Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: april_oneil    29/03/2022    0 recensioni
"Perché proprio lei? Perché quello che era l’amore della sua vita? Perché volevano che le fosse portato via l’unico motivo per il quale non era ancora crollato? Non avrebbe lasciato che il braccio della morta gli portasse via la sua amata, poteva prendere lui, ma non avrebbe lasciato Sasha morire."
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jean Kirshtein, Sasha Braus
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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<< Mi è sembrato di sentire un rumore >> dice la castana accanto a lui, per questo ordina con voce autoritaria di fare silenzio. Connie accanto a lui gli fa una domanda, al quale risponde in modo svelto, ed è in quel esatto momento che sente un rumore strano, e si gira per guardare cosa fosse.

Non ha il tempo di realizzare quello che effettivamente sta succedendo, e l’unica cosa su cui riesce a focalizzarsi è il corpo di Sasha, a terra, e impiantato nel petto, un proiettile, che subito inizia a provocare un’emorragia.

<< Sasha… >> sente dire da Connie alle sue spalle, evidentemente sconvolto anche lui.

C’è una ragazzina con un fucile in mano, e può vedere ancora del fumo uscire dalla canna fumaria. La ragazzina si prepara a colpire di nuovo, caricando in canna un altro colpo, ma prima che possa fare qualcosa, tira fuori l’arma che ha con se, e senza riflettere con lucidità spara, ma prima che potesse colpirla, un altro ragazzino la spinge via dalla traiettoria dei proiettili, mettendola in salvo.

Immediatamente gli uomini sul dirigibile si precipitano verso i due ragazzini, iniziando a diventare violenti. Lui rimane immobile, non sapendo cosa fare, fino a che non sente di nuovo la voce disperata di Connie gridare all’amica a terra.

<< SASHA EHI >>, urlava, non riuscendo a fare altro << Non mollare, FORZA! >>. Non sapeva se incitarla a non mollare sarebbe servito a qualcosa, ma poteva vedere la faccia dell’amico pietrificata, e poteva immaginare di avere un’espressione simile.

Guardava la castana, e internamente pregava chiunque ci fosse lassù in cielo di risparmiarla.

Perché proprio lei? Perché quello che era l’amore della sua vita? Perché volevano che le fosse portato via l’unico motivo per il quale non era ancora crollato? Non avrebbe lasciato che il braccio della morta gli portasse via la sua amata, poteva prendere lui, ma non avrebbe lasciato Sasha morire.

<< Non…gridare…così…forte… >> rispose la castana.

L’espressione della giovane donna diceva tutto: stava soffrendo, e decisamente non poco. Non riusciva neanche ad immaginarsi quello che poteva star passando in quel momento, data anche la confusione ad alimentare il suo dolore.

Il sangue si stava spargendo sulle assi di legno, mentre la ragazza riprese a parlare << Allora…è pronto da mangiare? >>. La sia voce era rotta, non sapeva neanche se quelle parole fossero realmente pensare, oppure solo pensieri che lo shock non faceva che alimentare.

Urlò, chiedendo soccorsi, volendo fermare l’emorragia il prima possibile; non poteva permettersi di perdere un secondo di tempo, doveva salvarla, a tutti i costi.

Connie non la smetteva di incitarla a resistere, dovevano arrivare all’isola il prima possibile, o almeno, riuscire a dare un primo soccorso su quel dirigibile, oramai nel caos più totale.

I soccorritori si misero in ginocchio davanti a lei, iniziando a cercare di estrarre il proiettile, Connie era ancora lì, accanto alla sua amica, mentre lui si era allontanato, non riuscendo a reggere la pressione del momento.

Aveva le mani a coprirgli le orecchie: non voleva sentire, non voleva sentire Connie o qualcun altro dire che Sasha era morta, non poteva morire. Forse era solo un pensiero egoistico quello, perché voleva passare tutta la vita con lei, per questo non voleva che morisse, la voleva per se, la amava, e non riusciva a pensare ad altro.

Non voleva concentrarsi su nient’altro, la sua priorità era che Sasha potesse vivere, per questo le parole di Floch arrivarono confuse alle sue orecchie. Erano fastidiose, di troppo per la sua mente, e dalla frustrazione allungò le braccia verso una delle pareti in legno del dirigibile, non riuscendo a tollerare quelle voci estranee.

Floch voleva gettare quei bambini nel vuoto, ma a cosa sarebbe servito? << Gettare quei bambini nel vuoto, servirà forse a mettere fine a questo massacro? >>

Sentiva la sua voce diventare flebile, stava forse piangendo? E se sì, era un pianto di tristezza o di frustrazione?

Si sentiva morire dentro, non avrebbe lasciato che uno stupido proiettile le portasse via la sua donna, doveva lottare, e lo avrebbe fatto.
Sentì oltre che le lacrime calde che rigavano le sue guance, il battito cardiaco accelerare come una mandria di cavalli, e il sudore contornare la sua faccia. Non poteva farsi vedere in quelle condizioni, ma sapeva che tutti erano concentrati sul salvare Sasha, e nessuno in quel momento avrebbe prestato attenzioni a lui.

Sasha non poteva morire…no…no.
 

<< …NO! >> urlò, cercando di riprendere fiato.

Si guardò attorno, rendendosi conto di non essere più sul dirigibile. Era su un letto, il suo letto. Tutto lentamente iniziava ad essergli familiare: le lenzuola cambiate da poco, la portafinestra sul quale si poteva accedere al terrazzo, che dava sulle strade popolate dalle bancarelle del mercato, anche vedere il comodino vicino al letto sembrava essere gratificante.

<< Jean?! >> disse in lontananza una voce femminile, che a passi leggeri si avvicinava alla camera da letto. Aprì la porta senza troppo preavviso, e lì vide la figura della sua amata, con un’espressione preoccupata, avvicinarsi a lui, e sedersi da quella che doveva essere la sua parte di letto.

Iniziò a sentire il cuore diminuire il battito, iniziando a calmarsi, perché non c’era più motivo di preoccuparsi; Sasha era viva, era davanti a lui, stava bene, andava tutto bene.

La castana allungò la mano sinistra verso il viso del ragazzo, iniziandolo ad accarezzare lentamente. Era calda, l’unica cosa che faceva contrasto con quel calore era la fede che portava al dito, che al tocco era più fredda di quanto pensasse.

<< Hai avuto un altro incubo amore? >> domando con voce dolce, avvicinandosi di più a lui.

Un “altro” incubo, già, non faceva altro che sognare i peggiori ricordi che lo avevano segnato in quelle ultime settimane, forse era l’impressione di poter essere un padre orribile? Non averne avuto uno non significava che sarebbe stato assente per suo figlio giusto? No, non poteva essere così, lui sarebbe diventato un padre modello, uno presente, uno amorevole, che avrebbe fatto tutto per il proprio figlio.

A riportarlo alla realtà furono le parole della sua amata, che in quel momento aveva deciso di far incrociare i loro sguardi << È tutto ok adesso, sei qui, con me, pensa solo a questo capito? Stai bene, stiamo bene, non c’è nulla di cui preoccuparsi >>

Non c’era nulla di cui preoccuparsi, era quello che iniziò a ripetersi mentalmente, mentre si rilassava guardando gli occhi marroni di lei, nei quali si perdeva ancora e ancora, dopo tutti quegli anni di relazione.
<< Tu perché sei in piedi invece? >> domandò, cercando di togliersi dalla mente qualsiasi pensiero negativo << Marco stamattina ha iniziato a scalciare presto, evidentemente voleva che la mamma preparasse la colazione per il papà, non è vero tesoro? >> gli rispose, mentre si accarezzava il pancione, oramai bello grande.

Non avevano la certezza fosse un maschio in realtà, ma gli esperti ne erano più che certi, gli avevano dato anche delle spiegazioni per le loro conclusioni, che lui non si era preso la briga di ascoltare, troppo emozionato per la notizia.

Per il nome non avevano riflettuto troppo, ad entrambi andava bene che il loro piccolo prendesse il nome del loro amico scomparso tempo prima, era come averne un pezzo di loro ancora lì nel presente.

Inevitabilmente si era ritrovato qualche giorno prima a sognare anche la morte di quest’ultimo, ma doveva ringraziare chiunque vegliasse su di loro dall’alto per avere una moglie paziente ed amorevole come Sasha.

<< Quindi c’è una colazione che mi aspetta? Direi di non farla aspettare ancora a lungo, che ne dici? >> si allungò col busto, per schioccare un bacio sulle labbra alla castana, prendendola per mano, e scendendo insieme a fare colazione, perché era quello il momento che voleva vivere: non la quasi-morte di sua moglie, non la morte di quello che era il suo più caro amico, solo il presente, il presente in cui viveva, e che non poteva fare a meno di amare, dopo tutto quello che avevano passando, perché chi erano loro per non meritarsi un po’ di felicità?
   
 
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