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Autore: sissi149    01/03/2022    3 recensioni
Regno Unito, 1852
Palazzo Price, nella campagna londinese, brillava al massimo del suo splendore, con tutti gli argenti tirati a lucido, gli specchi al massimo della brillantezza ed i lampadari con tutte le candele accese. L’annuale ballo in maschera organizzato dai Conti ospitava tutta la nobiltà della regione e molta proveniente da più lontano, senza dimenticare che in passato aveva presenziato anche la Famiglia Reale al completo.
Il salone era già gremito di invitati ed ancora carrozze arrivavano sul viale d’accesso illuminato da una fila di fiaccole.
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Siete tutti invitati all'evento più esclusivo della stagione di Carnevale
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Regno Unito, 1852
 
Palazzo Price, nella campagna londinese, brillava al massimo del suo splendore, con tutti gli argenti tirati a lucido, gli specchi al massimo della brillantezza ed i lampadari con tutte le candele accese. L’annuale ballo in maschera organizzato dai Conti ospitava tutta la nobiltà della regione e molta proveniente da più lontano, senza dimenticare che in passato aveva presenziato anche la Famiglia Reale al completo.
Il salone era già gremito di invitati ed ancora carrozze arrivavano sul viale d’accesso illuminato da una fila di fiaccole.
I Conti di Wilton accoglievano gli invitati con un sorriso particolarmente radioso: tutti  e quattro i loro figli erano presenti, evento assai raro. I due maggiori erano ormai sposati da diversi anni ed avevano dei bambini che dormivano placidamente nella nursery al piano superiore, sorvegliati a vista da Nanny Hildegard, la bambinaia tedesca che aveva cresciuto anche i gemelli. L’unica figlia era appena rientrata dal tour matrimoniale, dopo le nozze estive con Edward Warner, Conte di Norfolk.
Il figlio ancora scapolo era Benjamin ed era uno dei pari più ambiti di tutto il regno: nei salotti e nei palazzi della buona società il suo nome correva di bocca in bocca tra le fanciulle e le madri in cerca di un buon partito per le figlie a velocità inferiore solo a quello di Julian Ross, Duca di Gloucester e appartenente allo stesso casato della famiglia reale.
“Dì un po’ Benji, a quante fanciulle hai intenzione di spezzare il cuore stasera?”
“Sei il solito idiota Paul!” Price diede una gomitata all’amico d’infanzia, non apprezzando il genere di ironia.
“Non si può nemmeno scherzare con un vecchio amico?”
“Sai benissimo che non è un argomento di mio gradimento. Che ne diresti se cominciassi io a discutere delle tue conquiste?”
Il Visconte impallidì visibilmente sotto la maschera nera.
“Non oserai…”
Benji scosse la testa.
“No, perché ho rispetto per te.”
“Buonasera, signori!”
Il Marchese di Bristol si era avvicinato, elegante come sempre, con un mantello corto sulle spalle e una maschera verde scuro abbinata.
“Tom! – lo accolse calorosamente Price – Sei venuto a festeggiare per l’ultima volta prima di espatriare?”
“Volevate che partissi senza salutare e che mi perdessi l’evento principale della stagione invernale?”
“Mia madre non te l’avrebbe mai perdonato!”
“E nemmeno noi! – Rincarò la dose il Visconte Diamond – Avremmo pensato che ora che stai per entrare ufficialmente nella linea di successione della corona svedese, hai deciso di snobbarci.”
Benji tirò uno scappellotto scherzoso all’amico.
“Paul, nessuno ti ha insegnato le buone maniere? Non si parla così ad un ospite.”
Il Marchese scoppiò a ridere.
“Questi momenti con voi mi mancheranno più di quanto immaginate.”
“Beh, le porte di Palazzo Price saranno sempre aperte per te e la tua futura moglie. Tuttavia credo che sarai molto felice anche solo con lei.”
Tom strinse con riconoscenza la mano che il Conte gli porgeva.
“Sei un vero amico Benji! Vorrei che tutti fossero così entusiasti come voi per questo matrimonio.” Sospirò, scuotendo la testa.
Paul si passò una mano nei capelli:
“Oliver non ha ancora accettato la faccenda? Buon Dio, Tom, vai in Svezia, non ti mandano in qualche avamposto nelle colonie o giù in Australia!”
Il Marchese si strinse nelle spalle, impotente di fronte alla cocciutaggine dell’amico che aveva immaginato che avrebbero passato la vita a poche miglia di distanza ad amministrare i possedimenti delle rispettive famiglie. Per molto tempo aveva pensato anche lui che le cose sarebbero andate in quel modo, ma il viaggio dell’anno precedente in Svezia aveva cambiato tutto, scompigliando la trama di un canovaccio che sembrava essere intessuto da anni.
Si riscosse dai suoi pensieri in tempo per sentire la coda dell’ennesima ammonizione che Price stava rivolgendo a Paul per il suo modo poco elegante di esprimersi.
“Dico davvero, sembri cresciuto in una fattoria.”
“Non tutti siamo stati cresciuti ed educati dalla rigidità di Herr Schneider!”
Il Conte scosse la testa disperato.
“Benji, sai se il Duca è già arrivato?” Domandò Tom.
“Sì, è laggiù. Non vorrai…”
“Non voglio lasciare questioni in sospeso prima della mia partenza. Con permesso.”
Il Marchese si allontanò.
“Invece di preoccuparti del mio modo di parlare – commentò il Visconte – dovresti fare attenzione a che quei due non mettano in piedi una scenata durante la festa. A tua madre prenderebbe un colpo.”
“Paul!”
Esasperato, Benji lasciò l’amico per raggiungere altri ospiti.
“Dovete aver detto qualcosa di veramente inopportuno per farlo allontanare a questa maniera.”
Al suono di quella voce, Diamond si girò di scatto:
“Sir Crocker! Hanno invitato proprio tutti quest’anno.” Commentò con tono sprezzante.
“Così parrebbe, Visconte. – rispose in tono pacato il Cavaliere – Immagino che la cosa vi dia parecchio fastidio.”
“Finché vengono rispettate le gerarchie a tavola, non posso contestare le scelte dei Conti.”
“Le vostre posizioni sono note in tutta la corte britannica, dubito che i Price vi faranno questo sgarbo. Se ora volete scusarmi, raggiungo qualcuno del mio livello sociale e termino di importunarvi.” Con un inchino Crocker si congedò.
“Non finisce qui: vi farò passare la voglia di rivolgervi così impunemente a chi è più in alto di voi.” Gli sibilò alle spalle Paul, con tono tale da non essere udito da altri tranne che dal diretto interessato.
Incrociò le braccia al petto e lo osservò allontanarsi accigliato.
 
 
Tom attraversò il salone con passo deciso, pronto a sostenere il confronto che aveva rimandato per mesi.
“Duca di Gloucester.” Si inchinò di fronte all’uomo.
“Marchese di Bristol.”
Tom non seppe come fosse stata accolta la sua iniziativa: se di norma era difficile interpretare le espressioni di Julian, con la maschera bianca che gli celava buona parte del volto era ancora più imperscrutabile.
“Duca, non vorrei che ci lasciassimo in cattivi rapporti. So di avervi fatto un torto, ma a mia discolpa posso solo dire che nulla di ciò che è accaduto in Svezia era stato pianificato.”
Il Duca voltò la testa di lato.
“In Svezia avresti dovuto essere la mia spalla – la sua voce era gelida – invece mi hai pugnalato alle spalle.”
Tom chinò il capo, sapeva di essere colpevole, aveva anche cercato di impedire che tutto  accadesse, ma una volta messi in moto gli ingranaggi, la situazione era precipitata velocemente.
“Non avrei mai voluto, sapevo quale fosse il mio posto, sapevo che la Principessa Elisabeth era destinata a voi. L’attrazione tra noi è stata più forte di ogni cosa.”
Julian sospirò, distendendo le spalle dalla posizione rigida che aveva tenuto fino a quel momento.
“Non nego di averti odiato: ero andato in Svezia per corteggiare la Principessa ed ottenere un’importante alleanza politica. Quando lei ha scelto te, mi sono sentito tradito e defraudato di un mio diritto. Poi ho capito che il sentimento che vi lega è più forte di qualsiasi progetto politico. Non capita spesso ad uomini nella nostra posizione di poter sposare la donna di cui sono innamorati, tu hai trovato qualcosa che difficilmente a me sarà concesso, non è giusto che te lo porti via per puro puntiglio.”
Gli occhi di Tom si spalancarono nonostante la maschera.
“State dicendo che non siete più in collera?”
“Per favore Tom, abbandona queste formalità che non ci sono mai state tra noi: condivido anch’io il tuo desiderio di separarci da amici. Non avrei convinto il Re che questo matrimonio fornisce in ogni caso una solida alleanza tra le due corone, se così non fosse stato.”
Il Marchese era commosso, si era chiesto spesso chi avesse convinto il Re a desistere dalle continue ingerenze con i sovrani svedesi per persuaderli che il suo piano matrimoniale originario fosse migliore per la loro figlia, che avrebbero potuto avere di meglio di un Marchese.
“Julian, ti ringrazio per il tuo sostegno, vuol dire molto per me. E ti assicuro che troverò il modo di sdebitarmi.”
Il Duca appoggiò le mani sulle braccia dell’amico.
“Sii solo felice con la Principessa Elisabeth, non chiedo altro.”
Tom sorrise con calore.
“Sono certo che troverai la donna giusta anche tu e sarai felice quanto lo sono io.”
“Forse…” Il Tono di Julian sembrava rassegnato.
Becker avrebbe voluto continuare il discorso con più calma, ma l’arrivo del Marchese di Queensberry con la moglie glielo impedì.
“Cosa sono queste espressioni da discorsi seri? Miei Lord, siamo ad una festa, dobbiamo divertirci!”
“E tu sai benissimo come fare, vero Philip?” Tom accolse a braccia aperte l’amico, seguito dal Duca.
“Vedo che non rinunci mai a mostrare fieramente le tue origini! – disse alludendo al kilt a quadri blu e verdi indossato dal Marchese – Lady Jenny, siete incantevole come sempre.”
La Marchesa di Queensberry portava un ampio abito blu scuro, con decorazioni dorate, che le lasciava le spalle scoperte, secondo l’ultima moda. Completavano il tutto i guanti candidi e la maschera ricamata intonata al vestito.
“E voi siete un perfetto cavaliere, Lord Ross.” Rispose la donna, accettando con piacere il baciamano che Julian le aveva offerto in risposta alla sua riverenza.
“I Price si sono superati quest’anno.” Commentò Philip, guardandosi attorno.
“Noto forse una punta di gelosia, Lord Callaghan?” Chiese Becker con l’intento di stuzzicare lo scozzese.
“Niente affatto. Nessuna festa potrà mai superare il Ballo d’inverno di due anni fa a Inverness!”
Il Duca si accodò alla bonaria presa in giro, battendosi un indice sul mento:
“Fammi pensare…. Ti riferisci al ballo in cui siamo rimasti bloccati per cinque giorni nel castello a causa della neve?”
“Quello in cui l’unico modo per riuscire a spostarsi era con un paio di sci?” Rincarò Tom.
Il Marchese di Queensberry incrociò le braccia con un piccolo grugnito:
“Siete solo dei cittadini viziati!”
Jenny si appoggiò al suo braccio, inclinando leggermente la testa.
“Oh, caro, non te la prendere. La Scozia è meravigliosa… quando non nevica.”
“Pure tu mi abbandoni sul campo di battaglia?”
Philip voleva mantenere il tono sostenuto, ma gli bastò guardare negli occhi la moglie per sciogliersi in una piccola risata insieme al resto della compagnia. Tuttavia non rinunciò a una piccola stoccata finale:
“Caro Marchese di Bristol, temo proprio che nella tua residenza futura dovrai abituarti alla neve.”
 
 
Benjamin aveva raggiunto il fratello maggiore George, che gli stava presentando il maestro che avrebbe diretto l’orchestra durante il ballo.
“Questo è il Maestro Mark Lenders. Siamo riusciti a distoglierlo dalle prove per La Lucia di Lammermoor del mese prossimo al Covent Garden.”
“È un piacere avervi qui, Maestro Lenders. La vostra presenza rende ancora più prestigioso il nostro ballo.” Benji aveva sentito dire che il maestro stesse acquisendo una discreta fama e fosse richiesto dai maggiori teatri esteri, addirittura La Scala di Milano gli aveva proposto la direzione di un’opera inedita.
Il direttore d’orchestra fece un inchino piuttosto rigido, non amava le formalità ed i salamelecchi della nobiltà inglese.
“L’onore è mio, di essere stato invitato dai vostri genitori.”
“Rispetto ai vostri impegni in teatro, dirigere valzer e danze varie si sembrerà poca cosa.” Commentò il maggiore dei Price.
Benjamin si sentì strattonare per un braccio.
“George, Benji, fortuna che vi ho trovato! – la sorella si era gettata su di lui – La Principessa Charlotte è arrivata senza preavviso e la nostra signora madre sta per avere una crisi isterica. Abbiamo bisogno di voi!”
“Con permesso, Maestro Lenders.”
Il Conte riuscì a malapena a scusarsi con il loro interlocutore prima di essere trascinato via e portato all’entrata del salone, dove la Principessa stava facendo il suo ingresso seguita da tre delle sue più fidate dame di compagnia.
Era splendida, con un abito ricamato verde chiaro, decorato con pizzi color panna e applicazioni di fiori di seta lilla, intrecciati anche nella lunga chioma castana. Le mani erano fasciate da guanti di pizzo color panna e una maschera lilla con piume del medesimo colore celava il viso, ma la tiara di brillanti non consentiva dubbi sulla reale identità dell’ospite.
I Conti, schierati con figli, nuore e generi ad accoglierla, si inchinarono profondamente.
“Altezza Reale, è un grandissimo onore per la mia famiglia avervi qui – esordì il Conte di Wilton – Se avessimo avuto sentore del vostro arrivo vi avremmo accolta più degnamente.”
La Principessa sorrise porgendo la mano che l’uomo sfiorò appena con le labbra.
“Credo di essere responsabile per avervi colti di sorpresa: sono stata certa solo all’ultimo di poter partecipare, non potevo perdere la migliore festa in maschera del carnevale.”
“Altezza, rientrerete a Buckingham Palace o avete intenzione di fermarvi per la notte?” Domandò la Contessa, facendo una seconda riverenza.
“Gradirei pernottare. Ho chiesto al vostro cerimoniere di indicare alle mie cameriere personali dove potessero trovare la governante per sistemare i miei bagagli.”
“Avete fatto bene: Frau Schneider vi farà preparare la stanza migliore del palazzo.”
Il cerimoniere apparve facendo un discreto segno alla padrona di casa indicando che tutto fosse pronto per la cena: la disposizione dei posti era stato riorganizzata in tempi strettissimi grazie all’efficienza del maggiordomo e dei suoi camerieri.
“Vostra Altezza, preferite entrare sola alla testa del corteo per la sala da pranzo o desiderate un accompagnatore?” Chiese il Conte.
“Amerei essere accompagnata da uno dei vostri figli.”
“Benjamin!” Il Conte di Wilton chiamò l’unico figlio sprovvisto di coniuge per svolgere il delicato compito.
Il più giovane dei Price si inchinò:
“Altezza Reale, mi fate un grande onore a concedermi di accompagnarvi.”
Con un gesto elegante, Benji porse il braccio alla Principessa.
“Lord Price, è un piacere rivedervi a così breve distanza dall’ultima volta.” Rispose la donna, alludendo al loro incontro durante l’ultima festa a corte.
Si avviarono insieme verso la sala da pranzo.
Dato il loro ruolo di padroni di casa, i Conti di Wilton si accodarono direttamente alle spalle della Principessa, seguiti dai figli, poi vennero tutti gli altri nobili secondo il loro rango all’interno della paria britannica.
La sala da pranzo non  era meno sfarzosa del salone principale: il bianco candido delle tovaglie era quasi accecante, le composizioni di rose bianche erano distribuite su ogni tavolo, le migliori porcellane erano disposte con cura e precisione millimetriche, accompagnate da posate in argento e calici in prezioso vetro di Murano.
Solo quando la Principessa si fu seduta, poterono accomodarsi tutti gli altri ed i camerieri cominciarono a salire dalle cucine con la prima, abbondante, portata.
 
 
Amy uscì nel cortile dall’accesso della servitù sul retro del palazzo: la cena stava giungendo al termine, la portata dei dolci stava per essere servita ed in cucina il ritmo di lavoro si era assestato, permettendole di prendere una pausa. Solitamente lei si occupava delle pulizie nelle stanze superiori, ma in occasione di balli imponenti come quello di carnevale un paio di mani in più per passare i vassoi ai camerieri o mondare le verdure erano sempre richieste. La notte era limpida, ma piuttosto fredda, si vedevano tutte le stelle.
Fece qualche passo più per riscaldarsi che per la reale voglia di fare una passeggiata, non poteva prendersi troppo tempo. Sapeva per esperienza che l’ultima era la portata più veloce e tra non molto i calici di champagne ed i piatti dei dolci avrebbero cominciato a tornare indietro, le sguattere avrebbero gradito un aiuto.
Un leggero venticello portava sprazzi della musica proveniente dal salone principale, dove l’orchestra si stava riscaldando prima di cominciare ad eseguire il repertorio della serata vero e proprio. Era tutto quello che a lei ed alle compagne era concesso di godere dei ricevimenti della padrona.
Procedendo si accorse di una sagoma seduta su una delle panchine di pietra del giardino della Contessa. Si voltò immediatamente e tornò verso la cucina, non doveva farsi vedere da nessuno degli invitati o, peggio, della famiglia.
“Aspettate.” Una voce maschile la chiamò.
Amy si fermò, mordendosi le labbra. Poi tornò sui suoi passi, avvicinandosi in modo da poter riconoscere l’interlocutore nonostante il buio e facendo una profonda riverenza.
“Desiderate, Lord Ross?”
“Speravo foste voi.”
La ragazza si sollevò ed un piccolo campanello d’allarme le risuonò nella testa: lei era stata presente l’estate precedente, quando il Lord era stato ospite al palazzo ed era successo l’incidente di caccia.
“Lord Ross, state bene? – chiese con una punta di apprensione – Se non sono indiscreta.”
“Altri lo sarebbero, ma non voi: voi non siete mai indiscreta. Sono uscito solo a prendere una boccata d’aria. C’è fin troppa gente là dentro, quest’anno i Conti si sono superati.”
“Ne siete sicuro? Qualche problema con la ferita?”
Il nobile sorrise:
“Non vi mentirei: la ferita è guarita anche grazie alle  vostre cure. – Con una mano picchiettò sulla pietra del sedile dove aveva appoggiato la sua maschera bianca – Venite a sedervi accanto a me.”
Amy scosse la testa:
“Non posso.”
“Ve lo sto chiedendo. Potete.”
“Sapete che non posso.”
“Ve lo devo ordinare?”
La cameriera cedette e si accomodò vicino al Lord, tesa come una corda di violino, perché se qualcun altro fosse passato di lì, lei sarebbe stata nei guai e rovinata per sempre.
“Non temete, sono ancora quasi tutti a tavola.”
La rassicurò l’uomo, intuendo le sue preoccupazioni, poi le prese una mano e la portò alle labbra.
“Mi siete mancata.”
“Lord Ross, vi prego.”
“Per voi non sono Lord Ross, né il Duca di Gloucester, per voi sono Julian, ve l’ho già detto.”
Amy cominciò ad essere scossa dai brividi.
“Per favore, sapete che non si può.”
“Io vi amo.”
Lord Ross la baciò con passione e Amy non poté far altro che ricambiare, inebriata da quel contatto.
“Julian…”
L’uomo le accarezzò dolcemente il viso.
“È così bello sentirvi pronunciare il mio nome.”
La cameriera si scostò brusca, come risvegliata ed iniziò a piangere.
“Non proseguite oltre.”
“Non vi sto ingannando, io voglio avervi al mio fianco per il resto della mia vita.”
“Non ditelo! Sapete che non è possibile! Non lo permetteranno mai.”
Il Lord la strinse nelle braccia e la lasciò sfogare sul suo petto: sapeva che la loro società aveva delle regole  rigide perfino per i più fortunati, quando si trattava dell’incontro di classi sociali diverse tutto era ancora più severo.
“Amy, vi prometto…”
“Non promettete! Sapete meglio di me che siete troppo vicino alla Famiglia Reale, avete bisogno del permesso del Re e lui non vi darà mai il consenso a sposare una ragazza non nobile. E se voi andrete a parlare con lui, io sarò rovinata: i Conti mi licenzieranno e non troverò un’altra famiglia presso cui lavorare, nessuno vuole una cameriera che non sappia stare al suo posto.”
Amy si staccò dall’abbraccio e si alzò in piedi:
“Devo rientrare in cucina, prima che vengano a cercarmi.”
Il Duca non voleva darsi per vinto.
“Amy, vi amo. E voi?”
“Se davvero tenete a me come dite, dimenticatemi, dimenticate questa follia. Per il bene di entrambi.”
Si allontanò senza dare tempo al nobile di replicare, con le lacrime che ancora le rigavano le guance.
Le aveva chiesto se lo amava: era ovvio che la risposta fosse affermativa, lo amava con tutta l’anima, ma era realista, era perfettamente consapevole che non le era concesso provare quel sentimento per Lord Julian Ross, Duca di Gloucester.
Si asciugò il volto con le maniche e rientrò in cucina.
“Si può sapere dove eri finita? – la apostrofò la governante – C’è bisogno di te di sopra: l’arrivo della principessa ha scombussolato tutti i piani, bisogna riassegnare le stanze degli ospiti che si fermeranno per la notte. Cameriere personali e valletti sono già al lavoro. Sali subito a dare una mano!”
“Sì, Frau Schneider.”
Chinando la testa Amy salì per le scale di servizio fino a raggiungere il piano delle stanze da letto.
 
 
La cena era finalmente terminata e tutti gli ospiti si erano spostati nel salone principale, dove erano iniziati i balli, accompagnati dall’orchestra guidata dall’esperta mano del Maestro Lenders.
Benjamin Price aveva accompagnato l’ospite d’onore, la Principessa Charlotte, al centro della stanza ed aveva aperto con lei le danze al posto dei genitori: vista la presenza di un membro della Famiglia Reale, i padroni di casa avevano ceduto il compito con gioia, come tutti si aspettavano dai Conti di Wilton.
A poco a poco si erano uniti anche gli altri partecipanti e ben presto il salone era diventato un vortice di crinoline e gonne che si muovevano a ritmo di valzer.
“Altezza Reale, immagino che vi avranno detto parecchie volte che siete una ballerina leggiadra.” Disse Benji, facendo volteggiare tra le braccia la sua compagna di ballo.
“Immaginate bene, come io credo che i vostri precettori vi abbiano redarguito sul ballare più danze consecutive con la stessa dama. Domani i pettegolezzi correranno sulle bocche di tutta Londra.” Ribatté la Principessa.
“Sapete bene che la nobiltà inglese prova un particolare piacere a rendermi protagonista di ogni scandalo possibile. Vostra altezza mi perdonerà se il suo nome verrà associato al mio.”
La Principessa scoppiò a ridere, divertita.
“Non vi smentite mai. Del resto, come può un padrone di casa rifiutarsi di obbedire al desiderio della sua più illustre ospite?”
Il Conte fece un sorrisetto ironico:
“Non potrebbe in effetti.” Allontanò la donna per farla volteggiare e poi la riavvicinò a sé.
“Sapete bene come potreste fare in modo che il vostro nome smetta di essere al centro delle discussioni. Possibile che non ci sia una fanciulla che attiri la vostra attenzione?”
Benjamin sospirò:
“Ce ne sono fin troppe, ma sapete benissimo che non è sufficiente.”
La musica terminò ed il Conte accompagnò la Principessa dal suo cavaliere per il ballo seguente: nessuno di loro due era così incosciente da sfidare troppo il buon costume della loro società per continuare a chiacchierare, forse più avanti nella serata si sarebbero trovati ancora. Allontanandosi dal centro del salone, Price inavvertitamente si scontrò con qualcuno. Si voltò di scatto e si trovò quasi sommerso da una marea di riccioli neri.
“Scusatemi Lady, non vi avevo vista.” Le offrì una mano per aiutarla.
“Io invece vi avevo notato da qualche istante.”
Due occhi azzurro ghiaccio si piantarono sul volto di Benjamin e lo scrutarono attraverso una maschera formata da tante roselline di seta bianche, come era già capitato al ballo autunnale a Bath. Anche l’abito candido della sua interlocutrice era il medesimo.
“Siete voi...” Sussurrò il Conte.
“Non mi invitate a ballare?”
“Posso avere l’onore?”
“Ovviamente.”
La coppia si riportò verso il centro, inserendosi fluidamente tra gli altri ballerini.
“Come avete avuto un invito? Conoscete la mia famiglia?”
La donna sorrise maliziosa:
“Fate troppe domande, Lord Price.”
Benji deglutì sentendosi non del tutto a proprio agio: non sapere chi fosse presente in casa sua lo rendeva nervoso, ma allo stesso tempo non avere idea di chi fosse la donna con cui si ritrovava a danzare per la seconda volta in pochi mesi non faceva altro che aumentare l’attrazione che già aveva provato la prima volta.
“Vi ho cercato a Bath, il giorno dopo il ballo.”
La donna approfittò di un passaggio del valzer per avvicinarsi a lui e sussurrargli all’orecchio:
“Non avete cercato abbastanza.”
“O forse voi non volevate farvi trovare.” Ribatté
“Se fosse facile, si perderebbe tutto il divertimento.”
Dall’altro lato del salone il Marchese di Queensberry ballava con la moglie, gettando di tanto in tanto lo sguardo verso gli amici, per assicurarsi che nessuno si trovasse in situazioni inopportune.
“Tesoro, dovresti rilassarti – gli disse dolcemente Lady Jenny – non sei tu il padrone di casa stasera.”
“Credimi, sarei più rilassato da noi. La vita mondana del sud non fa per me.”
“Avesti dovuto pensarci prima di sposarmi.”
“Per te posso fare tutte le eccezioni del mondo.” Le posò un fuggevole bacio sulla fronte, senza smettere di danzare. Il loro matrimonio era un piacevole incontro di opposti: il Marchese scozzese e la giovane figlia dei Baroni di Plymouth, una delle città più a sud della Gran Bretagna, l’uomo delle Highlands e la fanciulla del mare.
“Credo proprio che Benji abbia messo gli occhi sulla sua conquista di stasera.”
Jenny non resistette alla curiosità di guardare in direzione del Conte.
“È graziosa, ma da come si pone, direi che è lei che sta cercando di conquistare Lord Price.”
I valzer si susseguivano uno dietro l’altro, intervallati da qualche mazurka, la nuova danza arrivata dall’est Europa grazie all’abilità del pianista Chopin. L’atmosfera si faceva sempre più calda ed elettrizzante, pur mantenendo il consueto decoro britannico.
La Marchesa portò una mano alla tempia.
“Cara, che ti succede?” Si preoccupò subito il marito.
La donna si affrettò a tranquillizzarlo:
“Nulla, solo un leggero capogiro. Forse è meglio se facciamo una pausa.” Sembrava parecchio accaldata.
Con dolcezza Philip la accompagnò lontano dalle danze, presso uno dei divanetti disposti lungo la parete, dove chi non era impegnato a ballare si sedeva a chiacchierare. Ne trovarono uno libero. Jenny sganciò il piccolo ventaglio che portava appeso alla vita ed iniziò delicatamente a farsi aria.
“Sei sicura che sia tutto a posto? Vuoi che vada a prenderti dell’acqua?” Il Marchese sembrava essere sulle spine.
“Lady Jenny! – La voce frizzante di una ragazza impedì a Jenny di rispondere – Posso sedermi vicino a voi? È da così tanto tempo che non vi vedo!”
La Marchesa sorrise per l’entusiasmo della vecchia amica e l’invitò cortesemente.
“Lady Susanne, accomodatevi: sarei deliziata di intrattenermi con voi.”
La giovane si sedette sistemando la gonna rosa del suo abito, dopo aver formalmente salutato anche Philip, il quale riprese a domandare alla moglie:
“Hai bisogno di qualcosa?”
Jenny scosse la testa:
“Sta tranquillo caro, sono qui con Lady Susanne, vai pure a cercare il Marchese di Bristol, non dovevate discutere di qualcosa?”
“Ne sei sicura?” Era parecchio dubbioso, non avrebbe voluto perderla di vista, data la situazione.
“Sicurissima, vai.”
“D’accordo.” Prima di allontanarsi le depositò un bacio sulla guancia, senza curarsi del fatto di essere in pubblico.
La giovane Spencer lo osservò inclinando la testa.
“Mi sembra parecchio nervoso, me lo ricordavo come una persona più tranquilla.”
Jenny continuava a muovere il ventaglio davanti al volto.
“Di solito lo è, ma stasera è solo preoccupato che questo ballo sia troppo impegnativo.”
“Perché dovrebbe esserlo? In fondo siamo cresciute in mezzo a tutto questo.”
“Certo, ma la situazione era diversa…” Rispose Jenny sibillina, lasciando l’amica ad interrogarsi perplessa, finché non spalancò i grandi occhi castani, portando le mani alla bocca per trattenere un gridolino:
“Oh mio… Non sarai forse?”
“Shh, non lo sa ancora nessuno ed è presto per diffondere la notizia.”
Susanne afferrò di slancio le mani di Lady Callaghan, sprizzando gioia.
“È meraviglioso Jenny! Tuo marito fa bene ad essere così premuroso ed ha ragione: non dovresti ballare così tanto come hai fatto prima.”
La Marchesa sorrise di rimando, felice di poter condividere il suo piccolo segreto.
“Non ho certo intenzione di starmene seduta tutta la serata. Raccontami qualche novità di Plymouth, siamo spesso al nord ed è davvero difficile mantenersi sempre in contatto con tutti, perfino con i miei genitori.”
“I Baroni stanno benissimo e ho saputo che tuo fratello dovrebbe presto rientrare dal suo incarico in India. Poi…”
La giovane si gettò vivacemente nel racconto di quanto avvenuto negli ultimi mesi nella città sulla Manica.
 
 
La piccola biblioteca accanto al salone dei ricevimenti era il luogo ideale per prendersi una pausa dal chiasso dei festeggiamenti senza dover rispondere a domande inopportune sul perché un giovane come lui non invitasse una fanciulla a danzare invece di starsene in disparte.
Sir Alan Crocker voltò la pagina del libro dalla copertina rossa, l’aveva iniziato durante la festa del mese precedente ed ora stava approfittando per proseguire la lettura. Lui non era sfacciato come il Visconte Diamond che era in grado di destreggiarsi davanti a tutte le invitate dei Conti anche quando non era minimamente interessato ad intrecciare con loro rapporti che andassero al di là delle banali chiacchiere di circostanza. Non aveva nemmeno la stessa loquacità del Visconte per ammaliare le interlocutrici con una fitta parlantina.
“Ecco dove vi eravate rifugiato!”
Come evocato dai pensieri del Cavaliere, Diamond si palesò nella stanza.
“Pensavate di sfuggire al confronto e che le vostre mancanze restassero impunite?”
“Certo che no. – Crocker chiuse il libro e si alzò dalla poltroncina in velluto – Confidavo che non avreste voluto regolare i vostri conti in sospeso in mezzo al salone, davanti a metà dei pari di tutto il regno più qualche membro della nobiltà minore. O forse ho sopravvalutato la vostra capacità di giudizio.”
I due uomini si muovevano in circolo attorno ad un centro immaginario, come due cani da caccia che si studiano prima di avventarsi uno sull’altro per contendersi la preda.
“Davvero? O piuttosto non avrete sottovalutato la mia determinazione?”
“Non è mia abitudine sottovalutare un avversario,  ma scordate che io tema di misurarmi con voi.”
Improvvisamente l’equilibrio si ruppe ed entrambi avanzarono uno contro l’altro, avvinghiandosi ed iniziando a baciarsi famelici ed a mordersi le labbra a vicenda.
“Questo continuo dover odiarci in pubblico mi sta logorando.” Disse Alan mentre cercava di prendere fiato tra un bacio e l’altro.
“Sai che non possiamo permetterci che qualcuno pensi che intratteniamo rapporti inopportuni.” Ribatté Paul.
“È così ingiusto!”
Per tutta risposta il Visconte spinse Crocker contro uno degli scaffali ed iniziò a baciarlo ancora più approfonditamente, mentre Alan sentiva di star cominciando a perdere il controllo.
Il rumore della porta della biblioteca che veniva sbattuta violentemente li fece allontanare di scatto ed impallidire sotto le maschere: entrambi potevano leggere il terrore negli occhi dell’altro.
“Sta calmo, ne usciremo.” Sussurrò a fil di voce Paul, prima di voltarsi a fronteggiare il nuovo venuto.
“Vi ha dato di volta il cervello! Proprio qui dovevate appartarvi? – Il Marchese di Queensberry li guardava severo con i pugni chiusi, cercando di trattenere la furia. – Cosa stavate pensando? Avete una vaga idea di cosa sarebbe potuto accadere se fosse entrato qualcun altro al mio posto?”
“Volete dire che non avete intenzione di  denunciarci?” Domandò il Cavaliere riprendendo a respirare.
Lord Callaghan allentò la postura:
“Ritengo che ognuno abbia il diritto di intrattenersi con chi desidera, ma non tutti la pensano come me.”
“Marchese, vi siamo debitori.”
“Cercate di essere meno sconsiderati la prossima volta. Non avete pensato che avreste potuto trascinare nello scandalo l’intera famiglia dei Conti di Wilton se vi avessero scoperti ad amoreggiare sotto il loro tetto? Credetemi, sotto le maschere di questo gran ballo, più persone di quante immaginate non aspetterebbero altro che una scusa per abbattere il prestigio dei Price.”
I due uomini accettarono la ramanzina con il capo piegato.
“Siamo stati due stupidi, ora ce ne rendiamo conto.” Ammise Diamond.
Il Marchese di Queensberry annuì.
“Ora ricomponetevi, poi ritorneremo nel salone tutti insieme, dopodiché ognuno di voi se ne starà ben lontano dall’altro per il resto della serata.”
 
 
Il Duca di Gloucester, sparito da prima della fine della cena, rientrò nel salone in maniera brusca ed accigliata, suscitando reazioni di stupore tra chi era nei pressi: senza badare all’uomo che stava per condurre a danzare la Principessa, le si parò davanti e pretese il ballo.
“Julian, che hai? Non è da te comportarti così!” Domandò la Principessa.
“Ho bisogno di avere un’udienza con tuo padre, con urgenza e senza passare dai canali ufficiali.”
La donna fece una giravolta.
“Così mi preoccupi ancora di più, cugino.”
Lord Ross sospirò:
“Sono stanco cugina Charlotte. – disse con amarezza – Stanco di essere usato come pedina nei piani matrimoniali e nelle alleanze di Sua Maestà.”
La Principessa gli sfiorò velocemente il viso con una carezza.
“E chi non lo è? Nemmeno io ho il potere di oppormi.”
“Ho quasi perso un amico per queste faccende, non voglio perdere altro.”
L’orchestra attaccò un crescendo nel valzer, costringendoli ad aumentare il ritmo della danza.
“Julian, cosa nascondi? – lo guardò negli occhi, avrebbe anche voluto togliergli la maschera per osservarlo meglio – Ti sei innamorato?”
Il Duca stiracchiò un sorriso ed abbassò lo sguardo al pavimento: la cugina era una delle poche persone che era sempre riuscita a leggergli dentro. Come Amy…
“Chi è?”
“Non la conosci.”
Se nel Regno c’era qualcuno che conosceva tutta la nobiltà, era Charlotte De Witt, secondogenita di Re Riccardo IV[1].
“Julian, ti prego, non fare sciocchezze: non iniziare una battaglia che perderesti quasi sicuramente e che lascerebbe ferita pure lei.”
“So quello che faccio, Charlotte. – Rispose con orgoglio – Ho valutato le conseguenze e sono disposto a pagare anche il prezzo massimo.”
“Rinunceresti a tutti i titoli?”
La domanda della donna si perse sugli ultimi accordi.
“Ho preso la mia decisione. Ti chiedo solo di organizzarmi un incontro con il Re. Per favore cugina.”
“Spero solo che lei ne valga la pena.”
Il Duca si inchinò, mentre la Principessa eseguiva una piccola e poco profonda riverenza.
“Assolutamente.”
Lord Ross la ricondusse dal suo precedente compagno, scusandosi.
“Mi dispiace se ve l’ho sottratta con tale bruschezza, ma avevo questioni urgenti da discutere con Sua Altezza, Barone.”
“Non vi preoccupate Duca, era nel vostro diritto.”
“Vi cederò uno dei miei balli.”
Qualche metro più in là il Marchese di Bristol si congedava dalla donna che aveva ballato con Price.
“È stato un onore ballare con voi, Lady.”
Un altro cavaliere era già pronto a condurla nelle danze.
“Tom, devo parlarti!”
Becker quasi trasalì per l’improvviso arrivo dell’amico alle spalle.
“Cosa c’è di tanto urgente, Benjamin?”
“Non usare il mio nome completo, solo mio padre e mia madre lo fanno! – rispose piccato il Conte – La conosci?” Domandò poi indicando la donna con un discreto cenno del capo.
“No, era accanto a Lady Mason quando l’ho invitata a ballare e mi è sembrato scortese non offrire un ballo anche a lei, dopotutto mi sto congedando dalla società inglese.”
“E la tua promessa sposa sa in che modo ti stai congedando?”
Tom gli lanciò uno sguardo torvo:
“Non mi aspettavo un commento del genere da parte tua, dopo che hai passato tutto l’inizio della serata a redarguire il Visconte Diamond per considerazioni simili.”
Price allargò le braccia in un gesto quasi plateale.
“Suvvia Marchese, siate indulgente col padrone di casa. Com’è andata col Duca?”
“Abbiamo chiarito tutte le nostre incomprensioni, ma non provare a cambiare argomento: perché ti interessa tanto sapere chi sia quella donna? Il mistero non fa forse parte del fascino di un ballo in maschera?”
Il Conte incrociò le braccia al petto:
“Mi innervosisce non sapere chi sia presente in casa mia, soprattutto se è qualcuno che già una volta mi ha colto di sorpresa.”
“Già una volta?” Il Marchese restò a bocca aperta.
La veloce mazurka suonata dall’orchestra terminò la prima parte del programma: per alcuni minuti ai musicisti sarebbe stata concessa una pausa, in questo modo anche i ballerini più appassionati avrebbero potuto prendere un respiro senza rischiare di perdere nessuna danza.
“Con permesso, Lord Becker.”
Price lasciò l’amico e si accostò alla tavolata dove i camerieri stavano riempiendo di champagne e bevande fruttate una fila di calici scintillanti. Ne afferrò un paio ed andò incontro alla sua misteriosa ospite.
“Per voi, Lady. Immagino sarete assetata.”
“Vi ringrazio molto Lord Price, non dovevate scomodarvi.”
La donna portò il calice alle labbra con lentezza studiata, assaporando solo dei piccoli sorsi del miglior champagne delle cantine di Palazzo Price.
All’improvviso Benji si ritrovò con la gola secca e dovette tuffarsi sul suo calice per non dare a vedere il proprio disagio.
“Devo ammettere che è stata un’ottima idea prima della partenza. – La Lady si rivolse ad uno dei valletti – Per cortesia, gradirei avere il mio mantello e che la mia carrozza sia preparata all’ingresso.”
“Come desiderate Milady.” Dopo un inchino il valletto sparì come se fosse stato incantato.
“Già ve ne andate? Manca ancora molto alla fine della festa.”
“Mio caro Conte, se me ne andassi insieme a tutti gli altri, mi perderei nella folla, in questo modo, invece, voi saprete esattamente quando ho lasciato il palazzo e mi auguro sentirete la mia mancanza.”
Lo stomaco di Benji si contorse a raccogliere la provocazione che gli era stata lanciata, doveva ammettere che sapeva come prenderlo e fargli quasi perdere la testa.
“Permettete che vi accompagni alla carrozza.” Disse, appoggiando il proprio calice e quello della donna.
“I vostri ospiti non si risentiranno per la vostra sparizione?”
“C’è tutto il resto della mia famiglia ed in fondo io sono solo il più piccolo dei figli.”
All’ingresso del palazzo un servitore portò una mantella candida, come l’abito, ed aiutò la Lady ad indossarla.
“Thomas, potete ritiravi, accompagno io la Lady.”
Benjamin le offrì il braccio e l’aiutò a scendere la lunga scalinata fino alla carrozza che già l’attendeva.
Le fiaccole ardevano ancora nel cortile e lungo tutto il viale d’accesso. Nell’ombra si intravedeva la figura di qualche cameriere che sostituiva quelle ormai esaurite.
La donna salì nella carrozza e si voltò, sporgendosi sul gradino. Lo sportello aperto la proteggeva dalla vista del cocchiere, permettendole di avvicinarsi pericolosamente al volto del Conte.
“Lord Price, è stata una serata magnifica.”
Benji sentiva il suo respiro sulle proprie labbra, prima che si ritirasse nuovamente: stava giocando al gatto col topo e lui non avrebbe resistito ancora a lungo.
“Vi rivedrò?”
“Dipende da voi.”
Le sue labbra rosse erano una tentazione. All’improvviso l’afferrò per la vita e l’attirò a sé, baciandola per alcuni secondi.
“Audace, Lord Price. – La donna entrò definitivamente nella carrozza, senza togliergli di dosso lo sguardo di ghiaccio – Continuate a cercarmi e vedrete che ci rincontreremo.”
Chiuse lo sportello e batté sulla parete, per indicare al cocchiere di partire.
Benji guardò la carrozza allontanarsi sul viale, completamente scombussolato: nessuna donna fin’ora aveva avuto un tale potere su di lui.
 
 
Quando Benjamin rientrò, l’orchestra aveva già ripreso a suonare ed il salone era di nuovo sovraffollato di colori. Notò che la Marchesa di Queensberry si stava congedando da sua madre, segno che aveva intenzione di lasciare anche lei la festa.
Nell’uscire gli passò accanto.
“Lord Price, per stasera credo di aver danzato a sufficienza, spero non vi dispiacerà se mi ritiro.” Jenny era gentile con tutti, come sempre.
“No, certo mia Lady.”
“Se cercate mio marito, credo che si tratterrà fino al termine dei balli, non ha scordato del vostro rito di chiusura della serata. Buona notte, Lord Price.”
“Buona notte, Lady Callaghan. Frau Schneider vi mostrerà la vostra stanza.”
La Marchesa porse la mano per ricevere il consueto baciamano, poi si avviò sulla scalinata che portava al piano superiore dove erano state predisposte le stanze per coloro che si sarebbero trattenuti fino all’indomani.
Una donna in abito scuro e dall’aria severa la accolse. Alle sue spalle stava un’altra donna molto più giovane.
“Marchesa di Queensberry, sono la governante, Frau Schneider. Purtroppo la vostra cameriera personale ha avuto un problema. Si occuperà di voi una delle cameriere della casa – indicò la ragazza dietro di sé – questa è Amy, milady.”
La cameriera fece una riverenza.
“Se invece lo riterrete più opportuno, potrei occuparmi personalmente di voi.”
La Marchesa scosse la testa:
“Non preoccupatevi, Amy andrà benissimo.”
La governante si congedò, lasciando Amy a fare strada all’ospite fino alla camera che aprì.
“Dopo di voi, Marchesa.”
Jenny entrò e subito si lasciò cadere pesantemente su una poltrona, togliendosi i guanti e la maschera: era veramente stanca, non avrebbe voluto lasciare il ballo prima della sua conclusione, ma il lungo viaggio dei giorni precedenti si era fatto sentire prepotentemente. Chiuse gli occhi qualche istante, per assaporare finalmente la tranquillità.
Nel frattempo Amy stava raccogliendo delle braci dal caminetto da inserire in un contenitore di rame che avrebbe poi avvolto in un panno.
“La vostra cameriera mi ha detto che solitamente desiderate che vi venga scaldato il letto.” Disse, attendendo un cenno di conferma prima di mettere lo scaldino sotto le coperte.
La nobile aprì gli occhi.
“È vero. Non vedo l’ora di poter entrare tra le lenzuola calde.” Si alzò in piedi, permettendo alla cameriera di aiutarla a spogliarsi.
Le dita di Amy scioglievano veloci i nastri che chiudevano l’abito sulla schiena, per poi sfilarglielo. Fu la volta delle sottogonne e della crinolina. Per finire, dopo aver riportato le spalline della sottoveste sulle spalle, toccò al corsetto, rimasto leggermente allentato.
Una volta libera dagli indumenti costrittivi, Jenny si passò velocemente una mano sul ventre. Poi indossò una vestaglia di seta e si sedette dinnanzi alla toilette.
La cameriera cominciò a sciogliere l’acconciatura, appoggiando i pettini ed i fermagli sul mobile.
“Da quanto tempo lavori a servizio per i Price, Amy?”
“Da circa due anni, mia signora. – Prese la spazzola e cominciò a pettinarle la lunga chioma nera – Avete dei capelli molto morbidi, se mi è permesso dirlo.”
“I tuoi invece hanno un colore così particolare. Vieni dalla Scozia come mio marito?” Domandò incuriosita da quella ragazza graziosa e delicata.
“No, mia signora, vengo dal Galles. Vi siete divertita alla festa?”
“È stata una serata molto piacevole, come tutte quelle organizzate dalla tua padrona.”
“La Contessa ne sarà lieta.”
“Peccato che non tutti fossero spensierati come avrebbero dovuto. Il Duca di Gloucester, per esempio, aveva uno sguardo…”
La spazzola d’argento cadde sul pavimento con un tonfo che fece sobbalzare la Marchesa.
“Mi dispiace mia signora, sono una stupida.”
Amy si chinò a raccogliere l’oggetto, nascondendo il volto e cercando di controllare il tremore della mano che le aveva procurato il solo nominare il Duca.
“Stavate dicendo?”
La Marchesa agitò una mano.
“Nulla di importante, pettegolezzi inutili.”
La cameriera terminò di acconciarle i capelli in una treccia per la notte, che fissò con un nastro.
“Se non avete bisogno di altro, io mi ritirerei.”
Jenny sorrise:
“Vai pure. Occuparti di me ti avrà distolto dagli altri tuoi doveri.”
“Buona notte, mia signora.”
Amy si richiuse la porta alle spalle, appoggiandosi contro di essa e portando le mani al petto: c’era mancato poco che si tradisse davanti alla Marchesa, doveva imparare a dominarsi di più se voleva che nessuno scoprisse ciò che era avvenuto in giardino con Lord Ross. Sperava solo che lui non avesse commesso, o fosse sul punto di commettere, qualche sciocchezza.
 
 
Erano quasi le due di notte quando la carrozza dell’ultimo ospite lasciò Palazzo Price, decretando la fine ufficiale del ballo. La Principessa, i Conti di Wilton ed i fratelli maggiori erano appena saliti al piano superiore.
Benjamin Price condusse gli amici in un salottino privato, approntato per l’ultimo saluto, a base di whisky, prima di ritirarsi tutti a dormire.
Il Conte, il Duca di Gloucester, il Marchese di Bristol ed il Marchese di Queensberry erano finalmente tutti e quattro insieme e soli, liberi di togliersi le maschere che cominciavano a diventare soffocanti.
“Mi devi un favore, Benji.” Esordì Philip accomodandosi in poltrona e lisciandosi il kilt.
“Per impedirti di raggiungere subito la tua mogliettina che starà già dormendo?” Rispose ironico Price, passandogli un bicchiere di cristallo già riempito di liquore.
“No, per il Visconte Diamond.”
Benji sospirò e scosse la testa violentemente.
“Non dirmi che quello sciocco si è fatto beccare.”
“Immaginavo che sapessi.” Philip bevve un sorso del suo Whisky.
“Chi non lo sa, tra noi quattro?” Puntualizzò Tom.
“Il fatto che io sappia e non disapprovi, non lo autorizza a farlo in casa mia. Dove?”
“Nella piccola biblioteca.”
Il Conte masticò a mezza voce un’imprecazione, ben consapevole di cosa sarebbe potuto succedere se non fosse stato Philip, o uno di loro a sopraggiungere.
“Perché dev’essere così complicato? – chiese il Duca con la fronte contro l’avambraccio destro che teneva appoggiato al bordo superiore del caminetto, il viso rivolto a guardare le fiamme – Perché questa società deve permettersi di dirci chi sia giusto e chi sia sbagliato amare?”
“Julian, che cosa ti affligge? È da quando sei rientrato dal giardino che sei strano.” Constatò Becker. Nonostante fosse impegnato in numerosi balli, non aveva potuto non notare il cambiamento d’umore del Duca.
“Julian, sei per caso anche tu?” Domandò Callaghan.
Ross si voltò, sorridendo amaro.
“No, ma se sbaglio a giocare le mie carte con il Re, lo scandalo che ne potrebbe derivare e potrebbe travolgermi sarebbe ben maggiore. Potrei perdere il titolo di Duca.”
“Non ti sarai mica innamorato di qualche cameriera?” Quella di Benji voleva solo essere una battuta scherzosa, per alleggerire la tensione, ma quando, invece di una risposta per le rime, ricevette solo il silenzio si accasciò sul tavolino.
“E poi a Londra sono io quello sulla bocca di tutti i pettegoli della capitale!”
Philip si alzò e versò abbondantemente del whisky in un bicchiere per Julian.
“Tieni, ne hai decisamente bisogno.”
Per qualche minuto regnò il silenzio, ognuno era perso nei propri pensieri. Non era proprio la conclusione della nottata che si era immaginato il Conte.
Fu Lord Ross a cercare di alleggerire la tensione:
“In ogni caso, Benji, sei in debito pure con me!”
“E da quando di grazia?”
“Da quando quest’estate mi hai graziosamente scambiato per un cervo e mi hai piantato una pallottola in un fianco.”
Philip dovette fare uno sforzo disumano per non sputare il whisky per tutto il salottino, finendo quasi per strozzarsi.
“Come ho fatto a perdermi questa cosa?” Perfino Tom era allibito.
“Tu eri in Svezia, impegnato con la tua Principessa, e Julian partecipava ad ogni battuta di caccia possibile per sfogarsi senza usarti come bersaglio.”
Callaghan, che aveva recuperato parte del suo contegno, intervenne:
“Se avessi fatto io una cosa del genere, come minimo mi avrebbero esiliato, com’è che tu Price riesci sempre a cavartela?”
Benji sorrise sornione:
“Il fatto che sia successo nella mia tenuta mi ha permesso di far trapelare solo ciò che volevo.”
Becker appoggiò il mento sul pugno destro, fingendo di riflettere.
“Ancora non mi è chiaro come tu abbia potuto confondere il Duca con un cervo, forse stavi pensando alla tua misteriosa fanciulla?”
“Misteriosa fanciulla?” Domandarono all’unisono Philip e Julian.
“L’ho incontrata solo in autunno, a Bath.”
Ross annuì, ricordava il fatto.
“E stasera.” Aggiunse Tom.
Callaghan allargò le braccia:
“Possibile che voi tre non possiate fare le cose in maniera semplice?”
“Come te che hai trovato moglie senza sforzo alcuno?” Price si divertiva troppo a punzecchiare l’unico del gruppo che era già sposato da un bel pezzo.
Fu Julian a intervenire a placare gli animi, appoggiando una mano sulla spalla del Marchese di Bristol:
“A breve anche Tom sarà sposato, quindi raggiungeremo un pareggio nelle nostre condizioni.”
Becker fu grato per l’ennesima dimostrazione della risoluzione del loro conflitto da parte del Duca.
Philip li guardò tutti in maniera impertinente.
“Io sarò sempre più avanti di voi!”
“Cosa staresti insinuando?”
“Jenny è incinta. – In un momento si ritrovò sommerso da vigorose pacche sulle spalle – Però io non ve l’ho detto!”
Il Conte si allontanò verso un ripiano dove aprì uno scomparto segreto.
“Qui bisogna brindare come si deve con qualcosa di appropriato!” Estrasse una bottiglia di Scotch invecchiato di un’annata che era diventata pressoché introvabile in tutto il regno e lo versò nei bicchieri di ognuno.
“Ricapitolando – esordì Tom – abbiamo un matrimonio, un bambino in arrivo, un amore impossibile ed una donna del mistero: i ricevimenti a Palazzo Price non deludono mai.”
Philip proseguì:
“Sappiate che qualunque cosa dovesse accadere, qualunque gioia o qualunque scandalo, sia che saremmo vicini o che saremmo lontani, io ci sarò sempre a coprirvi le spalle.”
“Ed io per voi, con o senza titolo.” Replicò Julian commosso.
I quattro bicchieri si sollevarono e si incontrarono tintinnando.
“All’amicizia!”
 

[1] Nella storia del Regno Unito non c’è mai stato, per ora, un sovrano col nome di Riccardo IV: ho scelto di usare un sovrano immaginario per avere più libertà di far interagire i nostri protagonisti con la famiglia reale.




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Lo so che il periodo non è dei migliori, ma Ewan ha avuto l'idea per questa storia a Carnevale dello scorso anno ed ha fatto di tutto per vederla realizzata per quest'anno.
Lasciamoci avvolgere dalle danze per qualche minuto.

Una dedica particolare a Sacchan e May che sanno cosa c'è stato dietro a questo lavoro. ;)
  
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