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Autore: speechlessback    01/03/2022    7 recensioni
AtsuHina / 3.5 k / Manga spoiler
"Avevano danzato attorno a quel legame come piccole fiammelle attorno ad un fuoco, gettandovi tronchi per ravvivarlo, eppure mai osando mettervi piede.
Ed ora erano qui, faccia a faccia, i volti a pochi centimetri l’uno dall’altro. Quella distanza che era sempre sembrata incolmabile, ora si accorciava pericolosamente."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Shouyou Hinata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Moonlight

 

 

Molti mari e fiumi 

Attraverserò

Dentro la tua terra 

Mi ritroverai 

 

 

 

“Ti ho aspettato tutta la sera.”

È la vigilia dell’ultimo match che deciderà il vincitore del campionato. L’intera V-League è in fibrillazione - la generazione dei mostri sta facendo faville ed ha aggiunto un opposto che corre in campo veloce come una saetta - e si parla di uno degli scontri più attesi della storia della pallavolo moderna. Una rivincita, per gli Adlers, e la voglia di riaffermare il predominio indiscusso sul campionato, per i Black Jackals.

È anche, non solo, ma anche - e Shouyou se ne rende conto con infinita nostalgia mentre attraversa il corridoio semi illuminato di un appartamento che ha imparato a conoscere (ma non è il suo), dopo essersi sfilato le scarpe silenziosamente ed aver ribadito a se stesso che no, non è un errore questo - la prima settimana dell’ultimo mese della sua breve permanenza in Giappone.

 

“Sì?” Shouyou risponde e non tenta nemmeno di occultare il tono frenetico ed incerto che ha la sua voce. Sembra un sogno ad occhi aperti, uno di quei film mentali che ti fai nel segreto della tua camera quando un palleggiatore bellissimo e dai capelli improbabili si volta e ti dice che un giorno, lui, giocherà per te. Per. Te.

Shouyou sorride tra sé e sé, nella semi oscurità che avvolge quella camera così accogliente, che Atsumu ha già colmato di ricordi e dettagli - le foto con Osamu ed il team dell’Inarizaki, le rimpatriate con il capitano Kita, gli scorci di Hyogo - pensando al se stesso quindicenne che nel buio totale della sua stanza, tentando di non farsi sentire da Natsu, riviveva nella sua mente quella promessa, quella sensazione calda che gli aveva afferrato la bocca dello stomaco e quella partita che gli era sembrata un sogno d’un’altra vita.

 

Atsumu Miya è una persona che non tenta di sembrare meno sicura di quello che è, o almeno è quanto Shouyou ha imparato a conoscere in un anno di permanenza negli spogliatoi dei Black Jackals. Eppure, con la luce soffusa ed il ricordo di quella promessa scambiata a mezz’aria, sussurrata e suggellata da un solo sguardo, - vieni da me, stasera -, lo sguardo fisso su quel corpo di cui riconosce tendini e muscoli, su cui ha potuto poggiare le mani per un aiuto nello stretching e nient’altro, lo sguardo che si posa su quei capelli biondi, ormai il suo segno distintivo, e sul sorriso, che - e Shouyou ne è straordinariamente convinto, tanto tempo ha passato a fissarlo col timore che qualcuno se ne rendesse conto - è sicuro non aver mai visto così indifeso e dolce, così consapevolmente predatore.

 

Si avvicina, faccia a faccia con quegli occhi ambrati, la mano che inavvertitamente non risponde ad alcun comando e si posa su quelle guance lievemente arrossate. C’è un che di non detto che passa in quello sguardo e nel silenzio che si posa sui loro corpi.
Atsumu Miya è stata la prima persona a vederlo, tanti anni prima, durante quei primi Nazionali col Karasuno.
Atsumu Miya è stata la prima persona a cui Shouyou, anni dopo, ha confessato tutto; una notte qualunque in cui si erano attardati fin troppo dopo aver fatto pratica su pratica per la veloce, con la stanchezza che ti affossa le ginocchia e la voglia di un pasto caldo e scadente. E mentre attendevano che il ramen li facesse riprendere, con i rumori di sottofondo di una città che non dorme mai, Shouyou gli aveva detto ogni cosa; del Brasile e delle spiagge e di una città colorata e rumorosa - che più gli aveva fatto amare il silenzio -, dell’incontro fatale con Oikawa - già palleggiatore titolare della nazionale Argentina (al che, Shouyou ricorda con singolare precisione, Atsumu aveva sbuffato in modo così tenero ed innocente che ancora oggi non sa come non abbia fatto a baciarlo sul posto, davanti a tutti, nella bettola sporca e malridotta dove stavano consumando quel ramen tanto desiderato). Gli aveva raccontato di Kageyama, della mostruosa cotta che aveva per lui e di come avesse capito, da quel momento in poi, che nella sua strada ci sarebbero stati solo uomini.

 

E Atsumu aveva ricambiato ogni colpo ed ogni confidenza; la cotta ed il primo rifiuto, quella per il suo capitano Kita, ed il secondo rifiuto, ben più lacerante, quando Osamu gli aveva detto che non avrebbe continuato a giocare. La giovinezza a Hyogo e i tre anni al liceo Inarizaki, i primi fallimentari tentativi di Osamu in cucina e quelli un po’ più riusciti. Il ghiaccio e la neve che si posano sugli alberi e ti entrano nelle membra, il calore di casa che è il ricordo più bello e struggente, la primavera che inonda le strade del suo profumo, i ciliegi in fiore.

 

Atsumu Miya è la prima persona a cui Shouyou dice dell’offerta dell’ASAS Sao Paulo. Ricorda ancora, come fosse ieri, che in un secondo Atsumu aveva cambiato espressione, e che gli occhi lievemente ambrati si erano trasformati subito in quelli felici e sorridenti, veri, che solo a lui sembrava riservare.

 

Avevano danzato attorno a quel legame come piccole fiammelle attorno ad un fuoco, gettandovi tronchi per ravvivarlo, eppure mai osando mettervi piede.

Ed ora erano qui, faccia a faccia, i volti a pochi centimetri l’uno dall’altro. Quella distanza che era sempre sembrata incolmabile, ora si accorciava pericolosamente.

 

“Parto per il Brasile tra meno di un mese.”

 

Shouyou riesce a sentire i respiri dell’altro, come se fossero i propri. Si stupisce, nel percepirli calmi. Il silenzio si fa carico di attesa. Atsumu tiene gli occhi fissi sui suoi. E c’è quiete. 

 

“Mi aspetti?”

 

Shouyou sa che non è giusto dirlo, e che quel fuoco che sente divampare costantemente e che minaccia di consumarlo, quello stesso fuoco che gli permetteva di pedalare ogni giorno su una bici sgangherata per raggiungere il liceo Karasuno - ogni giorno, vento pioggia neve sole, ogni giorno - e che gli ha permesso di sfidare una terra nuova ed una lingua sconosciuta, e di lasciare anche lì, un’impronta, quello è un fuoco che minaccia di bruciare tutto ciò che troppo gli si avvicini. E Shouyou questo non lo vuole per una persona come Atsumu. Eppure, Shouyou è un egoista. E quando guarda il ragazzo che gli sta di fronte ed è ad un passo dall’ottenere tutto ciò che ha sempre desiderato, toccare quanto febbrilmente ha immaginato, pecca in ogni modo possibile e chiude quella piccola distanza con un bacio.

Non attende la risposta alla domanda silenziosa e sussurrata che è sicuro gli è sfuggita dalle labbra - il giorno dopo, nell’ammasso di coperte sgangherate e con la frenesia che gli scorre nelle vene per quell’ultima partita, lo addebiterà all’eccitazione del momento, troncando sul nascere qualsiasi speranza; non può permettere che Atsumu venga travolto da quello stesso inspiegabile ed incontrollabile desiderio, non può permettere che si rovini l’esistenza pensando a tutte quelle ore di distanza. Ma sopratutto, e questo Shouyou lo sa fin nel profondo delle sue viscere, non può invischiarlo in quella affannosa ricerca di risposte che lo porta ad andare sempre più lontano e sempre più vicino alla meta, sempre più prono a perdere la rotta per trovarne una che sia diversa dalla precedente.

 

Shouyou ha mille domande e sempre meno risposte, ed un solo anno in Giappone nulla è servito a trovarne; ma è un cammino che è ormai consapevole deve compiere da solo, ed una strada, quella verso se stesso, che non può mescolare a quella verso un altro.

 

Eppure, in quella notte della vigilia della partita che li coronerà vincitori del campionato, avviluppati nelle lenzuola fresche e con la frenetica ricerca di qualcosa, l’uno nel corpo dell’altro, l’uno nel contatto dell’altro, Shouyou ricorda di essere stato egoista. Egoista nei baci soffocati e sempre più decisi, nel sudore che si mescola all’odore della pelle, nelle mani che prendono possesso di quella pelle agognata, le dita che corrono lungo i muscoli tesi, che indugiano sulla pelle illuminata, si fermano all’incavo del collo, stringono e spingono e toccano lasciando un’impronta indelebile. Egoista perché Shouyou di quella notte ricorda ogni momento, impresso a fuoco nella sua memoria; vive e rivive ogni secondo ed ogni tocco, ogni terminazione nervosa infiammata ed ogni sospiro, quel volto candido e quel sorriso furbo e dolce assieme, quel sorriso che sale agli occhi solo per lui. Shouyou tocca e assapora e sa già che il giorno dopo dovrà essere un adulto: mettere fine a quanto appena iniziato e ricordare che nel cercare la sua strada, non può far affondare altri con lui.

 

Di quella notte di egoismo Shouyou ricorda ogni gemito, ogni sospiro, ogni spinta - controllata, erratica - che ti avvicina al culmine; ne serberà ricordo nelle fredde notti solitarie, con lo sguardo volto al cielo incontaminato del Brasile.

 

 

 

Occhi di sole 

Mi bruciano in mezzo al cuore 

 

 

Atsumu Miya sa di avere un carattere difficile. Non ha peli sulla lingua, ama la provocazione ed ama stare al centro dell’attenzione. Lo sa, ne è consapevole, un po’ di stronzaggine gli fa bene e lo aiuta a schermare l’animo ben più sensibile di quello che vuole dare a vedere.

Sa anche che, agli occhi del suo gemello, tutto cambia.

 

È nel bel mezzo di una pausa, prima dell’inaugurazione della nuova location di Onigiri Miya, che Osamu gli chiede che cosa sia successo tra lui e Shouyou. Atsumu deve fare un grande sforzo per mentire - e gli riesce malissimo.

 

Nel momento in cui Osamu glielo chiede la prima volta, Atsumu è cosciente del fatto che non sarà neanche l’ultima. Shouyou è partito qualche mese prima, e hanno parlato saltuariamente per messaggio.
Atsumu vorrebbe poter dire di aver fatto la cosa giusta nelle settimane che precedevano la partenza, e di aver tagliato tutti i ponti. Ma dato che Atsumu oltre ad essere un finto stronzo è anche profondamente masochista, dall’alto della sua giovane età e delle infinite pep-talk provenienti dagli spogliatoi dei Black Jackals - che tutto avevano capito ancor prima che lo capissero i due interessati - si decide a godersi Shouyou fino all’ultimo secondo.

 

Il problema è che poi Shouyou parte, e non c’è alcuna promessa tra di loro. Lui l’ha sentita quella richiesta, la prima sera. Ma è stata prontamente ritirata dal ragazzo, e Atsumu non può permettersi di aspettare le persone senza che queste glielo chiedano. È umanamente impossibile ed anche un po’ da sfigati. D’altronde, è da sfigati anche avere una cotta spaventosa per un giocatore che hai visto mezza volta ai Nazionali e che ti ha tolto la terra da sotto ai piedi.

 

Osamu ha ragione, e probabilmente si aspetta una risposta. Atsumu, in quel singolo lasso di tempo che va dalla domanda al momento in cui il gemello volterà gli occhi verso di lui, decide il prossimo passo.

 

“Mi scarico Grindr.”

 

La sua risposta ha un che di esilarante e Atsumu ne è consapevole. Ma almeno, ha sviato un po’ il discorso. 

Quello che Atsumu non può sapere allora, seduti a gambe incrociate sul pavimento della nuova location di Onigiri Miya - a cui altre tre si aggiungeranno nel corso degli anni successivi - è che si troveranno ancora ed ancora, lui ed il gemello, a parlare di quell’argomento, seduti a gambe incrociate sul pavimento, tra una pulizia ed un’altra.

 

Quello che Atsumu non sa è che passeranno tanti anni - troppi, se glielo chiedi ora - in cui quel filo sottile che lega lui e Shouyou, che li avvince quando iniziano gli allenamenti per la Nazionale, e minaccia di stritolarli quando si ritrovano al terminal dell’aeroporto per salutarsi - Shouyou pronto ad una stagione in Brasile, Atsumu pago dei traguardi stellari che i Black Jackals raccolgono anno dopo anno - quel filo che a tratti sembra quasi inconsistente, ombra di se stesso, non è destinato a spezzarsi così facilmente.

 

“Contento tu” Osamu risponde; Atsumu percepisce acutamente il sottile velo di ironia, mista a genuina preoccupazione, che quelle poche sillabe nascondono. Poi si alzano, il tempo di qualche battuta per vedere se Osamu arrossirà come suo solito al pensiero di un certo opposto che gli ha fatto sapere che riuscirà a venire all’inaugurazione - un certo opposto bravissimo e titolare in una squadra delle divise orrende, Atsumu aggiunge - e la conversazione finisce lì.

 

 

 

 

Voglio mille lune 

Per accarezzarti

 

 

Una delle abitudini che hanno accompagnato Shouyou nel corso della sua vita, che ritorna, implacabile - a Miyagi, a Rio, a Sao Paulo - è quel momento in cui, con lo sguardo e il naso puntato in alto, si ferma a guardare le stelle.

 

Ricorda sempre con piacere quella prima volta in cui aveva capito che i sentimenti per il suo compagno di squadra erano tutto fuorché platonici, quando con gli occhi puntati al cielo e lo sguardo pensoso - era la vigilia di una qualche partita che era tremendamente importante per le loro menti da adolescenti - lui e Tobio si erano fermati ad ammirare una notte piena di stelle, di un blu ipnotizzante. Shouyou ricorda di essersi sentito incredibilmente piccolo e di aver pensato, forse inconsciamente - o forse si era trattato davvero della prima volta - che avrebbe voluto guardare infiniti cieli ed infinite stelle, da ogni parte del mondo.

 

Quanto si sentiva piccolo, a star lì tra le colline della prefettura, pronto a saltare in sella. Fremente d’eccitazione per tutto ciò che la vita sembrava offrirgli.

 

Fin dalle prime settimane dal suo arrivo in Brasile, appena diciannovenne,  quando riusciva a trovare dei minuti liberi tra una consegna e l’altra; scendeva in spiaggia lentamente, assaporando la brezza estiva, i rumori della città e delle lingue dei turisti che si mescolavano, gli odori dei piatti tipici e la salsedine che si attaccava ai vestiti ed alla pelle e che ormai sembrava diventare un tutt’uno con lui.

 

Shouyou ricorda con nostalgia persino quei momenti, seppur per motivi diversi; era approdato in quella terra straniera per ripartire da zero, per ricostruire un nuovo se stesso, per ritornare a casa - una casa che iniziava a sembrare sempre più angusta e lontana e sconosciuta - più forte di prima. In quei momenti sentiva il silenzio che lo permeava, guardava al confine labile che sembrava unire cielo e terra, e si sentiva ancora più piccolo.

 

Ripensava spesso alle parole del senpai Nishinoya, che aveva stupito tutti affermando che non avrebbe continuato a giocare a pallavolo perché voleva scoprire il mondo. Loro, piccoli fili d’erba in una prefettura qualunque del Giappone, sparsi nel mondo a scoprire se stessi. Shouyou all’epoca non poteva sapere che, dopo un solo anno in Giappone, sarebbe ritornato, ancor più determinato di prima, in quello stesso continente. Non poteva immaginarlo eppure in fondo se lo auspicava; quel desiderio irrefrenabile che dava ali ai suoi piedi e lo trascinava giù dalla montagna fino ai cancelli del liceo, che spingeva il suo cuore a saltare sempre più in alto - e le sue ginocchia a seguirlo -, e che lo avrebbe spinto sempre più lontano. Sempre più vicino però, a capire quello che aveva dentro.

 

Riflette spesso sul concetto dell’inevitabilità. Quando prima aveva sentito le parole del senpai, era interdetto; un libero di tale talento che decide di gettare tutto all’aria per scoprire il mondo. Eppure, pochi mesi dopo, si riscopriva a pianificare nel dettaglio un viaggio che comprendeva anche un cambio di sport. Si sorprendeva a pianificare la via più tortuosa per raggiungere l’obiettivo più canonico. 

 

Cosa sarebbe successo se avesse deciso di continuare con il beach-volley? Se lo chiede spesso, tra una trasferta ed un’altra. Quando il sole cocente lo colpisce e lo sferza, o quando la sera, dopo un estenuante allenamento, pensa di buttarsi nella mischia e giocare per il solo desiderio di farlo.

 

Anche in quei momenti, Shouyou si volta, e guarda il cielo. 

Ha ventisette anni; quattro stagioni con l’ASAS, e mai la voglia di guardare indietro. Ma neanche avanti. Shouyou sente di essere in grado di guardare solo in alto.

 

I passi sono sempre più lenti; la maturità, infatti, gli ha regalato la pazienza, la gioia di assaporare ogni piccolo momento. Continua ad essere lo stesso contenitore traboccante di energia che era da adolescente, ma un certo senso di quiete gli adorna le membra. Una calma serafica accompagna le sue passeggiate notturne.

 

Guarda in su e scorge una luna brillante e nitida. Ancora oggi, dopo le Olimpiadi e dopo la Nazionale e dopo la Super Liga, si sente un piccolo filo d’erba, un piccolo puntino minuscolo. Sorride, tra sé e sé, pensando che probabilmente il bagno notturno che ha intenzione di fare lo pagherà caro il giorno dopo. Ha imparato a prendersi cura di sé, del suo corpo e della sua mente; ma ci sono alcuni momenti che percepisce essere iconici e che vuole vivere al massimo, al pari di questo.

 

Sulla spiaggia si scorgono le sue impronte ed una t-shirt dimenticata. Shouyou si tuffa e nuota con lentezza, assaporando quell’acqua fresca, la sensazione sulla pelle del vento, la stanchezza del giorno che sembra scivolare via. 

 

Osserva la luna riflettersi sullo specchio d’acqua, ne vede quasi riflessi i suoi pensieri più sconclusionati. Quando la sua mente si libera, come in questi momenti, nel retro dei suoi pensieri si socchiude sempre la stessa porta: ricordi dal sapore dolce-amaro. 

 

Di quella notte con Atsumu, e di tutte quelle che sono susseguite. Ai nazionali, ai ritiri, alle olimpiadi, quando non erano impegnati in altre relazioni. La verità è che Shouyou, di relazioni troppo lunghe, non ne ha volute. Non ne ha cercate, né sono arrivate.
Ha avuto un solo pensiero in questi anni, una promessa ritratta. 

Ed un solo obiettivo, quello che lo ha portato così lontano da casa.

 

Continua a riflettere sull’inevitabilità delle cose, sul ritorno in Brasile e sulle offerte che riceve da vari team in patria. Sui cieli stellati che hanno accompagnato le avventure più disparate, che hanno sempre risposto alle sue domande con un silenzio cocente ed assordante.

 

Sull’inevitabilità dei suoi pensieri, che ritornano ad un solo palleggiatore. Su quel legame che sembra non stroncarsi mai del tutto, che mai sembra avere risoluzione.

 

In una notte che sembra come altre, ritorna a riva. Corre al suo appartamento per una doccia calda, apre il telefono e digita qualche messaggio. Cerca su internet un biglietto aereo, voli ed offerte, sicuro di cosa fare. Invia.

 

 

 

 

(Muoio d’amore)

 

 

“Mi aspetti?”

 

Voglio girare il mondo, voglio perdermi, e poi ritrovarmi. Voglio farlo da solo.

 

Alle infinite conversazioni che Shouyou ha fatto tra sé e sé, a quelle confidenze fatte solo alla luna, si sostituisce una scena.

 

C’è la brezza della sera, una piazza adombrata, i lampioni scoloriti che la rendono ancora più magica.

Sedie e sedie che si susseguono; è un cinema all’aperto, una proiezione di cui hanno sentito parlare per caso dalla proprietaria dell’abitazione che hanno preso per queste vacanze italiane più o meno improvvisate.

Si trovano in una di quelle cittadine magiche abitate da pochi fedeli abitanti, in cui il tempo sembra fermarsi su se stesso, immobile, e le serate ed i volti ed i paesaggi sono tutti uguali e pieni di meraviglia.

 

Si siede sulla sedia. Al suo fianco, un piccolo movimento, impercettibile; una mano che si protende verso la sua. Guarda in alto e vede un cielo blu notte, le stelle così visibili, più luminose della luce fioca dei lampioni, una luna opaca e tondeggiante. Si volta al suo fianco e scorge un sorriso; spavaldo, dolce, suo.

 

Ricorda quando mesi prima, ebbri del successo e della spavalderia, avevano intrecciato quelle stesse mani e le avevano portate al cielo; salutavano così gli anni di carriera, i Black Jackals, la nazionale e le olimpiadi. Salutavano quel terreno su cui avevano combattuto tra i giganti. Mano nella mano.

 

“Ti ho aspettato tutta la sera.”

 

È diventata quasi una battuta, tra di loro. Una vita in attesa della mossa dell’altro, di corsi e ricorsi, file in aeroporto, ed infine la voglia di chiarezza, proprio quando sembrava che quel filo ostinato che li univa stesse quasi per rompersi. 

 

“Sì?”

 

Shouyou non fa nulla per celare l’emozione, la gioia di quel viaggio agognato e di quella vita che gli sembra ancora dispiegarsi innanzi a loro, nelle sue infinite possibilità, nella brezza che li riporterà a casa, nei nuovi posti che vogliono esplorare, insieme.

 

 

“Ti ho aspettato tutta la vita.” Atsumu si volta, la bellezza di quel viso illuminata dalla luce fioca, un sorriso che arriva agli occhi e che è ancora, solo, dedicato a lui.

 

 

“Sono qui.”


 


*Note (lunghe) dell'autrice: Ehm ehm ehm. Innanzitutto, mi sembra doveroso mettere le mani avanti e dire che sì, se scrivo di Haikyu finisco sempre a scrivere AtsuHina, e le poche storie che ho pubblicato si assomigliano un pò tutte. Anche questa, infatti, mi sembra trattare degli argomenti che mi sono più cari; la lontanza, il legame tra Atsumu e Shouyou - un giorno giocherò per te -, il motivo per cui Shouyou ritorna in Brasile. Insomma, nihil novi sub sole ma con un contenitore nuovo. Talvolta penso che non riuscirò mai a scrivere nulla di diverso su di loro, si sono fissati così nella mia testa e c'è poco da fare.

Aggiunte sparse: questa storia è nata dalla scena "Ti ho aspettato" del film "Le sorelle Macaluso". Ho guardato i primi venti minuti e prima di poter proseguire il mio cervello in over-drive già urlava ATSUHINA da tutti i pori; consequenzialmente, il ritmo si è evoluto insieme alla fantastica versione di "Meravigliosa creatura" che si ascolta nel film.

Le scene di Shouyou ed il titolo della storia sono tutte liberamente ispirate al film "Moonlight" ed in particolare alla scena: "I think we've got ourselves a swimmer". Non credo minimamente di essere riuscita a rendere la poeiticità di quel fotogramma, ma ci proviamo. 

Last but not least: Pandora13, grazie <3 è un piacere poter sclerare insieme su questi due ragazzi e sul mondo fantastico dei rare-pairings. Il riferimento allo stretching nella storia è ispirato alla tua fantastica drabble. Spero che questa AtsuHina possa piacerti. <3 

Il riferimento ai fili d'erba l'avrete colto sicuramente, è un'immagine proveniente da "strappare lungo i bordi". 

   
 
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