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Autore: Quella Della Pasta    20/03/2022    1 recensioni
[Miss Fisher\\\'s Murder Mysteries]
Ci si strugge per le persone amate, Gianni, gli diceva, la saggia e cara Concetta. Sempre. E non si sfugge, nemmeno quando ci fanno adirare così tanto che vorremmo cancellarle via dalla nostra vita con un colpo di spugna.
Ma perché Phryne continuava a farlo soffrire così tanto?, si chiedeva Jack, inevitabilmente. Perché continuava a…a sbagliare?
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Partecipa al COW-T #12 col prompt "Errare humanum est, perseverare autem diabolicum".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Triangolo
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Mi verrai a cercare, non si cerca il dolore

Ma mi batte il cuore

("Bella signora" - Gianni Morandi; Dalla, Malavasi)

 

«È solo lavoro, ispettore!»

Soltanto lavoro, certo. Andare a cena con dei possibili sospettati, anzi, con dei probabili assassini; con rivoluzionari in fuga, attori affascinanti dai torbidi segreti, italiani dall’accento ipnotizzante. Tutte qualità che Jack Robinson, con la sua giacca stazzonata, il suo cappello di feltro e i suoi modi ingessati, non poteva certamente raggiungere. Non sarebbe mai potuto stare al passo con il carosello di perfezione che ruotava attorno a Phryne Fisher. E di cui lei si divertiva ad esserne il centro.

«Lo stavo soltanto interrogando, ispettore…»

Certo. Nel boudoir, alcova segreta di cui se una donna ti avrebbe mai dato la chiave, avrebbe significato solo che sarebbe stata tua per sempre. O davanti a un tè caldo, nell’atmosfera ovattata e familiare del salottino di villa Fisher, da perfetta padrona di casa. O davanti a un buon whiskey, perché no. Jack ne aveva condivisi così tanti, con lei, davanti al caminetto. Le aveva stretto la mano sul tavolo di legno grezzo della sua luminosa cucina, laddove la sua festa di compleanno non era stata altro che un palliativo a tutto il dolore di una vita che finalmente scemava nel sollievo della giustizia che era stata fatta. Avrebbe almeno potuto dirsi quello, davanti allo specchio, che poteva concedersi il lusso di essere la roccia dove Phryne Fisher poteva riposarsi, su cui poteva contare. Anche se pure i promontori crollavano e le cucine cadevano in disuso.

E non era stato l’unico, poi, a tenerle la mano. E non avrebbe dovuto fargli male così tanto.

«È solo un vecchio amico, Jack!»

Ma da quando le aveva permesso di chiamarlo per nome? Jack non lo ricordava, ma immaginava bene che Phryne si era presa il permesso da sola. Faceva tutto da sola; si amava anche da sola, persino. Consolandosi con l’affascinantissimo Lin Chung o quell’anarchico dal nome impronunciabile o lo stuolo di attori su cui aveva dovuto investigare, per quel motivo o quell’altro. Il diavoletto sulla spalla sinistra di Jack gli suggeriva che certi motivi se li andava a cercare appositamente, pur di distrarsi. O di farlo ingelosire.

Concetta lo capiva. Concetta lo capiva bene. Storie di amori tormentati non erano nuove, nella sua famiglia. E poi, è una cosa così tanto italiana, che non poteva non capirlo. Il tormento fa parte del nostro sangue, gli aveva detto una volta, quando Rosie era lontana, lontanissima, ormai, e Sydney dietro le sbarre, ma a Jack aveva fatto ancora male, come se la fede nuziale fosse stata ancora al suo dito. Ci si strugge per le persone amate, Gianni, gli diceva, la saggia e cara Concetta. Sempre. E non si sfugge, nemmeno quando ci fanno adirare così tanto che vorremmo cancellarle via dalla nostra vita con un colpo di spugna.

Ma perché Phryne continuava a farlo soffrire così tanto?, si chiedeva Jack, inevitabilmente. Perché continuava a…a sbagliare?

Perché è uno spirito indomabile, si rispondeva lui. Spirito volpe, aveva scherzato Phryne, raccontandogli di un incontro bizzarro e dell’ennesimo caso in cui quel Lin Chung, così perfetto e intrigante, era spuntato in mezzo, proprio come una volpe nell’erba alta. E Jack continuava a struggersi, proprio come gli aveva detto Concetta, anche se era sbagliato, anche se faceva così tanto male che, quando l’aveva vista partire su quell’aereo, ne era stato un poco contento. Diretta a Londra, fuori dai guai. E fuori dall’attenzione di altri uomini, sperava. Ingenuamente.

Quando Phryne era tornata con la notizia che si era sposata, e con un principe d’Arabia oltretutto, Jack aveva sentito di essere fottuto. Ma sul serio. Certe persone non cambiano mai, gli avrebbe detto sua madre, consolandolo con una carezza e una tazza di tè bollente; Concetta, chissà, ma il ristorante era stato chiuso, lei e la sua famiglia fuggiti chissà dove, e Jack aveva dovuto sbrigarsela tutto da solo.

Errare è umano, diceva il proverbio. E Phryne, in tutta la sua bellezza, era straordinariamente umana. Ma perseverare è diabolico, continuava il proverbio nelle bocche dei preti e della suora che gli aveva insegnato il latino e il greco. E Phryne, spesso, gli era stata additata come l’esserino diabolico che tutti i suoi corteggiatori respinti finivano per considerarla. Tante moine buttate al vento per scoprire soltanto la verità. E, incredibilmente, tornava sempre da lui. Alla sua roccia.

Meschino, Jack.

Anche se rimproverarsi serviva a poco, quando Phryne gli teneva il braccio, splendida come sempre nell’ennesimo abito da sera brillante, mentre andavano ad uno spettacolo di operetta che Jack avrebbe detestato con tutto il cuore, in altre occasioni.

Errare è umano, Jack.

E decise che avrebbe errato in quel teatro, sopportando tutte quelle filastrocche idiote e quelle scene senza senso, solo e soltanto per il bel sorriso di Phryne, per quel favore che aveva deciso di fare all’ennesimo amico in difficoltà.

E poi, ne avrebbero parlato. A quattrocchi. Lui, e la sua gelosia, davanti allo specchio.

   
 
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