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Autore: elenabastet    23/02/2022    2 recensioni
Cosa sarebbe successo se, dopo la dichiarazione di André, Oscar si fosse comunque avvicinata a lui. In pratica, è la mia storia Conforto dal punto di vista di André.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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PROTEZIONE

 

Rating: what if, amore, malinconia, passione, OOC

Fandom: Lady Oscar.

Note: Cosa sarebbe successo se, dopo la dichiarazione di André, Oscar si fosse comunque avvicinata a lui. In pratica, è la mia storia Conforto dal punto di vista di André.

 

Ci sono momenti della vita che restano impressi nella mente per sempre: ero un bimbetto di nemmeno sei anni quando vidi per la prima volta la persona che ancora oggi amo più di ogni altra e della mia stessa vita. La mia mamma se ne era andata con la bimba che portava in grembo, il mio papà era morto di crepacuore e malattia, e io ero andato a vivere dalla nonna, la governante a casa dei conti dei Jarjayes, perché era l’unica persona che avevo al mondo. Lì mi dissero che dovevo fare compagnia e giocare con il figlio del signor conte e generale e che dovevo essere un modello per lui, per un ragazzino nobile. Già, ma poi mia nonna mi svelò l’arcano, mi disse che in realtà il figlio era una figlia, una bambina.

Non avevo esperienza di bambine, al villaggio giocavo con gli altri maschietti, a calciare oggetti tondi con qualcuno che diceva che un giorno sarebbe diventato di moda e altri che sostenevano invece che era un gioco troppo stupido. Le altre figlie dell’augusto signor de Jarjayes erano smorfiose e svenevoli, mi ricordo come si girarono dall’altra parte vedendomi arrivare. Lei, la mia Oscar da allora, invece la adorai subito, quella peperina dai capelli biondi, vivacissima, a tratti pestifera, un maschiaccio dalla bellezza da mozzarti il fiato, per cui provai subito un trasporto a cui non seppe dare il nome ma che lei ricambiava, perché non andò più da nessuna parte se io non ero con lei.

Poco dopo il mio arrivo, Oscar mi portò a fare un giro fino ad un laghetto non lontano dal palazzo: al centro dello specchio d’acqua planarono due cigni e lei si buttò in acqua per andarli a vedere da vicino. Io la seguii, togliendomi tutto quello che potevo, nell’ingenuità dell’infanzia. Il fondo del lago era infido, melmoso e scivoloso, e ad un tratto iniziammo ad annaspare: con un guizzo di coraggio la afferrai e la trascinai lontano, verso la riva, e quando ci arrivammo giurai a me stesso che l’avrei sempre protetta, ad ogni costo.

Ancora non sapevo cosa voleva dire questo. Da bambini, negli anni successivi, ci buttavamo le braccia al collo, ci davamo bacetti sul volto, stavamo abbracciati per ore durante i temporali, e a volte rimpiango quell’innocenza e quella tenerezza. Ad un tratto cominciarono ad ostacolarci in queste manifestazioni, e una sera il padrone mi fece dare delle cinghiate sulla schiena da un suo valletto, per ricordarmi che dovevo mantenere le distanze, dicendomi che l’avrebbe fatto di nuovo se mi avesse visto fare qualcosa del genere e che avrebbe punito anche Oscar di più di quello che la puniva già. Non potevo accettare questo, visto il mio desiderio di proteggerla, stavo male tutte le volte che il padre le tirava un manrovescio perché non era il figlio perfetto che lui voleva: Oscar era bravissima, agile, coraggiosa e indomita, ma ogni tanto era ribelle, e per questo le volevo bene ancora di più.

All’epoca, mi spiegai questo comportamento per la differente classe sociale che c’era tra di noi, che mia nonna mi ricordava sempre ma che per Oscar non era mai stato un problema. Poi il risveglio del mio corpo vicino al suo mi fece capire che c’era dell’altro, e che quello che provavo per lei non era solo affezione, amicizia, dedizione, protezione, ma anche amore, amore fatto di desiderio.

Proteggerla e starle accanto fu per me inevitabile, perché ero il suo confidente, la persona che lei voleva che le stesse più vicino, quello da cui andò a piangere perché sanguinava e suo padre si era arrabbiato e non mi disse però come e da dove sanguinava e io lo scoprii poi, quello che picchiò perché doveva accettare un ruolo imposto da altri, quello che mille volte la salvò da brutte situazioni.

Voleva essere un uomo, Oscar, ma non poteva esserlo, anche se comunque credo che le donne dovrebbero avere molto più spazio nella nostra società, le donne come lei, leale, coraggiosa, compassionevole, altruista, con un profondo senso di giustizia. Noi uomini non siamo questo granché, e non solo per quei desideri bestiali che ogni tanto ci prendono.

Le impedii di affrontare quell’assassino del duca di Germaine per strada dopo l’omicidio del piccolo Pierre, una cosa che mi distrusse il cuore, ma che sconvolse ancora di più Oscar, le stetti vicino quando lo affrontò in duello, la feci ragionare di fronte alle ingiustizie, la appoggiai quando adottò la piccola Rosalie, dimostrando tutto l’amore immenso che aveva dentro di sé e la necessità di donarlo a qualcuno.

Purtroppo, pur essendo legatissimi, in simbiosi praticamente, Oscar si infatuò del conte di Fersen, l’amante della nostra regina, forse amava il romanticismo che vedeva in quell’amore impossibile, anzi è molto probabile, e a quel punto si allontanò da me. La vidi soffrire per mesi, per anni, illudendosi per qualcuno che si era stupito quando aveva scoperto che era una donna, come se non fosse visibile. E quando lui, dopo anni di lontananza durante i quali avevamo ricostruito in parte il nostro rapporto di quando eravamo adolescenti, tranne che per un aspetto, l’unico mai stato tra di noi, tornò, lei fece una pazzia.

Era bellissima quando si vestì da donna per Fersen, ma fu respinta, una volta al ballo e poi quando lui la venne a cercarla a casa per chiarire la figuraccia che aveva fatto con Oscar, e io soffrii per lei e con lei, dopo che avevo perso un occhio per salvarla da dove era tenuta prigioniera. So che Oscar si sentiva responsabile di questo, e che ci soffriva molto e so che si sente ancora responsabile oggi.

Il suo cuore spezzato la portò a prendere la decisione di lasciare la Guardia reale, per non dover più incontrare Fersen tutti i momenti e di soffocare i suoi sentimenti vivendo come un uomo. Come se noi uomini non soffrissimo, non fossimo deboli e fragili, non avessimo bisogno di conforto e affetto. Fuggire non è una soluzione, ma io da un lato capivo anche la sua voglia di cambiare ambiente.

Quando però mi comunicò che non voleva più che io mi occupassi di lei perché lei voleva vivere come un uomo e non appoggiarsi più a me, non ci vidi più, l’idea che continuasse a farsi del male portò me a farle del male. Certo, lei mi picchiò perché non le era piaciuta la frase Bianca e rossa che sia una rosa è sempre una rosa, una rosa non sarà mai un lillà. Cercava uno scontro fisico tipo quello che avevamo da ragazzi, tipo quello di quel giorno ormai lontano quando ci prendemmo a cazzotti sulla riva del lago, o meglio, quando io mi presi tanti cazzotti, perché lei voleva sfogare la sua rabbia per quello che le stavano imponendo.

Per anni l’avevo protetta e avevo vissuto nel terrore che qualche uomo, fuori dall’ambiente delle Guardie reali o anche qualche libertino di corte, le facesse del male. La sera della rissa alla taverna fui sollevato che non si fossero accorti che era una donna perché non so cosa le avrebbero fatto, o meglio lo sapevo troppo bene, e non fu l’unica volta in cui ebbi paura di questo per Oscar. Eppure, fui io a aggredirla, a mostrarle che abissi di desiderio folle e scellerato può avere un uomo, io, la persona a cui lei voleva più bene al mondo. Sento ancora oggi orrore per cosa le feci e per come mi sentii prima di rinsavire di fronte alle sue lacrime, alla sua paura, alla sua umiliazione, che mi impedirono di scendere ancora di più nell’abisso.

A differenza di lei, che era pura, io avevo ceduto agli impulsi della mia lussuria, con alcune donne, e non erano tutte ragazze di vita. Quelle esperienze mi furono utili per capire come bloccarla e impormi a lei, facendomi stare poi male, ma in quel momento provocandomi un’euforia e un’eccitazione vergognose. Le confessai il mio amore quasi per giustificarmi, e credetti di aver rovinato tutto il nostro rapporto, un rapporto simbiotico e di totale affidamento l’uno all’altra, dove mancava un’unica cosa, quella cosa che avevo cercato in quelle altre donne, trovando il soddisfacimento di un bisogno fisico pari ad altri, ma niente di più e mi spiace per loro.

I giorni successivi fu freddissima con me e avrebbe potuto distruggermi, perché, anche se non l’avevo oltraggiata in maniera definitiva, quello che le aveva fatto, quel bacio forzato e lussurioso, quell’abbraccio da folle e l’averla spogliata di forza era comunque imperdonabile e criminale. Lei mi disse che voleva dimenticare tutto e percepii la sua sofferenza, l’avevo tradita e calpestata. Ma non potei fare altro che arruolarmi nei Soldati della Guardia e quando lei arrivò in caserma mi vide lì.

Si arrabbiò, mi convocò in ufficio e io le tenni testa, e alla fine non mi mandò via, e mi sembrò davvero che sotto sotto fosse contenta di vedermi in mezzo a quell’ambiente ostile. Lei avrebbe potuto cacciarmi via, farmi sospendere o farmi trasferire da un’altra parte, ma non lo fece.

Il sapere che suo padre voleva farla sposare con Girodel mi distrusse e mi presi le botte di un branco di balordi che erano arruolati tra i soldati, che mi avevano odiato fin da subito, così come odiavano lei. Alain arrivò in tempo perché non mi ammazzassero e poi giunse lei, e la sentii vicina, percependo il suo dolore per quello che mi era successo, come non mi meritassi di peggio dopo quello che le avevo fatto. Ero mezzo svenuto, ma sentii che era con me in infermeria mentre mi medicavano. Capii che stava male per me, e avrei voluto cancellare quella sera maledetta.

Qualche giorno dopo ci trovammo entrambi a casa in licenza, Oscar non parlava dei progetti matrimoniali di suo padre, mi disse soltanto: “Non credo che mi sposerò tanto presto”, ma di fretta. Poi mi stupì, convocandomi in camera sua, anche perché soffrivo a rivedere quelle mura in cui avevo compiuto quel gesto irreparabile e vergognoso. Lì mi ero trasformato in un essere ignobile, lì ero caduto negli inferi e non potevo perdonarmi per questo, anche se Oscar faceva finta di niente.

Non avevo il coraggio di guardarla in volto quando entrai lì, a capo chino, eppure percepii il suo disagio, ma lì per lì pensai perché anche lei pensava a quei momenti orrendi.

Lei mi disse tutto d’un fiato:

“André, mi spiace tanto per quello che ti è accaduto in caserma. Ma mi spiace tanto anche per cosa ti è successo in questi mesi, hai perso l’occhio e poi tutto il resto. E mi spiace che tu soffra per colpa mia”.

Mi sentii venire meno, e il mio cuore vacillò tra gioia e dolore. Per cui, non potei fare a meno di risponderle:

“Ma cosa dici? Occuparmi di te per me è gioia, è felicità, l’amore per me è questo”.

Alzai lo sguardo, e come era bella. Mi si avvicinò con la stessa naturalezza di quando eravamo bambini, avrei voluto allontanarmi dopo il male che le avevo fatto, ma avevo così tanta voglia di averla vicino che non mi mossi. Avevo giurato di non toccarla mai più, dopo il male che le avevo fatto, ma non avevo previsto che lei volesse toccare me. Mi abbracciò, con l’innocenza di quando eravamo bambini, prima che ci facessero capire, soprattutto a me, che non dovevamo essere troppo intimi, e io sentii il cuore che rallentava mentre lei mi stringeva. Non eravamo più bambini e l’amore che provavo per lei, che comprendeva anche il desiderio fisico, mi sovrastava e mi impediva di ragionare. Quando Oscar mi accarezzò il volto, proprio dove mi aveva picchiato perché le avevo detto quella frase sulla rosa e sul lillà sentii che stavo per perdere tutto il mio controllo, come quella sera, e no, non doveva succedere niente. Ma lei non si limitò a quella carezza, sofferta, commossa, mi mise anche le mani sul petto, dove mi aveva afferrato per scuotermi e mise il suo volto contro di me. Dovetti parlare:

“Oscar, ho giurato che non ti toccherò mai più, ma tu mi stai tentando. Tu non sai cosa potrei farti, purtroppo sono fatto di carne, sangue e desideri, il mio amore per te non è casto e potrei offenderti e farti del male”.

Oscar mi sussurrò:

“André, io… tu soffri tanto e io sto da cani per questo. Tu non mi faresti mai del male, qualunque cosa tu voglia farmi non è un problema.”

Non mi disse che mi amava, non quella sera, ma mi guardò con affetto, dolcezza, riconoscenza, commozione, e anche questo è amore. Del resto, ho sempre saputo quanto Oscar tenesse a me. Non potei fare altro che abbracciarla e baciarla, anche se venivo meno al mio giuramento, ma del resto era vincolato al fatto che lei non doveva volerlo, e quello che aveva fatto mi aveva fatto capire che aveva bisogno di cercare conforto in me. Certo, mi sentii ignobile all’inizio, ma poi quando la sentii rispondere al mio bacio, aprire la sua bocca e non avere più la reazione di rifiuto dell’altra volta mi tranquilizzai.

Ci baciammo a lungo, con dolcezza e passione, e quello fu il primo nostro bacio vero. Cademmo come quell’altra sera sul letto, e lei non minacciò di chiamare aiuto, ma si abbandonò ai miei abbracci e baci, mentre io stavo perdendo ogni inibizione, e come l’altra volta il mio corpo stava reagendo. Oscar se ne accorse ma non ne fu impaurita e io mi sentii quasi felice, ma ad un certo punto dovetti dirle:

“Ti prego, se vuoi che mi fermi dimmelo”.

Oscar stette zitta, chiuse gli occhi, ma non perché aveva paura o vergogna di me, o perché era imbarazzata, ma perché voleva godersi le mie attenzioni. In un attimo pensai a quanta durezza aveva conosciuto in casa, la madre e le sorelle la ignoravano, il padre lasciamo perdere, mia nonna avrebbe voluto coccolarla ma non osava e io avevo desiderato farlo e non avevo potuto per anni. Ora lo stavo facendo ed ero pronto a darle tutto quello che le era stato negato per anni.

Timidamente, le cominciai ad aprire la camicia e lei rimase immobile, ma non con il terrore dell’altra volta, ma con dolcezza e voglia di abbandonarsi a me. Però mi accarezzò il petto quasi ad invitarmi a spogliarmi anch’io.

Non potevo togliermi tutto, lo volevo ma ero terrorizzato al pensiero di non riuscire a fermarmi, ma misi il mio petto vicino al suo, le nostre pelli una contro l’altra, perché capii che la cosa le piaceva, perché era un modo per darci conforto e diventare tutt’uno. La guardai, calma, con gli occhi chiusi, simile ad un gattino che attende le coccole e la accontentai, mostrandole amore e adorazione, coprendola di baci, arrivando finalmente ai suoi seni, che quella volta mi avevano bloccato, come simbolo della sua fragilità.

Versailles non era il luogo più casto del mondo, giravano tra le altre cose pettegolezzi e volgarità, impossibile che Oscar non li avesse mai sentiti, ma quello che le stavo facendo non era lascivo, non era degradante, non era sbagliato. Oscar sospirava profondamente, gemendo ogni tanto, e capivo che le stava piacendo quello che le facevo. Non pianse, non mi respinse, avevamo vissuto insieme tante di quelle cose e questa era solo una cosa in più, anche se con un significato enorme. Volevo darle conforto e tenerezza, ma anche mostrarle cosa erano l’amore, la passione e il desiderio, qualunque cosa lei provasse per me andava bene.

Si lasciò spogliare del tutto mentre la baciavo e vidi che era agitata, anche eccitata, senz’altro imbarazzata, voleva stare calma ma poi partecipò e rispose a quello che le facevo, eravamo i due bambini uniti da sempre che erano cresciuti e si erano ritrovati insieme a fare questo.

Si abbandonò ai miei baci e alle mie carezze, anche quelli più spudorati ed audaci, mentre io continuavo a volere che lei provasse piacere, stesse bene con me, perché amarla e volerle bene voleva dire anche questo. Le nostre mani si intrecciarono, la mia bocca la assaggiò e assaporò, le mie braccia la cullarono.

Ero felice, anche se mi vergognavo, e lei mi sorrise timidamente, mentre le dicevo:

“Altro che fredda e insensibile...”

Persi a quel punto la testa, mentre lei mi abbracciava e accarezzava, sapendo cosa le sarebbe successo e cosa le avrei fatto, ma accettandolo.

Le sussurrai:

“Non voglio farti del male”, e lei non si ritrasse.

Mi tolsi le brache e lei vide quando la volevo, del resto io vedevo ancora il suo desiderio e il suo piacere, che avevo svelato e suscitato con la bocca e le dita. Fui dolce, ma l’istinto e il desiderio di farla mia per sempre mi portarono in lei, mentre le chiedevo di perdonarmi. La sentii irrigidirsi e gemere, ma durò poco, poi mi assecondò mentre la sommergevo con il mio ardore e alla fine ci ritrovammo abbracciati ed uniti. In fondo, le altre donne che avevo avuto mi avevano insegnato qualcosa, ma con lei fu diverso, fu pura estasi, fu visitare il paradiso insieme.

“Se non vuoi, non succederà più e me ne andrò”. Dovetti dirglielo, anche se il solo pensiero mi dava dolore, perché quello che avevamo condiviso era unico e io non ero mai stato così felice. Per tutta risposta, Oscar si strinse a me mentre si addormentava, e io capii che il suo era amore, anche se non lo aveva forse ancora capito e non voleva ammetterlo.

Il giorno dopo tornammo all’apparenza ai nostri ruoli di comandante e soldato, ma continuammo a passare le ore che potevamo insieme, a confortarci e ad amarci: la nostra seconda sera lei mi accarezzò la mano in sala da pranzo, per farmi capire che voleva che stessi con lei, e le cose andarono meglio di notte in notte, ormai eravamo diventati un’unica cosa, senza più paure e timori.

Oscar era cambiata, certo era sempre la donna coraggiosa e tosta di cui mi ero innamorato, ma ora qualcosa ci univa davvero, qualcosa davanti al quale lei non arretrava. La feci mia a casa durante la licenza e poi in caserma, e nessuno dei due poteva dimenticare durante il giorno cosa succedeva.

Finché Oscar non me lo disse, dopo qualche giorno e notte, quando entrai nel suo alloggio in caserma, come sempre adorabilmente brusca:

“Anch’io ti amo con tutto il cuore… e da tanto credo, da prima che consumassimo.”

“L’ho sempre saputo e questo ci unisce per sempre”, le risposi io, e quella fu la nostra prima vera notte da amanti, dove fu lei anche a coccolare me, a cullarmi, a stringermi per prima. Come se non l’avessi capito da tempo.

Del resto, certe cose era davvero destino che accadessero. Dopo ogni volta che ci diamo l’uno all’altra, parliamo di cosa succede, dei tumulti, delle nuove proposte di leggi, dei soldati miei compagni e che lei comanda, delle tante persone che abbiamo conosciuto. E questa è la fine e l’inizio di tutto, nelle nostre vite legate da sempre.

In fondo, è sempre un modo per proteggerla, ancora più totale perché adesso davvero non la lascio mai più da sola.

 

  
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