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Autore: Brume    27/04/2022    5 recensioni
Una distanza separa Oscar e André.Si tratta di una distanza fisica ma soprattutto, emotiva, frutto di una vecchia lite, di gelosie....e tutto procede normalmente, finchè la donna non ha un incidente. A quel punto, ci saranno ritorni, incontri e scontri. Ed un lungo cammino da fare insieme, sfidando la famiglia di lei.
Attenzione: AU. La figura di Oscar potrebbe essere OOC.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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 Io mi impegno anche, a riprendere fiato, sistemare le varie storie disperse qui e la...ma quando le idee arrivano, non resisto; devo scrivere, mettere su "carta". Così è per questa nuova storia in pieno stile AU, tribolata q.b, dove troveranno spazio un pò tutti, Victor de Girodelle e  famiglia Jarjayes compresa...

Buona lettura! B.





1.
 
La paziente necessita di un lungo periodo di riposo. Si consiglia una struttura che sia adeguata alle necessità evidenziate, ove possa essere seguita quotidianamente, almeno per i primi tempi, da personale qualificato.
In alternativa, qualora si preferisse una convalescenza nella propria abitazione, sarà obbligatoria la presenza di un medico o infermiere specializzato almeno tre giorni a settimana per sei settimane.

 
Victor, appoggiato al cofano dell’ auto scura, lesse più volte le parole scritte sulla carta intestata della clinica privata sita poco fuori Calais prima di riporla nella cartelletta bianca. Poi, voltò il capo giusto per riuscire a scorgere il viso di Oscar, seduta da dieci minuti buoni sul sedile del passeggero; sembrava fosse tutto a posto ed i lineamenti distesi del suo volto lo tranquillizzarono. Presa la cartelletta e la giacca appoggiate accanto a lui, quindi,  fece alcuni passi e tornò in macchina, appoggiando il tutto sui sedili anteriori.
“Stai bene, Oscar?” le domandò, per sincerarsi.  Lei, senza nemmeno girarsi, annuì.
“Si, grazie. Ti sono grata per essere arrivato fin qui. Ti ha mandato mio padre, giusto?” rispose la donna.
L’ uomo chiuse la portiera per poi accomodarsi al posto di guida, pensieroso. 
“Si, mi ha mandato tuo padre. Lui, purtroppo, non è riuscito a venire: è bloccato a letto da una influenza molto forte che lo ha anche costretto ad usare l’ ossigeno. Ma non ti preoccupare, ci penserò io a te, come ho sempre fatto negli ultimi tempi” rispose.
Cercò di essere il più delicato possibile , dosando le parole; non gli era ancora chiaro cosa lei potesse ricordare o meno e non voleva turbarla.
Oscar non rispose.
Si sistemò la cintura e guardò davanti a sé, una espressione indecifrabile sul volto.Victor la fissò giusto un attimo; infine mise in moto la vettura e uscì dal parcheggio della stazione di sosta, in viaggio verso Parigi.

Fu un viaggio silenzioso.

I quasi trecento chilometri passati per lo più in autostrada , tra lande e tratti con piccole foreste, sembrarono a Victor una eternità; nelle pause fatte giusto per prendersi un caffè,  mentre il vento di novembre sferzava i volti e scompigliava i capelli che lui si ostinava ancora a tenere lunghi, non fece che pensare all’ arduo compito riservatogli: lo aveva fatto e lo stava facendo con piacere, non avrebbe mai lasciato sola la sua Oscar; ma allo stesso tempo sembrava quasi di essere di troppo, come un approfittarsi della situazione. In fondo, lui e la donna non erano che vecchi amici dopo che, anni prima, vi era stata una parentesi puramente platonica ma molto intensa nella quale si erano parlati apertamente.
Dovrebbe esserci André qui, al mio posto pensò più di una volta.
Ma André, l’ eterno amore di Oscar, non vi era stato modo di rintracciarlo; così, quel compito delicato era toccato a lui.
Ora , finalmente alle porte di Parigi, fermi nell’ ennesima stazione di servizio  in un’ultima tappa prima di giungere nella casa dei genitori di lei, Victor De Girodelle prese ancora un po' di respiro; poi ci sarebbero state le spiegazioni e. sicuramente, giornate intense. Pensando a tutto ciò lui fissò  Oscar, intenta ad osservare i fiori di una aiuola, la quale sorrideva a chissà chi o cosa; pensò che era bella.Bella come non lo era stata mai.
Girodelle la guardò a lungo; poi, intervenne, disturbando forse quello che pareva essere un monologo interiore.
“Oscar, dobbiamo andare, ci aspettano” disse , posando la mano titubante sulla manica del cappotto leggero.
Lei lo fissò.
“Va bene” rispose; dunque, come una bambina, si lasciò condurre verso l’ auto parcheggiata a pochi passi da loro e ripresero a viaggiare.

Tre quarti d’ ora dopo . attimi di assoluto silenzio, arrivarono dinnanzi ai cancelli dell’ abitazione che la famiglia Jarjayes occupava da diversi secoli. Victor alzò gli occhi sopra la cancellata osservando  i levrieri posti a guardia dello stemma di famiglia che, fieri del loro compito, lasciarono che il cancello si aprisse;  finalmente, lei arrivò a casa, dopo più di due mesi passati lontani, in quell’ ospedale in riva al mare. Ad attenderli trovò la vecchia governante e una delle sorelle di Oscar , Victoire. Tutti gli altri, escluso il padre ancora in convalescenza, attendevano i due nel salone del maniero che un lontano avo - alcuni lustri prima dei fatti di luglio e della prima rivoluzione - aveva fatto ricostruire.
Victor si arrestò e parcheggiò il mezzo a pochi metri dalle scale d’ ingresso, sul viale di ghiaia bianca quindi, scese dalla macchina ed aiutò Oscar a fare lo stesso. Lei , sempre silente, si lasciò condurre tra le braccia della sorella.
“Oscar, vieni; la tua stanza ti aspetta” disse quest’ ultima.
Lei si lasciò allora condurre dentro casa mentre Victor scaricava il bagaglio leggero e tutti gli incartamenti che
l’ ospedale aveva fornito, sempre  sotto gli occhi attenti di Nanny. Infine, raggiunse gli altri in casa.
“Grazie, Monsieur de Girodelle; i bagagli può lasciarli pure li, accanto alla cassapanca” disse Nanny, appena lui ebbe oltrepassato la porta di casa “….sarà stanco, venga. Le faccio un caffè?…o preferisce forse qualcosa da mangiare? Sono quasi le due di pomeriggio…”
Victor declinò, gentilmente.
Voleva solo parlare con uno dei famigliari e andare a casa, farsi una doccia,riposare.
Poi sarebbe tornato da lei.
 Nanny, un poco delusa, riuscì in ogni caso a fargli mangiare una fetta di torta; dopo di chè, lasciò che l’ uomo raggiungesse Madame Georgette , Victoire e Hortense al piano di sopra.


 
“Madame, ho da consegnarvi alcune cose”.
Victor stava in piedi sulla soglia.
La signora sorrise e gli fece cenno di farsi avanti: vieni, Victor. Entra pure disse.  Lui la raggiunse e si andò a sedersi  sulla poltrona di fronte a quella della donna.
“Ti ringrazio molto per esserti preso cura di lei…Come vedi, sarebbe stato impossibile per noi muoverci: con mio marito ancora a letto e parte delle mie figlie all’ estero , con Victoire e Hortense che corrono a destra  e a manca per tutti noi… vige il caos. Sei stato molto gentile” esordì lei.

Victor nicchiò. Per Oscar, questo e altro pensò.

“Non è stato un problema, anzi. Qui…” disse poi indicando gli incartamenti “ ci sono tutti i documenti da far vedere al medico curante…cartella clinica, indicazioni. Io l’ ho trovata bene, dopo la vostra visita il mese scorso ha avuto un netto miglioramento…
Madame annuì. Le mani poggiate sul grembo, sulla stoffa calda di un tailleur di sartoria, si strinsero quasi fino a perdere la circolazione sanguigna.
Victor lo notò.
“…starà bene, vedrà. Il Professore Lassonne mi ha parlato chiaramente: Oscar, seguita adeguatamente, potrà tornare quella di un tempo. Ha, naturalmente, bisogno di tempo e tranquillità…ma se tutto procede come deve, facendo alcune sedute con personale qualificato, nel giro di qualche mese potrebbe riprendersi. Non dovete sentirvi in colpa se la situazione non le ha permesso di starle vicino come avrebbe voluto, conoscete vostra figlia: non vi avrebbe nemmeno avvisato, fosse stata un filo cosciente” disse.
Tuttavia, queste parole sembrarono agitare la donna che fissò con occhi disperati e colmi di lacrime l’ uomo. Victoire e Hortense, in piedi accanto a lei, cercarono di consolarla.
 
 
Dall’ altra parte del mondo…André era appena rientrato in hotel e stava parlottando allegramente con Alain, il suo collega; dopo tre settimane in mezzo alla steppa mongola, il suo unico desiderio era quello di usufruire di un moderno bagno  e mangiare qualcosa in camera- che non fosse carne secca-  prima di sviluppare le fotografie che avevano scattato e trasferire quelle di suo interesse in un file che avrebbe spedito agli editori; ma i suoi piani, purtroppo, vennero interrotti da un telegramma.
“E’ arrivato non appena siete partiti” disse la receptionist, consegnandogli la busta chiusa.
Andrè fissò Alain.
“Chi può essere?”domandò quest’ ultimo. Andrè fece spallucce.
Entrambi, appoggiati al bancone, trattennero il fiato.
Andrè lo aprì nervosamente.

“E’ di mia nonna. Dice che tentano di contattarmi da un po'… e che devo tornare urgentemente in Francia” disse, dopo una prima e veloce scorsa.
“E’ successo qualcosa di grave?” domandò l’ amico.
L’ altro rilesse con più attenzione il foglio ed Alain lo vide impallidire, gli occhi sgranati.

“Oscar…Non lo dice chiaramente, ma credo le sia successo qualcosa di grave. De- devo…devo andare, Alain” disse, balbettando, visibilmente agitato.Alain , sorpreso di una tale reazione, cercò di calmarlo; lo trattenne e condusse lontano dalla reception verso alcuni divani della grande hall, dove si accomodarono e ordinarono qualcosa da bere.
“Ora calmati, André…” disse l’ amico  sedendogli accanto “ …e respira. Cosa sarebbe accaduto ad Oscar?”
“Di preciso non lo so: una caduta,qualcosa di importante. Se mia nonna mi ha cercato in lungo e in largo per il mondo, un motivo ci sarà. Più tardi, appena salirò in stanza, farò una chiamata…ma credo proprio dovrò partire.”
Alain prese un sorso del whisky che avevano ordinato. Poi, posò la mano sulla spalla dell’ amico.

“Hai bisogno di me? Tanto , qui, il lavoro è finito…e la Nuova Zelanda può aspettare!” disse.
André fece segno di no con il capo.
“…fai pure con calma, Alain. Ci aggiorneremo non appena sarò rientrato” rispose; così facendo, trangugiò d’ un colpo il contenuto del suo bicchiere e si alzò. Una volta recuperato zaino e borsone salì in camera; preparò un bagno e, una volta sistemato, si stese in accappatoio sul comodo letto. Infine, con il cuore in gola, allungò la mano e prese il telefono, componendo il numero di casa Jarjayes.
Il telefono squillò a vuoto per un bel po' ed André iniziò a preoccuparsi.Quando già la sua speranza stava venendo meno, una voce rispose: riconobbe la voce di Jeanne.
“ Salve, Jeanne. Sono Andrè: potrei parlare con Nanny?” domandò.
La ragazza lo salutò frettolosamente e andò a chiamare la donna.
Dopo alcuni minuti finalmente Nanny giunse.

“Finalmente, André! Dove eri finito? Abbiamo perfino interpellato l’ ambasciata…” disse, d’ un fiato.
“Perdonami, nonna. Mi trovavo in una zona totalmente fuori da qualsiasi cellula telefonica. Ma non ti avevo lasciato il satellitare?” domandò.
“Si, ho provato anche li…ma nulla. Non so perché…Senti, André...credo tu abbia letto il telegramma. Si tratta di Oscar…-“
“Nonna, dimmi la verità. Come sta? Cosa è accaduto?” la interruppe.
Dall’ agitazione, si mise a sedere sul letto.Nanny, dopo un lungo sospiro, cominciò a parlare.

“… un incidente. Ma sta …sta bene, André! E’ tutta intera. Solo che…la sua testa…”
“Nonna! Ti prego!Per favore…dimmi cosa è accaduto alla mia Oscar! “ la implorò lui mentre un nodo gli serrò lo stomaco “
“..Lei…lei ha perso la memoria. Una caduta da cavallo mentre si trovava ad Arras per conto del padre…”
Per Andrè fu abbastanza; chiuse la conversazione in tutta fretta- quasi in malo modo – dicendo alla vecchina che sarebbe partito al massimo l’ indomani , poi digitò automaticamente il numero della compagnia aerea che utilizzava spesso per i suoi spostamenti, prenotando un volo per il mattino seguente. Infine,stanco, crollò; i bagagli, quei pochi bagagli, li avrebbe fatti spedire con calma dall’ amico, Alain. Con sé durante il volo  avrebbe portato solo uno zaino con la sua macchina fotografica, il telefono, un cambio e le carte di credito.
Oscar, cosa ti è successo? Come stai, ora? Perdonami, sono stato troppo tempo lontano da te ma adesso…adesso tornerò a casa…ti prego, aspettami, non fare scherzi!  pensò non appena chiuse gli occhi, sperando con tutto sé stesso che non fosse nulla di grave ed irreparabile.

Diversamente,  non se lo sarebbe mai perdonato.
 
   
 
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