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Autore: Nessuno_Presente    28/04/2022    3 recensioni
Seconda parte de "Il Congedo degli eroi nascosti" (di cui consiglio la lettura prima di iniziare quest'altra parte)
L'anno scolastico è ricominciato ad Hogwarts come previsto ed a parte la sgradevole presenza della Umbridge come insegnante di DaD, la vita nel castello procede serenamente.
Hermione però non è affatto serena, sfiduciata verso il futuro, non vede speranza di riportare la memoria ai propri genitori, nè di provare di nuovo quella felicità totalizzante ed inspiegabile che l'aveva travolta quando, di giorno in giorno, l'Agosto precedente si era avvicinata a Severus Piton.
Ma il tutto si era dissolto velocemente come si era creato, Piton si era allontanato da lei, con poche e fredde spiegazioni, lasciandola persa ed in balia degli eventi. Lo detestava per non averle lasciato voce in capitolo, ma allo stesso tempo fremeva perchè tornasse.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Hermione Granger, Minerva McGranitt, Severus Piton, Vari personaggi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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A Hogwarts l'anno scolastico era ricominciato come stabilito, sereno ma con la trepidazione che anima ogni nuovo inizio, nelle premesse di pace che erano state raggiunte dopo anni di sempre crescente oscurità. Nessuna ombra sembrava più turbare il castello e nessuna minaccia incombeva sui suoi abitanti. Grazie ai lavori di ricostruzione, estenuanti ma bene organizzati, il primo settembre gli studenti avevano ripreso a popolare il castello. Lo smistamento dei nuovi alunni era avvenuto con grande cerimonia fra le casate, mentre nuove amicizie si stringevano fra i corridoi e nelle aule, se ne ritrovavano di passate, mentre alcuni piangevano quelle perdute, ringraziandone il sacrificio grazie al quale la normalità era stata ristabilita.

Le lezioni scandivano le giornate a Hogwarts e ogni cosa sembrava funzionare con perfetta coordinazione, gli insegnati insegnavano, gli studenti si impegnavano verso il futuro con promesse di dedizione allo studio, gli elfi lavoravano e i fantasmi sospiravano come sempre fra i corridoi.

Come gli anni passati, tutti quelli sereni non gli ultimi, gli insegnanti la sera si trovavano a conversare della giornata e a lamentarsi dei propri problemi, nella sala insegnanti, ingombra di chiacchiere, tazzine di thè e innumerevoli pile di libri. La sala comunque non era disordinata, ben illuminata e per lo più frequentata da persone di buon umore. Infatti, negli ultimi anni, quelli in cui le ombre di Voldemort avevano regnato sul castello e Piton, coi suoi fantocci, vigeva su Hogwarts come preside col regime malevolo che aveva imposto su tutti, in quei momenti gli insegnanti raramente avevano voglia di uscire dai propri alloggi, e se lo facevano non erano certo di buon umore, preoccupati dal futuro minaccioso che si prospettavano tutti davanti. E infatti dopo Piton, un'oscurità ben peggiore era calata su Hogwarts, una guerra in cui molti erano morti, mentre altri si erano trovati a sopravvivere gravati dalle conseguenze.

Ora che il peggio era passato, nonostante il peso e la stanchezza, ripresero a trovarsi nella Sala insegnanti a lamentarsi delle proprie giornate e a raccontarsi le proprie vite.

Hagrid diceva che la Foresta proibita era quasi deserta, Madama Chips inveiva contro il Ministero che tardava a rifornire le dispense dell'infermeria, mentre Filius disapprovava aspramente la smorfia presuntuosa della Umbridge.

Il piccolo uomo si agitava sulla sedia, con un dito alzato, e accusava la Umbridge di essere una influenza dannosa per l'intera Hogwarts, con la sua perfidia ministeriale.

Minerva annuiva gravemente, senza scomporsi dava ragione al collega, perchè in effetti la presenza della Umbridge, forzatamente integrata nel corpo insegnanti dal Ministro, era uno dei suoi principali problemi. Detestava quella odiosa donna e in quanto preside Minerva non aveva intenzione di cederle un solo briciolo di autorità in più del suo dovere di insegnante di Difesa contro le arti oscure.

Lumacorno nel mentre sonnecchiava, vedendo allontanarsi sempre più ogni prospettiva di pensione. Lo si vedeva affaticarsi con aria abbattuta nei sotterranei cupi e scomodi per l'età, mentre si augurava che qualche studente decidesse di applicarsi alla nobile arte della pozionistica, così da finalmente sostituirlo.

Quella sera Filius era particolarmente indispettito e continuava a gesticolare animatamente, con la Sproute che gli annuiva a seguito.

“Mi chiedo con che diritto...!”

“Nessun diritto, si parla di legge...” Minerva commentò severamente e con tacita rassegnazione “temo di non avere l'autorità di cacciarla”

“La detesto!” esclamò Pomona Sprite, che raramente aveva da ridire sui colleghi, poi subito abbassando la voce, guardandosi circospetta attorno per assicurarsi che la Umbridge non fosse nei paraggi.

Hagrid nel mentre rallegrava la fiamma nel camino,muovendosi con impaccio nella stanza. “Certo che Hermione è proprio mogia... chissa che ci sarà successo qualcosa”

“Non è nemmeno lontanamente qualificata all'insegnamento... i suoi metodi sono a dir poco retrogradi, non dimentichiamo che ha torturato fisicamente degli studenti!”

“Mogia mogia, secondo me gli mancano Harry! E Ron certo”

“Hagrid ma di cosa stai parlando?” si interruppe Minerva guardando verso il mezzogigante che si dondolava sul posto davanti al camino, mentre gli altri colleghi sembravano impegnati in questioni ben più rilevanti.

“Eh! Di Hermione parlo, se ne sta sempre sola, mogia mogia” spiegò di nuovo Hagrid, che infatti spesso la vedeva in sala grande e a giro per le rive del Lago con espressione, evidentemente, mogia e sconsolata.

“Per l'appunto!” esclamò Filius “La Umbridge ha una pessima influenza sugli studenti!”

“Filius abbiamo capito!...La Umbridge è senza dubbio un problema” tentò di acquietarlo Minerva, notando che il timido ometto stava cominciando ad infervorarsi della riprovazione che provava “Tuttavia anche io ho notato che quest'anno il rendimento di Hermione è drasticamente calato”

“Sì, la signorina Granger sembra piuttosto distratta in questi giorni...”

“Ho dovuto metterle due T di Troll... non lo faccio mai volentieri, per carità, ma quelle sue pozioni erano impresentabili” commentò Lumacorno annuendo con convinzione fra sé.

“Strano!” disse Madama Chips “quando ha preparato le scorte di dolcesonno per l'infermeria durante l'estate, ha fatto uno splendido lavoro”

“Ma infatti, è senza dubbio una delle studentesse più brillanti che abbiamo avuto in questi anni” convenne Filius.

Minerva ascoltò i colleghi discutere del rendimento di Hermione, ed in effetti nonostante le riconoscesse qualità fuori dal comune ed una caparbia ed eccezionale dedizione allo studio, si era trovata lei stessa preoccupata da quel peggioramento. Minerva si appuntò mentalmente di parlare ad Hermione.

Dopo qualche minuto Filius e Pomona avevano ripreso il tracciato di improperi contro la Umbridge, mentre Lumacorno si era assopito sulla poltrona.

“perseguitati.. ha perseguitato gli studenti, ha proibito loro di riunirsi!”

“è una rovina per Hogwarts, deve andarsene...”

La Umbridge era sicuramente una persona detestabile e il suo metodo di insegnamento era superficiale, ma le imposizioni che il Ministero esigeva su Hogwarts non erano pesanti come gli anni passati e sembravano non gravare sugli studenti, i quali erano tutti per lo più sereni e dediti allo studio. Minerva purtroppo non poteva licenziare un insegnante solo per essere detestabile.

“E il professor Piton...?” chiese in quel momento Madama Chips attirando l'attenzione di Minerva sulla loro conversazione “Dov'è finito?”

“Eh già! Perchè non ha accettato la cattedra di Difesa contro le arti oscure?”

“Non di difesa, di pozioni” rivendicò Lumacorno con la voce sonnecchiante.

In effetti l'assenza di Piton da Hogwarts non era passata in sordina come probabilmente il soggetto in questione si auspicava. Gli ex colleghi, molti dei quali erano anche stati suoi insegnanti, erano stati sorpresi di non vederlo aggirarsi per i suoi amati sotterranei, offrendo la sua ostilità a chiunque provasse ad atteggiargli troppe confidenze.

Eccetto Minerva forse, nessun altro sembrava avere più alcun rapporto con lui, se mai ne aveva avuto alcuno. Piton era sempre stato ostile con tutti, mai aveva maturato rapporti più profondi di una stima professionale. Poi da quando, durante l'ultimo oscuro anno scolastico, l'ostilità di Piton si era tramutata in vera e propria soggezione, nel clima di paura che aveva suo malgrado instaurato, seguendo piani più alti e segreti, nessuno lo aveva più incontrato, se non di sfuggita e tutte le conversazioni erano state piene di formalità e timori.

“Penso che per Severus al momento sia improbabile tornare ad Hogwarts” aggiunse Minerva dopo qualche istante, nel silenzio che era calato nella comune degli insegnanti e che continuò a riecheggiare nella stanza anche dopo la sua chiarificazione, come in attesa. Ma la preside si guardò intorno senza accennare ad altre spiegazioni.

“Comunque sarebbe meglio della Umbridge”

“Io credo invece che il suo genio pozionistico non debba andare sprecato, io gli cedo volentieri il posto...” disse Lumacorno.

“Comunque la Umbridge deve andarsene” mormorò timidamente la Sproute.

La mattina seguente Minerva si sentiva ancora frastornata dalle chiacchiere dei suoi colleghi la sera prima, e solo lanciando un sguardo alla scrivania del suo ufficio, imponente ed ingombra di scartoffie d'ogni sorta, si trovò a non essere troppo in disaccordo con Lumacorno e i suoi vaneggiamenti sulla pensione.

Era stanca, avrebbe voluto trascorrere qualche mese in campagna con i suoi nipoti, ma la sua dedizione alla scuola persisteva incrollabile, e nonostante l'età e il gravoso peso di due guerre, Minerva non aveva alcuna intenzione di cedere o delegare la protezione di Hogwarts ad alcuno di cui non si fidasse. Gli anni passati l'avevano resa diffidente, e non aveva nessuna fiducia nel Ministero, ancor meno nella Umbridge. Non poteva fare a meno di essere preoccupata, nonostante i tentativi di Albus di rincuorarla dal suo dipinto, Minerva non era affatto serena. Accarezzò con due composte carezze il gufo reale in procinto di volare fuori dalla finestra e si assicurò che recasse con sè la lettera che aveva appeno scritto.

Insieme a Minerva un'altra delle rare persone a non esser serene nel castello era Hermione. Gli insegnanti avevano notato come fosse stranamente silenziosa, e infatti studiava senza grande slancio e sembrava esser sempre stanca. Non che dormisse poco: Hermione trascorreva molte ore a letto, ma non riposava per nulla serenamente.

Si svegliò presto e silenziosamente, e come ogni mattina cominciò a prepararsi meccanicamente con meste e fugaci occhiate allo specchio, che riflettevano bene la sua espressione un po' persa. Sbuffò contrariata mentre sistemava l'imponente manuale di pozioni nella borsa insieme a qualche pergamena, poi guardandosi un ultima volta intorno, nel dormitorio ancora immerso nel silenzio con Ginny che ancora dormiva profondamente, si avviò verso la Sala grande.

Come ogni mercoledì, dopo una colazione a base di caffe e pensieri amari, si incamminava dalla sala grande fino agli umidi e familiari sotterranei dove Lumacorno avrebbe tenuto una lezioni di due interminabili ore. Come per Lumacorno, per cui i sotterranei erano un luogo scomodo e complicato, anche per Hermione scendere quei gradini ripidi verso l'aula di pozioni non era affatto piacevole.

“Oh buongiorno signorina Granger... che piacere vederla” commentò con aria mesta il professore quando la vide entrare nell'aula.

Hermione salutò educatamente ma anche lei senza particolare allegria e prese posto al suo solito banco.

“Buongiorno accomodatevi, prego... buongiorno signorina Weasley, prego” elencava senza enfasi Lumacorno indicando i banchi ed invitando gli studenti che via via arrivavano a prendere posto, riempiendo l'aula di brusii.

Hermione osservò in mesto silenzio Lumacorno mentre come ogni mercoledì tentava senza tanta convinzione di svolgere la lezione di pozioni, o quanto meno di mantenere il controllo della situazione. Vedendo come gli studenti lo degnassero di poca attenzione, distesi in chiacchiere, Hermione si trovò a pensare di nuovo a Piton.

Nonostante si fosse imposta di non pensarci, le si intrufolò nei pensieri il suo volto severo quando era solito raggelare con lo sguardo chiunque osasse respirare troppo rumorosamente durante le sue lezioni. Piton riusciva ad imporre sulla classe una soggezione generale che, nonostante gli anni di esperienza di Lumacorno, in quel momento sembrava irraggiungibile. Ma era stato un bravo professore Piton, per quanto umanamente scostante e complicato ed Hermione pensò di esser stata una brava alunna, saccente ma mossa da innocente curiosità.

Fu riscossa nel notare i suoi compagni alzarsi dai banchi per andare a prendere gli ingredienti, mentre Lumacorno si limitò a indicare il manuale, esortandoli a seguire i passaggi e completare in quelle due ore una pozione corroborante, un compito estremamente semplice.

Nonostante i passaggi fossero elementari, Hermione riuscì in poco più di un'ora a mandare in fallimento l'intera preparazione. Il colore della pozione non stava assumendo la giusta gradazione, constatò Hermione imprecando sommessamente ma con estrema irritazione.

“Secondo me è morto” le bisbigliò Ginny, indicando col capo Lumacorno che seduto comodamente nell'attesa che gli studenti finissero i propri elaborati, si era appisolato col gomito in bilico sul bracciolo dell'enorme poltrona che si era fatto portare in classe.

“Non è così vecchio” si limitò ad osservare Hermione mentre si rassegnava a consegnare a Lumacorno l'ennesima pozione desolante.

Era irrecuperabile, ma comunque Hermione riprese a lavorare ed ultimare l'ultimo passaggio della pozione, continuò ad affettare il bruco da aggiungere in ultimo al procedimento, anche se con molta più veemenza di prima tanto che Ginny si soffermò ad osservarla con aria perplessa.

“Non hai notizie di...?” chiese titubante Ginny dopo qualche istante, lasciando in sospeso quel nome che sapeva esser diventato come un taboo e continuando a guardarla mentre si accaniva sull'inerme e povero bruco.

“No” Hermione rispose seccamente, troncando sul nascere quella conversazione che sapeva l'avrebbe solo turbata ulteriormente.

“Maledetto” Ginny la sentì mormorare dopo poco in direzione del bruco che sgusciava al suo coltello.

“Maledetto il bruco o...?” si azzardò a chiedere Ginny, la quale da qualche giorno aveva cominciato genuinamente a preoccuparsi per l'umore Hermione.

“Maledetto il bruco e questa stupida materia” sibilò Hermione di rimando, memore di tutti i fallimenti che aveva collezionato negli ultimi mesi.

Infatti a partire dai suoi tentativi di eseguire la complicata pozione che avrebbe dovuto riportare la memoria ai suoi genitori, che erano disastrosamente naufragati, aveva cominciato a dubitare seriamente delle proprie capacità di pozionista, tanto da convincersi che forse i voti mediocri che Piton le aveva sempre assegnato non fossero poi così immeritati. Era profondamente scoraggiata, non aveva più né gli ingredienti né l'autostima necessaria a provare di nuovo la pozione della memoria, ma d'altra parte se non era in grado di portare a termine una basilare pozione corroborante, come poteva pensare di avere qualche possibilità di riavere i suoi genitori?

Osservò di nuovo il colore pallido che aveva assunto la sua pozione e fu con grande autocontrollo che si trattenne dal mettersi a urlare o peggio, piangere. Non era il colore giusto ergo doveva aver sbagliato qualcosa, ma per quanto si sforzasse non aveva idea di cosa, constatò Hermione mentre stringeva il manico del coltello fino a farsi sbiancare le nocche, con gli occhi lucidi di rabbia e il bruco malamente affettato sul tagliere davanti a lei.

“Su Granger non piangere, è solo un bruco” la schernì Draco Malfoy da un banco poco distante, facendo ghignare i suoi compari che iniziarono a scrutarla con sufficienza.

“Taci Malfoy” sibilò Hermione furiosa, mormorando poi fra sé e sé qualche imprecazione, mentre gettava malamente il bruco sulla pozione ormai compromessa e dopo averla rimestata due volte, la consegnò in una provetta al professore ancora rintontito dal riposino, prevedendo un'altra T. Radunò velocemente le sue cose nella borsetta e uscì dalla classe imboccando il corridoio decisa ad uscire il prima possibile da quei maledetti sotterranei.

Inizialmente si rintanò fra gli scaffali della biblioteca, che a dir la verità erano ridotti solo a qualche decina, perchè le altre centinaia era stati irrimediabilmente compromessi dai danni barbari della guerra. Hermione si guardò attorno con una smorfia di amarezza, certo Hogwarts era tornata una scuola, ma una scuola con una misera ombra di biblioteca.

Insoddisfatta e sconsolata, decise di andarsene poco dopo e salutata a bassa voce Madama Pince che stava riordinando dei libri con un sorriso e la stessa amarezza di Hermione impressa sul volto, si mise a vagare per i corridoi.

“Granger ” la richiamò un voce fastidiosamente strascicata e nota alle sue spalle. Hermione si voltò verso la faccia seccata di Draco mentre le si stava avvicinando.

“Malfoy, cosa vuoi?”

“Mia madre mi ha detto di riferirti che sei la benvenuta al Manor” dichiarò Draco senza dissimulare il suo malcontento.

“Quando?” chiese sorpresa Hermione.

“No la domanda è perchè?” sibilò Draco squadrandola con un'espressione a metà fra il confuso e l'irritato.

“Dovresti saperlo, io sono appena stata messa al corrente... da te per l'appunto, che sei il messaggero...”

“Non sono un maledetto messaggero Granger... mia madre ha solo detto di invitarti uno di questi pomeriggi” le riferì Draco “Mentre mio padre dice che hai preso dei libri dalla nostra biblioteca e devi ancora restituirli”

“Non li ho finiti...! Ma considerato che sono l'unica persona che frequenta la vostra biblioteca, non credo che qualcuno abbia immediato bisogno di averli”

“Sì invece, Piton ieri cercava un manuale di teoretica che hai preso un mese fa”

“Che bravo Draco, perchè non vai a fare la candidatura a madama Pince!”

Draco non gradì di esser paragonato né a un gufo né a un bibliotecario, ma si mise a ghignare nel vedere un lampo di comprensione sconvolgere l'espressione di Hermione.

“Piton è...?”

“è?” gli fece eco Draco con scherno.

Hermione chiuse gli occhi e sospirò, piuttosto stizzita dall'arroganza di Draco, ma anche per la propria curiosità avventata. Si impose di non congetturare su Piton.

“Perchè ti interessa Granger?”

“Ero solo curiosa, dato che ho notato l'assenza del professor Piton a Hogwarts” rispose Hermione molto compostamente, senza sbilanciarsi ma allo stesso tempo senza tradire il suo interesse.

“Beh, si dal il caso che Piton sia passato ieri a far visita al manor” disse Draco fingendosi comprensivo, ma continuando a tenerla sulle spine.

Hermione serrò le labbra per il fastidio, ma si trattenne dal fargli altre domande su Severus Piton, anche se ne avrebbe avute innumerevoli.

“Puoi dire a tuo padre che riporterò i libri che ho preso in prestito” gli concesse Hermione per concludere il prima possibile quella sgradita conversazione.

“Se vuoi ti fisso un incontro con Piton nella biblioteca, così potete parlare...in intimità” ghignò Draco dando sfogo alla sua migliore espressione strafottente.

Hermione si trovò a spalancare platealmente gli occhi, sorpresa dalla sfrontatezza di Malfoy ed incapace di ribattere. Da quando Lucius Malfoy si era lasciato sfuggire con il figlio che fra lei e Piton vi era stato qualcosa, Draco sembrava provare gusto nel metterla in imbarazzo e vederla in difficoltà.

“Molto spiritoso Draco... questo gusto per la ciarlataneria l'hai ereditato da papà?”

“Come osi... dare del ciarlatano a mio padre” Draco sibilò rabbiosamente sforzandosi di sembrar minaccioso, ma Hermione constatò che senza Tiger e Goyle alle spalle, non le risultava più credibile.

Stupeficium

Hermione deviò senza difficoltà, con un fluido movimento della bacchetta l'incantesimo di Draco, anche se in realtà era stata colta di sorpresa.

“Ma cosa fai?” esclamò Hermione stizzita “Ti sembra il luogo per un duello?”

“Non fare più il nome di mio padre” si ricompose Draco rinfoderando la bacchetta ma continuando a guardarla male “e riporta quei maledetti libri”

“Va bene... e puoi dire a Narcissa che andrò a trovarla giovedì pomeriggio” in effetti nonostante trovasse piuttosto fastidiosi sia il marito che il figlio, non aveva alcun risentimento per Narcissa ed anzi le avrebbe fatto sinceramente piacere parlarle.

Draco fece un cenno di assenso e saluto col capo e fece per andarsene. Ma poco dopo si voltò nuovamente verso Hermione, come ricordandosi di qualcosa.

“Dimenticavo... Piton ti saluta!”

Hermione si trovò per la seconda volta incapace di controbattere, aprì per un'istante le labbra come per dire qualcosa, ma le richiuse senza proferir parola, indecisa.

“Mi saluta?” chiese Hermione rimanendo per qualche istante a contemplare l'idea, si sforzò di non sembrar patetica, anche se in effetti pendeva dalle labbra di Malfoy. Non vedeva Severus Piton da quasi un mese ed eccetto una lettera, che Hermione aveva più volte accartocciato rabbiosamente su se stessa, non aveva avuto sue notizie, se non indirettamente.

“Esattamente, ti saluta” Draco allargò le braccia con una smorfia di sufficienza e le diede di nuovo le spalle allontanandosi per il corridoio.

“Draco!” Hermione lo raggiunse con passo furioso e lo fece malamente voltare. “Cosa vorrebbe dire?”

Draco si scansò dal suo tocco e ripristinò la distanza di sicurezza, mantenendo però un atteggiamento di provocazione “Cosa vorrebbe dire cosa?”

“Godric quanto sei fastidioso! ...” Hermione si trattenne dall'essere manesca e tentò di ritrovare la calma “Hai incontrato Piton... che ha detto? Sta bene?”

“Sta bene, ha detto che ti porge i suoi migliori saluti”

“Migliori saluti!? Cosa mi rappresenta la parola saluti senza un contesto! puoi sforzarti di definire meglio? Santo Godric...” strillò Hermione con tono piuttosto saccente “...che saluti?”

“Stavo scherzando Granger... Piton non ha detto nulla su di te calmati, Salazar, sei una schizzata” Draco si allontanò ulteriormente, forse memore del pugno che aveva in passato ricevuto, le riservò un'ultima occhiata indefinita e la lasciò spiazzata in mezzo al corridoio.

Hermione era basita, non tanto per la bastardaggine di Draco, quanto al fatto che pensava avesse ragione: si sentiva leggermente squilibrata nell'ultimo periodo. Schizzata le parve esagerato, ma in sostanza Draco aveva ben colto la sua situazione e non aveva perso occasione per prenderla in giro. Si sarebbero parlati meglio, forse, se Hermione non avesse avuto così tanta paura di sbilanciarsi e di assecondare le provocazioni di Draco e così ammettere a voce alta che qualcosa effettivamente vi era stato.

C'era stato qualcosa con Piton, si erano conosciuti, avvicinati senza maschere e intimamente, il ricordo le risuonava ancora nel petto e fra i pensieri come un conforto. Ma alla fine Piton si era comportato da Piton, da bastardo. Aveva liquidato tutto quel che c'era stato in poche righe recapitate tramite gufo, in una lettera di parole fredde, cariche di formalità. Piton diceva di aver preso atto della propria mancanza di giudizio e che la leggerezza con cui si era lasciato travolgere dagli eventi era a dir poco indecente, le aveva scritto che era stato avventato e ragionando lucidamente, lontano da lei, aveva capito che sarebbe stato meglio troncare tutto sul nascere. E così aveva fatto, senza lasciarle voce in capitolo, non si era fatto più vedere. Hermione constatò che forse fosse presuntuoso ritenere che Piton non fosse tornato ad Hogwarts solo per evitarla, ma non poteva fare a meno di continuare a pensarci.

Durante le sue giornate Hermione lo malediceva fra sé e sé, molte volte e piuttosto veementemente, ma allo stesso tempo, la sera avvolta fra le lenzuola fresche e profumate dei dormitori, era preoccupata e continuava a non sperare altro che tornasse.

La notte Piton barcollò verso l'uscita di quel fetido luogo, imprecando fra sè mentre tentava di riallacciarsi la cintura e darsi un contegno dignitoso. Non fu impresa facile, dato che continuava a sbandare contro le pareti del corridoio mentre il suo volto scarmigliato non esprimeva che vergogna e disprezzo, in primo luogo verso se stesso.

"Arrivederci Severus" lo salutò la proprietaria del bordello.

Piton rispose con un cenno disinteressato della mano e si appoggiò con tutto il peso al portone spingendolo fino a incontrare l'aria fredda e pungente di Nocturne Alley. Si avviò col portamento di un ubriaco, quale in effetti era, per la via deserta data la tarda ora.

"Arrivederci Severus?" borbottò fra sè e sè Piton, chiedendosi quando quella vecchia donna di facili costumi si fosse presa la libertà di chiamarlo per nome. In effetti forse nell'ultimo periodo la sua presenza in quei luoghi era diventata più assidua, quasi abitudinaria, anche se non trovava mai il conforto che cercava, continuava a trascinarsi insoddisfatto e senza una meta fra gli edifici scarsamente illuminati.

La sua meta era sempre stata Lily, ogni atto che si era costretto a commettere era stato in nome suo. Constatò che la sua vita aveva decisamente assunto una piega deprecabile, ma pensò che in fondo far girare l'economia nel mercato della prostituzione non fosse poi così riprovevole come le notti trascorse a torturare babbani. Constatato di non essere ancora abbastanza ubriaco, Piton decise di avviarsi verso il pub Night Fright.

Anche lì lo chiamavano per nome, infatti non ebbe nemmeno bisogno di parlare che il locandiere vedendolo entrare subito gli servì il solito whisky incendiario senza ghiaccio. Piton apprezzò il gesto e trovandosi a pensare che non fosse poi male quella confidenza, raggiunse il bancone e afferrò il bicchiere senza proferire parola.

"Qualcosa da mangiare?" gli chiese il barista, soppesando il volto provato di Piton che aveva già tracannato l'intero bicchiere. Piton annuì, frugandosi nelle tasche e sentendosi già rinvigorito dall'alcool che gli bruciava nella gola. "Salato"

"Arriva"

Piton si guardò attorno e a quella tarda ora, non si sorprese di trovare solo due uomini, silenziosi, seduti da soli coi volti stanchi e provati dalla vita, come del resto lo era lui. La guerra lo aveva consumato, non che avesse mai provato particolare voglia di vivere, ma in quei giorni di apparente pace ogni energia sembrava essersi esaurita. Il peso dei segreti e dei ruoli e che che aveva faticosamente sostenuto per anni gli avevano precluso ogni ombra di socialità. Si era costretto ad una totale solitudine, fatta di diffidenze, maschere e segreti troppo oscuri per essere condivisi. Pochi potevano dire di aver realmente conosciuto Piton, ma ora nessun segreto lo legittimava più ad esser ostile e solo.

Le maschere erano cadute nel momento in cui la Skeeter aveva pubblicamente rivelato le sue memorie più intime, esplicitando ogni ambiguità, la natura di Piton era stata finalmente chiarita. Harry Potter la prima volta che le aveva viste, nel pensatoio di Silente mentre Voldemort era alle porte di Hogwarts, si era fidato, tanto da convincersi di andare a morire per esse, come una bestia da macello. Piton nei suoi pensieri gli riconosceva una ragguardevole stupidità, ma segretamente anche un grande coraggio. Nessuno avrebbe potuto mai negare il contributo cruciale che Harry Potter aveva avuto nella guerra: il ragazzo era legittimamente considerabile un eroe.

Ma chi poteva stabilire i meriti di quelli che avevano agito in prima linea nell'ombra? Il confine non è chiaro, perchè anche se la legge lo aveva perdonato, Piton continuava a sentirsi colpevole.

Il cameriere tornò con un piatto, pane nero con formaggio abbrustolito e lo allungò sul bancone davanti a Piton, il quale assorto nei suoi pensieri dai risvolti esistenziali, non lo degnò di uno sguardo. Essendo ormai abituato agli avventori cupi e pensierosi, spesso poco sobri, il cameriere tornò ad armeggiare dietro al bancone.

Piton era abituato a non concedere confidenze, poche persone lo avevano visto sinceramente e non ne era quasi mai risultato nulla di buono. La visione del momento in cui aveva visto Lily Evans fredda sul pavimento davanti agli occhi impauriti del suo neonato, continuava a farlo rabbrividire e precipitare in un abisso di rimorso.

E dopo ogni crepa che aveva sempre di più compromesso la sua integrità morale ogni volta che uccideva un uomo, il ricordo dello sguardo di Silente che si faceva vitreo per mano sua lo aveva definitivamente spezzato.

Aveva deciso che tenersi lontano fosse la cosa più buona che potesse fare.

Eppure c'era quel tarlo che non lo lasciava in pace, quello spiraglio che aveva scorto, per poco tempo, del tutto inaspettato e che tuttavia rimaneva in sospeso fra i suoi pensieri.

"Sta lontana...via" lo sentì ringhiare il cameriere dopo poco, si voltò a guardare distrattamente Piton che aveva puntato lo sguardo verso la vetrina che dava sul vicolo buio "Insopportabile"

Il cameriere stava per riposare lo sguardo sul lavoro quando effettivamente vide anche lui una luce che si avvicinava dalla via. Non era una persona, ma un incanto patronus, fatto di luce argentea che aveva assunto la forma di un colibrì, che illuminava flebilmente la stanza intorno a sè fino a che arrivò al bancone. Il cameriere constatò anche che il patronus non sembrava recare alcun messaggio, infatti pochi istanti dopo aver raggiunto l'avventore cupo si dissolse in una nebbiolina argentea a pochi centimetri dal suo volto impassibile.

Piton allungò il bicchiere al cameriere esortandolo con lo sguardo a riempirlo nuovamente.

"Nessuna nuova, buona nuova?... mi pare si dica così" commentò il cameriere nel rimettere a posto la bottiglia.

Ma Piton aveva recepito eccome il messaggio, quell'insopportabile patronus gli si era presentato, muto, già altre volte.

"In ogni caso...non è affar suo" disse con voce bassa Piton, tornando pensieroso.

La realtà sembrava suggerirgli che la felicità continuava ad esistere, tangibile, una speranza che persisteva lontana. Non si sarebbe permesso di cedere, tuttavia Piton continuava a sentirsi chiamato ed i tratti delicati di Hermione ogni giorno continuavano ad affacciarsi nei suoi pensieri.

"Ostinata" lo sentì mormorare il cameriere, senza badargli dato che aveva capito che Piton non aveva alcun desiderio di intraprendere una conversazione, lo lasciò vaneggiare.

Piton si alzò dalla sedia per sedersi stancamente su uno dei divanetti, abbandonò la testa sullo schienale, socchiudendo gli occhi. Se a quell'ora insolita anche lei non riusciva a dormire, con quella traccia lasciata dal suo patronus muto, stava pensando a lui? Il pensiero gli risuonò nel petto con una strana vibrazione, piacevole.

“Si fredda eh!” disse il cameriere indicando il piatto che Piton aveva a mala pena assaggiato e poi abbandonato sul bancone.

Piton non sembrò nemmeno udirlo o comunque fece finta di non averlo sentito e continuò a cercare di riposarsi, con gli occhi chiusi, leggermente stordito dal whisky e dagli eventi, si sentì quasi precipitare nel sonno, ma solo per scherzo perchè come ogni notte sentiva il sonno gravargli addosso e tuttavia non riusciva mai ad abbandonarcisi, come per scherno del suo corpo. E la cosa più simile a dormire che poteva augurarsi era cadere in un piacevole torpore da ubriaco.

"All'alba chiudiamo" gli ricordò il cameriere, poi indicando un desueto orologio a pendolo "Un'ora"

Piton annuì, senza chiedersi dove sarebbe andato dopo, poiché non ne aveva idea.

La sua presenza ad Hogwarts era sconveniente, oltre che indegna di aggirarsi ancora per quei luoghi profanati dalla guerra, era del tutto inadatto alla serenità. Aveva portato danni irreparabili, aveva guidato Hogwarts sotto influenze senza scrupoli e sentiva di non potersi permettere di tornar a far parte di quel mondo, e traviare con le sue disgrazie il sereno equilibrio degli studenti, di una in particolare, che in realtà serena non lo era affatto. Ma questo Piton non lo sapeva e non si azzardava nemmeno a immaginarlo.

Non poteva correre il rischio che Hermione venisse compromessa dalla sua oscurità, avrebbe lasciato che l'attrazione giovanile e avventata della ragazza fosse scemata da sé e che la sua continuasse a tormentarlo da lui stesso negata.

Eppure certe sere quel patronus gli veniva incontro fiducioso, come per assicurarsi che Piton non si scordasse della sua fastidiosa ed ostinata esistenza.

  
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