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Autore: Scarlet Jaeger    20/03/2022    2 recensioni
[SPOILER PER CHIUNQUE NON ABBIA LETTO IL MANGA]
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«Hai…hai da fare per cena?», chiese quasi timidamente Shoyo, sperando che l’altro non avesse rifiutato quest’ultima offerta, ma Tobio scosse la testa.
«No. Hai qualcosa in programma?», chiese poi, leggermente interdetto quando notò il sorriso di Shoyo farsi più luminoso.
«Lo scoprirai», disse di rimando il rosso, birichino, prima di alzarsi dal tavolo, pagare i loro drink, sotto le più sentite opposizioni dell’altro, e trascinando il più alto verso una strada che entrambi conoscevano bene.
Genere: Fluff, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ocean Eyes

 
 
“Il sole al tramonto, il calore agli sgoccioli
Mi inonda
Solo tu e nessuno
Dove voglio essere
Tutti iniziano ad andarsene
Ti avvicino a me”
 
 
La partita tanto attesa tra Adlers e MSBY si concluse al tramonto con la vittoria dei Black Jackals, ed i ragazzi, esaltati per quella vittoria, lasciarono il palazzetto di Sendai per andare a festeggiare.
Tutti tranne uno, che rimase nell’antro ad attendere una persona in particolare, mentre tutti gli spettatori stavano lasciando quella palestra più esaltati degli stessi giocatori. Eppure sapeva che andava bene così. Aveva detto ai suoi compagni di avere un impegno, ed in effetti era proprio così, nonostante non sapesse ancora se la persona che stava aspettando avrebbe accettato o meno. Eppure i suoi compagni di squadra non avevano né insistito né commentato quella sua decisione, perché sapevano tutti, chi più chi meno, il perché Hinata si fosse tirato indietro. Avevano festeggiato insieme molte partite, e molte altre ne avrebbero festeggiate, per cui ci sarebbero state altre occasioni per passare una serata in compagnia dei suoi amici, invece per passarla con la persona della quale era sempre stato segretamente innamorato, beh, poteva esserci solo quell’occasione.
Così Shoyo attese l’arrivo del suo vecchio compagno del Karasuno, e quando intravide tra la folla l’inconfondibile chioma corvina lo richiamò a gran voce.
«Kageyama!!!», urlò esaltato, così come lo era sempre stato, e quel richiamo tanto prorompente quanto inconfondibile arrestò i passi di Tobio ad un passo dalle porte scorrevoli, facendo voltare incuriositi anche i suoi compagni di squadra.
«Andate pure, vi raggiungerò più tardi…» disse solamente loro, con un piccolo sorriso, perché forse già aveva immaginato le intenzioni di Hinata. O forse passare un po’ di tempo con il suo ex schiacciatore era proprio quello che sperava…
«Kageyama-kun!», insistette il rosso, mentre l’alzatore si voltò verso di lui con un piccolo sorriso stampato sul volto, che rasserenò anche l’espressione dell’opposto dei Black Jackals.
«Hinata!», lo richiamò Kageyama, «hai vinto tu questa volta, ma sono ancora in vantaggio io», ridacchiò, ed anche se quelle parole fecero sortire una piccola smorfia stizzita sul volto del rosso, quella fece spazio di nuovo ad un enorme sorriso.
«Ancora per poco!», sentenziò, «hai fretta? Devi andare via?», chiese poi, con la sua solita irruenza che usava alle superiori quando voleva rimanere a schiacciare altri palloni dopo gli allenamenti, e Tobio non poté far altro che scuotere la testa divertito al ricordo dei vecchi tempi. In fondo Hinata non era cambiato granché. Certo, era diventato più alto ed il suo fisico si era fatto più muscoloso ed asciutto, oltre al fatto che i suoi capelli erano stati tagliati leggermente più corti del solito, ma i suoi occhi d’ambra erano sempre pieni di vita ed era sempre lo stesso ragazzino iperattivo che aveva conosciuto al tempo, e di quello ne era felice. Non si vedevano da due anni, nonostante si fossero tenuti in contatto, eppure aveva avuto la sensazione di averlo salutato giusto il giorno prima e quella era una cosa tanto bella quanto strana per Tobio, che non aveva mai instaurato un rapporto del genere con nessuno.
«No, non ho nulla da fare!», sospirò, rassegnato quanto divertito, perché in fondo non era mai riuscito a dire di no a Shoyo.
«Bene!», gioì il più basso, «ti va di fare due chiacchiere? Possiamo andare a prendere qualcosa da bere!»
«Non dovresti essere a festeggiare questa grande vittoria con la tua squadra?», sentenziò il moro, aggrottando leggermente le sopracciglia, perché già immaginava quello spaccone di Miya pronto a bere a quella vittoria, pronto a sbeffeggiarlo su quanto il “bambino obbediente” sia stato costretto ad inginocchiarsi di fronte a loro, o qualcosa del genere, ma Hinata ridacchiò sotto i baffi di fronte a quell’espressione perplessa che non vedeva da anni.
«Nah…», scacciò il pensiero Shoyo, «non ci vediamo da due anni, Kageyama, preferisco chiacchierare con te!», sorrise genuinamente come al solito, mentre la faccia dell’alzatore divenne immancabilmente rossa a quella confessione così diretta. Non era più abituato al modo espansivo che aveva Hinata nel dire le cose, ma dovette ammettere che un po’ gli era mancato.
Gli era mancato quel ragazzino irruento ed a tratti irritante, più di quanto avesse tenuto ad ammettere, e forse fu per quello che annuì senza pensarci due volte. In fondo anche lui aveva aspettato tutto quel tempo per rimanere di nuovo con lui come ai vecchi tempi. Forse, intravedere la sua chioma rossa richiamarlo in una delle palestre in cui aveva appena giocato, era proprio quello che aveva inconsapevolmente sperato per due lunghi anni …
Ed alla fine Shoyo era tornato davvero.
«Bene!», gioì di nuovo il rosso, afferrandolo per un braccio e tirandolo verso l’uscita, nonostante i “boke” imprecati ad ogni strattone.
Sì, gli era mancato, per quello, mentre continuava a farsi trascinare con falsa indignazione, non poté non mostrare un piccolo sorriso, che incespicò timidamente sulle sue labbra, conscio del fatto che da quella posizione il suo ex compagno non avrebbe potuto vederlo.
Così passarono il resto del pomeriggio in compagnia, seduti ad un tavolo di un bar a parlare di quei due anni appena trascorsi, ma quando fu il momento di salutarsi, nessuno dei due sembrava intenzionato a farlo. Inoltre entrambi avevano visto la tensione che si era creata tra loro, cosa che non c’era mai stata durante gli anni in cui avevano giocato insieme.
Si erano lanciati alcuni sguardi intensi mentre parlavano, ed entrambi si erano ritrovati a dover spostare più volte lo sguardo imbarazzato dall’altro, mentre la consapevolezza dei loro sentimenti continuava a far battere i loro cuori.
«Hai…hai da fare per cena?», chiese quasi timidamente Shoyo, sperando che l’altro non avesse rifiutato quest’ultima offerta, ma Tobio scosse la testa.
«No. Hai qualcosa in programma?», chiese poi, leggermente interdetto quando notò il sorriso di Shoyo farsi più luminoso.
«Lo scoprirai», disse di rimando il rosso, birichino, prima di alzarsi dal tavolo, pagare i loro drink, sotto le più sentite opposizioni dell’altro, e trascinando il più alto verso una strada che entrambi conoscevano bene.
 
 
Approdarono così di fonte ad un cancello conosciuto ad entrambi, sotto il cielo stellato che rimandava loro solo piacevoli ricordi.
Come quel giorno prima della partita contro la Shiratorizawa del loro primo anno, sotto quelle stesse stelle che li avevano visti protagonisti di quella serata passata ad allenarsi più degli altri. Sotto quel cielo stellato in cui Shoyo aveva pensato in un primo momento di dichiararsi, ma poi decise di non farlo. Dopo quel “domani vinciamo”, che era stata per loro una promessa.
E così erano passati quasi cinque anni da quel giorno, in cui l’unico pensiero fisso di Shoyo, oltre la pallavolo, era stato lui.
Lui, i cui occhi blu, curiosi e penetranti, lo stavano guardando nella semi oscurità di quel posto a cui erano tanto legati, con le mani affondate nelle tasche della sua tuta degli Adlers e la borsa a tracolla. Esattamente come quel giorno, con l’unica differenza che la tuta che indossava non era più nera e che la frangia dei suoi capelli era divisa ai lati del suo viso, così che i suoi occhi sembravano più grandi ed espressivi.
E rimase a guardarli Shoyo, con il suo solito sorriso stampato in faccia a coprire l’emozione e l’imbarazzo.
«Che vuoi fare, boke?», sentenziò il moro, con le sopracciglia aggrottate mentre spostava il suo sguardo dal rosso al cancello chiuso della loro vecchia scuola.
«Entrare, mi sembra ovvio», rispose invece di rimando il chiamato in causa, come se quella fosse la cosa più normale del mondo, mentre iniziava ad arrampicarsi sul cancello, con la sua borsa ancora a tracolla e il sorriso soddisfatto stampato sulle labbra, cosa che spaventò un po’ il più alto. Di certo essere arrestati per violazione non rientrava nei suoi piani, ma ancora una volta venne trascinato dal buon umore di quel ragazzo.
Così entrambi si ritrovarono presto dall’altra parte, nello spiazzo sterrato di fronte alla palestra, quello che avevano percorso un milione di volte per ben tre anni. Il percorso che entrambi avevano sempre fatto correndo come due ossessi per la lotta alla supremazia, ed anche in quel momento bastò un’occhiata per capire le intenzioni dell’altro. Bastò che gli occhi d’ambra si specchiassero in quelli blu prima che entrambi iniziassero a correre con un sorriso stampato in faccia, dritti verso la porta chiusa della palestra, dove Shoyo riuscì a battere il palmo della mano per primo, buttandosi poi a terra stremato.
«Ho vinto di nuovo io, Kageyama, e siamo a due oggi! Ti sto raggiungendo!», ridacchiò, nonostante il fiato corto, mentre l’occhiataccia dell’altro non riuscì minimamente a scalfire il suo buon umore.
«Sei partito prima, boke!», disse in sua discolpa, anche se sapeva per certo che non era così, ma in fondo doveva mantenere alto l’orgoglio, nonostante fosse ancora più orgoglioso del fatto che Hinata lo stava raggiungendo, perché alla fine era proprio quello che sperava.
Sperava un giorno di essere di nuovo insieme, su palcoscenici più grandi, perché non gli bastava più il palcoscenico del suo paese.
No.
Tobio puntava a quello del mondo, e sapeva che lo stesso valeva per Shoyo.
E fu proprio il rosso ad alzarsi per primo, con un sorrisetto complice stampato sulle labbra, mentre raggiungeva un cespuglio sotto lo sguardo confuso di Tobio, ma quando tirò fuori un pallone polveroso non poté fare a meno di alzarsi anche lui da terra con un sorrisetto soddisfatto.
In fondo era sempre stato così per loro, e palleggiare con Hinata gli era mancato davvero…
«Ce l’ho messo ieri», fece solamente spallucce quest’ultimo, senza dare altre spiegazioni, perché a Tobio bastò quella frase per capire.
Shoyo aveva organizzato tutto, e forse stava aspettando quel giorno da due anni…
«Avevo organizzato di tornare qui con te», riprese parola, spezzando il silenzio, rotto solamente dal rumore del loro preciso palleggio. «E sono felice che tu abbia accettato…»
«Perché non avrei dovuto accettare?», chiese Tobio, perplesso, dopo aver schiacciato il pallone dritto verso il suo compagno, che con una postura ed una ricezione perfetta rimandò la palla dritta sulla sua testa, facendo così riaffiorare sulle labbra dell’alzatore un sorrisetto soddisfatto.
Alla fine era riuscito davvero ad imparare a ricevere, diversamente dalla prima volta in cui si erano ritrovati a palleggiare in quel cortile, ed il ricordo gli instaurò nel cuore una certa dose di nostalgia.
«Beh perché, non so, sei diventato una star oramai», ridacchiò, ma quella frase fece storcere il naso al più alto.
«Sono sempre il solito…», grugnì, «non sono cambiato se non fisicamente. Sono sempre io, e tu il solito coglione che si fa troppi problemi!»
«Hai ragione», ridacchiò di rimando Shoyo, e la conversazione crollò così, mentre continuavano a palleggiare in silenzio.
 
 
“Ti senti intoccabile
Fuori dalla portata delle bugie dell’ombra
Siamo solo animali
Che perdono lentamente la cognizione del tempo”
 
 

 «Kageyama?», lo richiamò Hinata dopo qualche minuto, senza però fermare il pallone, mentre gli occhi blu dell’altro continuavano ad inseguirlo.
«Tobio», rispose però il moro, spiazzando un po’ il rosso, che abbassò il suo sguardo ambrato a scrutare l’espressione imperturbabile del suo volto stranamente rilassato.
«Che?», chiese, sempre più perplesso, nonostante una piccola speranza avesse fatto capolino nel suo animo.
«Chiamami Tobio», disse invece l’altro, «ci conosciamo da un bel po’ oramai, è inutile essere ancora così formali, non trovi? E poi anche Miya-san ti chiama per nome…», lasciò cadere la frase quando un accenno di gelosia cambiò per un momento l’espressione del suo volto.
«Hai ragione…Tobio», ridacchiò sotto i baffi il più basso, mentre l’alzatore, nell’ascoltare il suo nome dalla voce squillante del suo ex compagno, divenne stranamente imbarazzato.
«Shoyo boke!», disse infatti di rimando Kageyama, facendo però quasi strozzare il povero Hinata per colpa dell’emozione, scaturita nell’ascoltare per la prima volta il suo nome di battesimo pronunciato dalla voce penetrante del ragazzo di cui era innamorato.
«Potresti evitare di chiamarmi idiota tutte le volte?», grugnì però, ma per la prima volta da quando si erano rivisti, un sorriso genuino spuntò sulle labbra di Tobio, e la cosa non poté far altro che dare il colpo di grazia al povero opposto.
Tuttavia crollò di nuovo il silenzio tra loro, perché in fondo si erano già detti quello che dovevano dirsi, nonostante ci fosse ancora qualcosa di non detto tra loro, ma ancora Hinata non era sicuro di riuscire a farlo. Aveva organizzato tutto quello soprattutto per riuscire a dire a Kageyama quel che provava, ma una volta che erano stati davvero l’uno di fronte all’altro non c’era riuscito.
«Tobio?», spezzò però di nuovo il silenzio, perché c’era ancora una cosa che voleva fare. Una cosa che gli era mancata quasi quanto il palleggiatore stesso.
Una cosa che, se fosse andata a buon fine, sarebbe stata la dimostrazione che tra loro non era cambiato nulla.
Sarebbe stato l’input che avrebbe permesso ad Hinata di essere audace come in campo.
Sarebbe stata la prova che tra loro c’era ancora intesa.
Sarebbe stata la prova che riuscivano ancora a capirsi al volo.
Sarebbe stata la prova che tra loro non servivano davvero parole.
Sarebbe stato l’inizio di quel qualcosa che Shoyo aveva aspettato per tutta la vita.
«Che vuoi, boke?», chiese il chiamato in causa, facendo ridacchiare sotto i baffi il più basso nonostante l’offesa, ma in fondo Hinata sapeva che il modo di porsi del suo ex alzatore non sarebbe mai cambiato. In fondo era il modo che aveva Kageyama per far fronte all’imbarazzo.
«Lo facciamo?», domandò, col suo enorme sorriso dipinto in faccia, quello che permetteva ad Hinata di farsi amare da tutti.
«Alzo a tutti coloro che sono essenziali per la vittoria», ripeté quelle determinate parole con un sorrisetto complice, parole che Shoyo conosceva bene, ed anche lui ridacchiò nell’udirle di nuovo, mentre ripassava la palla a Tobio con un passaggio perfetto.
«Beh, penso che quella parte l’abbiamo oramai superata, no? Non sono stato io a stracciarti oggi?», ridacchiò ancora.
Qualcuno di ancora più bravo di te arriverà e ti troverà
In quel momento, nella mente di Tobio, riaffiorarono le parole che gli disse suo nonno poco prima di morire e sotto quel preciso pensiero non poté far altro che sorridere ancora, perché forse quel qualcuno era proprio lì di fronte a lui.
Quel ragazzino forse troppo testardo che aveva stracciato alle medie.
Quel ragazzino dal colore di capelli molesto che lo aveva irritato nel corridoio della palestra dopo quel suo discorso sul vincere e rimanere in campo nonostante le sue svantaggiate condizioni.
Quel ragazzino dallo spiccato atletismo che compensava tutta la sua mancanza di tecnica.
Quel ragazzino che pensava di aver demoralizzato e che invece si era ritrovato davanti il primo giorno delle superiori.
Quel ragazzino che lo aveva aiutato a superare un trauma.
Quel ragazzino che non aveva fatto altro che avere fiducia in lui e nelle sue alzate.
Quel ragazzino che aveva inconsapevolmente aiutato ad affilare le zanne.
Quel ragazzino che si era lasciato tutto alle spalle per volare dall’altra parte del mondo pur di diventare abbastanza bravo per riuscire a tenergli testa.
Quel ragazzino ora diventato talmente bravo da averlo finalmente battuto dopo ben cinque anni, trascorsi ad aspettare le condizioni migliori per riuscirci.
Quel ragazzo che, nonostante tutto, gli aveva rapito il cuore.
«Una schiacciata è possibile solo dopo una ricezione», gli disse però, nonostante anche lui fremesse per quello.
 «Allora schiaccia», ridacchiò di rimando Shoyo, «la prenderò!», concluse, abbassando i fianchi, quanto bastò per mettersi in posizione in attesa del colpo. Colpo che arrivò dopo che Kageyama ebbe colpito la palla con la sua solita precisione millimetrica, e che Hinata ricevette senza alcuno sforzo, perfettamente in testa all’alzatore e con un sorrisetto ancora più soddisfatto di prima, lo stesso che poté notare sul volto di Tobio quando lo alzò per aspettare la palla con le braccia alzate.
Fu in quel momento che Shoyo sfrecciò come un fulmine facendo striare le suole delle scarpe sul terreno sdruccevole, ma a poco importò in quel momento, perché con la sua solita velocità riuscì ad arrivare con un tempismo perfetto a saltare nel momento esatto in cui le dita di Kageyama toccarono il pallone. Poi fu una questione di secondi, di un salto fatto nella semi oscurità del luogo, del pallone che venne colpito dal palmo della mano di Shoyo come aveva sempre fatto per tre anni consecutivi, e che andò a schiantarsi a pochi metri di distanza dal cancello ancora chiuso della scuola, rimbalzando contemporaneamente a come battevano i loro cuori.
E loro rimasero lì, con la bocca aperta in un’espressione incredula, ad osservare il rimbalzare cadenzato del pallone contro il terreno, con le emozioni in subbuglio e senza avere il coraggio di dire nulla, perché di nuovo c’era stato qualcos’altro a parlare per loro.
C’era stata la consapevolezza che, nonostante il tempo trascorso, tra loro non era cambiato nulla.
E poi si voltarono, con gli occhi d’ambra che si specchiarono in quelli color dell’oceano.
 
 
“Nei tuoi occhi d’oceano
Inseguendo l’oro
Notti dorate
In Paradiso
Inseguendo l’oro”
 


Poi bastò un passo, quello che era sempre bastato a Shoyo per raggiungere i suoi obbiettivi.
Quello che era sempre servito a Tobio per posizionarsi impeccabilmente sotto il pallone.
Quello che bastò loro per raggiungere quell’obbiettivo che, inconsapevolmente, avevano sempre inseguito.
Così, come avevano sempre agguantato la vittoria, così fecero con le loro felpe, avvicinando l’altro a sé con uno strattone, osservandosi poi un ultimo, fugace, momento negli occhi, forse per chiedere all’altro quel permesso che avevano sempre desiderato dare.
Forse per essere audaci dopo tutto quel tempo vissuto separati.
Poi fu di nuovo una questione di secondi, come l’azione che si era appena conclusa, prima che le loro bocche si unirono, in quel bacio che entrambi avevano fortemente desiderato, lì, di fronte a quella palestra in cui avevano lasciato i loro ricordi più belli, laddove ne stavano aggiungendo un altro, come un maratoneta che segna le proprie tappe, perché erano consapevoli che quella era solo una tappa.
Il traguardo, probabilmente, l’avrebbero raggiunto a casa di Shoyo quella stessa notte.
«Sei qui», disse poi Tobio, il primo a staccarsi da quel bacio, con le spalle che si alzavano ed abbassavano al ritmo dei suoi respiri, con la bocca ancora lucida dalla saliva di entrambi e gli occhi blu che scintillavano sotto le luci artificiali dei lampioni.
«Sono qui», sorrise di rimando Shoyo, afferrandolo di nuovo per il colletto per riportarlo alla sua altezza, e ribaciare quelle labbra che erano state fonte dei suoi più intimi tormenti.
Finalmente felici.
Finalmente completi.
Fine
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben trovati in quest’ultimo colpo di testa xD Ho “partorito” questa song fic in un pomeriggio, dopo aver ascoltato questa canzone (Ocean Eyes di Sophie And The Giants ft Benny Benassi, Dardust e Astrality), passatami casualmente nella riproduzione casuale di una playlist, e mentre la cantante continuava a ripetere “ocean eyes”, la mia mente è andata direttamente agli occhi blu di Tobio, e così è nata questa one shot.
All’inizio doveva essere una song fic erotica, o comunque rossa, ma poi è uscito fuori questo (e forse è andata bene così <3).
Spero di non aver fatto troppi errori nonostante la correzione, e che possiate aver amato un pochino questi due tanto quanto li ho amati io <3
Riprendendo le parole di SilvanaFreesound, ci vuole più KageHina nel mondo <3 (o comunque in questa sezione eheheheh)
Alla prossima!

 
  
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