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AUTORE: Rouge
De La Croix
GENERE:
Drammatico
NOTE: one shot
La seguente storia è di proprietà esclusiva dell'autrice e non può essere pubblicata altrove senza il suo esplicito consenso scritto.
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Una piccola cosa prima di cominciare: queste sono le canzoni che mi hanno ispirato. Spero possano accompagnarvi nella lettura di questa storia, se amate leggeree e ascoltare musica contemporaneamente.
{Evanescence – Lithium || Tokio Hotel – Stich Ins Glück}
Aveva vissuto troppo tempo
in balia
della sua stessa tristezza.
Era diventata la sua compagna.
Come un parassita, essa aveva messo in
lei le sue radici.
Inizialmente si era chiesta cosa avesse
sbagliato, cosa avesse lei di sbagliato. Poi aveva finito per non
farci più caso.
Il destino ce l'aveva con lei; la
lasciava annegare in dolci illusioni, per poi ferirla mortalmente
ogni volta che aveva la possibilità di crogiolarsi in esse e
di
abbassare la guardia.
Aveva cercato un rimedio, qualcosa che
lenisse il suo dolore. E l'aveva trovato, o almeno così
credeva
all'inizio. Ma era solo un placebo, al quale si era assuefatta dopo
poco.
Nonostante la sua inefficacia, aveva
finito per dipenderne completamente. Cercava di averne sempre di
più,
ancora e ancora e ancora...
E questo perché il sollievo che le
dava quando scorreva nelle sue vene andava diminuendo col passare dei
giorni, dei mesi.
Aveva camminato in mezzo
all'indifferenza della gente, sotto la pioggia. Nessuno si fermava a
parlarle, a chiederle cosa avesse, ad ascoltare cosa avesse da
dire...
Aveva passato giorni interi fissando la
porta o il telefono, sperando che qualcuno venisse a salvarla. Ma non
aveva mai sentito bussare. Mai uno squillo.
Non amava nessuno, neanche se stessa
ormai, e nessuno amava lei.
L'unica cosa per la quale provava un
qualcosa di lontanamente simile all'affezione era l'ago di quella
siringa, che le dava quella dose di morte liquida che bramava
così
tanto. Una puntura, e un pezzo della sua vita scivolava via,
sfuggendo al suo controllo. Si, quell'ago era davvero come un
migliore amico, un fratello, un assassino e un amante.
Non dava baci, ma piccoli morsi che le
lasciavano le braccia livide.
Faceva male ma sembrava farla star
bene.
Da quando la sua azione aveva
cominciato a diminuire, non aveva fatto altro che desiderare la fine
delle sue sofferenze.
Così aveva iniziato un lento viaggio verso la fine. Ogni
dose
era una tappa in meno.
Aspettava di raggiungere l'ultima meta da ormai
troppo tempo. E, per giunta, il suo dolore non sembrava essere
svanito, ma, anzi, forse era tornato a tormentarla più di
prima. Quel giorno era più acuto che mai.
Non ce la faceva più ad aspettare.
Si alzò, muovendo alcuni passi lenti e
stanchi verso il bagno. Si guardò allo specchio. Non lo
faceva da
parecchio. Il suo riflesso sembrava non appartenerle neanche: i
capelli in disordine, il viso smunto, le occhiaie.. si era
decisamente lasciata andare. Ma cosa importava ormai?
Poteva fare ciò che voleva di sé e
del suo corpo, dal momento che non interessava a nessuno.
Era bella, una volta, o almeno questo
le diceva il suo ragazzo quando ancora stavano insieme.
Adesso era simile ad un fantasma. O
forse era qualcosa di peggio.
Nei suoi occhi spenti non si leggeva
alcuna emozione.
Ormai non riusciva neanche più a
piangere.
Quello specchio le stava rivelando una
verità scomoda e spiacevole. Si era trasformata in qualcosa
che non
avrebbe mai voluto diventare: un essere privo di sentimenti, di
anima, di vita.
Una scarica di adrenalina le corse per
il braccio. Lo sollevò in una frazione di secondo e diede un
forte
pugno contro lo specchio, infrangendolo.
La sua mano iniziò a sanguinare,
mentre mille frammenti di vetro cadevano intorno a lei, disordinati.
La sua immagine, riflessa in quei
piccoli pezzi, la faceva sentire ancora più colpevole.
L'unico modo che aveva per liberarsi
era portare a termine il suo viaggio.
Prese una scheggia di vetro tra le
mani. La girò, guardandola mentre riluceva sotto i pochi
raggi del
sole che entravano dalla finestra, poi se la passò con
decisione sul
polso sinistro. Il suo sangue non tardò ad uscire, copioso.
Ripeté il gesto sul polso destro, dal
quale fuoriuscirono altrettanto rapidamente altri rivoli di sangue.
Continuò a tagliarsi lungo gli
avambracci, poi si sdraiò tra le schegge insanguinate.
Chiuse gli occhi, attendendo la fine.
Il suo viaggio poteva dirsi finalmente
concluso.