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Autore: MadameGirodelle    05/05/2022    9 recensioni
La trovò lì, ai piedi della fontana.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Corse, scappando via da quel salone gremito di persone, che, fino a pochi secondi fa, ammirava la coppia più splendida che si fosse mai vista. Una donna, probabilmente una duchessa straniera, che danzava tra le braccia del conte Hans Axel Von Fersen, uno degli uomini più belli che si trovasse a Versailles.

Ma lui non era lì per lei, non era a quel ballo per quella splendida donna, che ha fatto rimanere senza fiato tutti. Tutti… incluso il capitano Victor Clement De Girodelle, che era di guardia. Aveva presenziato al posto del suo comandante, che era rimasta a casa, costretta da un malore. Ma lui l’aveva riconosciuta. Aveva visto quegli occhi che l’avevano, da dieci anni a quella parte, incatenato al cuore di quella donna tanto chiacchierata a Versailles. Quella donna sempre tra mille congiure, tra mille chiacchiere. Ma lei, nulla. Tutto le scivolava addosso, consapevole di chi o cosa fosse. Ed il suo stesso candore, simile ad una rosa, l’aveva notato lui (Il buon Victor De Girodelle, uno degli scapoli più desiderati dalle giovani fanciulle). L’aveva notato fin da subito, fin dal loro primo duello. Buffo, a pensarci. S’era innamorato di una donna che di donna aveva ben poco. Non aveva dei seni prosperosi, non amava civettare, la malvagità e l’invidia erano cose ignote, per lei. Forse, pensò il conte, è per questo che s’era così tanto innamorato di lei. Lei non era certamente una donna frivola, ma una divinità benevola. Lei era un perfetto miscuglio, che ricordava per metà Atena e per metà Afrodite.

Mentre pensava questo, la seguì con lo sguardo. Si staccò dalla colonna su cui era appoggiato.

Si congedò, lasciando l’incarico ad uno dei suoi soldati. Uscì fuori, nei giardini, alla ricerca di quella misteriosa donna, che ai suoi occhi era tutto fuorché irriconoscibile.

La conosceva più di quanto conoscesse se stesso.

La vide, ai piedi della fontana, disperata.

“Cosa c’è che non va in me?”

Le si avvicinò, poggiandole, delicatamente, una mano sulla candida spalla, bianca come la neve.

Lei si girò di scatto, sempre sulla difensiva, lei.

“Madmoiselle… le lacrime non donano al vostro bel volto. I vostri occhi non meritano certo questo e le vostre meravigliose labbra, meriterebbero di mostrare sorrisi così belli, da scaldar chi vi guarda. Ditemi, perché disperate così tanto? Voi… non avete nulla che non vada”.

Le disse, mentre, con un fazzoletto di lino, le asciugava le lacrime.

Lei non rispose.

“Vi ho vista danzare col conte Fersen. Ditemi, vi ha mica fatto del male?”

Lei, per un secondo, ci pensò, poi, però, scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli color del grano.

“Non so se siate di queste parti, ma si presume che lui sia l’amante di suo maestà”.

Stupido. Forse aveva infierito ancor di più. Ma, almeno, finse di non averla riconosciuta.

“Il problema non è il vostro, Madmoiselle, perché tutti vi osservavano, rapiti dalla vostra grazie, bellezza e classe. Voi non avete nulla che non vada. Il problema è del conte”.

Lei lo guardò con aria interrogativa, con occhi ancora lucidi. 

Lui pensò, per un istante, alle volte, in servizio, in cui gli rivolgeva quello stesso sguardo.

“Madmoiselle… “

L’abbracciò, non sapendo cos’altro dirle. La lasciò finire di piangere, nascosta tra le sue braccia, mente le carezzava i capelli.

Alla fine sì calmò.

“Vi ho stropicciato l’uniforme”.

Riuscì a parlare, finalmente. Non aveva rivolto la parola a nessuno, fino a quel momento.

“Non ha importanza. Per voi questo ed altro”.

La guardò teneramente.

“Siete fortunata non ci sia il mio comandante, lei si che avrebbe qualcosa da ridire sulle uniformi sgualcite”.

Riuscì, addirittura, a farla sorridere. Un sorriso leggero, quasi imperscrutabile.

“Vi va se vi riaccompagno nel salone?”

Scosse la testa.

“Allora, se vi va, qui, lontano da occhi indiscreti, mi concedereste un ballo? Non sono il conte Fersen, ma…”

“Vi concedo questo ballo”.

Lo bloccò.

Era sotto shock.

Non credeva avesse davvero accettato.

Così, danzarono, per un paio di minuti, sotto la luna e le stelle. La musica si bloccò, ma loro continuarono a danzare, quasi fossero su un altro pianeta.

Solo quando lei inciampò, cadendo rovinosamente sopra il capitano, scoppiarono entrambi a ridere, dopo un primo momento di imbarazzo.

Lui l’aiutò a sollevarsi da terra e l’accompagnò vicino alla carrozza con la quale era arrivata.

“Buonanotte, Madmoiselle”.

La salutò. La carrozza partì, mentre lui restò ad osservarla.

 

 

~~~~

 

“Capitano Girodelle”.

Lo chiamò, lei, con voce austera.

“Colonnello”.

Le fece il saluto militare.

“Credo che questo appartenga a voi”.

Gli disse, discretamente, mentre gli porse quel fazzoletto di lino.

“Gli abiti non vi appartengono, Madmoiselle. Cadete in continuazione”.

Le sorrise, beffandosi teneramente di lei.

“La menzogna non vi riesce, conte”.

“Già… non mi riesce affatto”.

Confermò lui. 

Si capirono, scambiandosi un cenno di intesa, prima di essere richiamati ai propri doveri.

 

~~~~

 

Passarono anni da quel ballo e, né il conte, né tantomeno Oscar osarono più mettere in mezzo quell’argomento. Fino a quando…

“Ricordate la sera del ballo, colonnello?”

“Sì, capitano”.

“Sappiate che, come allora, vi reggerò, evitando di farvi cadere”.

“Perchè queste parole, Girodelle?”

“Perchè quella mattina, dopo il ballo, non riuscì a dirvele”.

“Siete un amico prezioso”.

‘E voi la donna della mia vita’, pensò lui. Ci sarà tempo per dirglielo, magari più in là. 

 

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Solo, in seguito, sappiamo come sia andata, come il conte l’abbia chiesta in moglie e quanto abbia sofferto al suo rifiuto ed alla sua dimissione dalle guardie reali.

   
 
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