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Autore: Lartisteconfuse    09/05/2022    0 recensioni
Bakugou Katsuki si trasferisce in una cittadina e fa la conoscenza di Midoriya Izuku, Kirishima Eijirou e Todoroki Shouto. All'apparenza sembra tutto normale, ma più il tempo passa vicino ai tre ragazzi e soprattutto accanto a Izuku e più la sua realtà inizierà ad essere stravolta dai fantasmi di un lontano passato.
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Questa storia è una bakudeku e kiritodo
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Shouto Todoroki
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note: Salve gente! 
Allora questa storia è un esperimento, vi avviso. Praticamente è la riscrittura di una mia storia originale, che sto provando ad adattare alle coppie bkdk e krtd, quindi spero di riuscire a renderle giustizia. Inoltre è la prima volta che pubblico mentre sto ancora scrivendo quindi abbiate pazienza, sono sotto a studiare per la sessione quindi mi metto a scrivere solo quando ho tempo, rip :')
Se volete seguitemi su twitter a @krbkdk18 dove mi farò viva nell'avvertire quando pubblico il nuovo capitolo o comunque ne parlo.
Ah e se notate che dovrei cambiare qualcosa nelle info della storia ditemelo, non so mai regolarmi né con i generi né con i rating.
Detto questo buona lettura!!



Katsuki osservò la macchina dei genitori allontanarsi e uscire dai cancelli, la polvere del viale aleggiava in una nube confusa.
Sospirò e distolse lo sguardo dalla finestra, girò la testa e si guardò intorno nella sua nuova stanza. Gli scatoloni del trasloco erano ancora pieni di tutte le sue cose e l’idea di svuotarli e mettere tutto a posto non lo entusiasmava per niente. Quella stanza nemmeno gli piaceva. 
Da quando aveva messo piede lì dentro, la strana sensazione, che aveva avvertito da quando aveva visto la casa, era aumentata. Si sentiva a disagio, quasi spaventato, ma non capiva perchè, insomma, l’idea di vivere in quella piccola cittadina non gli dispiaceva e non poteva nemmeno lamentarsi della nuova condizione in cui si era trovata la sua famiglia. 
A quanto pareva loro tre erano gli unici eredi dei Bakugou, un’antica nobile famiglia. L’ultima erede in vita, oltre a loro, era stata una signora anziana, che nel suo testamento aveva lasciato detto di cercare gli ultimi eredi della famiglia e di lasciargli tutti i suoi beni, villa inclusa, ma solo se loro fossero stati disposti a viverci. 
La somma di denaro che avevano ereditato aveva convinto i suoi genitori a trasferirsi in quella cittadina sul mare.
E così Katsuki si era ritrovato costretto a lasciare tutto, ma senza rimpianti. In quella città non si era lasciato nessuno di davvero importante alle spalle. 
Era sempre stato solo, cambiare posto non gli avrebbe fatto nessuna differenza. 
Sospirò, guardò un’ultima volta gli scatoloni e si allontanò dalla finestra per afferrare il giacchetto dal letto e infilarselo. Lasciò la sua stanza, raggiunse le scale e arrivò al piano di sotto. Si stupì della facilità con cui aveva subito imparato ad orientarsi in quella casa enorme e piena di corridoi tutti uguali.  
Arrivato al piano terra decise di uscire in giardino. Tirò fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette e se ne accese una.
Osservò l’ambiente intorno a lui: tutto quello che vedeva e che si estendeva davanti ai suoi occhi fino al muro di cinta in lontananza era suo. Tutto suo. 
Tutt’intorno c’era un bosco fitto che separava la tenuta dai Bakugou da quella di un’altra famiglia storica e importante nella cittadina: i Midoriya. 
Katsuki non ne sapeva molto, aveva solo sentito suo padre accennare qualcosa a sua madre, dato che i Midoriya e i Bakugou che vivevano lì erano sempre stati molto uniti.
A quanto aveva capito Katsuki in un passato lontano le due famiglie erano state sconvolte da una terribile tragedia, che aveva posto fine ai due rami principali delle famiglie. 
Suo padre non ne sapeva molto e Katsuki aveva semplicemente origliato la conversazione, quindi le sue informazioni erano abbastanza scarse. 
Sospirò di nuovo e vide come la sigaretta si era ridotta a un mozzicone. La spense sui gradini su cui si era seduto e decise di tornare dentro. 
Forse era il caso di iniziare a sistemare le sue cose e prepararsi al giorno dopo in vista della scuola. 

***

“Katsuki, alzati!”
Katsuki aprì gli occhi di colpo mentre veniva strattonato. Voltò la testa, il cuore a mille, ma si calmò quando riconobbe il volto arrabbiato di sua madre. “Sono tre volte che ti chiamo, alzati!” disse Mitsuki per poi avviarsi verso la porta. Nel farlo inciampò in una scatola e imprecò. “Kat, hai lasciato tutto in giro, questa stanza è un disastro!”
Katsuki sbuffò e si rimise comodo sotto le coperte, dando le spalle alla madre. 
“Non ti azzardare a metterti a dormire, è già tardi, tra quaranta minuti dobbiamo uscire per portarti a scuola.”
“Che palle” borbottò Katsuki.
“Ti ho sentito!”
“Non mi interessa!”
Mitsuki sbuffò. “Fa come ti pare, sei tu che poi arriverai tardi il tuo primo giorno.” Con questo la donna se ne andò e Katsuki chiuse gli occhi. 
Si sentiva stanco, aveva ricordi confusi del sogno che aveva fatto, ma addosso gli era rimasta una sensazione di tristezza e paura. 
Provò a mettere quel pensiero da parte e concentrarsi su quello che avrebbe dovuto affrontare quel giorno. Non era molto agitato all’idea di andare a una nuova scuola e conoscere nuovi compagni di classe, tanto già sapeva che avrebbe preferito stare per conto suo. Era stato sempre così, una nuova scuola non avrebbe cambiato niente. 
Una volta che si alzò dal letto e uscì dalla sua camera incontrò sua madre che gli urlò di correre a fare colazione. Le rispose irritato, ancora assonnato, ma fece come gli aveva detto. 
“Katsuki, ancora così?” lo salutò suo padre quando entrò in cucina. “Pensavo ti fossi già alzato.”
“Non mettertici anche tu vecchio” borbottò Katsuki, scostando la sedia con gesto nervoso per poi sedercisi. 
Masaru sorrise. “Agitato?”
“No.” L’uomo non era convinto dalla risposta del figlio e lo guardò con attenzione. “Sicuro? Sembri agitato.”
“Non è nulla, penso di aver fatto un brutto sogno, tutto qui.”
Masaru annuì leggermente e gli dette delle leggere pacche sulla spalla in gesto di rassicurazione. “Vedrai, andrà tutto bene.”
Katsuki si scostò dal tocco e sbuffò. “Ti ho detto che non sono agitato e sicuramente non lo sono per la scuola.”
“Va bene, se lo dici tu. Ti lascio fare colazione, e sbrigati, tua madre è già vicina ad esplodere.”
Katsuki alzò gli occhi al cielo. “Se continuate a rompere esplodo prima io.”
Masaru uscì ridendo, per nulla nuovo a situazioni del genere con sua moglie e suo figlio. 

***

“Bene, eccoci qui.” Mitsuki fermò la macchina davanti ai cancelli della scuola. “Buona giornata Kat” disse mentre il figlio già aveva aperto la portiera e stava uscendo.
“Ciao.”
“Papà passerà a prenderti all’uscita.”
Si salutarono un’ultima volta e Mitsuki ripartì lasciando Katsuki da solo davanti ai cancelli. 
La campana era suonata già da qualche minuto, dato che aveva fatto tardi e con lui solo un ristretto numero di persone stava entrando nell’edificio.
Quando arrivò davanti alla sezione che gli avevano indicato, 2-A , vide che la porta era ancora aperta e da dentro arrivava un chiacchiericcio continuo. Katsuki si affacciò e vide come quelli che sarebbero diventati i suoi nuovi compagni di classe stavano parlando tranquilli, qualcuno anche seduto sui banchi. 
“Entri o no?” 
Una voce atona lo fece sobbalzare per la sorpresa. Katsuki si girò e si trovò davanti a un uomo alto, dai capelli neri e lunghi, con due profonde occhiaie sotto gli occhi. Lo stava guardando con un volto impassibile, anche se i suoi occhi sembravano mostrare una certa curiosità.
“Sono nuovo” disse Katsuki.
“Quindi devi entrare” rispose quello che era il suo professore. Katsuki entrò seguito dall’uomo.
“Silenzio” fu il saluto che il professore regalò alla classe. Gli studenti smisero di parlare di colpo e ognuno prese posto in maniera ordinata. 
Katsuki rimase in piedi accanto alla cattedra, non sapendo che fare.
“Prendi posto qui davanti” disse il professore, indicando il banco davanti alla cattedra rimasto vuoto. 
Mentre Katsuki prendeva posto, i due ragazzi seduti dietro al suo banco lo guardarono con un’occhiata piena di meraviglia, poi quello dai capelli visibilmente tinti di rosso sorrise. “Ciao” salutò. 
Katsuki fece solo un cenno di saluto e si sedette sulla sedia.
Cercò di non incrociare lo sguardo insistente dell’altro ragazzo seduto accanto al rosso. Aveva capelli metà bianchi e metà rossi e occhi di due colori diversi, che lo stavano scrutando con un’attenzione quasi inquietante. 
“Come ti chiami?” domandò il rosso. “Io sono-”
“Kirishima, silenzio. Tu, presentati a tutti, poi mi dirai a che punto stai con il programma.”
Katsuki si trattenne dallo sbuffare. “Bakugou Katsuki” disse solo, con poco entusiasmo. 
Nella classe ci furono piccoli suoni di sorpresa che tutti cercarono di soffocare, ma invano. 
Katsuki si guardò intorno e tutti lo stavano guardando stupiti. Tutti tranne Kirishima e Mr Inquietante. 
Katsuki non sapeva che dire, quindi cercò l’aiuto del professore, che però sembrava essere sorpreso quanto gli alunni. 
“Ti chiami davvero Bakugou Katsuki?” domandò una ragazza dal caschetto viola. 
“Sì, perché avete quelle facce da idioti?”
La ragazza stava per rispondere, ma fu interrotta da un urlo che proveniva dal corridoio. 
“Midoriya, torna qui!”
Il professore sospirò. “Quando la finirà” borbottò alzandosi.
“Professor Aizawa, posso-”
“Kirishima resta seduto per favore. Che nessuno si muova.”
Sotto gli occhi degli studenti, il professor Aizawa uscì dall’aula. 
“Che succede?” domandò Katsuki incuriosito, mentre le urla che chiamavano Midoriya continuavano. 
Kirishima sorrise triste. “è Midoriya Izuku. Il tuo vicino di casa.”
“Ah, sì. Midoriya” rispose Katsuki, pensieroso. “Che ha?”
“Non-non lo sappiamo” rispose Kirishima, evidentemente a disagio. “Ogni tanto sembra avere degli episodi in cui decide di scappare dalla classe e rifugiarsi sul tetto della scuola. Ovviamente non può andarci, quindi i professori gli corrono dietro. Prima era in classe nostra, ma tra il cattivo comportamento, le numerose assenze e il rendimento basso è stato bocciato.”
“E nessuno ha provato a capire perchè ha questi episodi?” domandò Katsuki sorpreso.
“Sì” rispose il vicino di Kirishima. “Ma nessuno è riuscito a capire che cosa abbia.”
Kirishima annuì accanto a lui. “è sempre stato così da quando era piccolo. Però quando stava con noi era più calmo, è peggiorato da quest’anno, che non sta più in classe nostra. Vorrei andare da lui” commentò alla fine con tono frustrato. “Sai, è nostro amico, ci tengo a lui, vorrei parlarci, ma i professori ci tengono lontani.”
“Per quale motivo? Magari potreste aiutarlo.”
Kirishima sospirò. “Ogni tanto è violento, quindi i professori hanno paura che possa fare male a qualcuno di noi studenti.”
Da fuori la classe provenivano ancora le voci concitate dei professori che richiamavano il ragazzo. 
“Sai, tu sei come me e Midoriya.” La voce del vicino di Kirishima riportò l’attenzione di Katsuki su di loro. 
“Come?”
“Io sono Todoroki Shouto.”
“Il tuo nome dovrebbe dirmi qualcosa?”
"Midoriya, tu e io ci chiamiamo esattamente come i nostri antenati. Vissero tutti e tre nello stesso periodo.”
Katsuki lo fissò negli occhi in silenzio, non sapeva che dire. Non era a conoscenza di una famiglia Todoroki. 
Si alzò di colpo. “Devo andare in bagno” disse e si avviò fuori dall’aula. 
“Perchè hai detto quelle cose Shou?” sentì dire Kirishima prima di allontanarsi. 
Poco lontano dalla sua aula vide un gruppetto formato da alcuni professori, che urlavano con qualcuno in cima alle scale. 
“Come va Toshinori?” domandò una professoressa. 
“Tra poco scendiamo, vero giovane Midoriya?”
Katsuki si avvicinò e Aizawa lo vide. “Che fai qui Bakugou? Avevo detto di restare in classe.”
“Devo andare in bagno. Dove sta?”
Aizawa sospirò. “Dietro di te, in fondo al corridoio.”
Katsuki lanciò un’occhiata in direzione della rampa di scale, poi si girò e si diresse verso il bagno. 
Una volta solo si appoggiò al muro e sospirò.
Ripensò alle parole che aveva detto quel Todoroki Shouto, erano vere? Se fosse stato così era davvero una coincidenza assurda, che lo destabilizzava un po’.
“Che mi importa” mormorò ad alta voce. 
“Su, vatti a sciacquare la faccia e torna in classe appena hai finito” sentì dire una voce di donna. 
Un ragazzo un po’ più basso di Katsuki entrò in bagno e all’inizio non parve notarlo.
Katsuki se ne stava ad un angolo, accanto al termosifone e lo osservò senza dire niente.
Il ragazzo aveva uno sguardo stanco ed era pallido. I capelli mossi e verdi ricadevano sulla fronte a nascondergli gli occhi.
Mentre l’altro si stava sciacquando il viso con acqua fredda, Katsuki si spostò, richiamando la sua attenzione. Il ragazzo sobbalzò spaventato, non si era accorto di non essere solo. Non sapendo bene perché, Katsuki decise di salutarlo. “Ehm, ciao.”
“Oh cavolo!” esclamò l’altro. Guardò Katsuki con occhi stravolti e le mani presero a tremare.
“Ei, tutto bene?” domandò il biondo, vedendo la paura che stava attraversando il corpo dell’altro.
Izuku non rispose, ma lo fissava e non staccava gli occhi da lui. Katsuki non sapeva che fare e si stava anche innervosendo, perché non capiva che cosa stesse succedendo.
Fece un passo verso di lui, ma Izuku si ritrasse.
“Non voglio farti nulla” disse, “mi chiamo Bakugou Katsuki e...”
“No!” gridò l’altro, “stai lontano! Stai lontano!” Si portò le mani alla testa e si lasciò scivolare fino a terra, respirando pesantemente.
Le grida di Izuku avevano attirato l’attenzione di alcuni professori rimasti fuori, per controllare che il ragazzo stesse bene e non appena lo avevano sentito urlare, entrarono subito.
“Che succede?” esclamò Aizawa osservando la scena. “Bakugou, che succede?” ripeté.
“Non lo so!” gridò il ragazzo, agitandosi a sua volta. “Mi ha visto e ha iniziato a tremare, poi...” poi non sapeva cos’altro aggiungere. Guardò il ragazzo, che continuava a tenersi la testa tra le mani e a mormorare impercettibili “no”, con gli occhi chiusi.
Katsuki si sentiva confuso, non aveva fatto nulla.
“Bakugou forse è meglio che esci e torni in classe.” Ma Katsuki non voleva andarsene, voleva aiutare quel ragazzo, anche se a quanto sembrava la ragione del suo stato attuale era lui. Senza accorgersi fece un passo verso il ragazzo per terra. “Bakugou! In classe, ora!” Il tono perentorio di Aizawa lo bloccò.
Sospirò e lasciò il bagno, ma prima si fermò davanti al professore. “Non so
cosa ho fatto, ma nel caso, ditegli che mi dispiace.”
Aizawa annuì e si fece da parte per lasciarlo passare. 
Quando tornò in classe Kirishima si alzò e gli venne incontro. “Cosa è successo? Sei pallido.”
Katsuki si scostò, non abituato ad avere qualcuno così vicino, soprattutto se era praticamente uno sconosciuto.
Ignorò Kirishima e gli sguardi che il resto della classe gli rivolse e prese posto al suo banco. 
Quindi quel ragazzo era Midoriya Izuku, il suo vicino di casa e discendente dell’altra nobile famiglia della cittadina. Lanciò un’occhiata di sottecchi a Todoroki, che ascoltava in silenzio il parlare concitato di Kirishima. “Dopo ci andiamo a parlare. Che brutta giornata” stava dicendo il rosso. 
Katsuki poggiò la testa sulle braccia incrociate appoggiate al banco e nascose il volto. Kirishima aveva ragione, quella era proprio una brutta giornata ed era solo la prima ora. 
***

All’intervallo Katsuki rimase in classe nel suo angolino. Alcuni compagni vennero da lui per presentarsi e parlare un po’, ma lui non ne aveva molta voglia. 
Già normalmente sarebbe stato restio a intavolare una conversazione con loro, ma dopo gli accadimenti della mattinata ne aveva ancora meno l’intenzione. 
“Quella è la faccia di uno che ha avuto a che fare con Midoriya” la voce squillante di una ragazzo biondo distolse Katsuki dai suoi pensieri. Se ricordava bene si era presentato come Kaminari Denki.
“Non pensarci troppo, ci si fa l’abitudine.”
“Midoriya è simpatico e una brava persona in realtà” proseguì la ragazza dal caschetto viola che gli aveva parlato quella mattina dopo che si era presentato. Jirou Kyouka.
“Su vai, non ti mangia mica.”
“Non so Ei…”
Quello scambio di battute attirò l’attenzione dei tre ragazzi che si voltarono a guardare verso l’entrata dell’aula. 
Kaminari sorrise e alzò la mano salutando. “Ciao Midoriya!”
Izuku era fermo sulla porta e ricambiò il saluto del ragazzo con un piccolo sorriso timido. Dietro di lui Kirishima aveva una mano poggiata sulla sua spalla e cercava di spingerlo in avanti per entrare in aula. 
“Forza” mormorò.
Izuku piantò i piedi al pavimento e cercò di sfuggire, ma dietro Kirishima c’era Todoroki che gli bloccò il passaggio. “Vai.” 
Katsuki aveva osservato quella piccola scenetta incuriosito. Non aveva mai provato interesse verso nessuno nella sua vita, ma quel ragazzo, nel giro di poco, aveva catturato la sua attenzione. 
Si alzò e sotto gli sguardi di Jirou e Kaminari si avvicinò al trio. 
Izuku era girato per protestare contro Kirishima e Todoroki e sobbalzò quando sentì una presenza dietro di lui. 
“Ah ehm…” balbettò, a corto di parole. “Ecco…”
Katsuki rimase in silenzio, aspettando pazientemente che il ragazzo si calmasse e riuscisse a formare una frase.
Nel frattempo Kirishima e Todoroki avevano approfittato della distrazione dell’amico per entrare in classe e lasciarli soli. 
“Scusa per prima” disse alla fine Izuku. 
“Non fa niente” rispose Katsuki con una scrollata di spalle. “Tu stai bene?”
Izuku annuì e poi sorrise, alzando la testa e guardando Katsuki negli occhi. 
Adesso che poteva guardarlo bene Katsuki rimase incantato dal volto dell’altro. Aveva un viso dai lineamenti dolci, ricoperti di lentiggini, che gli donavano un’aria particolare. Però quello che incantò Katsuki più di tutto furono gli occhi: erano verdi e grandi. Katsuki dovette combattere contro se stesso per riuscire a spostare il suo sguardo da quegli occhi. Erano così magnetici.
“Mi chiamo Midoriya Izuku.”
“Come? Ah, lo so.”
Izuku sorrise di nuovo. “Lo so, ma pensavo che presentarmi fosse educato.” E gli tese la mano. Katsuki accennò un sorriso e gli strinse la mano. “Bakugou Katsuki.”
In quel momento la campana di fine intervallo suonò. “Devo tornare in classe. Ciao Ei, Shouto!” urlò in direzione degli amici all’interno. 
“Ciao Kacchan” disse poi rivolto a Katsuki.
Il ragazzo si sentì gelare. Rimase immobile ad osservare Izuku correre via, con quel nome che continuava a risuonargli in testa. 
Kacchan. 
Chi è che lo chiamava Kacchan?
 
   
 
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