Brividi
“A
volte non so esprimermi
E ti vorrei amare, ma sbaglio sempre
E ti vorrei rubare un cielo di perle.”
thanks for all the fangirling su questi due,
lo spaccio di fanart e tutte le chiacchiere.
C’era
sangue, sulle bende.
Una chiazza
sempre più scura, sempre più ampia, e gli occhi
di Kaz non riuscivano a staccarsi da lì. La ferita si
allargava sulla pelle
ambrata di Inej, divorandola, eppure era la propria che Kaz sentiva
percorsa
da brividi. Per quello che tutto quel sangue rappresentava, per la
troppa
vicinanza, per la piega dolce dei suoi occhi che lo fissavano
attraverso lo
specchio e sentiva chiaramente su di sé. Ed era un brivido
strano, che univa
terrore e inquietudine, aspettativa e tensione.
C’era
sangue, sulle bende. Andavano cambiate, le bende.
Kaz
sollevò lentamente lo sguardo, lo spostò sulle
mani di
Inej, che già tentavano di scogliere i nodi stretti della
fasciatura, e poi
sulle proprie. Ingoiò a vuoto, raschiando sul fondo di quel
che gli rimaneva
d’anima alla ricerca delle parole – anche una sola,
quella giusta –, alla
ricerca di un qualcosa che le facesse capire che…
Ma non sapeva
dirle, certe cose, non a lei, non ad altri,
talvolta nemmeno a se stresso. Erano pensieri che lo prendevano e
afferravano e
che lui cercava di fuggire prima che potessero finire di essere
espressi,
divenendo reali e lasciandolo nudo.
C’era
sangue, sulle bende. Andavano cambiate, le bende. Non
portava i guanti, lui.
Inej si mosse,
chiedendogli di andarle a chiamare Nina perché
l’aiutasse di nuovo. Kaz scosse la testa, contrasse
più volte le lunghe dita
bianchissime – provò a scacciare i brividi
– e si avvicinò lentamente, come se
non volesse fare rumore. Respirò una, due, tre volte,
inspirò ed espirò.
Non disse niente
– come sempre –, ma per una volta provò
a
farlo capire, a farsi capire in punta di dita. Che avrebbe rubato, per
lei –
quadri, gioielli, la sua libertà –, che avrebbe
potuto provare a ricostruirsi,
per lei – pezzo dopo pezzo, un po’ di anima e cuore
per volta –, che la…
Kaz
allungò alla fine la mano, afferrò le bende,
trattenne il
respiro.
E allora il
mondo smise di essere
parola e si fece pelle.
Note
alla storia: queste tre
poco-più-che-drabble sono una cosina ina ina,
che il mondo sicuramente non sentiva il bisogno di leggere
perché questa scena
l’ha già scritta la Bardugo e molto meglio di me.
Ma ho pensato a “Brividi”
di
Mahmood e Blanco, ho pensato a loro due, ho pensato a Legar che mi
spaccia (e a
cui spaccio) fanart Kanej un giorno sì e l’altro
pure perché di qualcosa
dobbiamo pur vivere, e si incastravano con questa scena e qualche
riflessione
su cui ragionavo da tempo (leggasi: volevo scriverti un regalo di
Natale,
Caposcuola Serpeverde, ma la sessione mi aveva preso tutto il tempo,
quindi ho
deciso che mi impegnavo a finire per oggi. La sessione
è sempre qui ad
alitarmi sul collo, ma ho concluso, forse. Spero tanto che questo
pensierino
ino ino ti possa piacere 💚).
La
citazione finale è presa da “La memoria di
Babel” di C. Dabos (e io quella
saga non l’ho nemmeno del tutto apprezzata, alla fin fine, ma
questa frase mi
piace troppo e ho deciso che la userò per tutte le mie
coppie preferite, dopo
che la Signora Autrice l’ha sprecata per la mia notp, quindi
scusatemi se me la
vedrete infilare ovunque).
Non so
nemmeno che pasticcio io abbia fatto con le caratterizzazioni, non
voletemene,
a mia discolpa possiamo dire che loro sono bellissimi, e
complicatissimi, e io
incapace, oltre che con una paura matta di questo fandom, ma in qualche
modo
bisogna lanciarsi anche senza un paracadute, o Legar si chiede che
Grifondoro
di bassa lega io sia.
Quindi
ecco qui, ora io vado a nascondermi.