sull’aereo con lui? Avrebbe potuto fare delle ricerche, essere d’aiuto, si sarebbe comportato diversamente evitando di fare la figura dell’imbranato.

– Senti – disse con un sospiro voltandosi verso il ragazzo – Se dovessi morire dalla paura su questo cazzo di aereo Jimin mi staccherebbe la testa a morsi, ok? Quindi – continuò mettendogli la mano sul braccio sotto gli occhi grandi e vigili di Taehyung – Fingi che sia un’altra persona qui, magari un tipo che ti piace o … una ragazza? – il ricciolino lasciò andare uno sbuffo che lo fece sorridere – Davvero, pensa a chi o cosa vuoi, ma accetta il mio aiuto – L’aereo saltò un’altra volta e il rumore dei macchinari sotto i loro piedi sembrò rimbombare tutt’attorno – Per favore? – tentò.

Taehyung non rispose, si limitò a guardarlo il tempo giusto per far notare a Jungkook che aveva due strisce di lacrime che gli rigavano le guance. – Prometto che se farai qualcosa di estremamente imbarazzante non ti prenderò in giro –
All’ennesimo tuono, la mano del ragazzo si ancorò al suo polso. Ok, per lo meno il suo ginocchio ora era salvo, sperava solo che quello fosse un segno di assenso.

– Stiamo per morire? – chiese il ragazzo in un sussurro tirando su col naso, la voce rotta dal pianto.

Il più piccolo sorrise intenerito – Penso proprio di no – si sporse leggermente verso di lui parlando con voce altrettanto bassa – In caso contrario, potremmo sempre torturare i nostri amici all’inferno per l’eternità – disse cercando di alleggerire l’atmosfera.

Gli occhi di Taehyung erano ancora gonfi e pieni di lacrime, ma per lo meno aveva smesso di piangere e con quella battuta era riuscito a farlo sorridere un pochino.

– Hai allacciato la cintura? – chiese cercando di distrarlo dai rumori attorno a loro.

– Come se l’avessi mai tolta – gli rispose con voce dolce.

Ok, era vero, parlare di quello che dovevano o non dovevano fare e come farlo probabilmente non era un’idea geniale, ma era la sua prima volta e sicuramente un Taehyung terrorizzato ma sorridente era un buon risultato. Peccato che la presa d’acciaio sul suo polso non accennasse ad allentarsi, altrimenti avrebbe potuto considerarla una vittoria a tutto tondo.

– So che probabilmente è inutile dirti questa cosa – iniziò mettendo la mano sulla sua – è la cosa più stupida da dire e con me non funziona mai. Anzi – si corresse sollevando un angolo della bocca – mi fa solo arrabbiare di più – il moro aveva gli occhi puntati nei suoi, scuri, grandi e ancora lucidi riflettevano la luce rossa sopra le loro teste – Non c’è nulla di cui avere paura – il sopracciglio del più grande si mosse leggermente verso l’alto – Te lo avevo detto che era una cosa stupida! Ma ti prometto che scesi da questo aereo del cavolo ti aiuterò a prendere a calci Jimin – questo fece ridere il ragazzo e Jungkook si trattenne dall’esultare, per poi asciugargli le lacrime con il pollice della mano libera.

Restarono in silenzio per un po’, cercando di guardarsi nonostante la poca luce. – Pensi che un po’ di musica potrebbe farti sentire meglio? – chiese scostandogli delicatamente i capelli umidi dalla fronte. Il ragazzo annuì tirando nuovamente su col naso. Lo trovò adorabile. Forse, ma solo forse, c’era una remota possibilità che quel ragazzo non fosse poi così insopportabile. Si schiarì la voce – Se mi lasci andare prendo le cuffie allora –

– No – disse Taehyung prendendo il suo polso anche con l’altra mano, con un’espressione che era a metà tra ragazzo terrorizzato e bambino capriccioso. "Addio circolazione, addio mano", pensò il ragazzo. – Le mie sono nella tasca della giacca. Prendi quelle –

Recuperate le cuffiette -un paio di vecchissime Samsung con il filo tutto rovinato- Jungkook si mise seduto più comodo per cercare una vecchia playlist di musica Jazz che aveva creato per noia quasi un anno prima. Non era il suo genere preferito, ma da quello che ricordava all’altro ragazzo piaceva molto, e in quel momento il suo unico obiettivo era tranquillizzarlo. Il filo non era così lungo e per riuscire a sentire entrambi si misero seduti più vicini, la testa di Taehyung a pochi centimetri dalla sua e il suo polso ancora incastrato tra le sue lunghe dita.

L’aereo aveva smesso di traballare e il rumore dei tuoni era ora attutito dalle note di un sassofono. Più o meno verso la quinta canzone, stringendosi maggiormente nel cappotto, il più piccolo si addormentò proprio un momento prima che la testa di un Taehyung ormai esausto, ma decisamente più tranquillo, si posasse sulla sua spalla.
 
***
 
– I miei ragazzi! – esclamò Jimin correndo ad abbracciarli non appena li vide –Ero sicuro che non vi sareste ammazzati a vicenda– disse con un sorrisino sghembo –Non dopo solo nove ore almeno! Bravi– disse arruffando i capelli di entrambi, che sospirarono esasperati.

Da quando si erano svegliati non si erano più rivolti la parola. Jungkook aveva avuto solo il tempo di accertarsi che tutto fosse tutto a posto, ancora indeciso se ritenere ciò che era successo solo un sogno -cioè, un incubo ovviamente. Il mutismo del più grande però, e soprattutto il fatto che lo ignorasse, gli stava dando sui nervi. Non lo aveva ringraziato per averlo aiutato durante il suo quasi attacco di panico, non un sorriso, non una battuta. Non che si aspettasse chissà che ma gli era sembrato che sull’aereo si fosse creato un … legame tra di loro? Insomma, che si fosse creato qualcosa di buono per la prima volta. Non erano proprio quei momenti che davano vita all’affetto tra due persone? Insomma, Harry, Ron e Hermione avevano stretto amicizia dopo essere scampati da morte certa. La loro non era forse stata un’esperienza simile? Beh, si rispose innervosito, evidentemente per Kim Taehyung no.

Da dietro i suoi occhiali da sole, accuratamente calati sul viso per nascondere le occhiaie, lo guardò torvo osservando come il più grande, nonostante l’attacco di panico, sembrasse comunque appena uscito da una rivista di moda. L’unico segno di stanchezza erano gli occhi leggermente cerchiati di rosso e la felpa stropicciata. Lui, invece, sembrava che avesse attraversato di corsa un campo di battaglia. Occhi cerchiati di nero, viso pallido, capelli in disordine e labbra tormentate erano solo un esempio.

– Muoviamoci dai, non vedo l’ora di poter dormire un po’ – disse mettendosi meglio lo zaino in spalla.

– Non hai riposato in aereo? – chiese Yoongi – Noi ci siamo fatti una dormita pazzesca! –

– Peccato per la pioggia – disse Jimin – All’improvviso mi è sembrato di stare sulle montagne russe! –

Jungkook incrociò velocemente lo sguardo scuro di Taehyung – Già – disse solamente.

– E a te com’è andato il volo, Tae? – chiese Jimin avvicinandosi all’amico e tirandolo da parte verso il nastro del ritiro bagagli – Hai dormito? –

– Come al solito – borbottò – Non ho dormito molto –

– E sembri il più riposato di tutti! – rispose il biondo – Hai tutte le fortune, non vale! – aggiunse dandogli una pacca giocosa sul braccio.
 
 
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Nella sua vita aveva viaggiato molto. Era andato in Italia, in Inghilterra, più volte in America a trovare Hobi e Namjoon, in Scozia e con Yoongi avevano fatto persino una fuga in Giappone totalmente improvvisata nel bel mezzo del semestre universitario. Si era sempre spostato in aereo e, da che aveva memoria, oltre all’emozione del volo, la sua sensazione preferita era quella che provava in aeroporto. Trovava quei luoghi particolarmente interessanti.

Innanzitutto, per le persone. Spesso si fermava a osservare gli altri viaggiatori, cercando di indovinare i motivi per cui potevano essere lì. Si chiedeva se stessero andando da qualche parte per una vacanza o per lavoro, o se stessero tornando a casa. La ragazza con le lunghe trecce scure e la valigia verde menta, per esempio, che in quel momento guardava il tabellone delle partenze e tormentava con le dita l’estremità della maglietta, stava tornando dalla sua famiglia, dal suo cane, o partiva per una vacanza dopo mesi di lavoro? E il signore in bermuda in accanto al distributore di merendine che parlava a telefono da dieci minuti accarezzandosi la barba bianca, dove sarebbe atterrato e per fare cosa?

Jungkook aveva sempre viaggiato sotto la spinta della curiosità, ma adorava pensare all’aereo come possibile mezzo di salvezza e all’aeroporto come un luogo sicuro, neutrale. Chiunque poteva essere lì in cerca di emozioni diverse o per fuggire da una delusione, da una vita sbagliata e monotona, da un cuore infranto.

Il secondo motivo, era che li trovava incredibilmente rilassanti. Con negozi pronti a soddisfare qualsiasi esigenza, aree ristoro e zone relax, erano quasi una città dentro la città. Una specie di realtà parallela, estranea alla confusione cittadina. Ugualmente piena di gente, voci e rumore di passi, ma una pienezza diversa, più leggera. Come tutti i luoghi di passaggio, emanavano l’energia di chi è stato testimone della vita di tante persone, seppure in maniera sfuggevole. Dopotutto, quale modo migliore per perdere e ritrovare sé stessi se non in mezzo alla gente. L’unico momento in cui siamo realmente soli con noi stessi, aveva detto Pirandello, è quando siamo immersi in una folla che non fa caso alla nostra presenza. E proprio tra la folla, schivando le ruote dei trolley e gli abbracci all’arrivo, i nostri pensieri vengono catturati dalle mura degli aeroporti, diventando parte di una storia invisibile ed eterna.

Guardando l’aeroporto delle Maldive, inondato di una luce celeste quasi irreale, Jungkook pensava proprio a cosa avrebbero potuto raccontargli le pareti se solo avessero potuto comunicare. Era un luogo ampio e dall’aspetto moderno. Non era neanche troppo affollato per essere quasi le dieci del mattino e avrebbe quasi potuto considerarlo tranquillo e silenzioso se l’immobilità di quel momento non fosse stata interrotta dall’urlo di Jimin.

– Tae, andiamo, muoviti! Quello è Hobi, lo vedi? – gridò trascinando l’amico per un braccio.

– Se la smettessi di tirarmi, magari –

I due avevano recuperato i loro bagagli ma mentre Jimin saltellava entusiasta, i capelli biondi che facevano su e giù a ogni passo, il più alto camminava lentamente trascinandosi dietro le valige di entrambi.

– Jeonggukieeee! – esclamò Hobi correndogli incontro, salutandolo con la mano.

Jung Ho-seok era un ragazzo simpatico e buono, sorprendentemente forte per essere così minuto. Il ricordo preferito che aveva di lui risaliva a una sera di un paio di anni prima in cui, tra musica, alcool e cibo spazzatura, avevano riso fino a perdere l’aria nei polmoni. Namjoon li aveva trovati la mattina dopo addormentati metà sul pavimento e metà sul divano, due bottiglie di vino ormai vuote sul tavolino davanti a loro e l’applicazione del karaoke ancora accesa. Non era sicuramente il loro momento migliore, ma lui trovava che rappresentasse appieno l’amico. Con Hobi era così, o gli stavi lontanissimo o era inevitabile finire trascinato nel turbine della sua allegria.

– Mi sei mancato tantissimo – disse abbracciandolo e seppellendo la testa contro il suo collo. Profumava di vacanza, di mare e di sole e Jungkook era sicuro che se fosse rimasto in quella posizione per ancora qualche secondo si sarebbe addormentato in piedi.

– Com’è andato il viaggio? –

– Diciamo – disse separandosi dall’amico – che sarebbe potuto andare meglio –

Hobi ridacchiò, gli occhi scuri e grandi lo scrutarono attentamente – In effetti non hai un bell’aspetto – commentò.

Il ragazzo prese in considerazione l’idea di raccontargli di Taehyung ma ci ripensò subito, mordicchiandosi le labbra e giocando con l’anellino a al lato del labbro – È quello che ottieni quando assecondi le idee folli di Jimin –

L’amico rise gettando la testa all’indietro –Un altro viaggio dell’orrore? – chiese e lui annuì sorridendo.

– Guardate che sono qui – li interruppe il biondo – Primo, il volo era super economico. Secondo, non è vero che è stato così terribile! –

Taehyung sbuffò una risata in cui Jungkook colse una sfumatura isterica.

– Posso salutare il mio migliore amico o avete intenzione di tenerlo in ostaggio ancora a lungo? – Namjoon li aveva raggiunti e lo guardava con le braccia aperte e un sorriso brillante che gli arrivava fino agli occhi, piegati in un’adorabile virgoletta all’insù. Non lo aveva mai visto così contento. Aveva la pelle luminosa e i suoi soliti vestiti eleganti erano stati sostituiti da un look più casual e colorato.

– Namjoon! – esclamò allacciando le braccia al collo del più alto – Che bello vederti, finalmente! – si abbracciarono forte anche loro.

– Sei cresciuto o sbaglio? – lo prese in giro l’amico facendolo ridere. In quei mesi, tra gli esami e la ricerca di un lavoro, era stato così impegnato che aveva dovuto rinunciare all’ultimo viaggio che i suoi amici avevano fatto tutti insieme per andare a trovare Namjoon in America. Il ragazzo si era trasferito anni prima per via del lavoro del padre e lì, durante i suoi anni universitari, aveva conosciuto il suo quasi-marito. Non si vedevano da quasi un anno, e non si era accorto di quanto gli fosse mancato fino a quel momento.

– Piccoletto – lo apostrofò Jimin dandogli dei leggeri colpi sul braccio, come se non fosse lui il più basso tra loro – Spostati, dai. Dopo potrete abbracciarvi, baciarvi – si girò velocemente verso Hobi – Con il dovuto rispetto ovviamente – poi tornò a guardarli da dietro le lenti rosa dei suoi occhiali da sole – Ora però tocca a me. Quindi – fece un passo avanti mettendo una mano sulla spalla di Jungkook, che si spostò con una risata. Nonostante si fossero uniti al gruppo a scaglioni, sembrava che si conoscessero tutti da sempre. E, se solo lui e il ricciolino non litigassero ogni tre per due, avrebbero anche potuto vendere la storia in quel modo: l’amicizia di una vita, tra persone che si sentivano come fratelli.

Dietro di loro, Taehyung e Hobi si separarono dopo un saluto altrettanto caloroso. Erano coinvolti in una conversazione di cui riuscì a cogliere solo l’ultima prima che Jimin catturasse nuovamente la sua attenzione.

– Yoongi-amore – trillò il biondo con voce acuta attirando probabilmente l’attenzione dell’intero aeroporto – che dici, è l’aria di mare? – chiese trascinando il fidanzato verso Namjoon – Guarda che pelle e che muscoli! Osservazione fatta con rispetto della proprietà altrui, ovviamente – guardò Hobi tastando senza vergogna i bicipiti del più grande – Non che tu non sia altrettanto bello, Yoongi-amore, ma qui mi sembra che loro due brillino! –

Jungkook cercò di reprimere una risata.

– Secondo me, è il matrimonio – continuò girando attorno al più alto come un gatto – Che dici, anche io sarò così quando ci sposeremo? – chiese facendo capolino da dietro Namjoon, con un sorrisino dispettoso in volto.

Gli occhi di Yoongi si spalancarono e le sue orecchie divennero rosse. Jungkook e Hobi scoppiarono a ridere accasciandosi l’uno sopra l’altro.

– Jimin-ahh! Smettila di prendere in giro il tuo povero ragazzo – esclamò Taehyung avvicinandosi, la risata ancora nella voce – Cerca di tenerti almeno lui. Sei insopportabile da single –

Jimin indossò un’espressione oltraggiata – Come osi? – disse marciando minaccioso verso il più alto, per poi fermarsi a metà strada e inclinare la testa da un lato – Anzi, sai cosa? Mi vendicherò quando meno te lo aspetti – disse sorridendo e assottigliando gli occhi. Taehyung ridacchiò – Vedrai! – continuò il biondo per poi voltarsi e ritrovarsi a pochi passi dal più giovane. Gli occhi di Jimin si allargarono leggermente – Piccolo Kookie, hai un aspetto orrendo – disse e Jungkook si rimproverò per essersi tolto gli occhiali da sole, il suo unico scudo contro lo scrutinio dell’amico – Grazie? – disse.

– Non c’è di che, caro – rispose il più basso dandogli una pacca sulla spalla –  Ti prego Namjoon portaci al resort perché questo ragazzo ha assolutamente bisogno di un letto! –

– In effetti – intervenne Yoongi sbucando da dietro la testa del suo fidanzato – Sembri proprio uno zombie –

Gli occhi scuri di Taehyung incontrarono i suoi e lui sentì lo stomaco contorcersi per l’intensità di quello sguardo. Sicuramente, si disse, doveva trattarsi del bisogno viscerale di prenderlo a pugni.
 
***
 
Innanzitutto, era vero che si sentiva stanco, ma sicuramente -grazie mille Yoongi- non era uno zombie. Seconda cosa, se si trovava in quello stato era solo colpa di quel vampiro -perché altrimenti cos’altro poteva essere? - di Taehyung che gli aveva risucchiato tutta l’energia vitale in aereo. Ecco spiegato perché non voleva mollare il suo polso! Vedi cosa ottieni aiutando certa gente Jungkook? Secondo Jimin “un aspetto orrendo”, evidentemente. Di sicuro, non ci sarebbe stata una prossima volta con Taehyung. Nossignore, si sarebbe fatto gli affari suoi e quell’antipatico ingrato avrebbe affrontato tutto da solo. Non poteva credere che ancora non gli avesse rivolto la parola, si limitava solo a guardarlo. “ Cosa ti guardi?! ” avrebbe voluto urlare. Invece, non stava urlando e, suo malgrado, si ritrovava a fissarlo anche lui -con odio, ovviamente.

Hobi gli aveva assicurato che il viaggio in barca sarebbe stato breve e lui sperava davvero che finisse il prima possibile perché era già esausto. Non aveva ancora fatto colazione e sentiva lo stomaco rigirarsi a ogni onda, in più il caldo era insopportabile. L’unico furbo della compagnia -cosa che gli aveva fatto salire il sangue al cervello- era stato Taehyung, che prima di salire in barca aveva fatto una leggera sosta al bagno e ne era uscito tutto profumato, indossando una camicia bianca a fiori e un paio di bermuda chiari.

Se era così intelligente, perché diavolo non lo aveva suggerito a tutti? Pensò sbuffando, passandosi una mano tra i capelli ormai umidi. I capelli di Taehyung, invece, volavano liberi in tutte le direzioni mentre rideva a una battuta di Jimin che lui non aveva colto. Con la sua pelle ambrata e i vestiti leggeri sembrava già uno del posto.

Proprio mentre lo guardava - con disprezzo e rancore - Taehyung intercettò i suoi occhi, alzando un sopracciglio in modo interrogativo. Da adulto quale era, Jungkook gli fece la linguaccia e il più grande, dopo un attimo di sorpresa, gli rispose allo stesso modo. Indispettito, con il sudore che ormai gli colava giù dal collo e uno sbuffo innervosita, si voltò a guardare il mare, deciso a non concedere al ragazzo un altro minuto del suo tempo.

– Non riuscite proprio a smettere, eh? – lo colse di sorpresa Namjoon seduto accanto a lui. Era sempre stato lì o si era avvicinato in quel momento?

– Non so di cosa stai parlando –

Il più grande sorrise e di nuovo Jungkook fu abbagliato dalla sua bellezza – E invece sì – lo rimbeccò dandogli un buffetto sul naso.

Gonfiò le guance e poi fece uscire l’aria in un soffio – Ti prego, Joonie, non ricominciare. Sono già distrutto –

– Non sto dicendo niente, ma lo sai che mi dispiace – gli disse accarezzandogli i capelli, facendosi un po’ più serio. Namjoon faceva parte di quelle persone, assieme a Jimin e Yoongi, che non avevano mai creduto alla storia dell’odio tra lui e Taehyung. Per lui, come aveva più volte ripetuto, era solo un gioco che si erano dimenticati di star portando avanti. Era “ semplicemente impossibile ” che si odiassero davvero, perché Taehyung era bello, bravo, buono, intelligente, simpatico … Jungkook voleva alzare gli occhi al cielo ogni volta che l’amico iniziava ad elencare le sue mille qualità. Il fatto che quel finto perfettino avesse ingannato così bene così tante persone a cui teneva lo faceva infuriare.

– Ma se ti proponessi una tregua? – disse – Giusto il tempo del matrimonio. Poi, mentre starò in luna di miele, potrete tornare a fare il gatto e il topo – sembrava convinto di quelle parole e inevitabilmente, lui scoppiò a ridere – Una tregua?! E su che basi? –

Il ragazzo sembrò rifletterci un momento, il mare che si rifletteva nei suoi occhi sembrava dare corpo all’arrovellarsi dei suoi pensieri – Sulla base del mio matrimonio? – tentò.

– Vorresti basare la tregua mia e di Taehyung sul tuo matrimonio? – ripeté ironico ed incredulo allo stesso tempo – Non dovrebbe essere il punto di partenza di qualcosa di meglio? – E ce n’erano sicuramente di cose migliori di quella.

Il più grande sorrise – Partendo dal presupposto che anche Hobi sarebbe contento, sai quanto vi adora, secondo me potrebbe nascere qualcosa di bello. Tentar non nuoce – ribatté facendo spallucce. Non lo aveva convinto e glielo disse – Lo so, ma dovevo provare – gli rispose.

L’amico si spostò leggermente per appoggiare meglio la testa sullo schienale e guardare il mare – Vorrei solo che al mio matrimonio foste tutti felici, senza dover fare attenzione a cosa dite o come vi comportate per paura di dare fastidio a qualcuno –

Un sentimento caldo si fece strada nel suo petto, facendolo sorridere intenerito. Per un momento, leccandosi le labbra e giocando con il piercing, provò a considerare le sue parole, quelle che Jimin gli aveva detto in tutti quegli anni e le occhiatacce che gli lanciava Yoongi ogni volta che cominciavano a litigare. Loro si sbagliavano raramente sulle cose, e ancora meno sulle persone però … – Non posso prometterti nulla, hyung. Sono anni che le cose vanno avanti così – disse serio.

Si guardarono qualche secondo, poi l’amico lo attirò a sé facendogli poggiare la testa sulla sua spalla, cominciando ad accarezzargli i capelli. Jungkook chiuse gli occhi e di nuovo l’odore di mare e sole invase i suoi polmoni.

–Sei davvero ridotto a uno straccetto Kookie. Jimin ha ragione– cambiò argomento con un sussurro.

Come se lo avessero invocato, la voce del ragazzo li raggiunse – Si può sapere quanto manca? –

– Siamo quasi arrivati – rispose Hobi con la sua voce squillante, il sorriso era percepibile nelle sue parole.

– Lo hai detto anche dieci minuti fa – Jungkook sentì dei rumori e immaginò Jimin in una delle sue espressioni teatrali. E infatti – Non ho neanche messo la crema solare! Sono troppo giovane e bello per morire di cancro alla pelle –

– E troppo vanitoso per partecipare a un matrimonio rosso come un pomodoro – lo prese in giro Taehyung, facendogli sbuffare una risata contro il collo di Namjoon. Altri rumori e un lamento, probabilmente Jimin che dava una botta al più alto.

– Ancora cinque minuti al massimo. Lo prometto – rispose Hobi – Anzi, quell’isoletta laggiù è il resort – si fidava sulla parola, non aveva intenzione di aprire gli occhi solo per guardare il mare e non capirci niente. Avevano passato almeno cinque isolette tutte uguali.

– Non riesco a vedere altro che un insieme di casette – intervenne Taehyung. Di lui si fidava di meno, ma non gli importava ugualmente.

– Beh – il ragazzo sbuffò una risata – Quello è il resort –

Sicuramente non aveva sentito bene. Con un sussulto si tirò su e aprì gli occhi. Con sua grande sorpresa non si trovò però di fronte il mare come si aspettava, ma Taehyung che si era sporto dal bordo per guardare meglio. La camicia bianca svolazzava tutt’attorno a lui, scoprendo una porzione di pancia piatta. Sentì le sue orecchie andare a fuoco. Di sicuro doveva essere per via della prolungata esposizione al sole.

– Per farla breve, un amico di Hobi è il proprietario del resort e ci ha dato una mano – disse Namjoon.

– Una mano come? – chiese Yoongi.

– Una mano … Per fortuna che avevamo messo da parte dei risparmi! –

– Dei risparmi – ripete il ragazzo ironicamente, la voce bassa e gli occhi sorridenti – Voi due siete fottutamente ricchi! – Scoppiarono tutti a ridere. In effetti, i due ragazzi avevano trovato la fortuna in America e Jungkook li ammirava per questo, sperando di riuscire anche lui, un giorno, a essere così fortunato da diventare ricco facendo il lavoro dei suoi sogni.

– Beh, mi avevate detto che vivere in America aiuta a conoscere la gente giusta – disse dopo un po’ Yoongi, con una mano tesa sopra la fronte per ripararsi dal sole e poter vedere meglio – Ma, se quello è davvero il resort, questo tipo vi ha regalato un’intera isola per il vostro matrimonio! –
 
 
******
 
 
Intrappolare istanti di infinito per poter rivivere le emozioni per sempre. Questo era per lui la fotografia. Per quanto avesse preferito avere a portata di mano la sua Canon, non aveva saputo resistere alla tentazione di scattare foto al mare e ai suoi amici con il suo vecchio Samsung.

Click. Jimin che gesticolava e Yoongi che rideva con la testa gettata all’indietro.

Click. Jungkook che guardava assorto il mare, con i capelli scompigliati.

Click. Namjoon che lanciava un bacio volante a Hobi.

Click. Hobi un istante dopo che sorrideva con una mano all’altezza del cuore.

Namjoon e Hobi gli erano piaciuti sin dal primo incontro. Secondo lui, erano come due parti complementari di uno stesso angolo retto. Uno alto e muscoloso, sempre pronto a dedicare le sue energie ad attività intellettuali e casalinghe; l’altro leggermente più basso e mingherlino, con un’energia incontenibile e impossibile da concentrare in un’unica attività. Erano una coppia perfetta e vederli adesso, così luminosi come aveva detto Jimin, dava l’impressione che avrebbero potuto fare di tutto insieme. Beh, rifletté Taehyung con un sorriso, per quanto lo riguardava, sposarsi alle Maldive su un’isola tutta per loro era già considerabile come “di tutto”.

Il resort a cui si stavano avvicinando aveva un aspetto ordinato e pulito. Appena aveva saputo il nome lo aveva cercato su Internet e per poco non gli erano saltati gli occhi fuori dalle orbite. Yoongi aveva scherzato, ma i prezzi erano veramente da capogiro. Da quanto si poteva vedere sul sito, le camere erano delle vere e proprie casette sul mare, uniche nel loro genere. La struttura centrale invece era situata sulla spiaggia a circa una cinquantina di metri dalle varie abitazioni che si estendevano per tutta l’isola e metteva a disposizione innumerevoli servizi. Una piscina interna ed esterna, una palestra, una sauna, una zona massaggi, diverse aree all’aperto e in una sala di lavoro in cui potersi sistemare in caso di necessità.

Chiunque fosse l’amico che gli “aveva dato una mano”, o doveva essere talmente ricco da non essersi accorto del posto in cui li stava ospitando, o doveva volere un gran bene a entrambi.

La spiaggia era talmente candida da catturare la luce e rifletterla come un pannello per prendere il sole. Taehyung, che aveva dimenticato gli occhiali da sole nel fondo della sua borsa di camoscio, doveva camminare stringendo gli occhi per cercare di vedere qualcosa.

– È bellissimo, vero? – disse Yoongi che camminava vicino a lui, pochi passi più avanti. L’amico aveva i capelli tenuti indietro da un paio di occhiali da sole, e il naso e le guance avevano iniziato a prendere una sfumatura rosata.

– Già. Sembra davvero un luogo da sogno – rispose – Non pensavo che avrei mai visto un panorama del genere – disse puntando lo sguardo verso il mare liscio come una tavola, di un colore talmente chiaro che, ne era sicuro, se non avesse riflettuto il cielo, sarebbe stato trasparente. – Se solo non avessi incastrato la macchinetta fotografica dentro la borsa – disse con un sospiro.

Erano scesi dalla barca da una decina di minuti ma purtroppo, con le ruote delle valigie che si incastravano nella sabbia, non avevano fatto molta strada. Per fortuna, una ragazza dai lunghi capelli rosa li raggiunse saltellando. I capelli sciolti dietro le spalle ondeggiavano al ritmo dei suoi passi veloci e i suoi piedi sollevavano la sabbia attorno a lei. Aveva un vestito a fiori su cui era appuntato, notò Taehyung una volta che si fu avvicinata, un cartellino con il suo nome, scritto in una calligrafia elegante ma leggibile. Aveva i piedi scalzi e alcune ciocche di capelli erano acconciate in piccole trecce.

– Assalaamu alaikum! – li accolse la ragazza parlando in maldiviano, il viso tondo e la pelle scura su cui risaltavano un paio di occhi celesti e un set di denti dritti e bianchissimi – Ben arrivati! Come è andato il viaggio? –

Namjoon si fece avanti – Meravigliosamente, grazie! Ti avevo detto che li avrei riportati sani e salvi! – le disse facendola ridere. – Sarah era convinta che ci saremmo persi – continuò rivolgendosi al resto degli amici – Ci ho messo tantissimo per convincerla a farci andare da soli all’aeroporto –

– Non sai quanti ospiti sono dovuta andare a recuperare nel corso degli anni – rispose lei, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

– Per fortuna che c’è Namjoon allora, con lui è impossibile perdersi – intervenne Jungkook. Aveva il viso rosso per il caldo e i capelli umidi, ma questo non impedì alla ragazza di voltarsi completamente nella sua direzione e ancorare lo sguardo su di lui e sulla sua maglietta che, per via del sudore, si era incollata al suo petto.

– Già, per fortuna! – rispose lentamente Sarah.

Jungkook le sorrise, spostando il peso da un piede all’altro.

“E ti pareva ”, pensò Taehyung. Anche in quello stato era comunque il playboy del gruppo. Non osava immaginare come lo avrebbero guardato Sarah e tutti gli altri invitati quando sarebbe stato al massimo del suo splendore. Insomma, Taehyung non aveva affatto problemi ad ammettere che il ragazzo fosse davvero molto bello. Se solo il suo carattere non fosse stato così difficile le cose tra di loro sarebbero state molto, molto diverse …

– Se volete seguirmi, vi mostro le vostre stanze – disse facendo strada.
 
***
 
Dopo aver salutato Namjoon e Hobi si incamminarono verso un pontile di legno molto largo che proseguiva sul mare per diversi metri, curvandosi leggermente verso destra. Sui lati si affacciavano gli appartamenti del resort, in quella che dall’alto probabilmente doveva sembrare un’immensa spina dorsale.

– Questa è l’area che abbiamo predisposto per gli amici intimi degli sposi – spiegò la ragazza camminando all’indietro, per poterli guardare in viso. – Mi sono impegnata a riservare per voi quattro le ultime stanze sul mare. Da lì la vista è stupenda la mattina presto – disse allargando le braccia.

Affacciate su quel lungo ponte dovevano esserci almeno una quindicina di stanze, rifletté Taehyung, e man mano che ci passavano davanti notò che ognuna aveva un segno distintivo fuori dalla porta. Piccoli abitanti del mare in terracotta adornavano l’ingresso delle strutture.

– Il servizio in camera è disponibile a tutte le ore del giorno e della notte – continuò la ragazza – Come potrete notare, nelle camere c’è tutto ciò di cui avete bisogno per godervi la vacanza, senza dover per forza andare nella struttura centrale –

– Posso trasferirmi a vivere qui? – chiese Yoongi guardando con gli occhi colmi di meraviglia come le onde si infrangessero sul ponte senza quasi far rumore.

Sarah rise e i capelli si mossero davanti al suo volto spinti dalla leggera brezza del mare –È un posto meraviglioso, non è vero? – chiese e i ragazzi fecero un cenno d’assenso.

– Allora – disse fermandosi poco prima delle ultime stanze – La coppia? – Sarah fece scorrere lo sguardo su di loro, posandolo un attimo in più su Jungkook.

Jimin afferrò il polso del suo ragazzo e alzò le loro mani – Siamo noi! – esclamò – Ovviamente, siamo noi! – aggiunse poi – Siamo i più belli –

La ragazza sorrise – La seconda sulla sinistra è la vostra, le altre invece potete sceglierle liberamente – spiegò con la risata nella voce, indicandole con un braccio.

– Scusi – intervenne Taehyung che aveva adocchiato la camera dei suoi amici non appena si erano fermati. Aveva sperato di essere sul lato destro del pontile per poter guardare il tramonto dalla sua camera – Non ci aveva detto che le camere erano tutte uguali? –

La ragazza lo guardò un secondo negli occhi prima di spostare il suo sguardo da su a giù lungo il suo corpo e viceversa, poi sollevò un angolo della bocca verso l’alto. Taehyung si sentì arrossire, ma questa ragazza era sempre così?

– Per le coppie c’è un omaggio speciale da parte del resort! – spiegò – Ovviamente, tutte le camere hanno il letto matrimoniale – disse con un sorrisino, lanciando uno sguardo veloce a Jungkook, che si trovava proprio dietro di lui. Il più grande sentì il ragazzo trattenere il fiato e fare un passo di lato nella sua direzione e si trattenne dal roteare gli occhi al cielo. Si spostò leggermente, bloccandole la vista. A Sarah comunque non sembrò importare più di tanto, perché senza battere ciglio guardò anche lui con la stessa espressione adorante.

– Fantastico, Sarah, sei stata gentilissima! – disse Jimin con un sorriso facendo un passo avanti e stringendo la mano della ragazza – Grazie mille per averci accompagnati – le sorrise inclinando il viso verso di lei parlando velocemente. Poi si girò di scatto verso di loro – Se non vi dispiace ragazzi, io e Yoongi andiamo – lì salutò afferrandolo per un braccio e cominciando a trascinarlo verso la loro camera. Il ragazzo ebbe appena il tempo di salutarli con una mano prima di seguire Jimin, protestando leggermente - “ Ma perché dobbiamo andare via così? Cosa ti costa aspettare?” “ Senti tesoro, dobbiamo essere i più belli al matrimonio e tu sei già praticamente un mezzo pomodoro, non discutere ed entra in camera” -.

Sarah li salutò poco dopo e anche loro furono liberi di raggiungere le loro stanze. Taehyung non era visibilmente stanco come il più piccolo, ma anche lui non vedeva l’ora di buttarsi sul letto e rimanere lì fino al momento del rinfresco di quel pomeriggio.

Prima di potersi concedere una dormita però doveva fare una cosa. “ Okay, ora o mai più, Tae” si disse.

– Insomma, hai fatto colpo – disse cercando di suonare il più casuale possibile, prima che il ragazzo davanti a lui potesse aprire la porta della sua camera.

Jungkook si girò, la valigia abbandonata ai suoi piedi e un’enorme zaino nero sulle spalle, giocherellava con il piercing che aveva al lato del labbro inferiore intrappolandolo tra i denti prima di lasciarlo andare. Aveva i capelli lisci in disordine, con una ciocca sollevata più in alto delle altre sul lato destro della testa. Gli occhi grandi leggermente chiusi e il più grande si chiese se fosse dovuto al sole o alla stanchezza. In una frazione di secondo però il suo volto cambiò drasticamente espressione, diventando più dura – Che vuoi? –

Non si stupì del tono tutt’altro che contento dell’altro, tra loro era sempre andata così. – Ti rubo solo due minuti – disse avvicinandosi, in modo che l’ombra proiettata dal tetto della casa coprisse anche lui.

Jungkook alzò gli occhi al cielo e senza tante cerimonie fece cadere lo zaino a terra, come a fargli capire che non aveva assolutamente voglia di ascoltarlo ma che comunque sarebbe rimasto – Fai in fretta per favore, sto morendo qui fuori –

Lui sorrise timidamente prima di posare anche lui la borsa di cuoio, il foulard di seta rosa e bianco che aveva avvolto con cura alla base di uno dei due manici, toccava con un’estremità le assi di legno del pontile.

“Veloce e indolore ” fece un respiro – Volevo solo ringraziarti per prima – disse. Indice e pollice della sua mano destra si chiusero attorno all’anello che portava a sinistra e cominciarono a rigirarlo attorno al dito – Sull’aereo intendo –

Jungkook non sembrò colpito da quelle parole – Beh, ti ci sono volute solo, vediamo – disse prendendo il telefono – sette ore, più o meno, per ringraziarmi. Prego! – rispose sarcastico.

Taehyung si sentì arrossire. “ Non ho trovato il momento giusto”, “Non sapevo se andasse bene ” i pensieri si accavallarono nella sua testa.

– Ti ho ringraziato, no? – disse per poi maledirsi subito dopo.

Il più piccolo alzò gli occhi al cielo – Posso andare adesso? – disse indicando la porta.

In realtà sì, non c’era altro da dire ma la verità era che lui non aveva ancora voglia di terminare la conversazione e le parole uscirono prima che potesse fermarle – Grazie per non averlo raccontato? –

– È una domanda? – chiese il ragazzo confuso.

– No? – Jungkook alzò il sopracciglio – No – ripeté più convinto – Grazie –

Il più piccolo lo osservò come se stesse cercando di leggere qualcosa sul suo volto e forse ci vide davvero qualcosa perché i suoi occhi si fecero più grandi e morbidi – Non lo sanno? – chiese
.
Taehyung si spostò i capelli all’indietro con la mano guardando verso il mare – Non ho mai pensato che fosse importante. Di solito non è così grave – disse dopo un po’ – Non è difficile nasconderlo –

Il ragazzo alzò un angolo della bocca in un sorriso ironico – Se per nasconderlo indenti sbuffare e agitarti per due ore sul sedile allora no, non è difficile affatto – disse sarcastico, poi aggiunse abbassando il tono della voce – Scatena solo la voglia di prenderti a pugni –
Avrebbe dovuto offendersi? Gli venne da ridere – Beh Jimin non lo ha mai fatto per fortuna – 

– Evidentemente – rispose secco.

Si guardarono. Si guardavano sempre troppo loro due – Beh, grazie ancora e scusa il disturbo e … non ti darò più fastidio – disse velocemente chinandosi a riprendere la borsa.

– Punto primo – lo interruppe Jungkook, la voce improvvisamente secca e dura – Sei un cretino –

“Cosa? ” sentiva il petto stretto in una morsa. L’aria attorno a loro era cambiata e il caldo del sole sembrava una carezza leggera e lontana – Cosa? –

– Sei uno stupido Taehyung – continuò il ragazzo alzando il tono della voce – Non è difficile nasconderlo, non ti preoccupare – gli fece il verso – Mi hai fatto quasi venire un colpo. E allora cosa avresti fatto da solo in preda a un attacco di panico che chiaramente non sei in grado di gestire, eh? – disse puntandogli il dito al petto – Non dovremmo essere i tuoi amici? Non dovremmo sapere certe cose di te? –

– Non ne ho mai trovato la-
– La necessità? – completò per lui, gli occhi stretti e il piercing sul labbro pericolosamente stretto tra i denti – Beh, allora scusami se ho sprecato il mio tempo e il mio sonno per te. Vedi di non rompermi le palle durante il viaggio di ritorno con altre tue fobie che non siamo abbastanza degni di conoscere – disse sollevando con uno strattone lo zaino da terra rimettendolo in spalla.

– Mi dispiace – sussurrò, lo sguardo basso.

– Beh, menomale! – ribatté il ragazzo.

Okay, come al solito aveva voglia di litigare, tra di loro era sempre così. Evidentemente, non era il caso di continuare, anche perché non avrebbe mai avuto l’ultima parola. Solo che … – Non volevo darti fastidio –

– Io non ti sopporto – borbottò il ragazzo esasperato – Che cosa vorresti dire con questo? –

Taehyung provò a non ridere in modo isterico, trovando improvvisamente l’energia di ribattere a tono – Senti – iniziò, passandosi una mano tra i capelli mossi, portandoli all’indietro per poi lasciarli ricadere sulla fronte – Sei tu quello che ci tiene sempre a rimarcare quanto ti sto sulle palle, quanto non mi sopporti … Non pensavo che mi sarebbe venuto un attacco di panico e comunque non volevo il tuo aiuto, mi sembra –

– Che cosa?! – urlò sbarrando gli occhi, facendoli sembrare ancora più grandi di quanto già non fossero – Mi stai dicendo che avresti preferito che ti lasciassi agonizzare per nove ore? Beh, scusa per aver sprecato il mio tempo con te, Taehyung – disse calcando il tono sul suo nome.

– Non è quello che ripeti ogni volta? Che non vuoi avere nulla a che fare con me? Non capisco perché ti sei messo in mezzo –

Non avrebbe mai immaginato che Jungkook potesse sembrare così minaccioso. Come se un’aura scura e vibrante si fosse avvolta tutt’attorno a lui, perfino i capelli disordinati e sparati in aria sembravano pericolosi – Stavolta hai davvero raggiunto il limite – sembrò ringhiare – Ti prego di sparire dalla mia vista prima che perda il controllo delle mie azioni – poi sembrò ripensarci facendo un passo indietro – Anzi, sai che c’è?! Visto che siamo davanti alla mia camera, me ne vado io – disse per poi sparire dietro la porta della casetta, senza rivolgergli uno sguardo di più.



 

Note dell'autrice

Ciao a tutt*!🌸 È la mia primissima Taekook e la primissima fanfiction in questo fandom.

Scrivo da tutta la vita ma è difficile per me rimanere soddisfatta al 100%. Questa storia, quindi, è per me sia un esperimento (riuscirò a scrivere qualcosa che possa piacere?) che una sfida (la porterò a termine con soddisfazione?). Mi auguro davvero che possa strapparvi un sorriso 💖.

Passo le mie serate tra libri e fanfiction e, verso la fine di Dicembre, mi sono detta "Perché non scrivere qualcosa che mi piacerebbe leggere?" e così eccomi qui a cercare di destreggiarmi tra cliché, trope fin troppo conosciuti e personaggi che già mi sono entrati nel cuore.

Ringrazio le persone che mi supportano (e sopportano!) in ogni mio progetto. Grazie Ari, grazie Ale: senza di voi scrivere non sarebbe lo stesso. 

⚠️Piccolo avviso: premetto che sono una maniaca del perfezionismo e che quindi tutti i capitoli subiscono minimo sei/sette revisioni prima di passare tra le mani dei miei beta reader e poi arrivare a voi. Quindi, ci metterò un po' ad aggiornare.

In ogni caso, potrete trovarmi sempre su Twitter (https://twitter.com/sun_fIa_wer).

Spero che mi farete compagnia in questo viaggio e che vi piacerà leggerla come è piaciuto a me scriverla.

A presto, Death Lady

P.s. trovate la storia anche su wattpad sotto il nome di _LoveMeBlue_

 


 
   
 
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