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Autore: Eneri_Mess    19/02/2022    2 recensioni
Ango era un profondo conoscitore dello stress e poteva sentirlo a pelle tutto quello che il futuro Dirigente stava provando in quel momento. Un po’ dilettantistico e molto scenico, ma era pur sempre stress.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ango Sakaguchi, Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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COW-T 12, prima settimana, M2
Prompt: Zaffiro
Numero parole: 3453
Rating: Verde
Warning: … stupidità?




 

Chuuya entrò come un uragano nel piccolo ufficio di Ango. 

I libri tremarono sullo scaffale come se si fosse appena verificata una scossa di terremoto e la spia stessa si aggrappò al bordo della propria scrivania, portando di istinto una mano alla pistola fissata sotto il ripiano. Quando capì che si trattava solo di Nakahara, la sua espressione mutò in una estremamente seria; non ritirò però la mano dall'impugnatura dell'arma.

"È successo-"

"Voglio la contabilità dell'ultima settimana del Settore 2: compravendite, trasporti e qualsiasi altro cazzo relativo. Ora."

Ango sbatté le palpebre, disorientato. Lasciò perdere l’eventualità di doversi difendere da qualcosa e si concentrò su quella richiesta repentina. 

"Ti servono i registri delle gemme?" tradusse confuso. "Dobbiamo ancora definire la rendicontazione-"

Chuuya marciò verso la scrivania del Quattrocchi come un toro che aveva puntato il bersaglio e sbatté le mani sul legno scuro e pregiato.

"Tira fuori tutto quello che hai e-" 

Chuuya si bloccò - parve quasi strozzarsi - esitando su come chiudere la richiesta. Quell'unico attimo di incertezza fece cogliere ad Ango una verità sconvolgente: Chuuya stava sudando freddo e non poco.

"E… ?" 

Gli fece eco la spia, non sapendo più come interpretare la situazione.

"... e dammi una mano."



 

"Hai perso i due zaffiri della collezione Valeryevich che vanno all’asta dopo domani!?"

"Io non ho perso proprio un cazzo! Qualcuno li ha presi!"

"E quando dici presi intendi rubati? Qualcuno ti ha rubato due zaffiri russi a due giorni dalla vendita!?"

"Quattrocchi, ascoltami bene: se non vuoi che ti rompa naso e occhiali in un colpo solo smettila di sottolineare quello che è successo!" abbaiò Chuuya, sbattendo il pugno sulla scrivania per essere più incisivo. "Cerca in questi cazzo di libri contabili le informazioni che mi servono e piantala!"

Ango optò per il silenzio e sfogliò il faldone che aveva davanti alle pagine che potevano essere loro utili.

"Ho la bolla di trasporto, la lettera della dogana, i certificati di autenticazione… ovviamente tutto falsificato per passare i controlli."

"Allora traduci e dimmi se la merce è arrivata al deposito come prestabilito!"

"Senza che tu ti arrabbi ulteriormente, posso farti notare che se qualcuno ha rubato questi zaffiri, falsificare dei documenti già falsi rende inutile questa ricerca?"

“Che cazzo facciamo a fare ‘sti documenti se allora chiunque può fotterci sotto il nostro stesso naso!?”

Ango sospirò con pazienza, preparandosi a dire un’ovvietà scontata. 

“Non ci fottono sotto il nostro naso,” fece una smorfia di autocommiserazione per aver ripetuto quella dubbiosa e prosaica sequenza di parole, “perché ci sono agenti della Port Mafia come te o Akutagawa a incutere paura nei possibili ladri. Fidati, il novanta per cento dei furti di questi valori li evitiamo semplicemente facendo i vostri nomi. Chiunque sano di mente ci penserebbe due volte.” 

Chuuya tacque, assimilando l'informazione come un’epifania. Ango restò in attesa, ma quando capì che l'espressione del più giovane era gravata più dall'ansia che dal ragionamento, si concentrò sui documenti che aveva davanti.

"Ascolta, codificando quello che è riportato qui, c'è scritto che è andato tutto secondo il programma e la merce è arrivata a destinazione."

"Merda, merda, merda! Ma quegli zaffiri sono spariti! E io ne ero responsabile! Il Boss mi ammazzerà se non saltano fuori."

Ango chiuse il librone e fissò il giovane agente. Non aveva quasi mai a che fare con Nakahara Chuuya direttamente, ma le rare volte che succedeva - e probabilmente quella era la terza volta da quando si era infiltrato nella Port Mafia - non era mai per due chiacchiere formali o informali che fossero. Ci scappava quasi sempre almeno un morto e il bisogno di alcool a fine giornata. Non si conoscevano se non, almeno da parte di Ango, per informazioni apprese tramite Dazai o da ricerche personali. 

In quel momento, Ango aveva la bislacca sensazione di avere di fronte una sfaccettatura di Chuuya che in pochi conoscevano davvero. 

“Per il modesto parere di un membro dell’intelligence della Port Mafia con pochi-”

Falla breve, Quattrocchi.

Ango strinse le labbra, facendosi scappare un’espressione contrariata, ma andò al succo. 

“Sei più importante di quegli zaffiri agli occhi del Boss, quindi respira. E ascoltami.”

Si spinse gli occhiali sul naso, girando completamente la propria poltrona verso Chuuya. 

Uhm, Dazai aveva ragione a descriverlo come basso... 

Si schiarì la gola, cancellando il pensiero. 

“Chiunque abbia rubato gli zaffiri non sarà andato lontano e ti sei accorto in poco tempo della scomparsa, quindi il ladro non ha molto vantaggio. Sono poche le organizzazioni in grado di far uscire dal paese gioielli di tale valore senza suscitare neanche un controllo. E il prezzo per farlo sarebbe esorbitante e bisogna fare le cose con calma-”

Noi non abbiamo tempo!” sbraitò Chuuya fuori di sé, passandosi le mani sulla faccia. “Dimmi qualcosa di utile!” che equivalse a dire Dimmi qualcosa che mi tranquillizzi

Ango era un profondo conoscitore dello stress e poteva sentirlo a pelle tutto quello che il futuro Dirigente stava provando in quel momento. Un po’ dilettantistico e molto scenico, ma era pur sempre stress. 

“Di utile c’è il fatto che nessuna di quelle organizzazioni opera a Yokohama se non per concessione della Port Mafia stessa. Quindi, se è stata qualcuna di queste, lo sapremo in breve.”

Chuuya annuì più di una volta, come se ci fosse bisogno di approvare le parole della spia. 

Tuttavia, c’era qualcosa che ad Ango non tornava e si prese il mento tra le dita, cercando di portare a galla l’incongruenza che sentiva ma non afferrava.

“Che c’è ora!?” si allarmò il rosso.

“O si tratta di un ladro con tendenze suicide che non ha un vero piano, oppure è qualcuno dotato di abilità e in grado di fotterci sotto al naso anche senza bisogno di documenti per lasciare il paese…”

“Cristo” e, per una volta nella vita, Chuuya sembrò davvero intenzionato a invocare un intervento divino. “Hai appena finito di dire che eravamo in vantaggio! Non sono venuto qui per farmi dire quanto sono nella merda!”

Ango fece una smorfia.

“Non riesci a parlare in maniera più consona?”

“Mi sembra che il mio modo di parlare sia perfettamente consono a questa fottuta situazione!” lo rimbeccò il rosso praticamente a un palmo dalla faccia, dando a intendere che alla successiva sillaba storta riguardo il suo vocabolario lo avrebbe morso.

Ango alzò le mani in difesa.

“Va bene, raccontami di nuovo da capo cos’è successo, senza tralasciare dettagli, neanche quello più-”

“Sono andato a controllare la merce al caveau, le telecamere erano offline e gli zaffiri erano spariti! Fine della storia!”

La spia raccolse tutta la propria pazienza, che per loro fortuna era davvero tanta. 

“Non hai notato nulla fuori posto? Una guardia sospetta? Hai controllato il registro di ingresso e uscita?”

La bocca di Chuuya era già spalancata nell’atto di urlargli ancora contro, ma si bloccò prima di scatenare l’ennesima bufera. Abbassò lo sguardo sulla propria giacca e ci infilo le mani dentro, frugandosi nelle tasche e tirandone fuori diversi fogli accartocciati e appallottolati. Li fece cadere sulla scrivania e iniziò a distenderli.

“Che cosa sarebbero?” chiese Ango, incerto di volerlo sapere, perché un sospetto ce l’aveva.

“I documenti del caveau degli ultimi giorni, li avevo presi al volo prima di venire qui” spiegò sbrigativo Chuuya, continuando la sua opera di spianamento, controllo e poi buttando via i fogli che risultavano inutili. “Dammi una mano, ci sono i cambi guardia, le visite, i consulenti, le solite cazzate utili.”

Cazzate utili” ripeté Ango, più per il gusto di dire una cosa senza senso che per comprenderla davvero. Prese una delle palle di carta ed ebbe pietà per quel povero documento.

“Conosci tutte le guardie che prestano servizio?”

“Certo” rispose secco Chuuya. “Mi occupo del commercio delle gemme da quando sono entrato nella Port Mafia, conosco ogni figlio di puttana che è passato da lì. Tutta brava gente. Ne ho silurati solo tre in due anni.”

Un mmmh fu il commento dubbioso di Ango alla questione. Continuò a leggere righe su righe di nomi di guardie, firme nelle calligrafie più disordinate, in kanji, metà in katakana e in hiragana, la maggior parte giapponesi, ma c’erano anche diversi cinesi e coreani tra il personale, qualche filippino e notò persino dei nomi occidentali.

La scrivania tremò per l’ennesima volta e la spia sobbalzò al colpo che il rosso diede al legno, questa volta facendolo scricchiolare davvero male.

“Maledetto ladro di merda, ti ho trovato!” ululò, tenendo uno dei fogli spiegazzati tra le mani, prima di sbatterlo in faccia ad Ango, o quasi.

Riaggiustandosi gli occhiali, l’agente sotto copertura lo analizzò con occhio critico. Aveva la data del giorno prima e c’erano registrati gli accessi della sera e della notte.

“Chi dovrebbe essere?”

“L’ultimo! È chiaramente un ladro! Pensa di prendermi per il culo!” e si batté il pugno contro il palmo nel dirlo, buttando fuori l’aria in uno sbuffo e mostrando i denti come in un ringhio. “Appena capisco dov’è lo riduco a una marmellata.”

Ango fissò per un tempo molto lungo e in silenzio quel nome palesemente falso. La sua testa stava cercando un motivo che le grinze del documento non potevano spiegargli.

“Chuuya-kun” iniziò con il tono che avrebbe usato in una contrattazione, ma a cui seguì una pausa riflessiva sulle parole da usare. Abbassò il foglio e lo guardò dritto in faccia.

“Domani mattina ti riporterò gli zaffiri. Ti pregherei di non farmi domande-”

Tu sai-

“Perché non ti risponderò” finì, mantenendo la compostezza e la sicurezza del proprio ruolo, un intermediario in grado di gestire situazioni diplomaticamente esplosive.

Chuuya restò interdetto, neanche Ango lo avesse appena colpito in faccia dal nulla con uno dei suoi libri contabili. Quest’ultimo ne approfittò per piegare il foglio in quattro con le firme delle guardie e infilarselo nella tasca interna del completo. Roteò sulla propria poltrona e iniziò a sistemare il macello sulla scrivania con apparente noncuranza, anche se la sua mente stava ancora cercando di capire i motivi dietro quel furto - se di furto si poteva parlare.

“Sei serio?” chiese Chuuya a corto di insulti e minacce. Fece il giro della scrivania e tornò a guardarlo in faccia. Il riflesso nelle lenti tonde della spia restituì quello di un ragazzo che dimostrava i suoi diciassette anni, spaesato e che tentava di riaccendere la miccia dell’incazzatura senza successo. “Hai capito chi è e mi molli così!? Dimmi dove si trovano gli zaffiri! Ti ho detto che sono una mia responsabilità!”

Ango rifletté bene un attimo su cosa dire.

“Sono ancora all’interno della Port Mafia e non lasceranno né la città né il paese, puoi stare tranquillo. Devo capire il motivo, ma sono abbastanza certo ci sia una ragione plausibile dietro. Prendila per una svista.”

Tentò di suonare ragionevole alle proprie orecchie, ma se si fosse trovato nella posizione del futuro Dirigente - e col suo temperamento - non sarebbe rimasto tranquillo ad aspettare.

Per quanto avesse capito il quadro generale e fosse sicuro che non ci sarebbero stati davvero incidenti diplomatici o punizioni per Chuuya, rimaneva sempre quella esigua percentuale di probabilità che si stesse sbagliando e ci fosse in arrivo qualcosa di catastrofico. Questo gli fece aggrottare la fronte e non passò inosservato al nervosismo del rosso.

“Sei preoccupato!” lo stanò, puntandogli un dito contro. “Porca puttana, dimmi che cazzo sta succedendo o io-”

Il suo cellulare prese a squillare e quando lo prese imprecò di una bestemmia che lasciò Ango a chiedersi quanta fantasia avesse nel formularle. L’attimo successivo il futuro Dirigente era assolutamente padrone di sé e composto.

“Buongiorno, Boss. Sì. Sì. Ah… sì, certo, sono libero.”

Ango lo vide aggrottare la fronte e poi passarsi una mano sulla faccia, ma senza che il suo tono venisse influenzato dall’evidente grattacapo.

“Certamente, me ne occupo io. Sì, contatto io la Black Lizard. Grazie, Boss.”

Chuuya chiuse la chiamata e un attimo dopo imprecò una seconda volta, così sonoramente da lasciare l’eco nella piccola stanza.

“Problemi?” chiese piano Ango.

Il rosso lo inchiodò con un’occhiata, ma senza insulti. Stava pensando e l’intensità di rotazione degli ingranaggi del suo cervello era evidente.

“Senti,” iniziò, cedendo evidentemente a un compromesso, “io devo andare a pestare degli stronzi di un’organizzazione nemica che stanno facendo casino giù al porto. Nessuno sa di questa storia degli zaffiri tranne i miei uomini al caveau e te. Li rivoglio entro domani mattina come hai detto o l’intelligence avrà un posto vacante da rimpiangere, chiaro?”

“Cristallino” rispose Ango, chiedendosi ancora una volta perché avesse scelto quella vita e dovesse farsi minacciare da un adolescente.

“Sappi che domani ti farò anche sputare chi cazzo c’è dietro quel nome falso!” sbraitò un’ultima volta, prima di chiudersi la porta dello studio alle spalle e sparire, facendo tremare di nuovo l’intera stanza. Ci fu il tonfo leggero di qualche libro lasciato in equilibrio, ma in breve tornò la quiete.

Ango finalmente si lasciò andare contro la poltrona, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi le palpebre. Erano solo le dieci di mattina e lui aveva appena tenuto testa a, letteralmente, un Dio del caos e della distruzione.

Ripescò dalla tasca interna del completo il documento con quella firma scarabocchiata in caratteri occidentali. Avrebbe davvero voluto trovarsi nella posizione di ridere di quella assurdità.

“Che diavolo ti sta passando per la mente, Dazai-kun?”



 

Da quando Ango lavorava sotto copertura all’interno della Port Mafia aveva dovuto rivedere molti dei propri standard. Non gli avevano di certo dipinto l’incarico come una passeggiata legata solo al reperimento di informazioni, ma al primo regolamento di conti per cui era tornato a casa con gli schizzi di sangue sui vestiti aveva capito quale fosse la realtà in cui si era calato. Aveva iniziato a fare dell’aplomb la propria maschera in ogni occasione, tenendo per sé anche i rari momenti in cui avrebbe potuto lasciarsi andare a qualsiasi altra emozione.

Poi, una notte, Dazai Osamu e Oda Sakunosuke erano piombati nel suo ufficio e il suo scudo si era incrinato. L’ultima cosa che credeva avrebbe trovato all’interno della Port Mafia erano delle persone da chiamare amici. Non conoscenti, non lavoro, ma amici come, tristemente, non ne aveva mai avuti.

C’era sempre ad accompagnarlo un latente senso di colpa e una prematura malinconia mentre scendeva le scale del Lupin, nonostante trovarsi lì significasse avere una di quelle serate, i momenti che gli davano ossigeno per continuare la farsa.

Quella sera, tuttavia, arrivò al bancone con un sospiro che riempì tutta la sala vuota. Mentre l’oste sistemava al suo solito posto un whiskey senza neanche chiedere - probabilmente traducendo la sua disillusione e stanchezza - la spia osservò i due zaffiri che gli avevano rovinato la giornata risplendere alla luce calda dell’ambiente. Erano vicini a un bicchiere pieno e intoccato.

Di fianco, Dazai aveva la testa appoggiata alle braccia e lanciò uno sguardo, dall’unico occhio libero di bende, all’amico, dopo un sorso dal proprio drink.

“Yo, Ango. La giornata è finita?”

“Non direi proprio, Dazai-kun” sospirò di nuovo Ango, per poi indicare le due pietre preziose. “Lo sai vero che questa storia potrebbe finire molto male? Il responsabile del Settore 2 era-”

Come avrebbe potuto definire la disperazione iraconda del futuro giovane Dirigente che era piombato nel suo ufficio quella mattina?

“Era veramente angosciato dalla sparizione” concluse, trovandosi in realtà molto vicino a quell’aggettivo.

Dazai produsse solo un lamento, stiracchiandosi sul bancone ma senza muoversi, per poi buttare fuori l’aria dai polmoni con qualcosa che non era solo stanchezza, ma Ango fu incerto su come definirlo. Gli ricordò uno sceneggiato visto per sbaglio qualche tempo prima, una specie di commedia sentimentale piena di pene d’amore e non capì cosa c’entrasse.

“Quindi il microbo è venuto a cercare te per farsi aiutare” constatò Dazai, giocherellando con il ghiaccio del proprio bicchiere. “Non è così stupido allora. Pensavo avrebbe iniziato a setacciare la città come un cane a cui hanno rubato l’osso” e sorrise del proprio paragone. Ango lesse chiaramente nei suoi occhi che stava immaginando la scena.

“Perché gli hai fatto questo dispetto?” domandò, dando sfogo alla curiosità che si portava appresso da quella mattina. Si sistemò di fianco all’altro mafioso, lanciando un’occhiata alle pietre preziose e al terzo bicchiere intonso. Un’intuizione strana si fece largo nella sua mente, ma, conoscendo Dazai, attese a trarre conclusioni.

“Non stavo pensando a lui” replicò Dazai, lamentoso una seconda volta. “Mi ci sarei impegnato di più se fosse stato un dispetto contro Chuuya.”

Ango scelse di non approfondire e ringraziò di non essere (ancora) nella lista nera del Demone Prodigio. Tuttavia, mentre lo pensava si ritrovò a essere fissato da quello stesso giovane demonio e il sorso di whiskey gli bruciò la gola.

“… che c’è?” chiese titubante. Sperava di non aver pensato le ultime parole famose.

“Hai capito che ero stato io dalla firma sui registri? La Lumaca non ci sarebbe mai arrivata.”

Ango assentì, lasciandosi andare a un sorrisetto.

“Ho pensato che fosse uno scherzo proprio per quello… B. Lupin è semplice e geniale allo stesso tempo?” rifletté a voce alta, strappando una leggera risatina al mafioso. “Potevi essere stato solo tu, chiunque altro avrebbe scritto A. Lupin se avesse voluto fare uno scherzo e attribuire il crimine a un fittizio ladro gentiluomo.”

“Non mi è passato neanche per la testa” ammise Dazai con una leggerezza che la spia poteva vedergli esprimere solo durante quelle serate. “Ero annoiato ed è la prima cosa che mi è venuta in mente. Questo posto” specificò, alzando un indice e roteandolo a intendere l’ambiente. “La Lumaca non ci sarebbe arrivata da sola neanche tra un milione di anni.”

Ango scosse la testa.

“Ho promesso che gli farò riavere gli zaffiri domani mattina” spiegò, tornando serio sulla questione, ma poi aggrottando la fronte. Non aveva ancora posto la domanda fondamentale.

“Perché l’hai fatto?” ed era così semplice. “Se non era uno scherzo ai danni di Chuuya-kun, cosa te ne fai con due zaffiri la cui sparizione scatenerebbe un putiferio nella Port Mafia e una guerra con i compratori?”

Si accorse che stava di nuovo lasciando fluire i propri ragionamenti e sentì uno spiacevole brivido nel figurarsi i possibili e sanguinosi scenari. Fissò direttamente in faccia l’amico, cercando tracce di malizia, un qualche sinistro guizzo che gli dicesse che stava per succedere lo scenario peggiore.

Tuttavia, per la seconda volta, Dazai gli ricordò solo una di quelle attrici dei drama televisivi che si struggevano col pensiero del loro amato.

La sua mente fece un due più due stravagante. Fissò l’amico, spostò l’attenzione sugli zaffiri vicino al terzo bicchiere di whisky intoccato posto davanti allo sgabello vuoto a fianco al mafioso e capì.

“Dazai-kun… ti manca Odasaku?”

Il diciassettenne si lamentò di nuovo e fu più palese di un sì.

“Il lavoretto veloce che doveva fare a Osaka si è rivelato più complicato e lungo, non tornerà prima della prossima settimana. Mi annoio. È tutto noioso quando non c’è Odasaku in giro.”

Ango mandò giù un sorso di whiskey e ci soffocò una leggera risatina. Quei due erano proprio un mondo a parte per lui ed erano capaci di perdersi ore a chiacchierare delle cose più insensate, ma erano piacevoli da ascoltare. Un po’ Odasaku mancava anche a lui, ma non gli sarebbe mai passato dalla mente di rubare due pietre preziose prima di un’asta così importante.

“Cosa c’entrano gli zaffiri con Odasaku?”

Dazai lo fissò con il broncio e Ango fu preso in contropiede, cercando di capire cosa avesse detto di sbagliato. Nel mentre, il giovane mafioso recuperò entrambe le gemme, portandosele davanti al viso. Le fissò per lunghi attimi, per poi piegare le labbra in un sorriso morbido.

“Mi ricordano il colore dei suoi occhi.”

Nella propria testa e nelle azioni della propria bocca, Ango fu sul punto di replicare, ma si fermò al primo mezzo suono gutturale, ripensandoci, ma senza essere certo dei propri stessi pensieri o supposizioni. Ritirò anche la mano che era partita ad accompagnare la replica con un gesto, ma che si era persa a mezz’aria insieme a quello che avrebbe voluto dire.

Il punto era che non c’era proprio nulla di intelligente da rispondere.

Si passò la mano sulla faccia e fissò Dazai ancora perso nel rigirare gli zaffiri e coglierne i diversi bagliori, chiacchierando in maniera insensata e usando il nome di Odasaku ogni tre parole.

Ango archiviò con un altro sorso di whiskey quella serata e quel piccolo incidente interno sul furto degli zaffiri come un ricordo personale, senza mai riportare una singola nota scritta. Il giorno dopo fece recapitare la refurtiva a Nakahara e ignorò volutamente ognuna delle sue chiamate.

B. Lupin divenne uno dei tanti misteri irrisolti della Port Mafia.






Hello ~ 
Continuano le storielle del COWT e i miei esperimenti... su Chuuya e Ango XD 
Sono a un passo così dal decidermi a dedicare loro una shot romanticosa, intanto però mi diverto con questi intermezzi da commedia, sempre con sottofondo la Odazai. 
Spero si sia capito che B. Lupin sta per Bar Lupin, nome reale del locale che si trova a Ginza, Tokyo *love* 
Riguardo alle gemme, secondo Stormbringer davvero Chuuya se ne è occupato come business nella Port Mafia ~

Mi trovate su instagram: @nolongerflawless.fanfic !
Alla prossima!
Nene

 
   
 
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