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Autore: Scarlet Beck    07/09/2009    0 recensioni
"Dimmi perché non è abbastanza la mia solitudine,dimmi perché non cambia il tempo,sono quello che vorrei..."
Song-fic ispirata dalla canzone Raccontami degli Your Hero.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ho deciso di pubblicarla dopo un pò di tempo da quando l'ho scritta, è rimasta abbastanza in una cartella dimenticata del pc.
L'unica cosa che posso dire è che l'ho scritta un pomeriggio, in pochissimo tempo pensando un pò a quello che mi succedeva intorno.
Più che altro ascoltando una mia amica, questa storia è la sua.
Spero vi piaccia!


Raccontami

A lei la mia vita.

A lui la sua vita.

E al loro amore ancora acerbo.

 

 

~Raccontami.

 

Pensieri che volano in noi

ne avrò bisogno prima o poi

le notti che nascondono ciò che è in me

non sei qui...

e l'aria ormai profuma di

un equilibrio instabile

cercando in te qualcosa che non c'è

 

c'è qualcosa che ho sbagliato

ma tu di certo non lo sai

che anche odiare è un dono

brucia il passato ormai perché è quello che vorrei

non aspetto fin che vuoi...

 

raccontami quel tuo modo di essere

una persona che non sei

sognando un traguardo inutile

 

 c'è qualcosa che ho sbagliato

ma tu di certo non lo sai

che anche odiare è un dono

brucia il passato ormai perché è quello che vorrei

non aspetto finché vuoi...

 

 dimmi perché non è abbastanza

la mia solitudine

dimmi perché non cambia il tempo

sono quello che vorrei...

 

 c'è qualcosa che ho sbagliato

ma tu di certo non lo sai

che anche odiare un dono

brucia il passato ormai perché è quello che vorrei

non aspetto in che vuoi...

 

lo sai che brucia il passato

sarai immagine…

sono quello che vorrei.

 

 

Il sole stava tramontando, lento e pigro dietro la miriade di palazzi che le si prospettavano all’orizzonte.

Alcuni erano di costruzione recente, altri invece presentavano sulle facciate eleganti decorazioni, testimoni di anni e anni passate li.

Chissà quante volte quelle strutture avevano visto il sole sorgere e poi tramontare.

Il colore arancione e luminoso del grande disco dorato le dava quasi fastidio agli occhi scuri, però era piacevole, la riscaldava.

Le piaceva anche il contatto con la panchina in pietra fredda, per essere un pomeriggio di fine settembre non faceva poi così caldo.

Faceva ciondolare le gambe avanti e indietro, osservando la sua ombra allungata e scura muoversi.

Alzò lo sguardo.

Incontrò i suoi occhi azzurri, glaciali, profondi.

Adorava i suoi occhi.

Era certa di potersi perdere al loro interno, e quante volte l’aveva già fatto senza rendersene conto.

A volte azzurri, a volte verdi...a seconda del tempo, a seconda della luce.

A seconda dell’umore.

A seconda del suo cuore.

Gli sorrise, lui ricambiò nel modo più naturale possibile.

Le porse una mano dovevano andare.

L’afferrò, la tirò su.

Il contatto con la sua mano fredda, prima appoggiata sulla pietra fredda, lo fece sussultare.

Correvano, correvano e si tenevano ancora per mano.

Ormai erano calde entrambe.

Lui le aveva trasmesso il suo calore, lei l’aveva accolto rendendolo proprio.

Riuscirono a prendere il loro treno.

Si sistemarono in due dei tanti posti a sedere del vagone, lei vicino al finestrino.

Lui accanto.

Il ragazzo si accorse delle loro mani.

Erano ancora intrecciate, legate.

Lei la stava stringendo involontariamente.

Quel piccolo contatto fisico così raro, la faceva stare bene e non voleva separarsene.

Era così che la sua parte razionale se ne andava a puttane, bastava lui.

E si odiava per questo.

E cercava in lui quell’affetto che provava, non sapendo se fosse amicizia, amore.

Probabilmente le due cose hanno uno stretto legame tra loro.

Non riusciva a capirlo.

A capire i suoi gesti, i suoi sguardi.

A volte distaccati.

Altre dolci.

Pensava di aver sbagliato ad affezionarsi così a lui.

Avrebbe tanto voluto odiarlo, sbatterlo fuori dalla sua vita.

Sparire lei dalla sua.

Lacrime donategli, pregandolo di uscire una volta per tutte dalla sua mente, dai suoi pensieri.

Ma questo ogni volta le procurava una fitta al petto.

Ci pensava.

 E più ci pensava e più aveva voglia di lui.

Una voglia matta di averlo per se.

Di nessun’altra, solo suo.

Le faceva male pensarlo accanto ad un’altra, ad qualsiasi altra che non fosse lei.

Si riteneva egoista per questo.

Doveva solo pensare alla sua felicità e non alla propria.

Guardava fuori dal finestrino, la strada accanto a loro correva.

Il cielo scappava via, frettoloso di diventare scuro e accogliere la luce della notte.

Mandò uno sguardo veloce al suo riflesso nel vetro.

Aveva lo sguardo basso, un leggero sorriso.

Di quelli che la facevano impazzire.

Perché nello stesso tempo mordeva il labbro inferiore.
Esternando indecisione, tenerezza.

Si rese conto che la sua mano era occupata a stringere ancora la sua.

Arrossì notevolmente, cercando di non farsi notare.

E se fosse successo avrebbe negato fino all’ultimo, dando la colpa alla luce arancione del sole.

Si sentì stringere sempre di più, poi prendere per il polso.

Sentirsi avvicinare pericolosamente a lui.

La abbracciò deciso.

La sua mano dietro la nuca a prendere i capelli scuri tra le dita.

L’altra mano ancora intrecciata nella sua.

Il ragazzo avvicinò le labbra all’orecchio destro di lei, sfiorandolo.

“Grazie della splendida giornata”

Era ancora immobile, sorpresa dalla sua reazione.

Non se lo aspettava.

Lo desiderava da tanto.

Cosa poteva fare in quel momento?

Sarebbe potuta rimanere così in eterno, le andava bene e non aveva bisogno di altro.

Gli occhi le bruciavano, non per la luce del tramonto, no.

Erano bagnati, bagnati di lacrime, di gioia, d’amore.

E intanto,una certezza si faceva strada insieme a quelle lacrime salate.

Lo amava.

  
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