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Autore: GReina    15/04/2022    3 recensioni
[sakuatsu] [sick!Atsumu - caretaker!Sakusa]
Atsumu aveva la febbre. Niente di grave né di preoccupate. L’aveva già avuta molte volte, ma mai così forte. Rimaneva solo febbre, però, e certamente non avrebbe chiesto aiuto. Il suo ragazzo era misofobo, d'altra parte. Come avrebbe mai potuto volerlo lì con lui?
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Taking care

Faceva male. Tutto faceva male. Le gambe, le braccia, la testa, lo stomaco. Atsumu si considerava un atleta sin da quando ne aveva memoria e a ciò era conseguito il fatto che aveva sempre reputato il suo corpo come un tempio.
Non si era mai rotto un osso, mai presa una slogatura e neanche mai era stato in balia di un’intossicazione alimentare. Mangiava sano, beveva poco alcol, si allenava regolarmente… ma alcune cose rimangono fuori dal nostro controllo, e così fu per l’alzatore quell’inverno.
Febbre.
Ecco cosa aveva. Niente di grave né di preoccupate. L’aveva già avuta molte volte, ma mai così forte.
Si era svegliato con le fauci asciutte; qualcosa pericolosamente simile a delle placche che gli infastidivano la gola. Aveva deciso di tutelarsi e dopo una rapida telefonata avvisato il proprio allenatore che si sarebbe preso un giorno per malattia.
Tutto quello risaliva a tre giorni prima.
Brividi, nausea… quello era stato solo l’inizio.
«Omi-Omi!» aveva risposto con voce stanca ma felice al telefono dopo aver letto il nome del suo compagno. Sakusa si era detto immediatamente preoccupato quando Atsumu l’aveva informato che non sarebbe andato a lavoro, ma l’aveva presto rassicurato dicendogli di prendersi quel giorno come “una pausa dal suo fascino sfiancante”.
“Come ti senti?” Atsumu non avrebbe potuto mentire neanche se avesse voluto. Glielo si leggeva nella voce, d’altronde, quanto fosse a pezzi.
«La gola è peggiorata ed ho le orecchie talmente chiuse che a stento sento la mia voce. I suoni forti me le fanno fischiare ed è tutto uno schifo…» disse con una smorfia.
“Hai mangiato qualcosa?” Atsumu grugnì.
«È già tanto se sono arrivato al bagno. Penso che riproverò ad alzarmi tra qualche ora.» Kiyoomi non rispose, così il biondo decise di smorzare la tensione ridendo.
«Sento la tua preoccupazione da qui, Omi. Mi sembra quasi di vederti con quell’adorabile cruccio che hai sulla fronte.» Sakusa mormorò contrariato.
“Il mio ragazzo è con un piede nella fossa e non vuole che mi avvicini a lui. Avere il cruccio è il minimo.” Atsumu rise ancora. Kiyoomi aveva fatto davvero tanti progressi. Insieme erano riusciti a superare limiti che solo un anno prima lo schiacciatore neanche avrebbe considerato, ma il suo principale problema restava: la paura dei germi. Non avrebbe lasciato che si avvicinasse al suo appartamento adesso. Non con tutta la casa appestata e con lui che tossiva ogni tre per due.
«Non ne è ho bisogno, davvero! È solo febbre. Qualche altro ciclo di tachipirina e vedrai che sarò più in forma che mai per batterti a chi esegue più assi di servizio.» finalmente Kiyoomi ridacchiò, ma poco dopo lugubre aggiunse:
“Odio non poter controllare questa situazione.” il biondo si concesse un nuovo sorriso.
«Lo so, Omi, ma va bene così. Ci vediamo appena guarisco, okay?» la risposta del corvino fu un altro mormorio di cui Atsumu decise di accontentarsi. «E adesso va’ ad allenarti e divertiti anche per me!» chiusero la telefonata e l’alzatore poté tornare a morire sul letto.
Era solo febbre e lo sapeva, ma faceva male. Voleva solo che qualcuno si prendesse cura di lui, che qualcuno gli preparasse i pasti, che gli portasse le medicine a letto e all’occorrenza che gli reggesse la fronte mentre vomitava nel water. Ma era solo febbre e non si sarebbe lamentato. Era solo febbre e non avrebbe fatto preoccupare Kiyoomi più di quanto non lo fosse già.
Tornò a chiudere gli occhi imponendosi che li avrebbe riaperti presto per nutrirsi ma dandosi allo stesso tempo del bugiardo.
Aveva sete e fame, ma anche lo stomaco chiuso e la gola che rifiutava anche solo l’idea di essere idratata. Il naso e le orecchie erano chiusi, il corpo che doleva e tremava. Voleva solo dormire.
 
Passò un secondo o forse diversi giorni. Atsumu non lo seppe mai. Seppe solo di essere svegliato dal proprio cellulare che squillava ed anche che non fece in tempo a recuperarlo prima che smettesse. Si rigirò sotto le lenzuola e tornò a dormire.
Credette di sentire il cellulare squillare altre volte, ma non ci diede peso. Per quanto ne sapeva poteva benissimo essere un sogno. In più, aveva le membra pesanti e anche solo pensare di sollevarsi, afferrare l’oggetto e parlare era un incubo che non voleva sostenere, così lo ignorò.
La cosa successiva che sentì fu la porta d’ingresso aprirsi. Il suo cervello era ancora mezzo addormentato, eppure una parte di lui aveva capito subito che c’era qualcosa che non andava.
Solo due persone, oltre a lui, possedevano una copia delle chiavi, e non c’era modo che Osamu che era in viaggio né Kiyoomi con la sua fobia fossero alla sua porta.
Aveva avuto soltanto il tempo di preoccuparsi, perciò, quando anche la porta di camera sua prese ad aprirsi. Il cuore prese a battergli forte. Non sapeva chi fosse, né quanto tempo fosse passato da quando aveva chiuso gli occhi. Era disorientato e dolorante, e disorientato fu ancora di più quando a fare capolino fu il volto del suo fidanzato.
«O-Omi!?» la risposta dell’altro fu un sonoro e liberatorio sospiro di sollievo.
«Stai bene?»
«No!!» rispose, e gli occhi di Kiyoomi si spalancarono come era normale che fosse. Atsumu sollevò una mano irrazionalmente per tenerlo lontano, poi si coprì bocca e naso con il lenzuolo.
«Ho ancora la febbre! La casa è piena di germi, va’ via!» il corvino si rilassò visibilmente anche se l’alzatore ne capì il motivo solo poco dopo.
«È tutto il giorno che ti chiamo. Mi hai fatto preoccupare! Credevo fossi peggiorato.» Atsumu arrossì.
«Mi dispiace averti fatto preoccupare, ma va tutto bene. Puoi andare.» Kiyoomi lo guardò male, poi posò a terra la propria borsa – che il biondo notò solo in quel momento – e con tono definitivo annunciò:
«Rimango con te finché non guarisci.» Atsumu non poteva crederci.
«Omi, i germi—»
«Sono per tutta la casa, ho capito. È per questo che indosso una FFP3.» Miya non poteva negare di essere ancora intontito dalle tante ore di sonno, ma davvero non riusciva a capacitarsi di come il suo misofobo ragazzo potesse essere lì.
«Ma—»
«Niente ma.» addirittura, Kiyoomi si avvicinò a lui. Si sedette sul bordo del letto ed Atsumu si fece indietro, quasi l’altro fosse un animale feroce pronto ad attaccarlo invece che un premuroso fidanzato preoccupato.
Il biondo arrestò la sua retromarcia solo quando si rese conto dei guanti usa e getta alle sue mani.
Si lasciò accarezzare la guancia e, dopo tanti giorni passati a desiderarlo, non poté che godersi quel contatto.
«Mi prenderò cura di te, Tsumu».
Così, la cosa successiva che Kiyoomi fece fu di fargli bere molta acqua. Era disidratato, e dalla predica di Sakusa capì neanche di poco. Lo fece mangiare, poi lo costrinse a stare sul divano mentre la camera da letto arieggiava. Gli fece il bucato, gli fece ingerire le medicine, infine si sedette a sua volta sul divano e se lo tirò addosso.
«Omi, siamo troppo vicini. Non devi farlo.»
«So che non devo, ma voglio.» Atsumu guardò verso di lui: la mascherina filtrante gli copriva più di metà del viso, eppure ai suoi occhi non era mai apparso tanto bello.
«Mi dispiace farti passare tutto questo.» gli disse piano. Kiyoomi rise.
«Non sono io quello che sta male.» Atsumu grugnì contrariato.
«Sai cosa intendo.» stettero alcuni secondi senza parlare. Sakusa si limitò invece per un po’ a passare in silenzio una mano tra i capelli del suo ragazzo che per poco non si ritrovò a fare le fusa per quei gesti d’affetto.
«Oggi sono stato malissimo.» sussurrò poi il corvino. Atsumu tornò a guardarlo in volto e l’altro continuò: «Non rispondevi ai messaggi, non rispondevi al telefono… e io ho iniziato a preoccuparmi così tanto che—» non concluse la frase, ma Miya non gli mise fretta. Kiyoomi sospirò.
«L’idea di starmene a casa con le mani in mano era più dolorosa di quella di venire qui e stare in mezzo ai tuoi germi. Quindi sta’ tranquillo, okay? La tua sola presenza mi rende più sereno.» a quel punto Atsumu altro non voleva fare che piangere di commozione, ma si limitò a uno strascicato ed innamorato “Omiiii” mentre con più convinzione si premeva sul suo petto.
«Penso a tutto io da ora in poi, va bene? Tu dovrai dirmi solo di cosa hai bisogno.»
Atsumu non era mai stato il tipo di persona capace a fare la vittima. Piuttosto, incassava tutto e resisteva stringendo i denti. Per quanto soffrisse o si sentisse solo, più forte di quell’amarezza era il bisogno di non disturbare nessuno. Non voleva che suo fratello o chi per lui si sentisse in dovere di prendersi cura di lui, così – semplicemente – non chiedeva mai. Presto le persone avevano iniziato a dare per scontato che Atsumu non avesse bisogno di niente e di nessuno e lui non poteva che esserne felice. Era più facile, così, incassare tutto in silenzio e resistere per conto proprio, ma il senso d’amarezza che provava nel portare avanti le proprie battaglie personali in solitudine non era mai del tutto sparito. Era semplicemente qualcosa a cui si era abituato; che lo faceva sopravvivere ma senza dargli il minimo conforto.
Non più.
Atsumu non sarebbe cambiato da un giorno all’altro. Avrebbe continuato a fingere di stare bene e di non aver bisogno di niente, ma Kiyoomi avrebbe letto tra le righe; Kiyoomi avrebbe capito.
   
 
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