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Autore: Risa_chan    06/04/2022    4 recensioni
Al secondo anno di liceo, Hinata e Kageyama capitano nella stessa classe e le loro vite si intrecciano ancora di più l'una con l'altra. Senza una ragione valida anche i loro sentimenti sembrano cambiare...
[KageHina]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Yachi Hitoka
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Senza una ragione

 

True Love

 
 
"L’amore non ha ragione, e se ragione ha, amore non è."(proverbio)
 
 
 


 
Tobio non prestava mai troppa attenzione alle lezioni scolastiche; preferiva dormire oppure  pensare a qualche strategia o schema da provare.  Non amava lo studio di qualsiasi materia perché era  tedioso.
Sbadigliò vistosamente, senza curarsi di essere visto, prima di lanciare uno sguardo alla finestra dell’aula.
Il cielo era coperto di nubi bianche grigie che lasciavano scendere fiocchi di neve sempre più fitti. Rimase a contemplare il panorama con la voce dell’insegnante come sottofondo lieve, quasi impercettibile.
Quel giorno non avrebbe potuto mangiare fuori con Hinata prima di fare il loro solito allenamento extra.
Al secondo anno di liceo erano capitati nella stessa sezione[1] dando il via ad una nuova routine tutta loro. Dopo gli allenamenti mattutini correvano in classe, seguivano svogliatamente le lezioni fino all’ora di pranzo, mangiavano chiacchierando e bisticciando, poi, passavano il resto della pausa palleggiando nel cortile; al suono della campanella tornavano in palestra.
Sospirò lanciando un’occhiata alla testa rossa davanti a lui: Shoyo si era addormentato sopra il libro di matematica. Dalla sua posizione privilegiata Tobio poteva notare l’alzarsi e l’abbassarsi del suo respiro.
Gli Spring Inter high erano alle porte e la squadra aveva intensificato gli allenamenti e le amichevoli sempre più determinati a vincere tutte le partite.  
Erano tutti più stanchi del solito, compreso Kageyama, tanto che capitava spesso di addormentarsi come stava facendo Hinata.
“Non avrai esagerato ancora, boke?” pensò.
Tobio conosceva la risposta: Hinata non commetteva mai lo stesso errore due volte. L’anno precedente era stato costretto ad abbandonare il campo per colpa dell’influenza. Da quella volta, aveva cominciato ad avere uno stile di vita più sano, mangiava, e andava dormire presto, seguiva un regime di allenamento costante e non eccessivo.
Kageyama non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, eppure riconosceva che Hinata era diventato più forte ogni giorno che passava. La sua metamorfosi era lenta e costante, la crisalide stava cambiando davanti ai suoi occhi e al momento giusto si sarebbe schiusa e avrebbe spiccato il volo.
 Non avrebbe perso la sfida perché neanche lui era quello di prima. Kageyama era entusiasta, era vivo e felice di poter essere messo alla prova, di confrontarsi con qualcuno che avesse la sua stessa passione, la stessa spinta che ti faceva fare quel passo in più portandoti alla vittoria.
Shoyo era forte ma non era paragonabile ai tanti giocatori di livello che conosceva. Aveva molta strada da fare eppure quando giocava con lui la pallavolo era più divertente. Era stato così fin dalla prima partita che avevano giocato insieme: era difficile e snervante tenere a mente tutte le informazioni di cui aveva bisogno per poter mettere in atto la loro veloce. Sfibrante ed entusiasmante allo stesso tempo.
Quando la loro veloce funzionava provava quella pura e selvaggia gioia di giocare che aveva dimenticato.
Solo con lui si sentiva così.
Era la sua stupida faccia che sorrideva chiedendo un’alzata che lo spingeva superare l’ostacolo del momento, la sua presenza soverchiante lo faceva agire d’istinto senza tenere più conto della ragione.
La campanella squillò.
Kageyama si alzò per avvicinarsi al suo schiacciatore e dargli una bella svegliata. Shoyo non sembrava essersi accorto di nulla, dormiva beatamente sul quaderno di matematica abbandonato sotto di lui.
La figura  davanti a lui sembrava ipnotica; non riusciva a  staccargli gli occhi di dosso. Ogni suo movimento era capace di catturare la sua attenzione, e quando si allontanava si  era scoperto a cercarlo,  a chiedersi cosa stesse facendo, se stava bene , non solo sul campo di gioco, ma sempre.
Era bellissimo così, con le braccia sotto la testa, con i capelli scompigliati, le lunghe ciglia che tremolavano appena, la bocca morbida semi aperta gli faceva venir voglia di baci…
No, no e ancora no!
Kageyama, davvero, non era più quello di prima in un modo del tutto sconosciuto. Lanciò un occhiataccia malevola all’amico: era tutta colpa sua.
 
 
***
 
Il risveglio dal suo sonnellino mattutino fu brutale come  al solito.
«Oi, boke, svegliati,» Hinata sentì una voce scorbutica e una mano altrettanto violenta scuoterlo per bene.
 Il sonno lo abbandonò improvvisamente, terrorizzato che fosse accaduto qualcosa di terribile: «Cosa è successo?!»
«È suonata la campanella.»
Hinata si ricordò di trovarsi in classe e i suoi occhi incrociarono il volto imbronciato di Kageyama.
Si stropicciò gli occhi e si sgranchì un po’ le ossa: «Andiamo a mangiare?»
«Non possiamo,» disse Tobio lasciando uno sguardo alla finestra dietro di lui.
 «Oh,» Shoyo si voltò verso la finestra, «accidenti come nevica!»
Poco male avrebbero mangiato in classe.
Girò il suo tavolo per farlo combaciare a quello di Kageyama, prese il suo bento prima di risedersi.
Hinata  non ci mise molto a capire che qualcosa non andava quando ogni suo  tentativo di intavolare un discorso cadeva nel vuoto; il compagno teneva  gli occhi  fissi sul bento box quasi a volerlo uccidere con la sola forza del suo sguardo.
Tobio non era un chiacchierone e il compito di condurre le loro conversazioni spettava Shouyou.  Però rispondeva sempre alle sue domande, gli spiegava le cose che non capiva, e soprattutto lo ascoltava.
«Non è una novità ma la tua faccia è più spaventosa del solito!» esclamò Shouyou prima di mettere un altro  boccone in bocca.
Niente, nessuna reazione.
Decise di utilizzare le maniere forti; gli tirò un forte calcio sugli stinchi. Tobio saltò su preso alla sprovvista ma la sua  reazione non si fece attendere.
«Razza di cretino, cosa ti salta in mente?!»
Scattò in piedi e lo afferrò per il bavero della divisa come faceva spesso quando si arrabbiava con lui per qualcosa che aveva fatto o detto.
«Scusa!»
 Il viso di Tobio era così vicino che  Shoyo poteva distinguere tutte le sfumature di blu  dei suoi occhi. Non poteva  distogliere e per un attimo credette di leggervi paura e smarrimento.
Kageyama lo lasciò andare all’improvviso; con il volto arrossato  si avviò verso la porta dell’aula senza dire una parola.
«Dove vai?»
«Ho voglia di uno yogurt!» rispose  e lasciò l’aula di fretta e furia lasciando il suo pasto a metà.
Hinata si morse il labbro e si costrinse a tornare seduto, nonostante la voglia matta di rincorrere l’amico e  costringerlo  a dirgli cosa non andava.
“Stupido Kageyama! Che diavolo ci trovo in te?”
Era scontroso, egocentrico,  non comprendeva lo stato d’animo  degli altri e aveva un pessimo modo di dire le cose.
Kageyama Tobio aveva un pessimo carattere ma lui lo amava.
Tobio era anche sincero ed onesto; non gli avrebbe mai mentito dandogli false speranze, qualsiasi cosa gli dicesse non era un mero incoraggiamento, ma era la semplice verità.
“Tu puoi saltare più in alto.”
E Hinata aveva imparato a saltare più in alto.
Con Kageyama aveva dovuto lottare per ogni singola cosa  e riusciva ad essere solo grato perché Tobio era la sua sfida più grande, era la sua aspirazione, la sua meta.
Non capiva bene come tutto quello c’entrasse con l’amore, ma alla fine sapeva soltanto di non potere negare  quello che sentiva.
 
***
 
 
Mentre raggiungeva i distributori con grosse falciate, il viso in fiamme e il cuore che batteva a mille, Tobio aveva, stampato in testa, il viso del cretino a pochi centimetri da lui…
No, no  no !
Infilò le monete e premette la bevanda selezionata con le mani che tremavano.
Non provava assolutamente nulla per Hinata, nulla!
Pensarlo era… quantomeno irragionevole.
Batté la testa contro il distributore in uno stato di rabbia e confusione per colpa di una serie indescrivibile di pensieri che vorticavano nel suo cervello. E nessuno riguardava la pallavolo; già questo spiegava da sé quanto Tobio potesse essere sconvolto.
Il problema non era il suo sesso biologico; aveva capito che le ragazze non gli interessavano sul serio, invece, i ragazzi decisamente sì.
Poteva anche ammettere che Hinata aveva tutti i requisiti necessari per piacere: non era alto, ma aveva un viso dai tratti regolari, occhi grandi e luminosi, labbra piene e il suo corpo era ben proporzionato.
Era comunque Hinata: fastidioso e rumoroso quanto una zanzara di notte. Non stava mai fermo, parlava a vanvera  e lo faceva così arrabbiare che, spesso, avrebbe voluto prenderlo a schiaffi in faccia.
Eppure, era felice di averlo attorno, era dannatamente bello giocare nella stessa squadra; sapere che lo avrebbe sempre trovato accanto a lui ad aspettare una sua alzata…
Kageyama cercò in tutti i modi di toglierselo dalla mente, aveva la pallavolo  e non aveva bisogno di nient’altro.
 
 
***
 
 
«Avete per caso litigato?» Hitoka chiese titubante mentre  gli passava la borraccia.
L’allenamento pomeridiano non era stato interrotto perché le condizioni climatiche non erano peggiorate particolarmente da quando aveva iniziato a nevicare. A differenza di Kageyama che era più silenzioso del solito ed era stato strano fin dal principio. Quando sbagliava non lo sgridava, anzi cercava il più possibile di non guardarlo e di rivolgergli la parola solo lo stretto indispensabile.
Hinata esclamò indignato: «No, è strano da questa mattina, non so cosa diavolo gli sia preso!»
Hitoka, ci ragionò su prima di esclamare spaventata: «Ha capito che gli piaci e non sa più come comportarsi!»
«sss, non urlare o  ti sentirà!» la pregò. Si guardò in torno,  le fece cenno di seguirlo dentro il ripostiglio della palestra.
 Shoyo chiuse la porta dietro di loro, per essere certo di tenere fuori orecchie indiscrete.
«Non può essere, sono stato attento!»  disse disperato.
Hitoka non sembrava convinta, Shoyo non era certo il tipo capace di nascondere quello che sentiva. Dall’altro lato però Tobio non era abbastanza sveglio per accorgersene.
«Neh ,allora perché  non sembra più capace di urlarti addosso? » chiese lei.
«Non lo so! Stavamo mangiando e all’improvviso è schizzato via come se la sedia fosse bollente e adesso…» spiegò afferrandosi i capelli e strappandosi alcune ciocche dalla furia che ci metteva.
Yachi allarmata gli afferrò i polsi: «Smettila o diventerai calvo!»
Ne seguì una digressione, al quanto esagitata sulla possibilità o meno di perdere tutti i capelli.  Hitoka promise di fare una ricerca più tardi per lui, ma che forse avrebbero dovuto concentrarsi su un problema alla volta.
Si calmarono, e riuscirono a rimanere  in silenzio.
Shoyo poteva solo essere grato di avere un amica come Hitoka con cui confidarsi. Lo ascoltava attentamente, gli dava buoni consigli e sapeva mantenere il segreto con gli altri membri della squadra. Anche Yamaguchi  avrebbe fatto altrettanto, però, era troppo amico di Tsukishima per tenergli nascosto qualcosa e Shoyo era determinato a nascondere a Kei i suoi sentimenti  il più  al lungo possibile.
La confessione che aveva fatto alla sua amica fu meno imbarazzante di quanto avesse immaginato.
Yachi-san aveva sgranato gli occhi ma non aveva fatto commenti sgarbati. Si era limitata ad ascoltare il fiume in piena di confusione, felicità e paura.
«Ti piacciono i ragazzi, quindi?» chiese Hitoka quando ebbe finito.
Shoyo rifletté: «mhmm, credo che mi piacciono sia i ragazzi  sia le ragazze,» arrossì prima di ammettere: «ma adesso ho in testa solo Kageyama.»
Hitoka annuì prima di guardarlo negli occhi e confidargli a sua volta: «a me piacciono le ragazze, sai.»
«Eh?!»
«Ho avuto una grossa cotta per Shimizu-sempai all’inizio.»
 
Era  stato uno shock , ma sapere di avere qualcuno come lui accanto, lo aveva fatto sentire meno diverso e meno solo.
Ed ora eccola lì, pronta a scervellarsi con lui, perché il Re aveva le paturnie improvvise e lui non riusciva proprio ad ignorare ogni cambiamento di stato d’animo o espressione perché non sopportava di vederlo stare male per qualsiasi cosa.
Era una costante, come quando sentiva l’impellente necessità di difenderlo dalle brutte parole di chi non lo capiva; a volte anche da sé stesso, soprattutto  se si innervosiva o era preoccupato perché non riusciva a superare il muro avversario.
« Yachi-san…»
«Sì?»
Colto da un impulso di estrema gratitudine l’abbracciò stretta: «Grazie…»
«Hinata cosa diavolo stai…»
 
Shoyo ed Hitoka non ebbero il tempo di accorgersi  della porta che si apriva e di Kageyama Tobio  che entrava come una furia.
 
***
 
Erano passati, quanti…Cinque, dieci minuti? Da quanto tempo Hinata e Hitoka erano chiusi nel ripostiglio?  E perché se ne stavano chiusi lì dentro?
Strinse i pugni per la pura necessità di distarsi da quella dannatissima porta, improvvisamente e inspiegabilmente diventata il fulcro della sua attenzione, neanche fosse una delle grandi e luminose attrazioni di Las Vegas.
La pausa sarebbe finita da lì a poco e se quel cretino non fosse uscito da lì… ma perché aspettare?
Neanche ne fosse dipesa la sua vita si fiondò verso il ripostiglio ed entrò.
Grande,  grandissimo  errore.
Hinata e Hitoka  si stavano abbracciando, per separarsi con una tale velocità da fare invidia alla nuvola Speedy, quando si erano accorti della sua entrata in scena.
Lo guardavano con due paia di occhi enormi e spaventati.
Tobio, dal canto suo era troppo sconvolto perché riuscisse a proferire parola, nonostante di  domande ne aveva da vendere.
La prima a riscuotersi dallo shock fu Hitoka che con una calma invidiabile, vista la situazione imbarazzante, li esortò ad uscire da lì perché dovevano continuare l’allenamento.
In uno strano stato di stasi  riuscirono a continuare le esercitazioni individuali. Filò tutto liscio anche  durante la partita che facevano tra i membri della squadra. Ma c’era qualcosa che non andava, un velo che opacizzava i sensi, Tobio provava  un dolore inspiegabile che cominciava dal  petto fino a propagarsi in tutto il corpo,  impedendogli di concentrarsi seriamente.
I suoi sentimenti volevano prendere il sopravvento e uscire e mettersi ad urlare lì in mezzo al campo.
Ciò che gli impediva di fare una scenata, erano gli occhi di Hinata; lo trafiggevano sul posto e gli trasmettevano calma e rabbia al tempo stesso.
Shoyo non stava facendo nulla di male, non possedeva diritti su di lui, né poteva  sostenere che Hinata stesse infrangendo qualche regola della squadra o della scuola. Magari, era caduto addosso all’ amica, magari Hitoka si era preoccupata per qualcosa e lui la voleva confortare, magari stavano davvero insieme e questo gli stava spezzando il cuore in due.
Quella mattina era  andato a correre come ogni giorno prima di andare a scuola, fino a poche ore prima era in piena salute calmo e padrone di sé come sempre; arrivato alla sera era un catorcio in preda ad una crisi emotiva senza precedenti.
«Mi fai qualche alzata, Kageyama?» chiese Shoyo alla fine degli allenamenti.
Promisero a Ennoshita-san di non rimanere troppo, e presero ad esercitarsi  da soli, mentre il resto della squadra andava a cambiarsi prima di tornare a casa.
Era una usanza tutta loro, non ne avevano mai abbastanza e ogni momento era buono per palleggiare, schiacciare o allenarsi  nel servizio o  nella ricezione.
Per lungo tempo Kageyama era stato solo con la sua smania di giocare e il forte desiderio di migliorarsi. Non aveva mai capito di soffrire di solitudine fino a quando non era arrivato Shoyo, con la sua stessa fame e il suo stesso desiderio ,a fargli compagnia.
Alle medie nessuno si fermava a giocare con lui per migliorare  in difesa o in attacco; al liceo Hinata  era il primo  a proporgli di allenarsi di più. Appagava il suo desiderio di mettersi alla prova con  un avversario che, come lui non voleva perdere e faceva sempre sul serio.
“La cima del mondo era uno spettacolo incredibile solo se avrai qualcuno con cui condividerla.”
Suo nonno gli aveva fatto una promessa: “se diventerai più forte incontrerai qualcuno ancora più forte.”
Tobio  lo sapeva che quella persona poteva essere solo Hinata Shoyo. Lo sapeva da quella primissima amichevole quando Shoyo aveva riempito il posto vuoto, il baratro lasciato che si portava dietro dalle medie con quel semplice “Io sono qui!”
Kageyama lo aveva sentito sin dentro alle ossa, era un richiamo potente che lo spingeva a superare ogni ostacolo o paura.  Non avevano bisogno di parlare per capirsi al volo.
Kageyama stava aspettando l’arrivo di Hinata e non importava quanto ci avrebbe impiegato se altri dieci o vent’anni, Tobio voleva Shoyo al suo fianco sulla cima del mondo.
Quella però era pallavolo, non c’entravano i sentimenti o l’amore, o no?
Perché lo aveva così ferito vedere Shoyo con una ragazza? 
Kageyama strinse i denti  e si concentrò sul servizio; fece sei passi, prese la rincorsa e saltò, colpì male la palla e quella finì per insaccarsi sulla rete.
 Hinata passò sotto la rete: «Si può sapere cosa diavolo ti prende?»
«Niente, sto benissimo!»
«Non è vero! È tutto il pomeriggio che sei strano!» lo accusò Shoyo.
«Ah? Parli  proprio tu?»
Shoyo  rimase interdetto: « Cosa c’entro io?»
Kageyama non aveva assolutamente né voglia né pazienza di stare a spiegare qualcosa che non capiva nemmeno lui, e voleva  allontanarsi ma Hinata glielo impedì.
«Kageyama parlami! Cosa avrei fatto?!»  lo superò per bloccargli la strade e gli diete uno spintone.
Kageyama lo accontentò: « Da quando ti rinchiudi negli sgabuzzini con le ragazze?»
Hinata arrossì furiosamente: «Non mi rinchiudo negli sgabuzzini con le ragazze,» balbettò cercando in tutti i modi di non guardare gli occhi di Tobio, «Noi…cioè io volevo…»
Shouyou si bloccò e Tobio pensò di aver vinto il dibattito ma il ragazzo sembrò rianimarsi: «Ma a te cosa te ne importa?»
«Come sarebbe che non…» fu Tobio a non sapere come rispondere.
Cosa gli importava?
La risposta  lo spaventava e lo confondeva e stare lì a fissare  Hinata era quasi doloroso.
«Abbiamo finito per oggi,” esclamò  con rabbia superandolo per andarsene.
Nell’unico vero litigio che avevano avuto, Hinata lo aveva rincorso e strattonato con rabbia, e quasi sperò di essere preso a pugni di nuovo.
Ma Hinata non lo fermò.
 
***
 
Hinata era rimasto solo, impalato nello stesso punto in mezzo a una marea di palloni sparsi sul pavimento.  Si sforzò di non piangere nonostante gli occhi gli pizzicavano per colpa delle lacrime che volevano uscire.
Prese un pallone alla volta riponendoli nella grossa cesta, poi passò lo spazzolone per bene prima di chiudere la palestra e andare a cambiarsi. Doveva fare  parecchia strada per tornare a casa e non voleva più fare troppo tardi come una volta.
Si sentiva così triste e preoccupato. 
Non si sentiva in quel modo  da… un po’ di tempo. Gli ricordò quella sera scura quando tornava a casa  durante il campo di allenamento alla Shiratorizawa. Si era introdotto al campo senza invito e si era ritrovato a fare il raccattapalle, cercando allo stesso tempo di ricavare da quella mezza opportunità il più possibile.
Procedeva a tentoni nel buio cercando di sforzarsi di trovare una risposta alla domanda:
“Cosa sto facendo?”
L’istinto gli diceva di  rincorrerlo e aggrapparsi alle spalle larghi di Tobio per costringerlo a sputare ciò che pensare, a litigare  con lui pur di risolvere e tornare alla normalità.
La testa gli diceva che non sarebbe servito a nulla:  la reazione di Kageyama assomigliava ad un attacco di gelosia e aveva acceso una speranza pericolosa, di quelle che potevano spezzarti l’anima. Shoyo, tuttavia, non  poteva  rivelare i suoi sentimenti, non prima di avere la certezza di cosa provasse Tobio.
Lasciare credere a Kageyama e che, tra lui e Yachi ci fosse una relazione, significava perdere qualsiasi possibilità con lui; ma dirgli ciò che  sentiva rischiava di rovinare ogni cosa soprattutto se i suoi sentimenti e la sua speranza fossero stati mal riposti.
Shoyo temeva di perdere Kageyama, in un modo o nell’altro, e faceva male da morire.
L’insopportabile egocentrico Re del campo era stato il primo a capire quanto Shoyo valesse, a giocare sul serio quando nessun altro aveva dato, alla sua squadra improvvisata, una possibilità. E se, al momento non aveva voluto a metterlo, Koji aveva ragione: Kageyama li trattava come il boss finale di un videogioco.
Era dispotico, severo e pretendeva da lui sempre il massimo, lo insultava al primo errore , non gli faceva mai un complimento. Era insopportabilmente odioso ma nessuno lo faceva sentire vivo come  Tobio. Era capace  di incoraggiarlo e spronarlo  quando tutti gli altri fallivano.
 
 
 
Era incapace di saper perdere e voleva averla vinta sempre lui, e un'altra serie di inqualificabili difetti, ma Shoyo sapeva che non  c’era un briciolo di cattiveria in lui. Lo vedeva  da come costantemente si preoccupava per lui, quando lo vedeva nervoso o troppo silenzioso. Era gentile in un modo tutto suo, ruvido e impacciato che lo faceva sorridere.
Prima delle partite gli chiedeva sempre: «Devi andare in bagno?»
In passato era stato così nervoso che doveva sempre correre al bagno, perciò, Tobio si accertava che stesse bene e fosse tranquillo.
Era difficile da capire, era difficile da trattare, era difficile da amare, ma Shouyou si era innamorato di lui facilmente.
 Montò in sella sulla bici: «Non perderò!»
 
***
 
Tobio chiuse  la porta di casa così tanto forte che sua madre lo rimproverò aspramente, prima di lasciarlo andare in camera.
Non voleva pensare a niente, così decise di farsi subito un bagno sperando che l’acqua avrebbe portato via il malumore e quelle emozioni fastidiose che lo facevano sragionare.
Insaponò per prima i capelli, poi le spalle e le braccia, il torso, le ascelle, la schiena e le gambe. Quando fu soddisfatto della pulizia entrò nella vasca sospirando di sollievo.
Peccato che i pensieri lo raggiunsero anche lì.
L’immagine di Shoyo e Yachi abbracciati si materializzò davanti a lui , trafiggendolo  come se fossero mille aghi. Voleva  stare al posto della loro manager; se avesse permesso all’istinto di decidere, gli avrebbe separati i con forza urlando il suo disappunto. Era geloso;  non poteva negarlo né, al tempo stesso, accettarlo.  
Nessuna spiegazione era sufficiente a chiarire quel garbuglio di emozioni.
Uscì dalla vasca, prese l’accappatoio e tornò in camera, nel farlo, passò davanti alla vecchia stanza di suo nonno.
Se Kazuyo fosse stato lì con lui avrebbe potuto chiedere e farsi spiegare quello che non capiva. Suo nonno aveva una risposta per tutto, una soluzione ad ogni suo piccolo problema. Anche se non lo lasciava intendere gli mancava ancora tanto nonostante fossero passati anni dalla sua scomparsa.
La prima volta che sua sorella si era innamorata suo nonno gli aveva parlato di sentimenti, cosa aveva detto?
Miwa aveva preso una cotta per un suo compagno di classe; sfortunatamente quando gli aveva dato il suo cioccolato per San Valentino, il ragazzo, di cui non ricordava il nome, aveva rifiutato perché usciva con un'altra ragazza.
Sua sorella si era chiusa in camera e non voleva più uscire perché la sua vita era finita.
Non mangiava, non dormiva, piangeva soltanto.
Tobio era rimasto costernato da una tale reazione eccessiva: perché la gente s’innamorava se poi soffriva così tanto?
Quando aveva condiviso quel pensiero con suo nonno, Kazuyo aveva risposto così: “L’amore capita, senza una ragione, quando meno te lo aspetti.”
«Non capisco,» disse Tobio ancora più confuso di prima.
 Suo Nonno rise: «certe cose si capiscono soltanto quando le si prova sulla propria pelle,» Kazuyo gli aveva scompigliato  i capelli affettuosamente, «e non cercare spiegazioni, non ne troverai.»
Kageyama, seduto sul letto, con un calzino su un piede e uno ancora in mano, dovette ammettere che suo nonno, come sempre aveva ragione.
Era innamorato di Shoyo senza sé senza ma
«E adesso che diavolo faccio?» urlò alla stanza.
Quel pomeriggio era stato troppo impegnato a  tenere a bada  quello che provava da non tenere conto dell’altro grosso problema da risolvere, sempre se, ci fosse una soluzione.
Se Hinata stava veramente con Yachi, o non era interessato a lui, avrebbe potuto solo ritirarsi  sconfitto. La sola idea lo faceva sprofondare in un vortice di  disperazione  e rifiuto,  così tanto che cominciò a maledire sé stesso, Shoyo e anche il destino.
Passò meta della notte  a cercare di capire  come si sarebbe dovuto comportare con l’amico e il resto cadde in un sonno  agitato.
 
Il confronto arrivò quasi subito.

Arrivato da scuola vide Hinata chiudere la sua bicicletta. Come se, sapesse già che lui era lì, si voltò verso l’entrata. Occhi negli occhi rimasero fermi come due animali che studiano l’avversario prima di decidere la mossa successiva.  Senza che nessuno dei due desse un segnale d’inizio, cominciarono a correre verso la stanza del club mentre urlavano con quanto fiato avevano in gola; si spintonarono per le  scale e per lo stretto balcone per  arrivare davanti la porta nello stesso istante.
Rimasero con il respiro mozzato per diversi minuti prima di riuscire a parlare.
Shoyo grugnì: «Ho vinto io!»
«Neanche per sogno! è un pareggio cretino!» urlò Kageyama.
Nella testa di Tobio la scena non sarebbe dovuta andare in quel modo; mentre si avvicinava a Shoyo il suo obbiettivo era dirgliene quattro, normale amministrazione.  Gli afferrò il colletto della giacca per dargli una ripassata invece si chinò verso di lui schiantando la sua bocca contro la sua. Il suo corpo si mosse senza che lui avesse dato alcun comando.  Gli occhi di Hinata erano ancora più grandi da vicino, l’espressione aperta e luminosa, le labbra ancora più piene...
Fu così che Kageyama Tobio baciò per la prima volta Hinata Shoyo; ancora più sorprendentemente, Shoyo ricambiò.
 Stavano litigando e un attimo dopo si stavano baciando, le mani correvano da per tutto, sulla schiena e  sotto la maglietta.  Strettì l’uno all’altro come due cozze attaccate allo scoglio, caddero  seduti per terra. La botta li riportò dal sogno alla dura realtà.
Dalla loro posizione chiunque arrivava poteva vederli, così più velocemente possibile si alzarono e si diedero una sistemata.
Il fiato di Tobio si spezzò, gli occhi tradivano sorpresa, incredulità ed imbarazzo. Non poteva credere a ciò che avevano fatto, eppure eccoli che si fissavano con i  visi arrossati, i capelli in disordine.
Tobio iniziò a fissare il tetto, la palestra davanti, tutto tranne il ragazzo; Hinata aveva risposto al bacio,  poteva sperare oppure era meglio ignorare?
«Kageyama…»
Il girasole guardava sempre il sole, allo stesso modo, Kageyama non poteva ignorare Hinata. Quando senti la sua mano afferragli la manica della giacca, si voltò di nuovo verso di lui.
 «Perché  eri così arrabbiato con me e Yachi, ieri?»
Kageyama scoppiò a ridere talmente tanto forte che Shoyo si spaventò; indietreggiò fino a finire con la schiena al muro mente Kageyama, ancora una volta, invadeva il suo spazio personale.
Tobio  appoggiò le mani  vicino alla sua testa: «Mi ha dato fastidio, non mi va.»
Gli occhi di Shoyo brillarono: «Stupido…Hitoka è solo una amica!»
«Io…»
Shoyo prese le mani tra le sue e le strinse forte: «E sai perché?»
Il cuore fece una capriola, anzi no, un doppio salto mortale indietro con avvitamento, la lingua gli si seccò incapace di rispondere.
«Perché sono catastroficamente innamorato di te.»
E stranamente Tobio non ebbe nulla da ridire.
 
 
 

Fine

 
 
 
 
[1] Nelle scuole giapponesi la formazione delle classi non è fissa bensì cambia ogni anno; non so se tutte le scuole adottino questo approccio, ma nella mia fanfiction ho deciso di adottare questo cambiamento.
   
 
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