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Autore: Helen_Rose    26/03/2022    1 recensioni
Il matrimonio dei SanColombo come ho provato ad immaginarlo. Spero vi piaccia! Buona lettura.
Ci tenevo a sottolineare come, benché si affidi molto ai consigli di Marco, Stefania sia poi autonoma nei fatti.
Tra l'altro, trattandosi della prima fanfiction SanColombo che io abbia scritto in assoluto, mi è sembrato simbolico riprendere l'incipit della prima fanfiction Barbegrino che scrissi a dicembre 2020, nonché la mia prima fanfiction in assoluto.
Ci ho tenuto particolarmente a mostrare Gloria come una nonna e una mamma presente, dato che non è più solo la signorina Moreau a cui Stefania si immaginava di telefonare, nella sua casa piena di libri, con una famiglia.
Qui, Gloria sembra quasi impeccabile, come sempre; se avrò tempo e modo, mi piacerebbe esplorare anche qualche difetto di minima portata, ma era mia premura far capire come continui ad essere una persona che non dà mai per scontati i propri affetti, poiché sa cosa significhi essere costretta a farne a meno.
Molte figure genitoriali danno per scontato l'amore dei figli nei loro confronti e il tempo passato insieme, ma Gloria non potrebbe mai essere quel tipo di persona e ci ho tenuto a sottolinearlo chiaramente.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“È tutto inutile, è inutile! Sono un’incapace!”
Marco sbuffa e alza gli occhi al cielo, cercando di non farsi vedere, così da non contrariarla ulteriormente. Non saprebbe enumerare le volte in cui, in un anno, sua moglie sia in grado di farsi prendere dal panico a ridosso della consegna di un articolo importante: tocca vette di pessimismo talmente alte da fargli addirittura dubitare che abbia dell’autostima in dotazione. Il fenomeno, con gli anni, sembra peggiorare invece di migliorare, se possibile: crescendo, aumentano proporzionalmente i carichi di responsabilità, sia lavorativamente parlando che a livello familiare, e la sfida di gestire tutto senza perdere l’equilibrio e sbroccare è parecchio ardua. Sembra paradossale dirlo in riferimento a una ex venere che, nel frattempo, era apprendista giornalista; ma crescere tre figli, pur con tutti gli aiuti -tra nonni, zii e una bambinaia che, fortunatamente, possono permettersi- non è banale. La vita è fatta di scelte: essere una mamma lavoratrice che non voglia delegare l’educazione e i momenti di svago coi figli quasi esclusivamente ad altri, richiede l’avere al proprio fianco un marito e padre a parimerito: per agevolare il più possibile, affinché la crescita dei figli riguardi entrambi i genitori.
Da bravo mentore, conosce la sua pupilla meglio di chiunque altro -benché abbia spiccato il volo con sorprendente rapidità, sempre la sua pupilla resta, e Marco è diventato più prodigo di consigli e aiuto concreto una volta autonomizzatasi, paradossalmente- ; si può dire che abbia capito fin da subito come prenderla, e non sbaglia mai: “Stefania, vorresti essere così gentile da spiegarmi, a livello logico, come si possa affidare l’articolo più importante del numero a un’incapace? Sei la giornalista più richiesta di quella redazione e sommersa di incarichi; l’ansia da prestazione è comprensibile, però…”
Ora è Stefania a sbuffare, sconsolata. “Minimizzi sempre tutto! Ma tu mi ascolti, quando ti parlo?”
“Sarebbe impossibile non farlo, dal momento che nei tuoi momenti migliori, strilli; quando non sei impegnata a sfogarti riducendo in brandelli quella povera carta, certo.” sogghigna, scuotendo la testa.
“Sii serio, per una volta! Sentire e ascoltare sono due cose molto diverse, e dovresti saperlo bene! Ti ho già spiegato mille volte che non mi sento sicura della forma, dell’organizzazione dell’esposizione, dell’efficacia delle argomentazioni scelte!”. Detta così, parrebbe un’accozzaglia di parole in libertà. *1
Marco non si fa scoraggiare: mentre si accovaccia accanto alla sua sedia, riporta tutto su un piano di razionalità, riscuotendola verbalmente dall’influsso negativo della scrivania della tortura autoinflittasi: “Stefania, io ti ho ascoltata davvero per tutte le milleuno volte, ma se ti ostini a non farmi leggere…”
“Come posso farti leggere un simile scempio? Una tale…” -si interrompe per cercare un termine adeguato, finché lo trova e proclama l’incontrovertibile sentenza- “inconfutabile prova di mediocrità?”
“Sai cosa ti dico, Stefania? Depongo le armi: il tuo licenziamento è dietro l’angolo, garantito.”
Riesce a strapparle un sorriso, come sempre; e alla buon’ora. “Diventerò una casalinga disperata, ossessionata dalle vite dei miei figli per distrarmi dalla mia, fallimentare e in decadenza, vero?”
“Sarà un piacere, per me, fornirti riviste di bassa lega per aiutarti a combattere la noia.” promette lui, sorridendole con dolcezza e depositando prima un lungo, tenero bacio sulla sua fronte, di quelli di protezione che riserva spesso alla loro bambina, e poi sulle sue labbra, più lungo ancora.
Da quando ha imparato ad ascoltare un po’ di più lui e un po’ meno le paranoie che la affliggono sui più svariati argomenti, l’effetto calmante di Marco agisce con molta più rapidità. Gli regala un sorriso più convinto, poi accenna l’ultima delle perplessità: “Non so, è che l’impronta mi sembra debole…”
“Andiamo, Stefania; me l’hai insegnato tu…”
“Che cosa?”
“Tutti hanno una storia che valga la pena di essere raccontata. E un articolo sulla quotidianità delle mamme di oggi rispetto a quelle di ieri, in mano a te, sarà un gioiellino alquanto significativo.”
Stavolta, è lui a meritarsi un bacio, però di gratitudine. “Come farei, senza di te?”
“Beh, sicuramente te la caveresti bene lo stesso; ma dal momento che ci sono, quando vuoi, mi fai un fischio e arrivo… Compatibilmente con i miei impegni e con tutte le altre giovani giornaliste sull’orlo di una crisi di nervi, bisognose di conforto e attenzioni…” fa vertere la consueta dichiarazione di stima che le rivolge sul ridere, come al solito, aggiungendo l’occhiolino.
“Naturalmente.” E il volto di sua moglie, finalmente, si apre in un sorriso luminoso dei suoi.
“Sai che tutta questa pressione esagerata autoimposta, a me ricorda qualcuno?”
“Cioè?”
“Tuo figlio Enea.” Gemello di Ettore: otto anni a testa; al massimo dieci in totale, se si considera la pericolosità della loro associazione a delinquere. Stefania si era battuta per tutti e nove i mesi di gravidanza per salvare i suoi pargoli dal triste destino di essere chiamati Romolo e Remo, riducendo le manie di grandezza del padre alla sua storica preferenza per i troiani, attaccati per colpa di Paride. Naturalmente, quando si era trattato di scegliere il nome per la sorellina, se non fosse stato per la mamma si sarebbe chiamata Elettra, o ancor peggio Ecuba, per mantenere la E a ogni costo; Elena era fuori discussione, perché in quella casa non si riusciva a vederla come una vittima… E così, prima che i tenerissimi fratelli si fossilizzassero su Erbaccia, Eva fu, come buon auspicio per la redenzione -tramite la sua vita e le lezioni che avrebbe appreso- dell’antenata per eccellenza della donna.
“Poverino, sì… Va alle elementari e le verifiche orali sono già un trauma, per lui. E io che speravo di trasmettergli dei lati positivi del mio carattere…” sospira Stefania, alzandosi, per permettere a Marco di prendere posto sulla sedia e accomodarsi sulle sue ginocchia.
“E lo hai fatto: dolcezza, sensibilità, disponibilità verso il prossimo…” elenca Marco, amorevolmente.
“Ampiamente compensati dalla cieca determinazione, dalla sicurezza, dallo spaventoso cinismo con cui il gemello affronta la vita, invece: chissà a chi apparterranno…” ironizza Stefania.
“E dire che non ero così, alla sua età… Sono peggiorato col tempo.” ammette Marco, sogghignando.
“Ma quella di Ettore è tutta una maschera per dimostrarti di essere degno di te, del tuo esempio; proprio come insegna Omero.”
“Spero di riuscire a trasmettergli il principio per cui la vera forza consista nell’ammettere le proprie fragilità, invece; maschio o femmina che tu sia. Ma per questo, dovrai aiutarmi tu.”
Si discosta leggermente per guardarlo negli occhi, allarmata: “Da che mondo è mondo, ogni genitore si vanta delle somiglianze dei figli riconducibili a sé stesso, e tu non fai eccezione… Che succede?”
“Perché, non ti ho mai fatto un complimento in vita mia, forse?” replica lui, facendo lo gnorri.
“Ti sei sempre divertito molto di più a prendermi in giro, e lo stesso vale per me, d’altronde; quindi, sputa il rospo, prima che mi preoccupi per davvero.” intima, perentoria, nascondendo un sorrisetto.
“E va bene, devo confessarlo…” -sospira, melodrammatico- “La macchina.”
Stefania si alza di scatto e comincia a camminare avanti e indietro per tutto lo studio, già in panico. “Ecco, io lo sapevo! Marco, cosa hai combinato? Erano anni che non facevi neanche il più piccolo graffio su quell’auto… Avanti, a quanto ammonta il danno? (*2) Uffa, ci mancava solo questa…”
“Come sei malfidata: guarda fuori dalla finestra.” La prende per le spalle e la fa voltare lentamente.
“Sto guardando, ma come faccio ad accorgermi di un danno minore, da quassù?”
“Guarda meglio… Parcheggiata dietro alla mia auto.”
“Bella, sì, l’Alfetta è tra i miei modelli preferiti; ma che c’entra?”
“È tua.”
Stefania si volta di scatto, incredula: “Mia?”
“Certo; ti sarà utile per evitare di spendere miliardi di lire in taxi e mezzi pubblici, quando si tratta di accompagnare i bambini in giro. Dopo ti darò le chiavi e, se vorrai, potrai provarla stasera stessa.”
“Ma… Ma davvero?”. Lo slancio con cui abbraccia Marco è incontenibile: alla Stefania, appunto. Diminuito leggermente l’entusiasmo, si discosta da lui, aggrotta le sopracciglia e stringe gli occhi in una fessura, quasi inquietandolo: “Sei sicuro del fatto che non sia uno scherzo per ammorbidirmi? È impossibile che tu mi abbia regalato un’auto che non sia blu, foss’anche verniciata con le tue mani.”
Marco scoppia a ridere. “Stefania, tu mi fai un po’ troppo banale. È davvero questa la tua preoccupazione? Puoi dormire sonni tranquilli: è solo il portachiavi a essere blu, stavolta.”
“Ora sì che ti riconosco. Ascolta, ma… Non avrai speso un po’ troppo? Abbiamo promesso ai bimbi di portarli a trovare zia Adelaide a Parigi; sai che sono contraria al fatto che finanzi lei le spese…”
“Non ti preoccupare di questo. Comunque, vorrai dire da zia Adelaide, zio Riccardo, zia Nicoletta e la cugina Margherita.” precisa Marco, pregustando la reazione di lei, che non tarda a manifestarsi.
Prima fa un sorriso forzato, poi un’espressione di sconforto: “Nicoletta… Certo. Sai bene che, nonostante sia mia parente, preferisco il tuo, di parente. Sai anche che sono una persona pacifica…”
“Naturalmente.” ne conviene Marco, annuendo per trattenere le risate.
“Ma non mi è mai stata particolarmente simpatica, ecco, mettiamola così. Da non credersi: ero più piccola io, eppure, quando ci ritrovavamo in vacanza insieme, era lei a frignare per qualunque cosa, mentre giocavamo. Infatti, mi ero innamorata di Federico proprio perché prendeva le mie difese…” conclude l’arringa, maliziosa; pregustando lei, stavolta, la reazione di suo marito.
“Stefania, possibile che tu debba nominarlo in continuazione? Non dovrò mica preoccuparmi…” Quanto gode nel fare il finto geloso… E lei, nello stuzzicarlo.
“Comportati bene: sai che ci sarà anche lui, in visita, a Parigi; è pur sempre il fratello di tuo cugino.”
“Dimentico sempre che Umberto ha creato una confusione indicibile in quell’albero genealogico…”
“Mai come una madre latitante che io credevo morta: quella resta imbattuta.” dichiara Stefania, accennando un sorriso. Marco è orgogliosissimo anche su quel fronte: è stupefacente la capacità che ha acquisito di riderci sopra, da quando si è risolto tutto per il meglio. Gloria aveva capito che l’unica maniera per viversi sua figlia e suo marito fosse costituirsi: non importava se avrebbe dovuto scontare un anno o dieci; contava solo porre fine a quell’incubo, indipendentemente dal metodo. Fortunatamente, si trattò giusto di pochi mesi: il marito-padrone della sfortunata partoriente a cui Gloria salvò la vita, era deceduto da qualche tempo; la donna, chiamata a testimoniare, fu ben felice di esprimersi in favore dell’ostetrica, avendone finalmente la libertà incondizionata. Gloria riottenne legittimamente il diritto di esercitare la professione che tanto amava e di condividere la sua vita con gli amori più grandi: Ezio e Stefania, che non l’hanno lasciata un attimo da allora. Certo, durante le nascite dei nipotini, la nonna si è fatta aiutare, per sicurezza.
“Comunque, devo ammettere che Nicoletta non sia propriamente un esempio di conversazione brillante… Sinceramente, la scelta di Riccardo continua a stupirmi; zia Adelaide si è palesemente rassegnata a forza, ma la sua insofferenza è palpabile, e la maschera solo in favore di Margherita.”
“Preferisce me, ed è tutto dire, visto e considerato che tendo a scordare certe norme di bon-ton a tavola. Io e Nicoletta abbiamo sempre avuto una sola passione in comune: quella per i romanzi rosa. Poi, io mi sono evoluta, evidentemente…” sentenzia Stefania, assumendo la posa da diva consumata.
“Ed è stato unicamente grazie a me.”
“Si capisce… Vanaglorioso come sei, mi toccherà lasciartelo credere.” Quando i loro amici -eccezion fatta per i Barbieri e gli Amato, per ovvie ragioni- si domandano come facciano a rimanere così immaturi dopo quattordici anni tra fidanzamento e matrimonio, la risposta che si danno è che la stupidera li mantenga giovani dentro.
“Comunque, dico sul serio: si fanno conversazioni di gran lunga più interessanti con Marcello e Rocco, che non hanno avuto grandi possibilità di acculturarsi, eppure sono sempre informati, hanno svariati interessi e possiedono anche una certa dialettica.”
“Altrimenti, come avrebbero fatto a stare dietro alle menti vulcaniche di Roberta e Irene?”
“Beh, non penso che loro mettano pressione…”
“No, infatti, la mia era una battuta; si completano, e si migliorano a vicenda spontaneamente. Devo confessarti che… Mi chiedevo spesso se sarei riuscita ad avere una relazione equilibrata ed appassionante come quelle delle mie amiche… Prima di conoscerti.” Accenna un sorriso timido, lo stesso che le spunta sempre se deve parlare di sentimenti profondi legati a Marco.
“Beh, allora, ne sono onorato.” replica lui, sorridendo e accarezzandole il viso delicatamente. “Sai, l’altro giorno, Roberta mi raccontava quanto Rocco sia cambiato rispetto ai primi tempi in cui era arrivato a Milano.”
Stefania solleva un sopracciglio e accenna un sorriso perplesso: “Roberta? E da quando chiacchierate voi due, da soli?”
“Le ho telefonato per un articolo sui nuovi cantieri.” risponde lui, con la nonchalance di chi sa per certo di non avere nulla da nascondere, e che dall’altra parte non ci sia il minimo sospetto a riguardo.
“Ah, sono molto contenta che vi siate presi ultimamente; entrambi avete un carattere un po’ riservato. Io stessa non la conoscevo benissimo, ma sono proprio contenta del fatto che Irene abbia fatto da collante, al suo ritorno da Bologna. Ad ogni modo, sì: Armando e Irene sono stati decisivi per l’evoluzione positiva di Rocco.”
In quell’istante, squilla il telefono, distogliendoli da una piacevole e, soprattutto, lunga conversazione come non hanno il tempo di farne spesso. “Uh, chissà che ore sono, e noi qui a perderci in chiacchiere! Neanche a farlo apposta, sarà sicuramente Irene che chiama per assicurarsi di essere la più elegante, stasera… Come sempre.” Non fa in tempo a finire la frase che si è già precipitata in corridoio per rispondere. Marco sogghigna: l’indole logorroica e iperattiva di Stefania non l’abbandona mai; l’ama anche per questo.
Sorprendentemente, è di ritorno in breve tempo: “Le ho mentito spudoratamente; in realtà, non ho la più pallida idea di cosa indossare.”
“Sono già le sei e mezza e devi ancora farti la doccia, quindi ti converrà cominciare a stabilirlo. Ho sposato la ex venere meno vanitosa del pianeta…”
“Ti correggo subito: insieme a Roberta; se la conosco bene, sarà in alto mare anche lei.”
“Se rifinisce il proprio lavoro fino a un secondo prima di uscire, invece di pensare a prepararsi e, conseguentemente, rischiando di ritardare, come fai tu, esprimerò tutta la mia solidarietà a Marcello.”
“Che è notoriamente il più lento della coppia a prepararsi, proprio come te. Vado in bagno e mi sbrigo, anche se il tavolo è prenotato per le otto; se suona mia madre, apri tu, d’accordo? Grazie!”
~
Una mezz’ora dopo, suona il citofono: è Gloria. Le apre Marco, immediatamente circondato dalle tre pesti che, non si sa come, fino a quel momento erano riuscite a rimanere relativamente tranquille. Nonna Gloria fa giusto in tempo a varcare la soglia e richiudere la porta dietro di sé, prima di essere presa d’assalto senza pietà: i gemelli, affettuosissimi, la vogliono abbracciare -giustamente, non la vedevano da ben tre giorni- ; la piccola Eva si accontenta di avere gli occhi profondi della nonna su di sé, per provare a salutarla con qualche espressione ricorrente appresa in francese. Ha solamente quattro anni e già tenta di impressionare chi la circonda, perché sa bene che si tratta di un metodo infallibile per attirare l’attenzione e rubarla ai suoi fratelli: essere in tre può risultare complicato. Nonna Gloria, con lo spirito di equità che la contraddistingue, bacia e abbraccia tutti e tre i bimbi, si complimenta con Eva, promette a Enea ed Ettore di interrogarli in storia il giorno dopo e, finalmente, a quel punto riesce a togliersi il cappotto, consegnandolo a un Marco attonito, divertito e disarmato.
“Buonasera, Gloria… Come sta?” si azzarda a domandare, sorridendo incontenibilmente.
“Bene, grazie; e tu, caro? Ma quante volte ti ho detto di non darmi del Lei!” protesta la suocera.
“Lo so, ha ragione, ma è più forte di me” si scusa Marco, alzando le mani. “Anch’io sto bene, grazie. Ma è arrivata con un po’ di anticipo, o sbaglio? E Suo marito?”
“Sì, lo so, ma avevo troppa voglia di vedere i miei bimbi.” replica Gloria, predisponendo già tutto per qualche minuto di gioco. “Ezio sta parcheggiando, salirà a momenti.”
Per tutta risposta, Marco sogghigna. Se fosse per sua suocera, la tata dei suoi figli sarebbe disoccupata. “Stefania si sta lavando, e spero proprio che sia a buon punto, o faremo tardi.”
“Vediamo se indovino: ha consumato la macchina da scrivere fino a poco fa.”
“Caspita, come avrà fatto ad azzeccare la teoria?” ironizza il genero.
La povera malcapitata ha ascoltato l’ultima parte della conversazione e si sta dirigendo verso di loro, con un’aria fintamente minacciosa che non impressionerebbe mai nessuno, neppure se s’impegnasse: “Da quando sono sposata, i miei genitori si alleano con mio marito per prendermi in giro; da quando sono madre, tutte le attenzioni che mi spetterebbero vengono interamente rivolte ai miei figli. Dubito di averci guadagnato, nel metter su famiglia… Sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di prendermi qualche settimana di vacanza; tanto, qui ve la cavereste benissimo, no?” sentenzia Stefania, appoggiandosi al marito con un sospiro fin troppo profondo.
“Ma non dire sciocchezze; ciao, amore” la saluta Gloria, con un bacio e una carezza, come sempre.
“Dovresti essere felice di non avere i sudori freddi a ogni pranzo domenicale; ci sono donne che non riescono a far convivere pacificamente il marito con la propria famiglia di origine.” osserva Marco.
“Ti prego, finiscila con questa storia del povero Tancredi massacrato dalla suocera: non esistono al mondo persone più snob di tua zia Adelaide; non possono essere peggio, andiamo” obietta Stefania.
“E invece, ti assicuro che è la pura verità; assistere per credere. A proposito di mia zia… Sai che, se notasse che ti presenti in turbante e accappatoio agli ospiti, avrebbe un mancamento, vero?”
“Ma quali ospiti: io sono la mamma!” protesta Gloria, cingendo le spalle della sua bambina con un braccio. “In linea di massima, Marco ha ragione; fai pratica, prima di partire” le consiglia, ridendo.
“Va bene, genitori. A proposito: papà?”
“Dovrebbe salire a momenti, stava parcheggiando… Ah, eccolo, sarà lui.”
Anche con Ezio, si ripete più o meno lo stesso scenario di prima: già era stato un miracolo che i bimbi non avessero interrotto le chiacchiere degli adulti durante quegli interminabili minuti; figurarsi se potevano lasciare che qualcuno salutasse nonno Ezio prima di loro tre, i privilegiatissimi nipoti.
“Ciao, Marco; ciao, tesoro” riesce finalmente a salutarli, dopo l’assalto di Enea, Ettore ed Eva.
“Ciao, papi. Ah, sapete che Marco mi ha regalato un’auto?” annuncia Stefania, entusiasta.
“Ma dai! Che bel pensiero… Anche pratico, devo dire. Che modello è?” si informa Ezio.
“Un’Alfetta rossa, giusto per non confonderla; è parcheggiata proprio qui sotto. Magari ve la mostro più tardi, tanto scendiamo insieme, no? A che ora dovete essere a casa Ferraris?”
“L’operazione nonni-bambinai comincia alle otto, proprio come la vostra cena. Poveretti, i genitori di Roberta: sono arrivati in città da pochi giorni, e Agnese mi ha detto che Roberta non sopporta già più le continue osservazioni della madre, al punto che le lascia in consegna i nipoti senza troppe remore.” commenta Gloria, scuotendo la testa.
“E la biasimi? La signora Lidia è tanto cara, ma se tu fossi così pesante, mamma, non potrei mai reggere una convivenza con te. La fortuna di Roberta è che abitino distanti; peccato per i nipoti, sì…”
“Io morirei senza i miei bimbi” sentenzia Gloria, sbaciucchiandoli senza pietà. “Comunque, Agnese avrà cucinato per un reggimento, dato che siamo in dodici; penso che Diego esca con gli amici.”
“Non ti dico l’entusiasmo di Irene e Rocco alla sola idea… Fortuna che noi, prima di raggiungere quella fase, abbiamo ancora parecchio tempo davanti.” commenta Stefania. “Sarà meglio che vada a finire di prepararmi, altrimenti non usciremo mai più; a dopo, e grazie ancora per il favore.”
“Non dirlo neanche per scherzo; a dopo, tesoro” la salutano Ezio e Gloria.
Più tardi, quando sono finalmente tutti pronti per uscire, Marco consegna a Stefania le famigerate chiavi dell’auto; è ansiosissima di provarla, benché tema di far danni, dato che non conosce bene il modello, completamente diverso dalla Buick Riviera di Marco. “Non preoccuparti: sei sempre stata molto più prudente di me in tutto, e le auto non fanno eccezione.” la rassicura lui.
Stefania prova a partire, ma qualcosa va storta con la pressione sull’acceleratore e inchioda subito.
“Non c’è problema, Stefania: i bambini sono con ben sei nonni… Attenderanno fino a domani sera.”
-
Note:
*1 : l'espressione 'parole in libertà' è tratta da un aneddoto personale di IRoccoPerSempre.
*2 : citazione da 'Totò, Peppino e la Malafemmina'.
   
 
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