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Autore: Dhialya    18/03/2022    0 recensioni
Una serie di eventi sconnessi tra loro, il rimorso graffiante di troppe parole taciute.
La sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Sbatté varie volte le palpebre, quasi sperando che in quel modo tutto tornasse alla normalità. La libreria svuotata, i fogli sparsi per il divano, il tavolino rovesciato e una tazza andata in pezzi. Qualche buco sul muro, la vetrata che dava sul balcone crepata. E il sangue. Sul pavimento c'era una scia di chiazze di sangue.
-Che cazzo è successo?-

Una storia dove passato e presente s'intrecciano riportando a galla ricordi di una vita intera, dove i rimpianti esondano e non sempre certe situazioni sono così facili da affrontare o sistemare.
Dove la speranza è l'ultima a morire o forse se n'è andata già da tempo.
Osservò il cielo azzurro fuori dalla finestra e il sole illuminare la stanza con una prepotenza che quasi le fece male agli occhi, la testa ogni tanto le mandava delle fitte acute e le ferite sotto le bende bruciavano.
Faceva caldo, ma lei sentiva solo freddo.
-Ho perso l'Unicità.-

[Altri generi: Mistero, Malinconico, molto Introspettivo;]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Cherry Blossom Tree
Settimo Petalo.








“Ciao Eira, tutto bene? Ci sei uno di questi giorni?”

S'infilò un paio di pantaloni e un maglioncino leggero, mise delle scarpe comode e raggiunse la stanza di Eden e Sayla. Tirò su la tapparella in modo che avessero abbastanza luce e, dopo essersi appurata che non gli mancasse niente ed avergli fatto qualche carezza, si chiuse la porta alle spalle. Uscì di casa giusto qualche minuto dopo aver finito di sistemare gli ultimi dettagli ed aver inserito l'allarme - ormai era diventata un'abitudine.

Occhieggiò l'orologio mentre percorreva il vialetto di casa, chiudendo gli occhi per qualche attimo quando la luce riflessa sullo schermo la colpì in pieno viso, infastidendola. Segnava le 14.46 di giovedì pomeriggio.

Merda. Forse avrebbe dovuto avvisare che tardava.


Aveva appuntamento al centro commerciale alle tre, ma era consapevole che ci avrebbe messo una ventina di minuti a percorrere la strada dal momento che non disponeva di un'auto e non le piaceva prendere i mezzi – e in ogni caso, non aveva tempo per aspettare. Affrettò il passo, occhieggiando la strada quel tanto che bastava per non andare addosso a nessuno mentre digitava qualcosa sul cellulare.

A differenza di come fosse iniziata la settimana, con pioggia e aria fredda, quel giorno sembrava che le stagioni si fossero riavvolte, riportando un tempo settembrino. Il sole riscaldava quel tanto che bastava per non avere freddo e c'era chi addirittura era in giro in felpa, accaldato per quell'improvviso cambio di tempo e portando sottobraccio le pesanti giacche invernali. Le fresche ventate di aria s'insinuavano tra le chiome degli alberi facendo cadere qualche foglia già secca.

Yuhiko si beò della sensazione del sole sulla pelle, sentendo le membra sciogliersi sotto quel tocco delicato. Le dava la stessa sensazione di torpore di quando si svegliava nel letto in pieno inverno, raggomitolandosi sotto il piumone caldo mentre fuori pioveva o l'aria era particolarmente gelida e non aveva voglia di alzarsi.

Il suo cellulare vibrò.

“Tranquilla! Anche Mina è in ritardo.”



***

 


Yuhiko si stava ancora mordendo la lingua per la sua sbadataggine, mentre apriva la chat per leggere il messaggio di Ochaco. Ci mise poco a decidere cosa rispondere, accovacciandosi sul divano e tirandosi addosso una coperta. Fece mente locale ricordando i turni di lavoro mentre i due coniglietti le saltarono accanto, accoccolandosi sui cuscini.

“Tutto bene, grazie! Tu? Sarei libera giovedì pomeriggio e sabato mattina.”

Mentre aspettava la risposta di Uravity aprì la chat di quella che era stata la sua classe alla Yuuei.

Scorse velocemente la conversazione e si morse un labbro, pensierosa, muovendo distrattamente una mano in direzione delle orecchie nere di Eden per accarezzarle. Solitamente parlavano delle ultime missioni e notizie del mondo degli Heroes – per quanto potessero dire con il segreto professionale, per lo meno – o la usavano per mettersi d'accordo per ritrovarsi tutti insieme, anche se spesso qualcuno mancava a causa del lavoro.

A lei dispiaceva, perché non aveva più l'occasione di incrociarli sul campo, e leggere i loro messaggi era un modo per sentirsi ancora parte del gruppo. Il discorso che aveva catturato l'attenzione quel giorno piovoso, però, era il compleanno di Kirishima, che si era premurato di mandare un messaggio ricordando a tutti della sua festa. Li aveva invitati – di nuovo, perché già ne aveva parlato – nel suo appartamento per una serata senza troppe pretese, un compromesso pensato in modo che chi finiva tardi o iniziava presto a lavorare sarebbe riuscito lo stesso a passare per un saluto.

Yuhiko immaginò la conoscesse abbastanza bene per averle scritto anche in privato, sapendo che spesso perdeva la cognizione del tempo. Si premurò di rispondere anche a Red Riot prima che la iniziasse ad inondare di chiamate.

“Come potrei mancare?”

Poi si ricordò di un dettaglio e tornò alla chat di gruppo.

“Koji, riusciresti a procurarmi del fieno?”

Impensierita, gettò uno sguardo allo sgabuzzino dove teneva le scorte per Eden e Sayla. Non che l'avesse finito, ma Koda era dalle superiori che teneva animali e le aveva dato i consigli necessari quando le aveva affidato i due coniglietti, procurandole il necessario.

Il telefono le vibrò in mano e quasi le mancò la presa per quel trillo improvviso. Si diede della stupida, percependo il cuore stringersi in una morsa per lo spavento. Lanciò uno sguardo alla televisione e poi alla finestra, accorgendosi che quella sera, mentre tornava a casa, non aveva avuto la sensazione di essere seguita. Si sentì sollevata, ma non seppe se fosse un segnale positivo o meno. Forse era stato perché si era ritrovava in mezzo a tante persone e non ci aveva fatto caso.

“Giovedì andrebbe bene, sono libere anche Momo, Jirou e Mina. Volevamo prendere qualcosa per Kirishima, anche da parte dei ragazzi. Ti va di venire?”

La ragazza soppesò quella proposta per qualche attimo, ripercorrendo con la mente lo scambio di messaggi. Presa da una vaga forma di sincerità verso se stessa si rese conto che effettivamente, oltre ad avere voglia di vedere le sue amiche, si sarebbe cavata dall'impiccio di non sapere cosa regalare a Eijirou e rischiare di uscirne matta per il poco tempo a disposizione.

“Volentieri.”




***


«Eccola...»

«Finalmente... siamo qui!»

«Mina! Si può sapere dove ti eri cacciata?»

La ragazza si fece largo tra i gruppetti di persone, arrivando davanti alle ragazze che la stavano aspettando in due ultime, disperate, falcate. Mentre Momo e Ochaco abbassavano le braccia con cui si erano fatte notare da Ashido quando l'avevano vista guardarsi intorno senza riuscire ad individuarle, quest'ultima approfittò di quei secondi di stasi per prendere delle grosse boccate d'aria.


«
Sc... scusate, scusate davvero!» boccheggiò, alquanto drammatica, guadagnandosi due paia di sopracciglia alzate e delle espressioni rassegnate.

«Ho avuto un imprevisto.» congiunse le mani, abbassando il capo per dare più enfasi alle sue parole. Il respiro era ancora affannoso, aveva cercato di metterci meno tempo possibile per non tardare troppo ma cercando di conservare del contegno. Dopotutto era un personaggio pubblico, e la sola idea di farsi beccare da qualche paparazzo con il trucco sfatto ed i capelli arruffati fuori dal contesto lavorativo la faceva rabbrividire.

«Scommetto che non sapevi cosa metterti.» la punzecchiò tempestivamente Yuhiko, con un ghigno, mentre Jirou roteava gli occhi. Mina gonfiò le guance, indispettita.

«No! Cioè si… anche. Ma ho fatto tardi con la ronda!» si giustificò, andandole incontro per abbracciarla e per nulla turbata degli sguardi di esasperazione che le riservarono Yaoyorozu e Ochaco. La mora si lasciò cingere dalle braccia rosate che se la tirarono addosso con entusiasmo, ridacchiando confortata dall'esuberanza che caratterizzava Ashido da quando la conosceva. Ci aveva messo un po' a capirla: Mina era troppo entusiasta e sbarazzina, rispetto a lei dal carattere decisamente più chiuso e con altri pensieri, ma dopo mesi di accademia insieme erano riuscite a trovare un equilibrio nelle loro interazioni.

A Yu piaceva il suo lavoro al negozio, ma durante quei momenti, quando si ritrovava con quelle che erano diventate negli anni alcune delle persone più importanti della sua vita, sentiva quanto le mancassero. Le esperienze passate insieme erano ancora vivide nella sua testa, ricordi di momenti che sfarfallando tranquilli si materializzavano davanti agli occhi come se non fosse passato un singolo giorno dai tempi insieme in Accademia.

Eira ricordava quanto fosse stato difficile dover abbandonare tutto, prendere la decisione di allontanarsi dai riflettori, buttare letteralmente al vento gli anni passati ad impegnarsi e allenarsi, mettere da parte il sogno di una vita che aveva coltivato fin da quando era poco meno che ragazzina. Ricordava i notiziari, gli sguardi amareggiati e preoccupati che le erano stati rivolti per settimane, la frustrazione di essere trattata come se avesse comunicato che sarebbe morta di lì a breve.

Forse era davvero scappata. Forse era stata davvero una codarda. Forse una parte di lei era davvero morta in quelle giornate lunghe e tortuose.

Eppure non era riuscita a fare diversamente.

La pressione era troppa. La sensazione di non fare abbastanza ancora peggio. Quello che era capitato in quella che sarebbe stata poi una delle sue ultime missioni la bastonata che l'aveva spezzata definitivamente. Non si fidava più di se stessa, della sua capacità di giudizio, della sua Unicità. E se mancano tutte queste cose, se non riesci nemmeno ad aiutare te stesso, come puoi pretendere di aiutare gli altri?

«Yuhiko, ci sei?»

La ragazza puntò lo sguardo di fronte a sé, sbattendo le palpebre un paio di volte. I suoi occhi grigi incontrarono i volti delle amiche che la stavano osservando con una punta di preoccupazione.

«Come?» domandò, completamente vigile. Si morse l'interno di una guancia, maledicendosi per essersi fatta distrarre dai propri pensieri.

«Stavamo parlando del regalo per Kirishima. Ma sei sicura di stare bene? Mi sembri pallida.» le fece notare Momo, avvicinandosi con fare apprensivo. Era sempre stata quella più matura di tutti, sia nel linguaggio che nel comportamento, che nella sua capacità di osservazione ed analisi. Crescendo aveva affinato tutti quegli aspetti che l'avevano resa, ai tempi, rappresentante di classe – un ruolo che, anche se ormai non frequentavano più la scuola, era come se non avesse mai abbandonato. Yaoyorozu era rimasta quel punto fermo, quella vocina della coscienza che faceva ragionare tutti senza la durezza dei rimproveri esasperanti di Iida. Calma, acuta e comprensiva come una sorella.

Yu sorrise con poca convinzione, lanciando al gruppetto un'occhiata di scuse.

«Mi ero distratta.» confessò, e le sembrò che negli occhi di Mina fosse passato un lampo di eccitazione.

«C'entra un ragazzo? Eh? Dai, dai, confessa!» fu infatti la serie di domande che le fece a bruciapelo, dandole delle gomitate nelle costole. La mora sentì il fiato mancarle qualche secondo e scosse la testa, arrossendo leggermente per dell'imbarazzo che non aveva motivo di esistere.

«Ma che dici? Lavoro tutto il giorno, non ho tempo per queste cose.» lanciò un'occhiata implorante ad Ochaco, trovandola a torturarsi le dita delle mani. Ghignò maliziosa.

«Piuttosto...» iniziò, sgusciando via da Mina ed avvicinandosi con passo felpato. Vide Uravity sussultare leggermente, senza riuscire a guardarla per più di qualche secondo, improvvisamente attirata dalle vetrine dei negozi attorno a loro.

«Come va con Izuku?» se possibile Uraraka diventò ancora più rossa mentre cercava di sfuggire agli occhi indagatori che la stavano osservando.

«No_Non ho… Non ho niente da dire!» sputò fuori con la voce più alta di un'ottava, mettendo le mani in avanti e scuotendole in aria. Il suo sguardo, però, si fece anche vacuo, come se stesse rimuginando su qualcosa. Yuhiko alzò un sopracciglio notando quel cambio di espressione, mordicchiandosi un labbro mentre si scambiava un'occhiata con le altre in cerca di spiegazioni, ma l'alzata di spalle piena di sconsolazione che fece Jirou le diede tutte le risposte di cui aveva bisogno. Roteò gli occhi, trattenendosi a stento dallo sbuffare.

Che cazzo aspettava Izuku?

Strinse le labbra, posando una mano sulla spalla di Ochaco in un vago gesto di rassicurazione e decidendo di cambiare discorso. Era palese che qualcosa doveva turbarla e non voleva rigirare il dito nella piaga. Uravity fu internamente grata di quel gesto, portandosi le mani dietro la schiena e sorridendo leggermente verso le amiche.

«Voi, invece? Tutto bene con Todoroki e Kaminari?» la sua attenzione si rivolse a Momo e Kyoka, consapevole che non avrebbe camminato sul filo del rasoio con quella domanda. Le due, infatti, già da tempo avevano instaurato una relazione ufficiale con i due ragazzi.

«Devi vederli! Sono proprio due coppie di piccioncini!» fu invece la risposta non richiesta che le diede Ashido, precedendo le due. Momo e Jirou protestarono, imbarazzate, e Ochaco ridacchiò, rilassandosi visibilmente. Yu lanciò loro uno sguardo, comprensiva.

Mina non aveva torto, in quel caso.

«Quindi, avete qualche idea?» prese in mano la situazione Kyoka, tornando al motivo per cui si trovavano li. Le sue guance avevano ancora una spruzzata di rossore e incrociò le braccia al petto, per cercare di scrollarsi di dosso la sensazione di disagio che i punzecchiamenti di Mina le avevano provocato. Le ragazze si guardarono, indecise, abbozzando qualche ipotesi. Uraraka si portò una mano al mento, pensierosa. Cercò di immaginarsi cosa potesse piacere a uno come Eijirou e si ricordò di una conversazione che aveva avuto con Izuku qualche giorno prima. I suoi occhi brillarono, vittoriosi.

«Forse ho un'idea!»



***



Si lasciò cadere sul divano, sentendo salirle addosso tutta la stanchezza, e chiuse gli occhi per rilassarsi.

Era stata una giornata particolarmente piena, per la gioia di Mashiro. L'uomo era stato entusiasta tutto il pomeriggio, muovendosi leggiadro tra i vari scaffali e banconi dispensando consigli e informazioni a chi glieli richiedeva come se fosse un'enciclopedia vivente. Era davvero bravo a toccare i punti giusti per convincere i clienti a spendere e il bagaglio di conoscenze di cui faceva sfoggio senza ritegno non faceva altro che renderlo più affascinante. Il fatto che non frequentasse nessuna donna era un dettaglio che la lasciava basita.

“I miei unici amori sono le reliquie. Non mi possono mentire.”

Quella bella giornata con il sole aveva spinto le persone ad uscire di casa e passeggiare per la città e molte si erano fermate, incuriosite dagli articoli che vendevano. Oltre a oggetti rari, dalla provenienza antica e certificata – quelli su cui Mashiro spendeva maggior tempo e denaro per procurarseli al fine di rivenderli a clienti di un certo calibro, sempre che non gli interessassero personalmente – il negozio era tappezzato di oggettistica particolare, di quella che non trovi nelle grandi catene di distribuzione. Se volevi comprare qualcosa che non possedeva nessuno quello era il posto giusto: acchiappasogni, libri sull'astrologia, l'occulto e leggende che attiravano gli appassionati del genere, pietre e gemme, lampade dalle forme sceniche, orologi intagliati a mano… sarebbe potuta andare avanti all'infinito.

Era la particolarità del negozio, i suoi mille colori, la sensazione di entrare in un altro mondo che l'aveva attirata in quel luogo la prima volta senza farglielo lasciare più.

Socchiuse gli occhi, puntando lo sguardo sul display del telefono che si portò davanti alla faccia. Segnava le 19.40. Era meglio se si preparava, altrimenti avrebbe fatto tardi.

Si recò in cucina, prese la razione di verdure per Eden e Sayla mentre l'acqua della doccia si scaldava. Non voleva rischiare di addormentarsi come poche sere prima ed era sicura che se si fosse immersa nella vasca non ne sarebbe più uscita. Il suo corpo urlava pietà per essere stato in piedi tutto il giorno e i polpacci formicolavano. Osservandosi allo specchio mentre attendeva ancora qualche attimo, notò che aveva i capelli tutti scomposti e due grosse occhiaie sotto gli occhi. Non riusciva a dormire più bene come un tempo ed era sempre tesa.

Si fece pena e si morse un labbro, sperando di non aver avuto quella faccia davanti ai clienti per tutto il pomeriggio.

Non poteva dirglielo, Mashiro, che avrebbe dovuto darsi una sistemata? Si buttò sotto la doccia, pensierosa e un po' emozionata, iniziando a lavarsi. Distrattamente sperò che il regalo che avevano scelto per Kirishima gli piacesse.




***



«Quindi siamo tutte d'accordo?»

Dal gruppetto si alzarono dei cenni di approvazione. Yuhiko sorseggiò il the freddo che aveva ordinato, accavallando le gambe ed accompagnando quel gesto con un'occhiata fintamente vaga che soppesò le persone che le circondavano, cercando di capire se ci fosse qualcosa fuori posto. Un ricordo non troppo lontano dell'attenzione che un Hero doveva riservare ad ogni particolare che lo circondava per non farsi cogliere impreparato.

Eira inspirò velocemente, grattandosi una guancia: era già da un paio di giorni che non percepiva nulla ma la cosa, invece che tranquillizzarla, la stava facendo impensierire di più. Ripuntò l'attenzione sulle ragazze, notando che non avevano fatto caso a quella serie di gesti sospettosi, troppo impegnate nello scambiarsi pareri.

«Vediamo cosa rispondono gli altri…» fu il commento pensieroso di Momo, che occhieggiò il cellulare lasciato sul tavolino dove si erano raggruppate. Eira si grattò la punta del naso mentre un cameriere serviva nuovamente da bere a Mina e Kyoka.

Ochaco si era ricordata che una sera Izuku le aveva raccontato che a Kirishima si era rotto il sacco da boxe. Prendergliene uno nuovo, accompagnandolo a dei pesi e qualche altra cosa per gli esercizi che faceva a casa, le era sembrava un'opzione carina e utile. Le altre avevano concordato, ma poi Yaoyorozu aveva fatto sorgere il dubbio che magari lo avesse già sostituito. A quel punto tutte avevano sospirato, mentre domandavano agli altri cosa ne pensassero e se qualcuno ne sapesse qualcosa. Fino a quel momento, però, a parte l'approvazione per l'idea, nessuno sapeva nulla di certo. Chiedere a Kaminari era fuori discussione perché sicuramente non avrebbe saputo fare il vago e non volevano rovinare la sorpresa a Red Riot.

«Ah, ci sono!» si esaltò Mina improvvisamente, e il modo in cui puntò gli occhi brillanti su Yuhiko le fece venire dei brividi di ansia. C'era da stare attenti alle uscite esuberanti che aveva.

«Cosa?» domandò Jirou, appoggiando il viso su una mano e sospirando. Ochaco posò entrambe le braccia sul tavolino sporgendosi in avanti, incuriosita.

«Perché non chiedi a Bakugou? Sono amici, saprà sicuramente qualcosa.»

Eira si prese tutto il tempo necessario per finire il lungo – molto, molto lungo – sorso di the che aveva preso. Mordicchiò la cannuccia ancora tra le labbra e alzò un sopracciglio, ignorando le orecchie che avevano iniziato a scaldarsi.

«Perché?» Ashido alzò gli occhi al cielo, per nulla sorpresa del luccichio di smarrimento che aveva animato lo sguardo della mora.

Perché io?

«Eddai, lo sai che sei una delle poche a cui risponde. Kaminari e Sero sono fuori discussione, non perdono la testa solo perché è attaccata al collo. Deku verrebbe sicuramente ignorato. E a Kirishima non possiamo di sicuro domandarlo, si insospettirebbe.» il tono che aveva usato le ricordò tanto quello con cui si parla a un bambino che non vuole capire l'ovvio. Yuhiko vacillò, sentendosi trapassare da otto paia di occhi trepidanti.

«Effettivamente è vero. Alla fine vi conoscete fin da bambini, avete confidenza.» intervenne Momo, in un sussurro. Gli occhi grigi di Eira soppesarono i volti delle amiche ed ebbe la sensazione che non le stessero dicendo tutto ciò che pensavano. O forse non osavano, per paura di ferirla. Il rapporto tra lei e Katsuki era sempre stato un po' particolare e dopo i primi tempi avevano smesso di commentare.

Si costrinse ad ingoiare il nodo che sentiva in gola, mentre afferrava il cellulare dalla borsa con un grosso sospiro. L'avrebbe mandata a cagare, nel migliore dei casi.

«E va bene, va bene.» cedette, facendo violenza contro se stessa. Guardò lo schermo, indecisa su cosa scrivere. Le capitava spesso, più di qanto sarebbe stata capace di ammettere a se stessa, di inviargli dei messaggi per congratularsi se veniva a sapere di qualche missione conclusa con successo, se vedeva in tv qualche servizio che lo nominava e cose simili. Katsuki raramente le rispondeva con più di una frase, ma era l'unico modo che conosceva per fargli sapere che nonostante tutto, in qualche modo contorto, gli era ancora vicina. Desiderava esserlo, perché era l'unica cosa che credeva le venisse bene. Stare vicino ai suoi amici, essere pronta ad accoglierli in caso di bisogno, come faceva con Izuku quando le si fiondava a casa per buttare fuori il tornado che erano i suoi pensieri o Uraraka la frustrazione per il lavoro e la pesantezza dei debiti da pagare per aiutare i genitori.

E l'unico appiglio che le era rimasto era la carriera, non più condivisa, da Pro Hero.

“Ciao, Katsuki.”

Posò il cellulare sul tavolo, in attesa, lanciando un'occhiata storta verso Mina che non sembrò particolarmente colpita: la ragazza, infatti, le rispose con un pollice alzato e poi si perse a commentare dei manichini esposti in una vetrina poco lontana. Non era un messaggio chiaro, ma era sicura che fosse l'unico modo per costringerlo a risponderle senza che la ignorasse.

“Cosa vuoi.”

Arricciò il naso, corrugando le sopracciglia davanti a quella risposta lapidaria. Il parlottare delle altre divenne un brusio di sottofondo.

“Sai se Eijirou ha già comprato un sacco da boxe nuovo? Ah, quali pesi potrebbero servigli? Volevamo regalarglieli per il compleanno.”

Percepì una morsa allo stomaco, ma cercò di ignorarla mentre cercava di spiegarsi. La risposta di Bakugou non si fece attendere troppo, lasciandola parecchio sorpresa per la tempistica – e non per il contenuto.

“Per chi cazzo mi hai preso, Mizore? Non sono sua madre.”

Yuhiko roteò gli occhi, immaginandoselo lanciare fuoco e fiamme mentre le rispondeva digitando nervosamente sulla tastiera. Stava per comunicare alle altre che era una causa persa, quando il telefono vibrò nuovamente illuminando lo schermo e, senza che riuscisse a nasconderlo, il suo sguardo.

“No, non l'ha ancora comprato. Lascia perdere i pesi, prendigli qualcosa per quei capelli di merda che si ritrova.”



***



Sbuffò, Katsuki, chiudendo con un gesto secco la portiera della macchina. Iniziò ad avanzare verso la porta dell'appartamento guardandola storto per tutto il tragitto come se dovesse affrontare un nemico, quando si ricordò di un particolare e tornò indietro, stizzito. Riaprì l'auto e, dopo varie imprecazioni, vi tirò fuori un sacchettino di plastica. Ripercorse la strada a grandi falcate e si piantò davanti al campanello, a cui riservò un'occhiataccia.

Mentre sentiva delle voci ovattate provenire dall'interno dell'appartamento, si prese qualche attimo per ritrovare la calma, non senza prima passare da un contorto sentiero colmo di maledizioni. Maledì Kirishima e la sua stupida festa, maledì Todoroki per averlo praticamente obbligato a partecipare senza che si trincerasse dietro la scusa del lavoro. L'aria fredda della sera gli scompigliò i capelli, dandogli la spinta necessaria per schiacciare il bottone, perché l'ultima cosa che desiderava era restare ancora fuori rischiando di congelarsi.

Il festeggiato gli comparve davanti dopo pochi secondi.

«Ehi, ciao Bakugou!» Katsuki gli piantò il sacchetto in mano, superandolo berciando un saluto tra i denti e lasciandolo sulla porta, troppo abituato a frequentare quella casa per sentirsi davvero un ospite. Non vide il sorriso che Kirishima rivolse alla sua figura quando occhieggiò il joystick nuovo che gli aveva portato per ripagargli quello che gli aveva rotto per l'incazzatura un paio di sere prima.

Bakugou percepì il calore proveniente dall'appartamento scaldargli immediatamente le dita delle mani, e notò alcuni palloncini sparsi per il pavimento. Quando fu sulla soglia della sala si accorse che Kaminari, Mineta, Jirou, Mina e Sero erano già presenti, accovacciati intorno al tavolino con davanti alcuni bicchieri e bottiglie aperte. Avrebbe dovuto immaginarlo che quegli idioti si sarebbero piazzati il prima possibile in casa altrui. Non avevano nemmeno avuto la decenza di aspettare prima di iniziare a bere: Denki aveva già lo sguardo lucido e cercava di mantenere una conversazione con Sero, Mineta faceva di tutto per accollarsi a Mina e Jirou usava i suoi jack per schiaffeggiargli le mani.

«Oh Bakugou, finalmente sei arrivato! Sei in ritardo, non è da te.»  biascicò  Kaminari nella sua direzione, facendogli cenno di unirsi a loro. Il biondo avanzò di qualche passo, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.

«Non rompere, Faccia da Scemo.» lo ammonì, sedendosi in un angolo. Occhieggiò la stanza con occhio critico, soffermandosi alla scritta "Buon compleanno!" appesa alla parete, i palloncini che svolazzavano in giro - sicuramente portati da Ashido -, Kirishima che andava e veniva dalla cucina per portare da bere e mangiare. Non gli aveva più detto niente, ma bastava guardarlo in faccia, con quel sorriso a mille denti, per capire che avesse gradito il suo regalo.

Bakugou pensò che, ora che non aveva più nulla da fare, avrebbe anche potuto andarsene e tanti saluti a tutti. Chiuse gli occhi, ignorando volutamente la voce di Mina che gli stava tartassando le orecchie con delle idiozie di cui non voleva saperne nulla.

Che cazzo ci faceva li?


Fu il trillo del campanello a strapparlo dal suo stato di riflessione. Sentì la porta aprirsi e la voce accogliente di Eijirou salutare qualcuno, ma a causa del baccano che stavano facendo i ragazzi che aveva da parte non capì chi fosse arrivato. Scrutò l'ambiente infastidito, prendendo poi un bicchiere per versarsi da bere, decidendo che non gli importava.

«Sato ha portato la torta!»

Dalla sala si elevarono dei brusii di approvazione, quando Red Riot fece la sua comparsa portandosi dietro un Sato leggermente imbarazzato. Alle sue spalle c'erano anche Koda, Tokoyami e Shoji. Katsuki notò di sfuggita il grosso pacco incartato che Mezo si portava sulle spalle grazie all'aiuto della sua Unicità, intuendo già cosa fosse, ma fece più attenzione al grande sacchetto ben sigillato che il primo teneva stretto al petto.

Momo e Todoroki fecero la loro comparsa una decina di minuti dopo, arrivando in contemporanea ad Asui che chiese subito di Ochaco: anche se lavoravano in agenzie diverse le due ragazze avevano sempre mantenuto un rapporto molto stretto e passavano il tempo assieme ogni volta che ne avevano occasione, tanto che per qualche tempo avevano anche affittato casa insieme.

L'appartamento di Kirishima improvvisamente sembrò troppo piccolo per contenerli tutti, dal momento che era composto giusto dalla sala, un cucinino e un paio di stanze, eppure l'atmosfera che vi aleggiava era qualcosa di così familiare e particolare che perfino Bakugou si ritrovò a sentirsi un po' nostalgico.

Che cazzate.

Roteò gli occhi, schifandosi per i suoi stessi pensieri che gli ricordarono molto quelli che avrebbe fatto quel sentimentale di Deku.

In quelle occasioni, in cui si ritrovavano insieme, a tutti sembrava di essere tornati alle serate passate al dormitorio, quando giocavano ai videogiochi, guardavano un film, le ragazze spettegolavano o si scambiavano consigli per lo studio e gli allenamenti. Erano passati vari anni, ognuno stava percorrendo la propria strada, eppure quel legame di fiducia e amicizia che si era creato ed intensificato nei tre anni di Accademia aveva resistito nel tempo. Che svolgessero tutti la stessa professione e a volte si ritrovassero a collaborare aveva sicuramente aiutato a non perdersi di vista.

«Chi manca?» Kirishima, che aveva appena indicato a Koda un angolo dove poter lasciare il sacchetto che aveva portato per Yuhiko, puntò lo sguardo verso Fumikage.

«Dovrebbero raggiungerci anche Deku, Uraraka e Yuki. Iida e gli altri invece non sono riusciti a liberarsi.» disse, occhieggiando la porta come se potessero materializzarsi in quel momento. Bakugou sbuffò, alzandosi e accendendo la playstation come se si trovasse in casa propria.

«Uraraka mi ha scritto che stava aspettando Midoriya, Yuhiko invece era per strada.» si intromise Momo. La mora lanciò uno sguardo a Todoroki, seduto accanto a lei sul divano.

«Forse avrei dovuto insistere per passare a prenderla…» Shouto lesse l'apprensione che impregnava il sussurro della ragazza mentre fissava la sua attenzione sul telefono e le prese la mano, regalandole un sorriso appena accennato. Un gesto disinvolto, ma che fece sentire Yaoyorozu un po' più sollevata.

«Lo sai com'è fatta.» fu il suo commento. Eira raramente aveva accettato aiuti e la cosa era peggiorata da quando aveva cambiato lavoro. Come se volesse dimostrare che, nonostante tutto, se la cavava ancora benissimo. La ragazza annuì, ma in fondo al suo sguardo vi aleggiava ancora una nota di malinconia, e Shouto si sentì un po' in colpa per non sapere bene cosa dirle. Non era mai stato particolarmente loquace, anche se aveva cercato di migliorarsi e dove non arrivava con le parole usava i fatti; Momo lo sapeva e non gli aveva mai detto nulla, apprezzando quelle piccole lusinghe che lui le regalava.

Eppure in momenti come quello, dove non poteva dimostrarle qualcosa perché non dipendeva da lui, Todoroki si sentiva un grosso nodo allo stomaco. Yaomomo angosciata, triste e con il sorriso forzato era qualcosa che ogni fibra di se stesso si rifiutava di sopportare. Fu con sollievo quindi che il ragazzo accolse il suono del campanello e la voce strascicata di un Eijirou che iniziava ad essere particolarmente brillo.

«Finalmente, mancavate solo voi tre!»



***



«Sato, sei sempre bravissimo a fare i dolci. Per il mio compleanno vorrei dei mochi.» Il ragazzo si portò una mano a grattarsi una guancia ed abbassò lo sguardo, imbarazzato per quel complimento.

«Grazie, Uraraka. Mi ricorderò.» Vide la ragazza prendere un altro boccone di torta, sorridente e soddisfatta. Praticamente la stessa espressione che tutte avevano messo su da quando avevano iniziato a mangiare. Con l'arrivo di Izuku, Yuhiko e Ochaco avevano potuto iniziare a festeggiare davvero.

Kirishima aveva apprezzato i regali, accogliendoli con occhi emozionati: aveva già appeso il sacco da boxe nella stanza che usava come palestra e aggiunto le confezioni di tinta e gel che le ragazze gli avevano preso nell'armadietto del bagno.

Kaminari era ubriaco tanto che sembrava avesse usato fin troppo il suo Quirk e Mineta ne stava approfittando per intavolare dei discorsi sulla bellezza delle ragazze lontano dai lobi di Jirou. Sero era impegnato a giocare alla play con Eijirou sotto lo sguardo corrucciato di Katsuki, che se ne stava a braccia e gambe incrociate poco distante come se gli avessero fatto un dispetto. I due avevano bevuto un po' troppo, quindi spesso schiacciavano tasti a casaccio e ridevano senza motivo vedendo i propri avatar morire o venire atterrati.

Stanco di starsene con le mani in mano aveva lanciato uno sguardo disinteressato alla sala, occhieggiando Yu ringraziare Koda per il fieno e mostrargli poi la miriade di foto di Eden e Sayla che teneva nella galleria del telefono non senza un pizzico di orgoglio materno.

«Quanto sono cresciuti!» commentò Mina, sporgendosi oltre la spalla della ragazza per spiare le immagini ed attirando gli sguardi di Deku e Tokoyami, impegnati in una conversazione con Shoji poco distanti. Attorno ai due si erano radunati anche Momo e Tsuyu.

«Sono bellissimi, cra. Anche io ne vorrei uno.» aggiunse Asui, sorridendole e portandosi un dito al mento, pensierosa. Eira distolse lo sguardo, puntandolo sullo schermo dove i due coniglietti spiccavano in una foto che gli aveva fatto mentre prendevano il sole in terrazzo, per mascherare la tensione che le dava essere al centro dell'attenzione.

«Grazie.» buttò fuori, sospirando. Poi decise di cambiare discorso, ricominciando a mangiare la fetta di torta lasciata a metà e rivolgendosi agli amici.

«Allora, che mi raccontate?»



***



Erano ormai le undici passate e l'appartamento si era lentamente svuotato nel corso della serata: Sato, Shoji e Mineta avevano deciso fosse meglio rincasassero a causa della stanchezza data dalla giornata lavorativa, e poco dopo anche Tokoyami, Koda e Tsuyu seguirono il loro esempio. Kaminari era definitivamente crollato sul divano sotto lo sguardo sconsolato di Kyoka, mentre Kirishima e Sero stavano cercando di mantenere una conversazione apparentemente seria con Todoroki e Mina. Cambiavano argomento con una velocità impressionante e mischiavano insieme aneddoti che non c'entravano nulla l'uno con l'altro, eppure i due sembravano essere così convinti di ciò che dicevano che nessuno aveva il coraggio di interrompere quella sequela di cavolate che usciva dalle loro bocche. Solo Bakugou, riappropriatosi del suo posto davanti alla playstation, gli aveva inveito contro svariate volte per quanto fossero molesti.

Mentre attendeva il caricamento della nuova partita il biondo puntò lo sguardo alla parte opposta della sala, osservando di sottecchi la porta finestra che dava sul balcone e le due figure che vi stavano all'esterno. Deku e Mizore erano ormai svariati minuti che parlottavano tra loro e Katsuki si chiese che diavolo avessero di così importante da dirsi tanto da restare fuori al freddo - come se non si vedessero mai, poi.

Percepì la gola secca e una punta di fastidio alla bocca dello stomaco, la fastidiosa consapevolezza che in quel quadro, la maggior parte delle volte, non ci fosse posto per lui. Non c'era mai stato, come quando era venuto a conoscenza del segreto del Quirk di Deku scoprendo che la ragazza, invece, sapeva. Sapeva tutto da sempre.

Di che cazzo parlavano quei due idioti?

«È beeella la nevee, veero?» Il biondo trasalì senza volerlo, lanciando immediatamente un'occhiata storta al braccio che Kirishima gli aveva appoggiato sulla spalla e provando l'irrefrenabile impulso di farglielo saltare in aria. L'espressione del rosso era talmente convinta di quello che aveva detto che la sua voce non era suonata nemmeno troppo strascicata, eppure l'odore di alcool che si portava dietro diceva che era ubriaco marcio. Sentì i nervi diventare improvvisamente sensibili.

«Non so di cosa parli, Capelli di Merda.» lo fulminò, lapidario, tornando ad osservare la televisione. Kirishima era ubriaco, non sapeva cosa stava dicendo. Katsuki se lo ripeté più volte nella testa come un mantra per non perdere la pazienza. Ma Eijirou non collaborò.

«Oooh andiamo, non si dicono le bugie... non al tuo migliore amico...» sentì il ragazzo ridacchiare e lo vide fargli un gesto di negazione con la testa fin troppo plateale. Katsuki grugnì un insulto tra i denti per cercare di sfogare il nervoso.

«Smettila di sparare stronzate se non vuoi morire il giorno del tuo ventiquattresimo compleanno.» Ci mancava Kirishima con le sue frasi del cazzo. Che diavolo gli girava in quella testa vuota? Molte volte aveva pensato che le tinte gli avessero bruciato qualche neurone e forse non aveva tutti i torti. Non sentendolo rispondergli nel modo idiota che si sarebbe aspettato, Bakugou gli lanciò un'occhiataccia infastidita, socchiudendo le palpebre per studiare il viso dell'altro per quanto possibile da quella distanza.

L'espressione che Red Riot aveva messo su e il ghigno che gli stava rivolgendo ebbero il potere di alterargli definitivamente i nervi già scoperti, facendolo irrigidire come punto da uno scorpione.

«E levati!» gli ringhiò, staccandoselo di dosso con poca grazia ed alzandosi di scatto. La poca pazienza che aveva raccolto si dissolse nel giro di un battito di ciglia. Improvvisamente, non riuscì più a sopportare di stare chiuso in quelle quattro mura. Era meglio se si allontanava prima di fare esplodere tutto l'appartamento e compiere un  pluriomicidio.

«Aspetta, Bakugou! Bakugou! Te ne vai?»

Katsuki decise di ignorarlo, uscendo di casa sbattendo la porta.



***



Deku mise in moto l'auto con gesti meccanici dopo essere rimasto vari minuti a fissare l'entrata dell'agenzia dietro cui era sparita Uraraka, avviandosi verso il proprio appartamento. La ragazza aveva ricevuto una chiamata di lavoro improvvisa e lui non aveva dovuto pensarci troppo su per decidere di accompagnarla. Erano arrivati insieme alla festa, e non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciarla girare per le strade in piena notte se poteva impedirlo. 

«Mi hanno chiamato da lavoro, hanno bisogno di me per un intervento.» Ochaco era appena rientrata in sala dopo aver finito di parlare al telefono. Le mani tenevano stretto l'apparecchio come se potesse scapparle via, la sua espressione era diventata improvvisamente tirata. La ragazza aveva fatto passare lo sguardo sugli ultimi invitati, dispiaciuta per la brusca interruzione a cui li aveva involontariamente sottoposti.

«Beh il lavoro è importante, non preoccuparti!» le aveva detto Mina, affiancandola con la sua solita allegria.

«Infatti, l'importante è che stai attenta. Tra poco andiamo anche noi, vero?» si era intromessa Kyoka, seduta vicino a un Denki ormai addormentato. Momo, accanto a lei, aveva annuito reprimendo uno sbadiglio e Yuhiko si era alzata, stiracchiandosi e concordando con quell'idea. Uravity li aveva salutati tutti mentre si infilava il cappotto, fermandosi in particolare su Kirishima per ringraziarlo dell'invito, poi si era avviata verso l'uscita.

Deku l'aveva raggiunta giusto mentre stava per abbassare la maniglia, trattenendola per il polso.

«Ti accompagno.» le aveva detto, e Ochaco aveva posato lo sguardo su di lui strabuzzando appena gli occhioni castani per quel gesto improvviso.

«Non voglio rovinarti la serata, posso andare da s__»

«No, ti accompagno.» aveva insistito lui, guardandola fisso negli occhi. Uravity aveva sospirato leggermente davanti alla sua espressione decisa, donandogli poi uno di quei sorrisi pieni di vita che a lui piacevano tanto.

«Ti ringrazio, Deku.» 

Ci mise poco, Izuku, a raggiungere casa sua. L'aria fredda della notte lo colpì in pieno viso quando scese dalla macchina, facendogli venire dei brividi di freddo e risvegliandolo dallo stato di torpore che percepiva addosso. Anche se Todoroki aveva fatto in modo di far avere la serata e la mattina dopo liberi sia a lui che a Bakugou, Midoriya sentì di aver bisogno di riposare perché percepiva addosso tutta la stanchezza della settimana.

Essere un Pro Hero era tutto ciò che aveva sempre desiderato, ma alle volte era davvero faticoso. Eppure, mentre si sistemava per andare a dormire, ebbe la consapevolezza che non sarebbe riuscito a prendere sonno tanto facilmente. Il discorso con Yu lo aveva prosciugato e il pensiero di Ochaco al lavoro lo metteva sempre un po' in ansia, nonostante sapesse quanto fosse forte la ragazza…

Prese il telefono e digitò d'impulso un messaggio.

"Fammi sapere se è andato tutto bene. Buon lavoro!"

Il ragazzo rimase per vari minuti a riflettere davanti a quelle parole che illuminavano lo schermo. Si domandò se andasse davvero bene il fatto di volersi sincerare che la missione di Uravity si concludesse senza intoppi. Corrugò le sopracciglia, pensieroso.

Che diritto aveva? 


«Non capisco cosa aspetti a dichiararti per ufficializzare il tutto. State soffrendo in due, ormai siete praticamente una coppia da anni. Non ha senso continuare a tirarsi indietro.» gli aveva detto Yu, lanciandogli un'occhiata compassionevole. Izuku si era infossato nelle spalle, appoggiandosi alla ringhiera del balcone e puntando lo sguardo al cielo scuro.

«Lo sai perché…» le aveva risposto, e il suo era stato poco più che un sussurro. Eppure l'amica l'aveva sentito benissimo, perché fece un piccolo sbuffo mentre scuoteva la testa.

«È per One For All?» gli aveva chiesto, retoricamente, abbassando ancora di più la voce ed occhieggiandosi in giro per sincerarsi che fossero soli. Midoriya le aveva sempre raccontato quanto lo preoccupasse la possibilità che quel segreto venisse scoperto, mettendo in pericolo le persone che gli stavano più vicine. Lei, Kacchan, sua madre, i loro amici, gli ex professori… Ochaco…

Yuhiko aveva posato lo sguardo su di lui, improvvisamente seria. La vide scrutarlo con i suoi occhi grigi e non seppe dire cosa vi lesse precisamente, ma lo lasciò svuotato.

«Dovresti avere più fiducia in Uraraka.»


Sospirò, Midoriya, passandosi una mano tra i ricci scomposti e continuando ad osservare quel messaggio non ancora inviato. Le parole di Yu gli stavano tediando il cervello come un tarlo insistente, portandolo a rimuginare più di quanto già non facesse solitamente. Ripensò alla loro conversazione, ripensò a tutti i momenti in cui lui e Uraraka erano stati vicini negli anni, a come ci fossero sempre stati l'uno per l'altra.

Lei era stata una delle primissime persone a credere in lui, lo aveva sostenuto pazientemente mentre percorreva il suo percorso per diventare un Hero degno del dono che gli aveva fatto All Might, gli era sempre stata accanto. Erano cresciuti insieme, stavano realizzando i loro sogni, parlavano di ogni cosa, lei aveva fatto passi da gigante e Izuku l'aveva osservata migliorarsi di giorno in giorno.

Eppure, ripensandoci, Midoriya si diede dello stupido per non essersi mai soffermato seriamente a pensare, a provare a comprendere, quanto quella situazione di stallo potesse farla soffrire. Eppure, il suo era stato solo un modo per cercare di proteggerla, proprio perché ci teneva, ci teneva moltissimo a Ochaco e non avrebbe mai voluto che il suo segreto potesse influenzarla in qualche modo.

"Dovresti avere più fiducia in Uraraka."

Midoriya si diede dello stupido e inviò il messaggio.



*** 



«Avanti Capelli di Merda, è ora di andare a dormire.»

Bakugou tirò su di peso Kirishima, aiutandolo ad arrancare fino al letto giusto per non sentirsi in colpa nel caso fosse caduto procurandosi un trauma celebrale se lo avesse lasciato fare da solo. Ce lo lasciò cadere sopra, ascoltandolo biascicare qualche cosa che non si sforzò neppure di capire.

Tornando in sala occhieggiò l'ambiente con occhio critico, schifandosi per il casino che vi regnava. Se non altro prima di andarsene Coda di Cavallo e il Bastardo a Metà si erano impegnati a ripulire il tavolino almeno dai bicchieri ed i piatti di plastica, mentre Eira aiutava Jirou e Mina a caricare un Kaminari particolarmente sbronzo e molesto in macchina. Sero, invece, era rimasto a dormire sul divano perché “Tanto aveva la domenica libera”, aveva detto.

Katsuki ebbe un moto di pietà e portò in cucina il resto delle bottiglie e mise in frigo i resti della torta, spense la console, le luci e dopo aver lanciato un ultimo sguardo all'appartamento uscì per tornarsene a casa, nonostante la consapevolezza che se anche si fosse fermato a dormire Kirishima non avrebbe avuto nulla da ridire. Ma aveva bisogno dei suoi spazi, la necessità di rimanere solo con i propri pensieri.

Il freddo della notte lo aiutò a rilassare un minimo i muscoli tesi.

Era ancora nervoso per quello che Eijirou gli aveva detto e nemmeno la passeggiata in solitaria che aveva fatto lo aveva aiutato a sbollire. Continuò a rimuginare, mentre saliva in macchina e inseriva la chiave per partire. Occhieggiò il quadro elettrico: 00.17. Se non altro avrebbe avuto il tempo per farsi una bella dormita prima di ricominciare a lavorare.

I suoi pensieri si ammorbidirono, forse per la strada deserta, il silenzio che lo circondava o il paesaggio che lentamente gli scorreva davanti.

Che cavolo voleva saperne Capelli di Merda di quello che pensava? Di ciò che provava?

Bakugou assottigliò lo sguardo come se si trovasse a dover affrontare un nemico, percependo il proprio animo irrigidirsi come ogni qualvolta si ritrovava a doversi districare tra quelli che erano i propri sentimenti. Non parlava mai apertamente, mai, di ciò che sentiva o pensava, e a lui era sempre andato bene che la maggior parte delle comparse superficiali con cui veniva in contatto si fermassero a giudicarlo conoscendolo esclusivamente per ciò che decideva di mostrare.

Eppure Eijirou, così come quegli sfigati di Deku e Mizore e successivamente anche gli stramboidi della loro classe sembravano aver sempre visto qualcosa in più in lui. La facciata sprezzante che metteva su aveva mano a mano smesso di funzionare e dopo anni in cui Red Riot gli era sempre stato accanto Katsuki pensò che fosse nella merda, perché probabilmente o aveva imparato a conoscerlo più di quanto avesse mai potuto immaginarsi o lui si era rammollito iniziando a comportarsi come una persona qualunque.

Scartò la seconda ipotesi non appena smise di pensarla. Lui non era una persona qualunque. Lui era il più forte. Il migliore. Lui avrebbe superato chiunque.

Eppure, ogni volta che provava qualcosa che non aveva a che vedere con gli eccessi di rabbia, la voglia di primeggiare, la soddisfazione di aver concluso un incarico o fatto esplodere qualche criminale, Bakugou si ritrovava ad incespicare con se stesso, non potendo fare a meno di sentirsi spaesato da qualcosa a cui non aveva mai dato l'occasione di fare completamente parte del suo essere.

Deku, Kirishima, Kaminari, Sero… e Mizore. Erano stati loro ad accollarsi, non il contrario. Lui non sapeva come si facesse. Non gli era mai importato, non ne aveva mai avuto bisogno, troppo impegnato con se stesso per preoccuparsi degli altri.

Che ragionamenti di merda stava facendo? Doveva aver bevuto un bicchiere di troppo.

Il biondo strinse il volante fin quando le nocche non gli diventarono bianche, schiacciando il pedale dell'acceleratore. La strada scorreva inerme sotto il suo sguardo crucciato e notò distrattamente che aveva ricominciando a piovere.

Katsuki sbuffò, pensando che lavorare con la pioggia fosse una vera merda, e in quel momento i suoi riflessi si mossero in automatico, facendogli catturare un movimento al lato della strada. Affilò lo sguardo, puntandolo sulla figura solitaria che percorreva il marciapiede poco illuminato. Immaginò l'acqua che quella persona si sarebbe presa di li a pochi minuti quando la superò, lanciandole un'occhiata dallo specchietto. Strabuzzò gli occhi.

Ma che cazzo… Mizore?

Ingoiò il groppo in gola che gli era salito dallo stomaco mentre inchiodava e attese. La vide bloccarsi in mezzo al marciapiede, stringendo al petto il grande sacco che Koda le aveva portato e osservarsi intorno, come intimorita. Poi tornò a fissare lo sguardo sulla sua auto e Katsuki riconobbe, nella posa che aveva assunto e in come aveva messo un piede per cambiare direzione, circospezione.

Si irritò per quell'atteggiamento non seppe nemmeno bene per quale motivazione. Dopotutto, una ragazza sola, di notte… Perché diavolo non aveva chiesto un passaggio a qualcuno?

Katsuki strinse la mascella perché, se da una parte poteva provare a capire, dall'altra si sentì sprofondare, ricordando tempi migliori.

Pestò una mano sul volante, irritato, aprendo la portiera e sporgendosi quel tanto che bastava per farsi vedere. Sentì la pioggia bagnargli i capelli e digrignò i denti, infastidito dalla sensazione di pelle appiccicosa.

«Guarda che non ho tutta la notte!»

Yuhiko s'imbarazzò fino la punta dei piedi, pregando che nessuno fosse stato svegliato dal tono di voce senza riguardo che aveva utilizzato Bakugou per abbaiarle dietro. Sospirò, avvicinandosi con lentezza all'auto per permettere al proprio cuore di riprendere un ritmo normale: quando aveva visto la macchina inchiodare aveva pensato subito che fosse quel qualcuno che la stava seguendo e che aveva deciso di agire e si era sentita paralizzata dalla paura.

«Non ti avevo riconosciuto...» disse, dopo aver aperto la portiera, ritenendo quelle poche parole una spiegazione. L'odore di dolciastro che aleggiava per l'abitacolo le arrivò prepotentemente alle narici. Ebbe un attimo di esitazione prima di entrare, ma vedendo che Katsuki continuava a lanciarle occhiate di traverso picchiettando le dita sul volante decise di accettare il passaggio che le stava tacitamente offrendo.

«Ma non mi dire.» commentò lui, riprendendo a guidare, e ad Eira sembrò tanto che le avesse lanciato uno sguardo di disapprovazione. Si portò le mani in grembo, voltando il viso per osservare la strada che le scorreva davanti agli occhi e le gocce di pioggia infrangersi sul finestrino. Il silenzio che era calato tra loro non era del tutto spiacevole, perché dopotutto Katsuki non era mai stato particolarmente loquace. Le sembrò di essere tornata indietro di qualche tempo e per un attimo si sentì al sicuro.

Avrebbe voluto piangere per la nostalgia che le strinse la gola, ma scacciò rapidamente quella sensazione.

«Devo ringraziarti.» vide il ragazzo lanciarle uno sguardo veloce e ghignare, prima di tornare a concentrarsi sulla strada.

«Certo che devi, altrimenti staresti ancora su quel marciapiede di merda a farti il bagno.» Bakugou la intravide roteare gli occhi e non si sorprese di quella reazione. Lo faceva spesso.

«Si, anche per questo ti devo ringraziare.» gli diede corda lei, sorridendogli. S’infosso meglio sul sedile.

«Ma volevo ringraziarti anche per la dritta sul regalo di Eijirou. Ci hai davvero aiutato.» gli spiegò, stropicciandosi un occhio e sorridendogli riconoscente. Katsuki non commentò, limitandosi a sbuffare un mugugno tra i denti.

Tra loro calò nuovamente il silenzio e il ragazzo la studiò con rapide occhiate: non era bravo a capire le persone e non si sforzava più di tanto per essere empatico, ma aveva sempre avuto buon occhio insieme a una sana dose di giudizio e Mizore la conosceva da un tempo sufficiente perché potesse ignorare di trovarla particolarmente sbattuta, con quelle occhiaie pesanti e lo sguardo che ogni tanto sembrava perdersi chissà dove e che gli ricordò il colore del cielo quando pioveva.

Spento, grigio, e immensamente triste.


Per un breve momento avrebbe voluto chiederle se ci fosse qualcosa che non andasse, perché continuasse con quel suo comportamento, perché non si desse una cazzo di svegliata e reagisse, ma qualcosa dentro di lui lo trattenne. A Katsuki mancò il respiro per un attimo quando la consapevolezza che aveva già tutte le risposte che gli servivano lo colpì dritto allo stomaco.

Ed era anche colpa sua.

«Ohi, non permetterti di dormire. Io non ti porto di peso in casa.» la riprese poco gentilmente per scrollarsi di dosso quelle montagne russe di emozioni, notando che il suo respiro iniziava a rallentare. Lei mugugnò qualcosa, aprendo gli occhi e guardandosi intorno assonnata. Notò che la macchina si era fermata e riconobbe il breve vialetto che portava alla sua palazzina.

Fuori continuava a piovere e si era alzato del vento, che smuoveva gli alberi e faceva volare le foglie sparse in terra. Della giornata soleggiata che era appena passata non era rimasto nulla. Era stata una fortuna che avesse incrociato Bakugou per strada.

«Vuoi salire?» fu la domanda che gli fece senza malizia, mentre si chinava per raccogliere il sacco che aveva posato sul tappetino. Non lo guardò in viso, mentre raccattava le proprie cose, iniziando a scendere dall'auto dopo essersi nascosta sotto il cappuccio della giacca, intuendo già la risposta. La verità era che non voleva restare sola e la compagnia di Katsuki in quel breve lasso di tempo le aveva ricordato di quando erano ragazzini. Era un torpore piacevole a cui suo malgrado non voleva ancora rinunciare.

«È tardi, domani inizio la ronda alle undici.» Bakugou osservò l'orario sul quadro elettrico con una rapida occhiata, poi i suoi occhi cremisi tornarono a studiare il viso di Yuhiko, in piedi sotto la pioggia battente. La vide sorridere da sotto il cappuccio, ma il peso che gli era caduto sullo stomaco non se ne andò.

«Beh, immaginavo. Sarà per la prossima volta. Grazie, Katsuki. Buona notte.»

Lui si limitò a un cenno del capo, riportando lo sguardo sulla strada, stizzito. Fece per partire ma un'ennesima stretta in gola lo costrinse a riportare l'attenzione sul vialetto.

Yu era ormai davanti al portone di casa e trafficava con la borsa, probabilmente cercando le chiavi, e aveva posato il sacco a terra per facilitarsi il lavoro. La vide intenta in quella ricerca per vario tempo, occhieggiandosi intorno ogni tanto con rapide occhiate, mentre la pioggia continuava a infradiciarle il cappotto e – Cazzo, quanto ci stava mettendo quell'imbranata? – avrebbe voluto urlarle dietro.

Eira si voltò nella sua direzione, incrociando il suo sguardo crucciato attraverso il finestrino e gli mostrò le chiavi con un sorriso colpevole, arrossendo leggermente. Si sorprese di trovarlo ancora lì e il pensiero le fece sfarfallare lo stomaco.

Lo salutò con una mano e aprì il portone, facendo qualche passo incerto verso l'androne ancora buio, prima di voltarsi nuovamente indietro giusto in tempo per vedere la macchina sparire dalla sua visuale.

Mentre guidava immerso nel silenzio rotto solo dai rumori meccanici dell'auto, Bakugou cercò di scacciare indietro il nervoso che lo stava avvolgendo mano a mano che si allontanava, non riuscendo a togliersi dalla testa la sensazione sgradevole di aver sbagliato qualcosa. Si costrinse a non soffermarsi sui ricordi del suo sguardo, al modo in cui si era voltata come se avesse voluto dirgli qualcosa, all'idea opprimente che l'aveva lasciata nuovamente da sola.

Tutte stronzate.


Il giorno dopo o al massimo quello dopo ancora gli avrebbe scritto un messaggio con una delle sue solite domande idiote e lui l'avrebbe ignorata. Ghignò, convinto della cosa, accedendo la radio e facendo violenza su se stesso per far tacere i propri pensieri.

Se avesse potuto prevedere quello che sarebbe successo quella notte, Katsuki Bakugou si sarebbe fermato a casa di Eira anche fino al mattino.




















































































































































Bentornati a tutti!
Rapido aggiornamento per farvi sapere che no, non sono morta e si, mi ricordo che ho delle storie in sospeso. ^^' Purtroppo è un periodo un po' pieno di imprevisti che non mi permettono di rimanere abbastanza concentrata per scrivere.
Fortunatamente ho dei capitoli già pronti che tamponano questi mesi altrimenti completamente morti.
Passando alla storia in sé: io vi avevo avvisato che il rapporto Bakugo/Yuhiko era strano e complicato, eh. Ma anche Izuku e Ochaco non scherzano. Viva l'angst!
Non ho molto da dire, siamo ancora agli inizi ma ringrazio profondamente chi preferisce, segue, ricorda o legge in silenzio; spero di rimanere piuttosto oc con la caratterizzazione che, ripeto, potrebbe discostarsi molto da quello che potrebbe poi essere nel manga, ma in ogni caso spero di azzeccare almeno le sfaccettature generali.
Alla prossima,
D. <3

   
 
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