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Autore: Flofly    13/04/2022    5 recensioni
Storia ispirata dal contest Greek mythology challenge di coraline sul forum "Ferisce più la penna " Prompt scelto #14 A: "Alla più bella" (Pomo della Discordia) B: pettegolezzi. La dea della discordia ha un piano per tornare tra i mortali e seminare il caos: deve solo gettare il seme e i Serpeverde sembrano il terreno ideale. Peccato che non abbia fatto i conti con il pessimo carattere delle sorelle Black.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucius Malfoy, Sorelle Black
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Ambizione.

Competizione.

Desiderio di primeggiare.
 
Serpeverde era il suo parco giochi da centinaia di anni. Quando Hogwarts era stata fondata lei si era messa in attesa, coperta dall’oscurità materna del buio. Oh, di certo alcuni dei suoi fratelli e sorelle erano stati così entusiasti che nascesse un luogo del genere: Philoteos, Lysimele ed Eufrosine in particolare erano così felici, quasi già pregustassero i secoli a venire che li avrebbero nutriti con i respiri e le risate degli studenti. Cos'altro ci si poteva aspettare da divinità minori legati all'Affetto, all'Amicizia e la Gioia e a tutte quelle cose assolutamente effimere?
I soliti ingenui, così convinti della bontà degli esseri umani, si erano così eccitati quando si era parlato di  coraggiosi e puri di cuore. Patetici.
Se c’era una cosa che aveva imparato nella sua lunga vita immortale era che persino nell’animo del più coraggioso e leale degli umani c’era sempre spazio per il dubbio, un minuscolo spiraglio anche nel cuore più puro, nel quale infilarsi strisciando per poi dilaniare dall’interno le loro sciocche convinzioni.
Solo per renderli migliori. Più grandi. La casa a cui apparterrete sarà la vostra famiglia avrebbe detto qualcuno un giorno. Ma Eris sapeva che non ci si poteva fidare neanche del proprio sangue. La vita per gli esseri umani doveva essere una continua lotta, un’eterna tensione contro le proprie debolezze. Solo questo avrebbe permesso loro di avere quel briciolo di gloria che li avrebbe salvati dall’oblio eterno.
Salazar Serpeverde di certo lo sapeva. Ma il coraggio, la lealtà e l’intelligenza si erano rintanati nella confortante realtà del giorno, incapaci di accettare l’avanzata inevitabile delle lunghe dita della notte. Chissà se i Fondatori si erano fatti ingannare consapevolmente o se non si erano resi conto di cosa avrebbe significato il grande quadro della Sala Comune di Serpeverde, dove tre donne bellissime e seminude passeggiavano disinvolte tra gli alberi di mele di un bosco immerso nell’oscurità sulle rive di un lago. Non se l’era chiesto allora e non pensava fosse importante adesso, non ora che finalmente il suo piano si stava realizzando: Egle, Esperia ed Eretia, da sempre a guardia del pomo dorato, erano corse da lei appena la più giovane delle sorelle Black aveva messo piede nei sotterranei, troppo eccitate per contenersi. Lei invece aveva continuato ad attendere, paziente, in attesa che la profezia si compiesse.
Finalmente quel tempo era arrivato. Soffiò sul piccolo globo dorato, lasciando che il suo respiro incidesse le parole maledette, sempre le stesse, solo la forma era diversa, un piccolo tocco per renderlo appetibile in quel luogo e in quel tempo.Ma le parole quelle erano le stesse, identiche da secoli, rotolavano dolci nel suono della lingua degli immortali.


τῇ καλλίστῃ

Ora doveva solo lasciare che il fuoco divampasse.  E sapeva benissimo chi sarebbe stato ad accendere le fiamme
 
 
  ***
 
 
L’aria era carica di elettricità, profumata di vaniglia e dell’aroma pungente del whiskey incendiario d’annata che colorava morbido e suadente i bicchieri di cristallo cesellato. Samhain era sempre stata la festa preferita dell’alta società magica, la notte in cui cadevano le barriere e le inibizioni, il sangue che pulsava più forte nelle vene e i pensieri che si annebbiavano.
Era una serata perfetta, semplicemente perfetta. E pensare che erano ancora ben dentro alle mura del castello, sotto il naso di quei bigotti e sciocchi professori amanti del sangue marcio.
Non ce n’era neanche una goccia in quella sala, ovviamente. Avevano fatto un ottimo lavoro con la maledizione all’ingresso impedendo a chiunque non fosse stato espressamente invitato di entrare e, considerando che gli inviti erano stati impressi sulla pelle degli studenti, avere degli imbucati era piuttosto difficile.
«Sarò felice di lasciare il club in buone mani l’anno prossimo» gli disse soddisfatto Rodolphus sedendoglisi accanto sul divano sistemandosi la maschera argentea che gli copriva il viso. «Sempre che Bellatrix non mi uccida prima… davvero non riesco a credere che tu sia così fissato con queste stupide regole.» 
Lucius ghignò all’ombra del velo metallico: un membro del club, una maschera, un voto. E sarebbero stati dati tutti alla fine, nello stesso momento. Nonostante non stessero valutando la pura bellezza erano pur sempre dei gentiluomini, o almeno a loro piaceva pensarlo. Decisamente in molti non sarebbero stati d’accordo, specialmente chi avesse partecipato alle riunioni in cui avevano stilato la lista delle candidate.
«Nessun favoritismo, mi dispiace Rod. Questa sera eleggeremo la più bella e non falsificherò i voti per garantirti un matrimonio felice. E poi di cosa ti preoccupi? Non ha detto che siamo solo degli stupidi ragazzini viziati?» replicò prendendo un sorso di liquido ambrato e spostando lo sguardo sulle coppie che danzavano, ignorando i commenti annoiati di Lestrange.
 
La musica si alzò mentre le coppie iniziavano a vorticare inebriate dall’alcol e dalle promesse di quella notte. Chissà se lei sarebbe venuta. L’aveva invitata personalmente, nonostante le rimostranze di qualcuno di sua conoscenza. Aveva invitato tutte e tre le sorelle Black, a dire il vero.
E tutte e tre gli avevano riso in faccia.
Il lampo di sfida negli occhi blu di Narcissa sarebbe potuto sfuggire a chiunque ma non a lui che aveva passato gli ultimi anni a osservarne ogni mossa, imparare ogni più piccolo gesto. Non a lui che l’aveva sognata ogni notte e che si era scontrato contro la sua indifferenza ogni giorno.
Il suo cuore oscillava tra desideri opposti: da un lato sperava che non venisse, non avrebbe potuto sopportare che la sua perfetta principessa di Serpeverde potesse anche solo essere sfiorata da quegli sguardi. Dall’altro, però, desiderava che vincesse lei. Solo per passare del tempo in sua compagnia, respirare il suo odore, sfiorarla mentre le consegnava il premio.
«Neanche per me vorresti fare un’eccezione alle regole?» le labbra della sua supposta fidanzata erano sul suo collo, vicine alla linea della mascella, un attimo prima di passare a mordicchiargli il lobo dell’orecchio.
«No, mi dispiace ma è una questione d’onore» rispose lasciandosi cadere contro lo schienale, cercando di cancellare gli occhi color zaffiro di Narcissa Black dalla mente.
«Onore non è proprio la parola che userei» gli mormorò lei sulle labbra, il fiato dolce e profumato di whiskey. «Tranquillo,vincerò io».
«Anche se dubito che si presenti, io eviterei di dirlo a voce troppo alta: a Bellatrix non piace che qualcuno si creda migliore di lei» si lasciò sfuggire in una risata roca Rodolphus, alzando il bicchiere.
«La tua futura moglie è troppo impegnata a cercare di entrare nel letto di Lord Voldemort per sprecare il suo prezioso tempo con noi, mio caro» rispose leziosa la ragazza lanciandogli un’occhiata malevola, mentre si sistemava meglio accavallando le lunghe gambe.
«Non ti azzardare…» ringhiò Lestrange di rimando, mentre tutta la cordialità di poco prima svaniva come neve al sole.
«Lo sanno tutti Rodolphus, solo tu continui a ignorarlo. Stai diventando una barzelletta. Davvero non senti come bisbigliano alle tue spalle?» rimbeccò la strega increspando le labbra. Odiava Bellatrix, la regina dei purosangue, la strega più dotata e che sembrava la preferita del Signore Oscuro. Nessuno riusciva a splendere nella sua luce riflessa.
«Oh andiamo Rodolphus, potrebbe andarti peggio… pensa se ti fossi fidanzato con Andromeda. Clarisse e Irma l’hanno vista più volte con quello sporco prefetto di Tassorosso. E ovviamente non si è degnata neanche di dare una spiegazione» la figura pesante e poco aggraziata di Goyle si accasciò sulla grande poltrona di pelle accanto a loro, tirandosi in grembo la sua prosperosa accompagnatrice che faticava a evitare di crollare miseramente in terra. 
Fortuna sua che era ricco altrimenti avrebbe passato la vita nei bordelli, pensò distrattamente Lucius mordendosi la lingua per non intervenire. Gli piaceva Andromeda, gli era sempre piaciuta. Tagliente, brillante, pratica. Erano amici sin dal primo anno. Per questo, anche se preferiva fare finta che andasse tutto bene, che fosse solo una fase e che non avrebbe avuto il coraggio di scappare con un dannato Natobabbano distruggendo la sua famiglia, sapeva perfettamente che quelle non erano solo vuote chiacchiere. Fingere, fingere sempre fino a crederci sul serio.
«Dì piuttosto che ha minacciato di farci fare la fine della Skeeter. Quelle due non si preoccupano neanche di fare finta che non siano state loro a lasciare legata Rita nella Foresta Proibita tutta la notte» si lagnò la Fawley cercando di sistemare il corpetto che ormai stava cedendo alla gravità e al tocco maldestro del nerboruto Serpeverde.
«Non si tocca quella famiglia, lo sai bene. E quell’articolo che era uscito su Narcissa era davvero disgustoso» non poté fare a meno di commentare Lucius, il sangue che ancora gli pulsava nelle tempie per la rabbia. Quella specie di pennivendola in erba era stata fortunata che fossero arrivate prima le sorelle Black: se ne avesse avuto lui la possibilità avrebbe usato quell’oca finta bionda con aspirazioni da giornalista per esercitarsi con la maledizione senza perdono che gli aveva insegnato suo padre.
«Oh andiamo e cos’avrà mai detto se non la verità? Quale sarebbe la menzogna: che Cygnus non ha preso bene l’arrivo della terza femmina? O che non assomigli a nessuno della famiglia? O forse ti riferisci al fatto che pare che metterà la sua mano all’asta? Visto che secondo la Skeeters c’è ben poco altro che possa mettere in vendita» La voce fastidiosa e dal tono falsamente di miele nel suo orecchio lo stava facendo diventare matto. Si alzò di scatto, incapace di sopportare ancora quei discorsi.
«Ehi, ma che diavolo ti prende...»
Stava per urlare di chiudere il becco. Che loro, tutti loro non dovevano neanche pensare di pronunciare il nome di Narcissa, della sua Narcissa.
E, per Salazar Serpeverde, se avrebbe dovuto farlo. Almeno lei lo avrebbe sentito difenderla. Invece, ora si trovava in piedi come un idiota, gli sguardi di tutti addosso, mentre la maschera cesellata che teneva in mano fino a poco prima era caduta in terra con un tonfo metallico.
Un rumore che nessuno avrebbe dovuto poter sentire a una festa: solo in quel momento si rese conto che la musica era cessata. Non era stato lui a richiederlo. Non era stato di certo Rodolphus.
E il motivo poteva essere uno solo.
«Cazzo» sentì solo borbottare il presidente dietro di lui. Sebbene odiasse imprecare doveva ammettere che non c’era altra parola a descrivere la situazione. Si girò, sapendo bene quello che avrebbe trovato, eppur desiderando profondamente per la prima volta in vita sua di essersi sbagliato.
«Cos’è abbiamo interrotto la vostra festicciola di depravati? Che dici Drom, avremmo dovuto metterci un vestito lungo?» la voce fintamente infantile e sottile di Bellatrix risuonava chiara e inquietante nella sala ormai ridotta al silenzio. Quando la regina parlava nessuno osava emettere un fiato.
«Non so Bella, mi sembra tutto così un cliché, non credo che serva mettersi eleganti. Viziati ragazzini annoiati che sparlano da ubriachi. Però cosa posso saperne io, sono solo quella intelligente. E qui sembra che l’unica cosa che conti questa sera sia altro, vero Cissy?» mormorò pensierosa la strega camminando lentamente tra di loro, squadrandoli con un sorrisetto di pura compassione.
Lucius sentì un tuffo al cuore mentre Narcissa si allungava appena verso di lui, le dita eleganti che gli sfioravano appena il bavero dello smoking mozzandogli il respiro.
Un attimo dopo tra le sue mani brillava un piccolo globo d’oro.
«Alla più bella» le sue labbra perfette e morbide si piegarono in una smorfia di disgusto «E dimmi, Malfoy, a chi lo daresti?»
L’espressione di Lucius si fece di pietra mentre tirava la bocca nel suo ghigno sarcastico: «Non sono io che decido, piccola Black: si vota»
Gli occhi di Narcissa fiammeggiarono gelidi. «Ma ci sei tu dietro questa bella festa, no?» cinguettò Andromeda alle sue spalle. «Cos’è … dobbiamo fare la nostra offerta? Iniziò io, la strega più brillante della mia generazione. Posso farti diventare il braccio destro del tuo Oscuro Signore se solo lo volessi. È questo che desideri ?»
Lucius scrollò le spalle: «Non ti sei mai degnata neanche di venire a un incontro con Lui, perdonami ma non credo che tu sappia cosa voglia davvero»
«Oh io lo so benissimo, al contrario tuo» rispose tranquilla la Serpeverde, allontanandosi con calma sino a posizionarsi di nuovo tra le sorelle «Bella?»
Gli occhi di ossidiana di Bellatrix Black brillarono selvaggi «Potere, Malfoy cos’altro? È questo ciò che desideri?»
Lucius sbuffò: «Piantala con questa farsa, Bellatrix. Già ve l’ho detto: non sono io che faccio le regole»
Una risata di scherno fu l’unica risposta che ottenne dalla maggiore delle Black. Intorno a lui poteva sentire i suoi compagni di casa trattenere il fiato, gli occhi puntati sull’inconfondibile bacchetta ricurva ad artiglio.
Spostò lo sguardo su Narcissa, immobile di fronte a lui.
 «E tu, piccola Black cosa mi offri?» riuscì a dire nascondendo l’effetto che faceva averla così vicina da poter respirare il profumo dei suoi capelli. Era furiosa, era evidente dal modo con cui si mordeva appena l’interno della guancia, da come il colore zaffiro dei suoi occhi fosse diventato cupo come il cielo d’estate prima di una tempesta improvvisa, dal tocco rosato delle peonie sulle guance solitamente candide. Il suo fiore preferito, lo sapeva bene. Forse per quello aveva imparato a riconoscerle. Il suono dei suoi tacchi sul marmo della sala echeggiò come se non ci fosse altro suono al mondo.
Era così vicina che era sicuro potesse sentire il suo cuore che batteva impazzito, nonostante tentasse in ogni modo di fingere la signorile indifferenza che lo contraddistingueva.
«Io, Malfoy? Cosa potrei mai offrirti io? Non sono impavida come Bella. Non sono intelligente come Drom» mormorò chinando appena la testa, mentre i lunghi capelli dorati ricadevano morbidi sulle spalle in una cascata ipnotica.
Si avvicinò ancora di un passo, le dita a pochi centimetri dal suo viso improvvisamente si aprirono liberando il boccino d’oro che prese a sfrecciare impazzito per la stanza prima di trasformarsi in un palla infuocata.
Narcissa ripose la bacchetta nel mantello senza smettere di sorridere.
«Questo è la mia offerta, Malfoy. Prova un’altra volta a valutarmi come se fossi un oggetto da Burgin e Burkes e sarai tu a prendere fuoco» disse con tono glaciale, sbattendo le lunghe ciglia.
Poi come erano arrivate, le sorelle Black se ne andarono, lasciando dietro di loro una stanza di giovani purosangue ubriachi assolutamente terrorizzati.
In quel momento Lucius Malfoy seppe che se c’era una cosa che davvero desiderava nella vita era avere Narcissa Black al suo fianco. Per sempre.
 
 
  ***
 
Lo specchio davanti a lei esplose in mille pezzi. Dannate ragazzine. 
«Non era così che l’avevi pensata, vero Eris?» una voce antica come il mondo dietro di lei, ventata di arroganza e una saggezza senza tempo.
Maledetta Atena.
Eris non rispose limitandosi a schiumare di rabbia. No, non doveva andare così, ovvio. C’era arrivata cosi vicina... tutte quelle chiacchiere velenose erano state un dolce nettare, già le facevano pregustare quello che sarebbe successo dopo: le liti, la guerra per stabilire chi fosse la vincitrice, le tre sorelle che rompevano il loro legame per il puro desiderio di essere nominata la più bella tra le belle. E lei che finalmente sarebbe potuta tornare nel mondo. E invece quelle tre maledette l’avevano sorpresa.
«Astuzia mia cara. La dimentichi sempre.» rise la dea della saggezza. E dietro al suo scherno poteva sentire l’ira di Era e il sarcasmo di Afrodite.
Questa volta avevano vinto loro. Doveva rimandare la sua discesa nel mondo, prima o poi sarebbe venuto il suo momento.
Il tempo non le mancava di certo.
Doveva solo avere pazienza.
Solo quello.


 

  
 


Nota: La storia partecipa al contest Greek Mythology Challenge sul forum ferisce più la penna. Ho scelto il prompt "#14-

A: "Alla più bella" (Pomo della Discordia)

B: pettegolezzi


Nota personale: come sempre nelle mie storie il povero Lucius finisce per fare una pessima figura. Ma un po' se lo merita

 

   
 
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