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Autore: Flofly    15/04/2022    1 recensioni
Dieci anni dopo la fine della guerra magica Narcissa Malfoy all'alba di un giorno speciale riflette sul momento in cui ha accettato che la vita la cambiasse
Storia scritta per il gioco di scrittura #Tuttiigustipiùuno indetto dall'angolo di Madame Rosmerta su FB.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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La storia  partecipa al gioco #tuttiigustipiùuno del gruppo Fb di Madame Rosmerta. 
Prompt ( scegliendo di scrivere tra un personaggio e una coppia) per cui ringrazio Rosmary Weasley
Personaggi: Draco Malfoy, Theodore Nott, Narcissa Malfoy
Coppie: Draco/Hermione, Lucius/Narcissa, Blaise/Daphne
Citazione: «Che senso avrebbe vivere se non permettessimo alla vita di cambiarci?» (tratta dalla serie TV Downton Abbey)
Come si capisce ho scelto di scrivere la storia scrivendo su Narcissa ma ho preso un po' di libertà con un pizzico di Lucius/Narcissa e un accenno di Draco/Hermione.  Nella storia c'è un accenno a quello che accade dopo Hogwarts tra Draco ed Hermione, idealmente fa riferimento ad una storia che sto ancora scrivendo e per cui questo prompt mi sembrava perfetto, ma non inficia la leggibilità della storia stessa.
Warning: riferimento alla tortura che i Malfoy subiscono da parte di Voldemort dopo la fuga di Harry, Ron ed Hermione con un tocco decisamente di angst

La luce tenue dell’alba filtrò attraverso le grandi vetrate della camera padronale schermata appena dalle tende di mussola leggerissima che si agitavano morbide. I tendaggi pesanti erano spariti, così come i colori cupi e la maggior parte dei mobili. La prima cosa che era scomparsa era stato il grande tavolo del salone principale, quello dal quale il Signore…no Voldemort aveva guidato le sue stragi e aveva dilaniato la sua famiglia sotto i suoi stessi occhi. 

Era stata costretta a rimanere seduta mentre mani sudicie di sangue insozzavano la sua splendida casa, forzata a guardare suo figlio straziato dal dolore e dal terrore senza poter fare nulla per aiutarlo,  obbligata ad assistere all’umiliazione di suo marito di fronte agli occhi di tutti, ben sapendo che avrebbe scavato una ferita che non avrebbe mai potuto sanare.

Dopo che il Signore…no Voldemort l’aveva privato della bacchetta aveva dovuto usare ogni grammo della sua forza per impedire a Lucius di perdersi e di stordirsi di pozioni e di vino, affogando nell’autocommiserazione e nel rimorso.

Per un uomo per cui la purezza del sangue era impressa a fuoco nella mente e nella carne venire privato della magia era la punizione più atroce.

No, non era vero. Era la seconda cosa più crudele che potesse fargli. 

Narcissa chiuse gli occhi cercano di scacciare il ricordo, inutilmente. Sapeva che quella sera sarebbe tornata per sempre a torturarla, scavando una piaga acida nella sua anima come in quella di Lucius. Una ferita che non avrebbe mai smesso di sanguinare.

Quel giorno aveva sperato di morire ed era certa che anche lui avesse desiderato ardentemente la stessa cosa.

La fuga di Potter e dei suoi compagni aveva scatenato l’ira del Signor.. di Voldemort. Poteva sentire ancora il dolore della Cruciatus, vedere il volto tumefatto di Lucius, percepire la soddisfazione della platea che li guardava ghignando. Poi qualcuno, probabilmente Dolohov ma non lo sapeva con certezza per via del dolore che annebbiava la sua mente, aveva insinuato maligno che era stata colpa di Draco, era stato lui a dire di non poter riconoscere Potter e la Granger. Sei anni di scuola insieme e non riconosceva una dannata sanguesporco. Non era credibile, non era difendibile. Poco prima che Voldemort emettesse la sua sentenza aveva alzato lo sguardo disperato su Bellatrix, implorando di aiutarla. La sorella però l’aveva guardata con un misto di pietà e compassione e chinandosi appena per aiutarla ad alzarsi le aveva bisbigliato un Mi dispiace, Cissy

Come se fosse sufficiente. Come se potesse trattenere l’ondata di terrore che l’aveva travolta ancora prima di sentire la voce disgustosa e sibilante dare il suo ordine allungando la bacchetta verso Lucius. Un prestito, ben inteso. Una gentile concessione per esaudire il volere di un uomo distorto e incapace di amare.

Tortura tuo figlio o dirò a Fenrir che può finalmente giocare con lui. Il più puro della sua generazione a quanto mi dice. Lascerò che lo faccia a pezzi davanti alla madre. 

Anche dalla sua posizione poteva vedere il terrore che si impossessava di Lucius, le labbra che si piegavano in una preghiera, un inutile tentativo di barattare la sua umiliazione con l’incubo che stava per vivere.

Draco era rimasto in silenzio, gli occhi sgranati di paura che vagavano tra suo padre e quel lurido lupomannaro che appestava l’aria della sua casa, schioccando la lingua incapace di contenere l’eccitazione.

Quando Lucius alzò la bacchetta tremando lo sentì appena chiamarlo, la voce talmente fievole che ancora sperava di aver avuto un’allucinazione.

E poi ci furono solo le urla. Quelle di Draco per il dolore, quelle di Fenrir che ululava soddisfatto dell’odore della paura nonostante non avesse potuto azzannare quella carne che tanto gli faceva gola, e le sue, disperate ancora più del figlio mentre Bellatrix la teneva stretta.

Era stato in quel momento che lei e Lucius erano cambiati, per sempre.

In quell’esatto istante in cui Voldemort si era rivelato in tutta l’oscenità della sua anima che avevano smesso di essere quello che erano stati un tempo. Lei non era più la figlia perfetta dell’antichissima e nobile famiglia dei Black, lui non era più l’erede di una delle casate più ricche ed elitarie delle Sacre Ventotto. Non erano più due membri di spicco dell’alta società magica. Non erano più la Lady e il Lord del Maniero. Non erano più seguaci di Voldemort.

Erano un padre e una madre che avrebbero fatto di tutto per salvare il loro figlio.

Avevano partecipato alla battaglia di Hogwarts entrambi senza bacchetta, inutili alla causa, solo per adempiere a quella promessa. L’unica cosa che riuscivano entrambi a pensare era ritrovare Draco e fuggire, fuggire lontano, riprendersi quella vita che loro stessi avevano gettato via.

Era a questo che aveva pensato quando si era ritrovata nella foresta di Hogwarts e aveva visto il petto del bambino sopravvissuto alzarsi pianissimo. Quella era davvero la sua occasione di cambiare, di lasciarsi per sempre alle spalle quello che era stata e che l’aveva portata alla rovina.

«Morto»- poteva sentire ancora la sua voce, riconoscere le sfumature della donna che era ora, i germi della sua nuova vita che si posavano nel terreno.

E che quel giorno stavano per dare i loro frutti.

Le labbra di Lucius si posarono morbide sul suo collo mentre la stringeva a sé, la voce ancora impastata dal sonno: «E così il gran«de giorno è arrivato».

Narcissa si girò appena per guardarlo negli occhi ancora socchiusi, le labbra che si piegavano in un sorriso mentre gli passava leggera una mano sul viso: «Già. Ti dispiace?».

L’uomo le spostò con delicatezza una ciocca di capelli dorati dagli occhi, fermandosi appena per farli scivolare tra le dita, lo stesso gesto che ripeteva da anni, il primo che aveva fatto dopo il suo secondo processo :«Affatto. Anche se sono certo che tra la stampa e la rivolta dei quadri avremo il nostro bel da fare per evitare che il matrimonio del decennio si trasformi nel più grande scandalo di tutti i tempi».

La strega ridacchiò contro le labbra del marito: «Oh, a quelli ci ho già pensato. E per la stampa… ho fatto due chiacchiere con la Skeeter ma non è un problema: è talmente spaventata dalla nostra futura nuora che non oserà scrivere neanche una parola di troppo».

«Anche se sono stato il primo a cadere vittima della strega più brillante della sua generazione, devo dire che ha stile»- rise l’uomo sistemandosi contro il cuscino e fissando il soffitto pensieroso mentre Narcissa si accoccolava meglio sul suo petto godendosi gli ultimi momenti di pace.

«Se qualcuno dieci anni fa mi avesse detto che avrei fatto entrare nella mia famiglia una natababbana lo avrei fatto rinchiudere al San Mungo. Ora invece non riesco a credere che abbiano accettato di avere la cerimonia qui da noi»- chiese giocherellando con il bordo della casacca di seta grigia.- «Anche se ancora si rifiutano di venire a vivere qui»

L’uomo sospirò perso nel ricordo di quella sera, ancora impresso nella mente lo sguardo angosciato di suo figlio mentre Bellatrix torturava la ragazza sul pavimento del loro salone. Narcissa e Lucius avevano sempre saputo che Draco era innamorato della Granger, non faceva altro che parlare di lei sin dal primo anno. Dopo la guerra erano tutti certi che la ragazza non gli avrebbe mai più rivolto la parola. Ma poi c’era stato il processo e lei aveva parlato a suo favore in maniera così appassionante. Lui era scappato, rifugiandosi dall’altra parte del mondo, sperando di dimenticarla nelle braccia di un’altra ragazza. Ma non aveva funzionato, non poteva funzionare. Perchè se c’era una cosa di cui Narcissa Black Malfoy era assolutamente certa era che un amore del genere avrebbe sempre trovato il modo di esplodere. Ovviamente suo figlio aveva scelto il percorso più difficile, ma alla fine tutto era andato bene. Anche il Maniero era finalmente soddisfatto, con buona pace degli antenati.

«Siamo cambiati, Cissy. Tutti noi»- mormorò più a sé stesso che a sua moglie.

La donna si alzò appena sui gomiti, fissandolo con i suoi grandi occhi brillanti che continuavano a stregarlo come il primo giorno in cui l’aveva vista attraversare regale e bellissima la Sala Grande tanti anni prima.

«Che senso avrebbe vivere se non permettessimo alla vita di cambiarci, amore mio?»- gli chiese in sussurro prima di sistemarsi di nuovo con il capo accanto al suo.

Chiuse gli occhi, godendosi una strana sensazione di pace che non pensava più di poter sentire.

Finalmente tutto stava tornando al suo posto. Niente poteva essere dimenticato ma finalmente poteva riprendere a respirare.

Chiusa la porta sul passato quello sarebbe stato un nuovo inizio per tutti loro.

E forse potevano davvero essere felici.

O per lo meno crederci sul serio.

 

   
 
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