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Autore: Helen_Rose    25/04/2022    2 recensioni
Mi faceva piacere ideare uno scenario in cui questo momento fondamentale non venisse appesantito dal drama del contesto, né risultasse affrettato...
Quindi, come reagirebbe Stefania Colombo se, in una sera qualunque, Marco di Sant'Erasmo le chiedesse di sposarlo?
Sicuramente, una romantica in piena regola come lei si scontrerebbe con tutte le alte aspettative che romanzi e film le hanno creato, sia su Marco che su sé stessa, sulla sua reazione...
E soprattutto...
Chi ha stabilito che debbano essere sempre gli uomini non solo a prendere l'iniziativa, ma anche a fare le dichiarazioni migliori?
Nel mio immaginario, una ragazza moderna ed emancipata come Stefania non potrebbe mai accettare che sia Marco a prendersi tutta la gloria...
Va da sé, però, che il titolo di questa fanfiction, "Fare a gara per amarsi", sia prettamente ironico: nessuno vince e nessuno perde, anzi, si segna uno splendido e meritato pareggio.
Grazie, come al solito, a IRoccoPerSempre per il supporto e i consigli.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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In una serata insolitamente calda, per essere fine ottobre, Stefania e Marco decisero di uscire a cena per celebrare il successo incontrastato dell’ultimo articolo di colei che, superando ogni aspettativa, si stava rivelando la giornalista più apprezzata del Paradiso Market: per aver sentenziato ‘l’allieva ha superato il maestro’, Roberto Landi rischiò di perdere l’amico ritrovato in Marco di Sant’Erasmo... Ma solo momentaneamente.
La festeggiata stava ultimando la preparazione.
“Scusa, ma sembrava che questo fermaglio fosse stato inghiottito dal pavimento; veramente, guarda. Ci sono quasi. Marco, ti dispiacerebbe iniziare a prendere…”
Stefania, che stava finendo di mettersi l’orecchino destro, mentre si infilava i tacchi in contemporanea, si bloccò sulla soglia della sua stanza, con la mano a mezz’aria e un’espressione che non avrebbe potuto essere più scioccata e sbalordita di così.
Marco era inginocchiato accanto al tavolo dell’ingresso/cucina/soggiorno di casa ragazze; un sorriso a trentadue denti campeggiava incontrastato sul suo bel viso, e tra le sue mani spiccava una scatolina che avrebbe potuto contenere un solo tipo di oggetto.
Per evitare di finire lunga distesa sul pavimento, Stefania si appoggiò allo stipite della porta, imponendosi di inspirare ed espirare profondamente. Accortosi del fatto che fosse sbiancata di colpo e piuttosto instabile, Marco -che aveva già faticato parecchio per domare la tensione che lo assaliva ogni qualvolta necessitasse di conferme da parte di Stefania riguardo al loro rapporto- si alzò, appoggiando la scatolina sul tavolo e raggiungendola in due sole mosse: non che la distanza da coprire fosse poi molta… Per sorreggerla, le afferrò delicatamente un braccio e le posò l’altra mano dietro la schiena.
“Stefania, tutto bene?” si accertò, cercando di mostrarsi rassicurante. “Vuoi sederti?”
Colei che -perlomeno, fino a quel momento- era la sua ragazza annuì.
Marco si sentiva impotente e spiazzato. “Vuoi che… Ti porti un bicchier d’acqua?”
Stefania fece cenno di no, con le lacrime agli occhi per la frustrazione di aver reagito, a fronte di una proposta di matrimonio, o per meglio dire della proposta di matrimonio fatta a lei, come nei peggiori scenari di certi romanzetti rosa di bassa lega.
Marco era sempre più terrorizzato da una manifestazione di shock che, in totale onestà, non aveva previsto potesse verificarsi. “Stefania, ti prego, parlami… Non so come interpretare tutto… Tutto questo. Preferisci che me ne vada, o…”
Da che era accovacciato di fronte a lei, fece per alzarsi, ma la sua pupilla lo trattenne. “No, ma ti pare… Solo che… Accidenti a te, Marco: quando la smetterai di tendermi imboscate in questa stanza? E il primo bacio; e l’annuncio che non saresti più partito per Torino; e la comunicazione dell’invito a cena da tua zia Adelaide…” elencò lei, col suo classico tono sconsolato; cercando di trovare una spiegazione logica per una scena madre tipica della ragazzina emotiva che sperava di essersi lasciata alle spalle.
Contro ogni aspettativa, quel fiume in piena di giustificazioni suscitò nel ragazzo l’impulso di lasciarsi andare a una fragorosa risata, liberatoria quanto rasserenante.
“Amore mio, devi perdonarmi; credevo ti piacessero le sorprese…” obiettò, dal canto suo, regalandole uno di quei suoi sorrisi che, in dolcezza, hanno sempre superato qualunque vezzeggiativo le indirizzasse.
Ma Stefania si scioglieva anche ogni qualvolta la chiamasse ‘amore mio’, proprio perché era raro: da sempre, preferiva pronunciare semplicemente il suo nome…
“Ecco, vedi: non ti merito!” protestò l’amata, incrociando le braccia, in uno di quei teneri moti fanciulleschi che la caratterizzavano ancora, e che Marco adorava.
“Magari, se mi concedessi di farti una dichiarazione come la storia della letteratura e della cinematografia mondiale comandano -non che m’illuda di raggiungere certi livelli, ti conviene abbassare le aspettative- , potrei provare a spiegarti come mai io ritenga non solo che tu mi meriti… Ma quanto sarei fortunato IO, se TU pensassi che ti meriti…” propose Marco, col fare canzonatorio e, soprattutto, volto a sdrammatizzare che era proprio della sua, di personalità, e di cui Stefania non avrebbe mai potuto fare a meno.
Dal canto suo, la ragazza sospirò, accennando un timido sorriso. Era andata in totale paranoia per quella che, indubbiamente, era una pietra miliare del rapporto tra due innamorati, ma che non prevedeva nulla di diverso dal solito: loro due che, a fronte della loro storia insieme e dei rispettivi caratteri, promettevano di amarsi. Marco era sempre il suo Marco; e lei era sempre lei: non serviva dargli motivi per ripensarci…
“Scusami… Sono stata una sciocca. Sono tutta orecchie: proceda, signor Sant’Erasmo.” lo esortò la signorina Colombo, con piglio solenne, sorridendo finalmente a pieno viso.
Tirato un enorme sospiro di sollievo, scuotendo la testa in segno puramente formale di disappunto, Marco si riappropriò della scatolina; Stefania rimase seduta, onde evitare ulteriori incidenti di percorso, per quanto sperassero entrambi di averli superati.
L’ex cinico di buona famiglia si rivolse alla giovane idealista non più principiante, con uno sguardo che racchiudeva tutto l’amore che le aveva dimostrato in quei mesi e che, al contempo, sentiva che non sarebbe mai pienamente riuscito a esprimere. Era già tornato in ginocchio, ma avrebbe rispettato un’altra tradizione: per via dell’emozione che lo stava assalendo, avrebbe improvvisato, accantonando il discorso preparatosi.
“Stefania Colombo…” -iniziò, abbassando lo sguardo per raccogliere le idee, per poi risollevarlo con rinnovata convinzione- “Le circostanze di questo mio gesto sono un po’ originali, come del resto lo è sempre stata la nostra storia… A dispetto del fatto che tu la ritenessi scontata.” -asserì, mitigando con un occhiolino lo sguardo inceneritore di lei. “Ma fin dal primo momento, ho sempre saputo che ogni minuto di ogni giorno che avrei avuto la fortuna di trascorrere al tuo fianco, sarebbero stati tutt’altro che banali. Dapprima, i tuoi pregiudizi nei miei confronti avevano creato un muro tra noi…”
“Ma è mai possibile che, persino in un momento come questo, tu debba trovare il modo di lanciarmi delle frecciatine?” sbottò, istintivamente, una Stefania contrariata.
Lui scoppiò a ridere per la seconda volta in pochi minuti, disarmato ed estasiato al tempo stesso; non riusciva a stare zitta neanche durante una dichiarazione dedicatale.
“Ti ringrazio, Stefania, perché mi stai facilitando il compito… Sai, è stato quel piglio irriverente e anticonformista ad avermi fatto impazzire per te; la maggior parte della gente tende a mostrare un timore reverenziale nei miei confronti, mentre tu sei stata sprezzante, senza troppe remore, nel momento stesso in cui ci hanno presentati. Mi hai sfidato, provocato, smontato e rimontato come fossi composto da pezzi di Lego… Eppure, non riuscivo a sopportare che mi odiassi; non mi sono neanche reso conto di quanto fossi sollevato, quando finalmente hai smesso di farlo e, da che ci assalivamo acidamente, abbiamo iniziato a confrontarci e punzecchiarci in maniera costruttiva.”
Una Stefania decisamente più convinta gli regalò uno sguardo adorante che compariva raramente, onde evitare che si montasse la testa; le risultava arduo non commentare ogni parte di quel discorso, ma confonderlo, a quel punto, sarebbe stato deleterio.
“A questo punto, ripercorrere la nostra storia sarebbe un po’ inutile; c’eri anche tu, e faccio affidamento sulla tua buona memoria…” scherzò Marco, suscitando in lei una risatina. Adorava quanto potesse essere romantico e spontaneo al contempo.
“Ti riconfermi sempre la persona caparbia, intelligente, colta, piena di talento, che mi ha portato ad abbassare ogni mia difesa; la più generosa che abbia mai conosciuto…”
Stefania era a dir poco lusingata dalle parole spese per lei: non credeva la conoscesse fino a quel punto; soprattutto, notando ancora una volta come non mostrasse alcuna ritrosia nell’esporsi per lei, anzi, una naturalezza sempre maggiore, non credeva di poterlo amare più di quanto già facesse. Se mai avesse avuto bisogno di conferme, eccole, una per una davanti a lei, come se fossero un’immagine materializzatasi.
“E potrei aggiungere ancora molti altri aggettivi, ma il ginocchio inizia a cedere, per cui… Ti amo, Stefania. Ogni giorno scopro quanto sia rassicurante ricevere conferme e, al tempo stesso, rimango estasiato dalla quantità di cose nuove che imparo su di te… E su me stesso: perché hai da sempre il potere di far uscire la parte migliore di me.”
A quel punto, alla destinataria di cotanta dichiarazione vennero immediatamente gli occhi lucidi: ricordava perfettamente la prima volta in cui Marco pronunciò quella frase; quante cose erano cambiate, da allora, ma conservava il potere di emozionarla. Marco se ne accorse, ed ebbe la stessa reazione di riflesso.
“Vorrei rassicurarti su questo punto: non ho intenzione di sposarmi nell’immediato… So bene che vorresti realizzare tante cose, prima, com’è giusto; ti regalo quest’anello proprio come simbolo del mio impegno a supportarti e sostenerti in ogni momento del cammino che ti aspetta… Sempre ammesso e non concesso che tu lo voglia, insomma.”
Marco esitò, non sapendo se fosse il caso di proseguire, di concludere in altro modo… Stefania era diventata insolitamente silenziosa, e le premesse non erano state ottime.
Ma si stava semplicemente prendendo del tempo per analizzare la reale motivazione retrostante la sua reazione iniziale: la frustrazione per non aver previsto quel momento; dunque, per aver lasciato che fosse Marco, secondo lo stereotipo, ad avere l’idea, a farle quel bel discorso per poi prendersi la gloria del momento… Aspettandosi che, come da copione, lei pronunciasse ‘Sì’ con tutte le varianti del caso, e sarebbe finita lì.
Fu così che, non per una questione di femminismo bensì di principio; di uguaglianza, certamente, ma anche di giustizia nei confronti di Marco, che aveva fatto tanti dei passi che li avevano condotti a quel punto… Capì di dover prendere in mano la situazione, ponendo una domanda retorica, visto il piglio: “Marco, mi è concesso controbattere?”
A proposito di riconferme, lui si accorse di come Stefania conservasse intatta l’abilità di spiazzarlo. Perplesso, balbettò: “Sì… certamente… Cioè, che intendi dire?”
“Non preoccuparti; alzati pure, dammi questa scatolina gentilmente, e prendi il mio posto su quella sedia. Con rapidità, di grazia, prima che si guasti l’atmosfera.” ordinò.
“Ma non l’hai nemmeno aperta…” protestò Marco, obbedendo in contemporanea.
“Non ne ho bisogno…” svelò finalmente lei, accennando un sorriso che, in parte, riuscì a mitigare l’ansia incontrastata che stava tornando ad assalire quel povero ragazzo.
Dopodiché, Stefania si inginocchiò a propria volta, lasciando Marco di stucco.
“Marco di Sant’Erasmo… Come ben sai, sono una ragazza romantica, ma anche moderna. Non vorrei che questo discorso suonasse come un volerti rubare la scena, l’idea, che è apprezzatissima, ci mancherebbe… Però, mi piacerebbe dire la mia, in quanto controparte femminile, invece di lasciarti tutta l’incombenza… Dunque…”
Lui non riusciva a trovare una definizione al proprio stato d’animo; rise nervosamente, poi sentì la necessità di verbalizzare, in memoria di quella sera: “È la seconda volta…”
“La seconda volta cosa?” replicò Stefania, ignara della risposta, proprio come allora.
“Che mi lasci senza parole.” Perché non era più ‘una ragazza’ da tempo immemore.
Stefania sorrise incontrollabilmente. Si era ricordata. “Aspetta di ascoltarmi, almeno; così potrai stabilire se, a lasciarti senza parole, sarà stata la mia immane figuraccia.” Pensate alla paradossalità di accostare tali concetti a due scrittori di professione.
“Il tuo riassunto del nostro rapporto non avrebbe potuto essere più accurato; per cui, mi limiterò a riservarti la parte adulatoria che ti spetta: so che sognavi questo momento. Per qualche ragione, mi è sempre venuto spontaneo complimentarmi con chiunque… Ma con te, soprattutto i primi tempi, mi sentivo frenata; forse dal fatto che, per uno del mestiere, le parole avessero un peso pari a quello attribuito da me in primis… O forse, la mia difficoltà è sempre stata dovuta alla mia inesperienza in materia di ragazzi… Ma il tuo amore, la tua presenza costante e rassicurante, i primi passi fatti da te, mi hanno dato una spinta quintuplicata per raggiungerti… E spero con tutto il cuore che tu sia cosciente della profondità dei miei sentimenti, o dovrò ricominciare tutto daccapo.”
Marco dovette ricorrere a tutta la forza di volontà che possedeva per trattenere due impulsi: quello di saltar su dalla sedia, far alzare Stefania e darle un bacio da capogiro, rovinando così la dichiarazione; e quello di scoppiare in lacrime, perché aveva la sensazione che il meglio dovesse ancora venire.
“Ma il punto è che… Ben presto, ho capito di non dovermi sforzare più di tanto a dare un nome a ciò che provavo per te, o che pensavo di te; che non tutto deve essere definito, in materia di sentimenti. Abbiamo fatto tutto insieme; come la squadra che sappiamo essere molto meglio nella vita, rispetto al contesto lavorativo, dove ognuno ha il proprio metodo e va a finire che ci scontriamo solamente…”
Qui, Marco si concesse una risata, perché effettivamente stava udendo solo verità.
“E quel che conta è essere uniti nella quotidianità, nei propri valori, o al massimo, farli combaciare. Insieme, abbiamo imparato a dare un nome a quel magone allo stomaco, a quel nodo alla gola, a quella sensazione di cadere perenne… Partiti dalla nostra base di amicizia, supporto, vicinanza, certo; ma che si sono evoluti in qualcosa, anzi, molto di più, senza che neanche ce ne rendessimo conto. E a dare un nome a tutto questo sono stati i nostri sguardi, le nostre azioni, la nostra costanza nell’amarci. Perciò, prometteremo davanti a Dio e agli uomini di amarci e onorarci finché morte non ci separi… Ma effettivamente, è quello che abbiamo sempre fatto da quando abbiamo deciso di stare insieme.”
E a quel punto, chiunque avesse dubbi su loro due, non era presente in quel momento, per forza.
“Ricordi quando mi hai confessato che, prima di incontrarmi, non sapevi nemmeno che cosa fosse, l’amore? Vale lo stesso per me: perché se è unilaterale, non può essere considerato amore. E sai quando ho capito di amarti veramente? Quando mi sono resa conto di come, nella vita più che nel lavoro, stessi mantenendo la promessa che mi facesti in quanto mentore: di proteggermi sempre, anche da me stessa se fosse servito… E solo io e te sappiamo quanto abbia prevalso la seconda parte. Ricordi anche quando mi dicesti che mi avresti aspettata anche per tutta la vita? Rompo ogni indugio: si tratterà di pazientare giusto un paio d’anni prima che possa chiamarmi la signora Sant’Erasmo, ma posso prometterti che non passerà neanche un giorno senza che tu mi abbia al tuo fianco, Marco.”
Poco male: il discorso si era comunque concluso; perché a quel punto, la famigerata controparte femminile non avrebbe potuto frenare il suo lui, che con una sola, fluida mossa, l’aiutò ad alzarsi da terra per stringerla a sé, dandole uno dei baci più intensi di cui entrambi avessero memoria.
“Direi che abbiamo detto tutto e siamo passati anche al sodo; non male, per due scrittori prolissi…” commentò Stefania, senza fiato, al colmo della felicità, dell’eccitazione, di tutto ciò che è positivo.
“Quindi, in tutto ciò: abbiamo accettato? Giusto per verificare…” s’informò Marco, poggiando la sua fronte contro quella di colei che, presumibilmente, era la sua fidanzata ufficiale.
“Credo proprio di sì, signor Sant’Erasmo.” confermò lei, baciandolo ancora una volta. “Rimane solo una cosa da definire, anzi, da tenere a mente…”
“Quale?”
“Mi sa proprio che toccherà a te, metterti alla ricerca di qualcosa di blu.”
   
 
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