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Autore: AleeraRedwoods    11/03/2022    3 recensioni
Seconda one shot legata alla long La Stella dei Valar!
Dal testo:
-Cambiamo gioco, per favore.- Si lamentò, l’Alfiere del Cielo.
La sua stella lo accarezzò con clemenza: -Va bene, va bene.-
-E che non sia di nuovo una gara di barzellette perché fai ancora più pena con quelle…-
-Ehi!- Si indispettì lei, che del repertorio di barzellette collezionate grazie a Thorin Elminpietra se ne faceva un vanto. Tutta impettita, alzò la voce: -Ho deciso, giochiamo a Indovina Chi.-
-Questo non è meglio di-
-Pensato! Dai, fammi le domande.-
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Glorfindel, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Bentrovati!

A voi la seconda one shot legata alla long
La Stella dei Valar.
Per chi si fosse perso la prima, eccola
qui
^-^
 
Per questo spaccato in particolare, credo sia difficile capire cosa sta accadendo senza aver letto la long!
Comunque, aggiungo qui una piccola contestualizzazione, utile a tutti <3
 
Nota per chi ha letto la long (e per i curiosi, obv <3): Questo, in origine, era un pezzo dell’epilogo, posto proprio alla fine, come chiusura. Per motivi di trama, lunghezza e coerenza, alla fine ho deciso di toglierlo.
Tuttavia, ce l’avevo ancora lì. E che fai, te ne privi? XD Nopee, e quindi eccomi a condividerlo con voi <3
È un po’ campato in aria, lo ammetto, ma lo ritengo ancora dolcissimo e, perché no, divertente.
Mi si spezzava il cuore ad eliminarlo T-T
Prima di pubblicarlo, l’ho risistemato un poco, optando per un ritmo che intervalla brevi descrizioni e conversazioni dirette.
Fatemi sapere cosa ve ne pare e se l’esperimento può considerarsi buono o assolutamente da bocciare >.>
 
Rating: Verde
 
Ambientazione: Sillen, la Stella dei Valar, è da qualche tempo ascesa al cielo con il suo fidato Alfiere e vive una vera e propria “giornata tipo”.
O meglio, di una stella e di un'arma divina che giocano a Indovina Chi.
Collocata temporalmente mesi dopo gli avvenimenti narrati nell’epilogo. 
 
Personaggi:
-Sillen, la Stella dei Valar.
-Alfiere del Cielo, arma divina creata dalle stelle.

Ma ora arriviamo sodi al dritto: buona lettura!
 
Baci,
Aleera

 


 
-Di quella volta che una stella disse una bugia-
 
 


-Pensato.-
-Mhm, è un essere vivente?-
-Sì.-
-Pianta o animale?-
-La seconda, Al.-
-Vola?-
-Beh… no, non credo lo faccia.-
-Il cervo.-
-…-
-Lo sapevo, è inutile giocare a questo gioco con te.-
-Uff, ma come fai a vincere sempre?!-
-Sillen, è la terza volta di fila che pensi al cervo. Se non è quello è l’aquila. O il cavallo. Da MESI.-
 

Nel tepore immobile e silenzioso delle profondità del cielo, le stelle sonnecchiavano.
Rannicchiate nel loro bozzolo immateriale, etereo, infinito, si stringevano le membra traslucide al petto dorato, insensibili allo scorrere del tempo.
Dal basso, laggiù sulla terra, non erano altro che luce, puntini vigorosi e imperturbabili, sospesi al di fuori di ogni dimensione terrena e appiccicate al nero dell’etere notturno.
Nessun evento, nemmeno tra i più catastrofici, avrebbe potuto turbarle tanto da convincerle a muoversi, figurarsi allontanarsi dal loro involucro accogliente.
Dopotutto, nessuna stella conosceva altro modo di vivere.
Nessuna.
Tranne Sillen, s’intende.

 
-Non che io abbia visto tanti altri animali…-
-Appunto, inutile giocare a Indovina Cosa con te.-
-Sei tu che ne conosci troppi. E sei sempre rimasto sotto terra, come è possibile?-
-Te l’ho detto: io so tutto.-

 
Trovare nuovamente il suo posto, tra le braccia di quell’inconsistente nido di calore, per lei era stato normale come respirare. Aveva osservato il proprio corpo perdere solidità, farsi pura luce, ricordo delle sue fattezze mortali, e mai come allora si era sentita nuda ed indifesa. 
Tuttavia, lì nel buio della volta celeste, non esistevano pericoli per le migliaia di stelle che vi dimoravano. 
 
A malapena esistevano l’una per l’altra.
 
Sillen si guardò attorno con lentezza innaturale, ormai priva di ogni percezione di sé. 
Magari, giocando con le altre sue simili, avrebbe vinto: d’altronde, loro sapevano ancor meno di lei, a proposito del mondo terreno.
-Dici che se urlassi quella stella mi sentirebbe?- Sussurrò, come se la diretta interessata alla sua destra potesse già captare la sua voce sottile e rimproverarla anche solo per aver osato pensare una cosa simile.
-Sì, forse. Ma non credo ne sarebbe felice.- Puntualizzò l’Alfiere del Cielo, stretto al suo petto. 
Nell’immensità del firmamento, in effetti, non si sentiva un fiato. Complice la distanza che intercorreva tra una stella e l’altra, tanta da vedersi a malapena tra loro, vigeva la tacita regola dell’ignorarsi.
Da terra sembravano molto più vicine.“ Si era lamentata Sillen, appena giunta lì. Invece, era certa che avrebbe impiegato più di un giorno di cammino per raggiungere le altre, se avesse provato.
Non le era concesso farlo.
 

Stiracchiandosi nella sua culla, la Stella dei Valar lanciò uno sguardo al lontano astro del Sole, Arien, impegnato nella sua lenta processione al di sopra della Terra di Mezzo.
Ormai, stava svanendo da quella porzione di cielo, tramontando ad Ovest.
Sillen sentì l’impazienza attanagliarle le viscere -per quanto incorporee- consapevole solo del fatto che la notte sarebbe presto arrivata.
 

-Pensato.- Esordì l’Alfiere, attirando la sua attenzione.
-Animale?-
-Sì.-
-Quante zampe ha?-
-Quattro.-
-Cavallo!-
-No, Sillen.-
-Oh… C-cervo?-
-Oddei.-
-Va bene, mi arrendo!- 
 

Aspettava ogni giorno l’arrivo dello schivo e mutevole Tilion, astro della Luna. La presenza di Arien era piacevole, certamente, ma Sillen sapeva che la sua immensa luce celava lei e le sue sorelle al mondo terreno.
Solo la delicatezza di Tilion permetteva loro di essere protagoniste.
Ed era allora, in quelle notti terse di cui lui era padrone, che tutti potevano vederle.
E a lei pareva quasi di sentire su di sé uno sguardo in particolare, fra i tanti vòlti in alto, fisico come una carezza.
Sporgendosi verso il basso, la distesa di acqua, terra, montagne e alberi accoglieva la sua curiosità.
Peccato che, così in alto, a malapena riuscisse a distinguere le valli dai monti.
 

-Cambiamo gioco, per favore.- Si lamentò, l’Alfiere del Cielo. 
La sua stella lo accarezzò con clemenza: -Va bene, va bene.- 
-E che non sia di nuovo una gara di barzellette perché fai ancora più pena con quelle…-
-Ehi!- Si indispettì lei, che del repertorio di barzellette collezionate grazie a Thorin Elminpietra se ne faceva un vanto. Tutta impettita, alzò la voce: -Ho deciso, giochiamo a Indovina Chi.-
-Questo non è meglio di-
-Pensato! Dai, fammi le domande.-
 

In effetti, non passava un attimo senza che la giovane stella pensasse.
O meglio, ricordasse.
A volte, se Al taceva abbastanza a lungo, ella poteva persino immaginare di scivolare all’interno dei propri vividi ricordi, come una piuma spinta dalle correnti.
Rivedeva i suoi amici, uno ad uno, come li avesse avuti d'innanzi.
Immaginava come sarebbero cambiati, nel futuro, crescendo o invecchiando. Intanto, ne ridisegnava i dettagli nella mente, con la stessa nitidezza che allora avevano saputo donarle i suoi occhi.


Eppure, per quanto si sforzasse di concentrarsi su tante cose, su tante persone, il pensiero virava inevitabilmente in un’unica e prepotente direzione.

Lentamente -o forse velocemente, non ne aveva idea- i paesaggi ameni della Terra di Mezzo venivano inghiottiti dal ghiaccio bollente di uno sguardo sin troppo familiare.

Tutto sulla sua pelle -il vento, l’acqua, il freddo o il tepore- veniva scalzato dalle carezze inconfondibili di due mani grandi.

Il profumo dell’erba, del terreno umido, della cenere e della birra, eccoli appallottolati in un angolo.
Rimaneva il bosco selvaggio, e la sensazione di perdersi dentro esso.


-Sillen?-
Lei si riscosse: -Scusa Al, cosa stavi dicendo?-
-Stavo chiedendo se è Umano o no.-
-Oh no, non è umano.-
-Elfo?-
Lei annuì, sorridendo.

Al che, l’Alfiere sbuffò, di nuovo, esasperato. Come sempre.
Pose comunque la domanda successiva, con voce annoiata: -Biondo, immagino.-
L’altra arrossì ma annuì ancora, piano.
 

Fili d’argento. Li ricordava illuminati dal sole, umidi di rugiada, intrecciati maldestramente dalle sue stesse mani. 
E poi seta sul suo corpo, solletico e brividi.
 

-Un elfo con la faccia da funerale?-
-Mhm.-
 

Labbra imbronciate, tese, distorte dal disappunto.
Oppure schiuse, dolci, sorridenti, mosse per rivelare pensieri e storie.
E anche bollenti, avide e bagnate, incurvate in un ghigno infantile e seducente, pericolose come la più vergognosa delle tentazioni.
 

-Sillen, cambiamo gioco.-
-Ma non hai indovinato!-
 

Al dovette fare appello a tutta la sua millenaria pazienza per non insultarla seduta stante.
-Lo sappiamo entrambi che ho già capito.-
La stella si imbronciò, la sua luce vibrante e avvolgente: -Non è detto.-


Doveva sempre finire così, era inevitabile. Lui ne aveva anche abbastanza, per oggi.
Ed era quasi certo che assecondarla ogni singola volta non le facesse troppo bene.


-Stai pensando a Thranduil.-
-…-
-…-
-…No.-
-Sillen, non si dicono le bugie.-
-Ti dico di no!-
-Guarda che condividiamo questo posto e la temperatura è salita di almeno dieci gradi negli ultimi cinque minuti. Se non vuoi carbonizzarmi, smettila di fantasticare sul tuo surgelato reale.-
-Aaaaaah non è vero!-
 

 
Intanto, sulla terrazza delle stanze reali di Bosco Foglieverdi, due elfi contemplavano l’imbrunire, gli occhi acuti e attenti per scorgere le prime stelle della sera.
Uno dei due prese a sfregarsi una mano inanellata contro l’orecchio destro, storcendo il naso: -Qualcuno sta parlando di me.-
L’altro sollevò il calice di vino del Dorwinion e se lo portò alle labbra, annoiato: -Ti staranno insultando. Sono certo che in molti avrebbero dei validi motivi per farlo.-
Thranduil lo ignorò bellamente, concentrato sulle stelle sopra di sé. Come sempre, una tra tante brillava con più fervore, facendo a gara con il cerchio pallido della luna.
-Dici che può vederci?- Chiese Glorfindel, di punto in bianco.
Il Re degli Elfi sospirò piano, rigirandosi il proprio calice tra le mani: -Non lo so. È così lontana che-
Prima ancora che finisse la frase, un fiotto di vino rosso fu versato sui suoi capelli d’argento, tutto d’un colpo.
Per un secondo ci fu silenzio.
Poi -Dei, spero abbia visto questo.- La risata del Vanyar trafisse i timpani del malcapitato, frantumando la sua aura spaventosa come una folata di vento sulla polvere.
L’elfo dorato prese a scappare per la terrazza, tra gridolini che tutto erano fuorché virili.
-Tula sinome, Glorfindel! (vieni subito qui)-
La stella sopra le loro teste tremava e lampeggiava, come ad unirsi a quel frastuono di voci e piedi e strattoni.
Nemmeno troppo celato, un sorriso distese il viso del Re degli Elfi, poco prima che anch’egli riuscisse a versare il proprio calice dritto sulla faccia del potente Vanyar.


 
 
 
 
 
   
 
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