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Autore: Soleil Jones    19/05/2022    0 recensioni
Sᴄʀɪᴛᴛᴀ ᴩᴇʀ ʟᴀ YAKUNOYA WEEK 2022 — DAY 2:
ᴩʀᴏᴍᴩᴛꜱ: uniform | russia | mafia!au.
[...] tutti egualmente dedicati alla loro relazione, che — a detta di qualcuno — se non fosse stata vissuta con tanta trasparenza di fronte a tutti nel corso di tutti quegli anni sarebbe stata comunque tangibile ‘già solo dallo stato delle loro divise’.
( alternativamente: la 5+1 che non mi aspettavo di scrivere, ma #YOLO. )
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Karasuno Volleyball Club, Morisuke Yaku, Nekoma, Nuovo personaggio, Yuu Nishinoya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'i'm still falling (for you).'
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PSA: prima che leggiate, hello, dunque—questa 5+1 è stata scritta il mese scorso in occasione della Yakunoya Week, insieme ad altre tre postate su AO3 che non so se mai approderanno anche qui, ma tant'è! Ho pensato sarebbe stato carino, anzi doveroso da parte mia popolare un po' EFP con fanfic su questa power couple formato tascabile (come se potessi giudicare lol). Anyway, al fondo della fanfic troverete un paio (tipo quattro?) noticine circa piccole chicche presenti nel testo, per ora posso solo avvisarvi che, salvo la primissima scena che funge da incipt, è tutto messo in ordine cronologico. Sono inoltre presenti un paio di OC funzionali alla trama (ossia le famiglie dei due protagonisti) e, importante in caso possa servire a qualcuno, una scena non esplicita, ma da cui comunque si evince il rating arancione. Niente di esagerato, non è comunque il mio genere, ma data la tensione tra questi due stronzetti è capitata :') 
Detto ciò, buona lettura, ci si becca al capolinea! <3
 
LET THEM WONDER



zero.
 
“Ho appena parlato con Haruki!”
Morisuke si fermò con il calice d'acqua a mezz'aria e si voltò verso il posto a sedere di Yuu, giusto in tempo per vederlo scivolarvi con agio, come se la sua voce e il profumo dell'acqua di colonia che aveva messo quella mattina non fossero abbastanza per annunciarlo.
Il corvino, sorprendentemente a suo agio nel suo smoking, si sfilò da sopra le spalle la giacca scura e appoggiò una mano sullo schienale della sedia del suo sposo, il quale, imperturbato dalla vicinanza forse un po' eccessiva del compagno, ricambiò il suo sguardo e mise giù il suo calice.
“Sai che in tutti questi anni questa frase non ha mai smesso di inquietarmi?” fu la sua risposta, ma forse per via delle circostanze, forse per via del fatto che nessun membro del catering si era venuto a lamentare, non ci fu traccia di severità nella sua voce.
Yuu si aprì in quella sua espressione a metà tra l'impertinente e il complice che quando erano soli gli valeva spesso un buffetto sul naso.
“Credevo che fosse quando parlo con Kuro-san a inquietarti,” esclamò, e al vedere Morisuke fissarlo con quel suo fare tagliente e al tempo stesso ironico e affettuoso – dopo i mesi di stress dovuto all'organizzazione di quella giornata – si innamorò un po' di più.
Ridacchiando, prese la mano libera del più grande nella propria, sul tavolo, e aggiunse: “Rilassati, Morisuke, sta andando tutto bene e niente ha preso fuoco!” Fece una pausa, poi, puntualmente, si corresse. “...ma nel caso c'è un sacco di roba da bere ai tavoli.”
Morisuke intrecciò le proprie dita alle sue e si sporse in avanti con uno sbuffo divertito. “Dove credi di essere, in Game of Thrones?” sbottò a bassa voce.
Se anche non fossero stati seduti al tavolo degli sposi e piccoli riflessi delle luci di sala non fossero finite a incastonarsi nelle fedi che ora portavano agli anulari, ben poco nel loro atteggiamento sarebbe cambiato. Morisuke avrebbe avuto più riserve sull'essere discreti, forse, ma il modo in cui si guardavano sarebbe stato lo stesso. O quasi, perlomeno, perché non capita tutti i giorni di sposare il ragazzo con cui hai passato i migliori dodici anni della tua vita e che ami più di ogni altra cosa e persona al mondo.
“... be', che voleva?”
“Hhm?”
“Komi intendo.”
“Oh. Scusa, mi sono distratto a fissarti.” Morisuke non gli disse niente per riprenderlo solo perché lui per primo aveva fatto la stessa cosa — perdersi a imprimersi nella mente quell'immagine, quel viso, quel momento. Questo non gli impedì di far cozzare delicatamente i loro ginocchi, così come non impedì a Yuu di ricambiare con un sorriso appena più tranquillo mentre affermava: “Ha detto che vuole fare un discorso anche lui e che è incluso nel regalo di nozze.”
Morisuke fece una smorfia e sospirò pesantemente. “Quasi rimpiango che tu non abbia parlato con Kuroo.”
Al che, Yuu scoppiò a ridere, e il solo sentirlo bastò a rischiarare l'espressione sul viso del marito.
“Conoscendolo avrà qualcosa da dire anche lui tanto!”

E non solo lui. Più di uno dei loro amici, oltre alla madre di Morisuke e il padre di Yuu, si alzarono per fare un discorso in onore degli sposi; uno diverso dagli altri, ma tutti egualmente dedicati alla loro relazione, che — a detta di qualcuno — se non fosse stata vissuta con tanta trasparenza di fronte a tutti nel corso di tutti quegli anni sarebbe stata comunque tangibile ‘già solo dallo stato delle loro divise’.

Cinque volte per caso, una volta no.

uno.
 

“Tesoro, vuoi darmi qualcosa da mettere a lavare?”
Kotone si fermò con la cesta dei panni sporchi contro un fianco sull'uscio della camera del suo figlio maggiore, il quale da che era impegnato a svuotare il suo zaino sollevò lo sguardo su di lei e le rispose: “Non serve, Okaa-chan. Lascia qui tutto, faccio una doccia e carico io la lavatrice.”
Insieme a lui c'era anche Haru, l'ultimo dei tre fratelli Yaku, che si era infilato nella stanza di Morisuke con la scusa di volerlo aiutare poco dopo averlo sentito rientrare in casa e che – dall'alto dei suoi otto anni – non appena vide il fratello scrollarsi di dosso la felpa puntò il dito verso il suo braccio ed esclamò: “Oh? Onii-chan, ti sei messo una ginocchiera nel posto sbagliato!”
“Hm? No invece,” Morisuke gli fece abbassare il braccio con un'occhiata severa che voleva chiaramente ricordargli che non stava bene indicare la gente, affermando: “Questa è una gomitiera, è fatta apposta per venir messa sul braccio.”
Kotone, che normalmente trovava alquanto divertenti e teneri i loro scambi, da madre attenta qual era sapeva di non aver mai visto quella gomitiera; né facendo il bucato, né rassettando, né in altre occasioni fino a quel momento. Incontrò lo sguardo del suo primogenito, e leggendole la domanda in faccia Morisuke rilassò le spalle e si sfilò la gomitiera, per metterla insieme alle sue ginocchiere – nel mucchietto di cose da lavare.
“Me l'ha prestata Yuu per coprire un'ustione da sfregamento,” le spiegò senza mezzi termini.
Kotone riconobbe subito quel nome; non è che sentisse spesso parlare di persone che suo figlio reputava amiche fino al punto da menzionarle con una certa frequenza. Dolcemente, domandò: “Il tuo amico di Miyagi?”
Morisuke non sembrò scomporsi più di tanto. Rispose soltanto: “Sì, lui, gliela ridarò la prossima volta che ci vediamo,” e continuò a prepararsi per andare a farsi una doccia dopo una giornata passata a mangiare e giocare a pallavolo fuori.
Eppure – e questo era difficile non notarlo per il sangue del suo sangue – c'era qualcosa di diverso nella sua postura, o magari nell'assenza di cipigli sul suo viso; era come se non vedesse l'ora che arrivasse ‘la prossima volta’, in un certo senso.
Doveva piacergli davvero, questo suo amico. E Morisuke doveva piacere anche a lui, dato il modo in cui gli aveva assicurato che poteva ‘prenderla in prestito senza problemi! Per evitare ulteriori danni’. Nessuno al Karasuno gli avrebbe fatto storie se per un po' non avrebbe avuto la sua unica gomitiera.
“Sembra il pezzo di un'armatura da ninja,” irruppe Haru. “Non è che può prestarne una anche a me visto che tu non ne hai?”
“Non hai i compiti da fare tu?”

 
 

due.

 

“Mi sono allontanato per due minuti.”
“Ho cercato di fermarli, Yaku-san.”
“Non è assolutamente colpa tua, Shibayama.”
Komi stava iniziando ad avere una teoria su Yaku e i suoi favoritismi nei confronti del suo kouhai – possibilmente al plurale, anzi. Non che gliene volesse; tecnicamente, Shibayama non aveva davvero nessuna colpa.
Era comunque una teoria tanto solida quanto il fatto che, dal canto suo, Yaku non aveva bisogno di azzardare ipotesi per sapere che Komi – appunto – e Nishinoya avevano personalità troppo affini per poterli lasciare insieme da soli più dello stretto necessario.
Il più piccolo, davanti al rimprovero del Libero del Nekoma, si rigirò la palla tra le mani e reagì come se chiunque altro al suo posto non si sarebbe già messo a tremare. “Qual è il problema, Morisuke-kun? L'abbiamo recuperata la palla!” obiettò, senza ostilità o arroganza – evidentemente era o incapace di percepire l'aura demoniaca di Yaku o abbastanza sicuro di sé da conviverci senza darle peso.
Il più grande non demorse, ma nemmeno si infervorò. Le mani sui fianchi, ribadì: “Sì, ma potevate farvi male, specie tu!” Si guardarono, e non passò nemmeno un secondo che Yaku incrociò le braccia. “E non fare quella faccia.”
“Quale faccia? È la sua faccia di sempre,” si intromise senza preamboli Komi, il quale nel mentre si era stiracchiarsi ben bene i muscoli delle spalle.
Yaku lo fissò con la sottile minaccia di mettere in uso il bastone che era andato a prendere per recuperare la palla finita incastrata in una trave alta della palestra che il Libero del Fukurodani avrebbe potuto giurare non essere lì prima.
“Zitto un po', Komi.”
Promettere di non fare più stronzate come salire in piedi uno sulle spalle dell'altro sarebbe stato inutile e falso, ma per fortuna Shibayama salvò tutti da quella incombenza dando un'occhiata all'orologio ed esordendo con fare pacato e timido: “Possiamo andare a mangiare qualcosa adesso? Si è quasi fatta ora di cena.”
Nishinoya lasciò subito cadere la questione per rivolgersi al primino con un sorriso. “Assolutamente!” esclamò. “Bisogna mangiare a sazietà per tenersi in forze e sopravvivere!”
Stranamente, Shibayama non sembrò troppo intimidito dalle improvvise pacche vivaci che il più grande gli rifilò sulla spalla, giusto un po' preso alla sprovvista. Yaku sarebbe intervenuto se fosse stato il contrario, invece rilassò le spalle e sospirò dal naso.
“Sopravvivere a cosa?” soggiunse Komi.
“Al raduno ovviamente. Sarà anche una cosa amichevole per allenarsi insieme, ma se non mangi per bene non avrai le energie per stare al ritmo e migliorare. E questo vale sempre, a priori! In un certo senso, ne va della tua sopravvivenza.”
“È questo che insegni ai tuoi kouhai? Cavolo, non vorrei mai incontrarti in un mondo post-apocalittico, ma hai ragione!” Komi sghignazzò, probabilmente già pensando alla mensa, e scrollando le spalle si avviò verso la rete. “Shibayama, mi aiuti a raccogliere qui?”
“Va bene!”
Essendo gli ultimi quattro rimasti toccava a loro riordinare prima di uscire, in modo da lasciare la palestra utilizzabile per le partite amichevoli dell'indomani mattina. Shibayama iniziò diligentemente, e forse per la lontananza non fece caso ai due studenti rimasti indietro, anche loro impegnati ad aiutare.
“Aspetta un attimo, Yuu.” La voce di Yaku arrivò tranquilla e casuale, così come il nome del piccolo Libero della Karasuno. Nishinoya si fermò sui suoi passi e si voltò verso il più grande con fare interrogativo, e senza girarci attorno Yaku si avvicinò e allungò la mano libera verso la sua schiena, aggiustando l'orlo della divisa da allenamento con un gesto fluido. “Fatto.”
Il corvino spostò di scatto lo sguardo dalla direzione del suo fondoschiena all'altro Libero, ringraziandolo con un cenno e un'occhiata che in qualche modo Yaku parve recepire e comprendere per quello che voleva dire davvero.
Komi li notò con la coda dell'occhio, ma decise di non perderci il sonno la notte: era solo un gesto innocuo e fugace, e lui in ogni caso aveva già la sua teoria e la cena con Sarukui e Konoha ad aspettarlo.


 

tre.

 

Merda! È finito anche sulla coperta?”
Yuu recuperò i bicchieri – fortunatamente di plastica – e li appoggiò sbrigativamente sulla prima superficie utile, ignorando la sensazione restatagli sulle dita e sul davanti dei pantaloni e concentrandosi invece sul suo ragazzo.
“Non preoccuparti della coperta, tu piuttosto!” esclamò. “Sei tutto bagnato!”
La coperta del suo letto era inevitabilmente macchiata, ma era solo succo di frutta in fondo, poteva venir lavato via, e non è che non avesse mai rovesciato niente in camera sua.
Si affrettò ad afferrare dei fazzoletti e ne diede alcuni a Morisuke, il quale cercò di tamponare al meglio il tessuto della camicia della propria divisa scolastica mentre lui pensava al resto. Il più grande fece una smorfia nel sentirsi bagnaticcio anche sulle gambe, cosa che Yuu poteva ben capire visto che lui non era stato più fortunato. L'unico lato positivo era che non avrebbe dovuto lavare anche il suo garukan.
“I fazzoletti non servono a niente qui,” dichiarò dopo un po' con uno sbuffo contrito Morisuke.
Yuu smise di sfregarsi la gamba, appallottolò i fazzoletti usati e li lanciò nel cestino lì vicino. Guardò il più grande da capo a piedi, la fronte corrugata, e alla fine, senza esitazione, prese il bordo dei propri pantaloni e se li abbassò.
“Togliti i vestiti allora!” disse, liberando prima una gamba e poi l'altra.
“Come?”
Morisuke lo guardò con gli occhi sgranati: non tanto perché non si fossero mai visti senza vestiti, quanto più perché non erano soli in casa, e la porta non era chiusa a chiave. Yuu sapeva bene entrambe le cose.
“Ti presto qualcosa da metterti e intanto laviamo tutto.”
“Va bene, ma Yuu, la porta—”
—si aprì.
“Yuu, senti una co... sa.
A ben pensarci, in quella famiglia il problema era che nessuno bussava, e Shinya, il padre di Yuu, avrebbe dovuto saperlo alla veneranda età di quarantadue anni, e invece eccolo lì, con una lattante in braccio e il suo bambino-non-più-bambino in mutande, con la maglia lì lì per venir via, e le mani impegnate a sbottonare la camicia del suo ragazzo. Il quale, in sua difesa, spinse via Yuu e si tirò su l'orlo dei pantaloni appena si accorse della sua presenza.
Yuu, invece, si massaggiò il fondoschiena e guardò suo padre come se niente fosse, tolto un sopracciglio confuso rivolto alla sua espressione sbigottita. “Che c'è, tou-san?”
“Ah—” Tra le sue braccia, la piccola Chiaki iniziò a sbracciarsi e trillare Yu-yu e Mo'kun a ripetizione, il che aiutò suo zio a non perdere contatto con la realtà.
“Ragazzi, almeno chiudete la porta se volete fare...” Shinya sentì un principio di imbarazzo pizzicargli sottopelle, ma non era all'altezza del suo cognome per niente, per cui si schiarì la voce e andò avanti imperterrito. “Certe cose, ecco!”
Sia Yuu che Morisuke per poco non presero fuoco – non nel senso letterale del termine ovviamente.
Hah?!
“Non è assolutamente quello che sembra, Nishinoya-san!”
“Ci è caduto del succo, che vai a pensare?!”
“Oh!” Questo rendeva le chiazze sui vestiti meno ambigue, pensò Shinya, imbracciando la sua nipotina e liquidando entrambi con un misto di sollievo e disinvoltura. “Be', noi ce ne andiamo in ogni caso, eh?”
E l'avrebbe fatto davvero, se i passi e la voce di sua sorella non avessero fatto capolino sul piano. “Aniki, insomma, quanto tempo ci vuole per fare una domanda?”
Shinya la bloccò prima che potesse affacciarsi sulla stanza, sovrastando le sue – giustificate – proteste con la propria voce.
“Shinya!”
“Volevamo solo sapere se ti piacerebbe restare per cena, Morisuke!”
“O anche per sempre,” aggiunse ad alta voce Mariko mentre si risistemava i capelli biondi. Ah, gli uomini.
Morisuke rivolse un'occhiata a Yuu, dopodiché si schiarì la voce e rispose: “La cena va benissimo.”
Al suo fianco, alquanto rosso in viso, Yuu si avviò a chiudere quella benedetta porta. “Ora fuori di qui, ci vediamo dopo,” asserì, senza cattiveria, ma comunque perentorio e deciso, e — se Shinya conosceva bene suo figlio — protettivo.


 

quattro.

 

“Qualcuno ha visto Yaku?”
La voce di Kai, gravata da una certa stanchezza e al tempo stessa della sua solita flemma tranquilla e paziente, giunse ovattata e molto lontana attraverso la porta chiusa dello sgabuzzino. E loro erano troppo assorti l'uno nella presenza dell'altro per farci caso.
Se non fossero stati sicuri che nessuno li avrebbe beccati, in quello stanzino situato nell'area riservata agli atleti, non sarebbero spariti dalla circolazione poco dopo la fine della partita. O forse sarebbe stato lo stesso: giocare l'uno contro l'altro era molto, molto diverso da assistere alle partite delle rispettive squadre — più eccitante. L'adrenalina del gioco, della sfida, pareva raggiungere apici sempre maggiori al solo guardarsi, e quando si erano stretti la mano con fare sportivo alla fine era stato ancora peggio.
Gli era bastato fissarsi per intendersi, per bramarsi. In un turbinio di meraviglia e puro desiderio perché ‘cazzo, è terrificante e bellissimo’.
E così si erano chiusi là dentro a tentoni, le loro labbra già unite, e subito dopo Morisuke si era ritrovato con le mani di Yuu sotto le cosce, prima di venir preso in braccio in un impeto e spinto sul filo della prima superficie piana disponibile.
Le sue gambe ebbero un fremito, che echeggiò nella sua voce quando, aggrappandosi alle spalle del suo ragazzo e spingendosi contro di lui il più possibile, sospirò con le dita conficcate nella sua carne: “Non troppo in alto, Yuu—”
Il corvino passò la lingua sotto il pettorale del più grande, dove spiccava, sulla pelle pallida, un principio di succhiotto poco più chiaro di quello che aveva lasciato quando si era intrufolato sotto la maglia della sua uniforme dieci minuti prima. Emise un suono a metà tra l'assenso e l'apprezzamento, che riverberò per tutto il corpo dell'altro e nello spazio inesistente tra loro, dopodiché si lasciò tirare su e si intrufolò nella bocca calda e invitante di Morisuke. I loro sapori erano particolarmente pungenti e accattivanti dopo i set giocati e con tutto il caldo che faceva là dentro, e il filo di sudore rimasto loro addosso era tutt'altro che fastidioso. Era tangibile e attraente e diamine!
“Io non l'ho visto.”
“Come avresti potuto, impegnato com'eri a parlare fitto fitto con il Chibi-chan arancione?”
Le loro jersey giacevano abbandonate a terra, così come avrebbero presto fatto anche i pantaloncini del Libero della Karasuno — o almeno, fu con questa intenzione che Morisuke fece scivolare una mano lungo la sua schiena. Non poteva vederlo così al buio, ma conosceva il suo corpo, e presto sentì sotto le dita le fossette di Venere del più piccolo. Infilò la mano oltre l'orlo dei pantaloncini, palpando la curva del suo fondoschiena e trattenendo un gemito al sentire Yuu succhiargli la lingua e morderlo in risposta.
Da fuori, un po' più vicina, si sentì la voce di Sugawara affermare con enfasi e leggerezza: “Oh, che coincidenza, anche noi abbiamo perso il nostro Libero!”
Yuu, la gamba del suo ragazzo sollevata e sostenuta dal suo braccio, premette i polpastrelli sulla carne soda della coscia di Morisuke, sotto i boxer e al limitare della sua natica. Anche se aveva ancora addosso i pantaloncini, l'orlo era così tirato in su da non risultare affatto un ostacolo.
“Sì? Oh, be', saranno andati a prendere qualcosa per rinfrescarsi allora. Sapete dov'è il ripostiglio? Mi hanno chiesto di posare questi.”
All'improvviso, entrambi i Liberi si bloccarono. Merda!
“Rivestiamoci. Ora.” sibilò a bassa voce Morisuke, mentre Yuu, prontamente, lo lasciava andare e si staccava da lui alla velocità della luce.
“C'è buio pesto, dove sono finite le maglie?” sussurrò infervorato.
“Erano a terra, cerca a tenton... eccone una!”
Yuu si sistemò i pantaloni con uno strattone mentre, alla cieca, tastava il pavimento. Finché non afferrò della stoffa. “Trovata!”
Fuori dal ripostiglio si sentì un po' di movimento.
“Non sta di là? Guarda bene, sì, là!”
Nel buio, Yuu percepì il calore emanato dalla mano di Morisuke, e la afferrò, dandole una piccola stretta. “Usciamo come se niente fosse e ci chiudiamo la porta alle spalle velocissimi, okay?”
Il castano mormorò un assenso, e così fecero.
Per fortuna nessuno era nelle immediate vicinanze per vedere Morisuke chiudersi la porta alle spalle e subito dopo arrossire decisamente non per via del caldo o della fatica al posare gli occhi sul suo ragazzo. Yuu si accorse subito dell'inconveniente, e non ci fu bisogno di incoraggiarlo affinché si apprestasse a togliersi la maglia targata Nekoma con il numero tre del suo ragazzo stampato sopra.
“Oh, ragazzi,” Sugawara soggiunse con un sorriso stampato in volto, senza commentare il fatto che fossero entrambi coi torsi mezzi scoperti e in procinto di rinfilarsi le rispettive jersey addosso. Invece, cinguettò: “Non dovreste essere negli spogliatoi?”
Yuu tirò giù l'orlo della sua jersey arancione con uno strattone e si piazzò istintivamente davanti a Morisuke, i capelli un assoluto macello per aria e la faccia tosta di far finta di niente a sua volta. “Suga-san!”
Il terzo anno lo guardò divertito, e mettendosi le mani sui fianchi lo riprese bonariamente. “Non ti trovavamo da nessuna parte, menomale che non sei sparito a combinare guai.”
Nel mentre, Morisuke si sistemò il colletto della propria maglia e, perentorio, affermò: “Era con me, si è comportato bene, non serve dire altro.”
Sugawara ridacchiò. “Va bene, va bene! Oh, Daichi, ho trovato il ripostiglio, a quanto pare era proprio di qua alla fine!”
Quanto si rigirò, i due Liberi si erano già saggiamente dileguati.
 

 

cinque.

 

Quando Morisuke si era diplomato, l'anno prima, Yuu si era presentato a casa con la cravatta della sua uniforme qualche giorno dopo, e aveva continuato a parlare solo di quello per giorni. Tanaka – e Saeko... e Mineo, ma lui per vie intuitive – lo sapeva meglio di chiunque altro, visto che il suo migliore amico aveva rischiato di colpirlo più volte nel gesticolare animatamente.
Era solo naturale, almeno secondo il corvino, che a certe usanze teneva particolarmente, ricambiare il favore.
“Domani ti diplomi, avresti dovuto andare a casa a riposarti invece di prendere il primo treno finita la scuola, Yuu.”
Yuu, ancora nella sua divisa scolastica nera e con la cartella abbandonata all'entrata dell'appartamento del suo ragazzo, fece un gesto noncurante con la mano mentre beveva un sorso di limonata. “Riposerò sul treno al ritorno, avevo una cosa importante da fare,” disse.
Morisuke, nella sua comoda tenuta da casa, si fermò a guardarlo con un cipiglio dubbioso e confuso. “Non mi sto dimenticando qualcosa, vero?”
Era più un'affermazione che una domanda: nonostante l'inizio del suo secondo anno universitario lo stesse tenendo impegnato la sua memoria funzionava ancora bene, e infatti Yuu scosse subito il capo.
“No, no! Stai tranquillo, è una cosa mia.”
Si umettò le labbra e spostò la propria sedia un po' più vicina a quella del suo ragazzo, dopodiché abbassò lo sguardo sul suo petto — più precisamente sul suo gakuran, da cui andò a staccare con attenzione un bottone. Il secondo, per la precisione.
A Morisuke tanto bastò per capire cosa intendesse, e infatti, un attimo dopo, Yuu gli porse il bottone.
“Ecco, tieni!”
“Ma che cavolo...” Il più grande lo accettò, gli occhi color miele spalancati — non tanto per l'imbarazzo, anche se in qualche modo anche dopo più di un anno e mezzo il suo ragazzo riusciva ancora a prenderlo alla sprovvista, quanto più perché Yuu gli aveva seriamente scritto quella mattina se poteva passare da lui nel pomeriggio apposta per dargli il suo cavolo di secondo bottone. “Potevi aspettare dopo il diploma!”
Yuu si sciolse in un sorriso disinvolto, gli era difficile evitarlo davanti a reazioni tanto carine.
“Domani sarai impegnato con il tuo esame preliminare, volevo dartelo oggi,” affermò, muovendosi un po' sul posto e guardandolo con particolare intensità ed eloquenza nell'aggiungere: “È tuo e di nessun altro.”
Morisuke non sarebbe stato il suo ragazzo e il suo miglior rivale se non avesse saputo come rispondergli e ricambiare il suo sguardo.
L'indomani, mentre lui andava in facoltà con un bottoncino al sicuro nella sua tasca, Nishinoya si presentò a scuola con la divisa impeccabile, tolta la mancanza di un bottone.
“Ehm, Noya-san...” Lo incalzò confuso Tanaka, fissandolo.
“Che c'è? Non dirmi che ho di nuovo fiori di ciliegio incastrati sulla testa,” sbuffò Nishinoya, tastandosi con attenzione i capelli, scuri come la notte a eccezione della caratteristica voglia sul davanti e gli highlight biondi ai lati.
Tanaka si affrettò a levargli le mani da lì e rassicurarlo. “No no no, fermo!”
“C'è un motivo per cui ti manca il secondo bottone già di prima mattina, Nishinoya?” soggiunse Kinoshita, squadrando divertito e curioso l'altro terzo anno.
Arrivando vicino a lui, temprato dai tre anni trascorsi insieme di cui uno da capitano, Ennoshita lo incalzò con fare asciutto e sagace. “Non lo vuoi sapere davvero, temo.”
Tanaka però, dal canto suo, sapeva che il suo migliore amico non era stato intercettato da qualche ragazza del primo o secondo anno intenzionata a farsi avanti, almeno non prim'ancora di arrivare a scuola. E in nome della loro amicizia longeva, ricordandosi di averlo visto sparire sulla strada di casa il giorno prima, si sentì in pieno diritto di ridere — non per cattiveria, non avrebbe mai riso di qualcosa che rendeva Yuu così felice, bensì per la stravaganza e dedizione di quest'ultimo nell'essere il miglior ragazzo impegnato che conosceva.
“Noya-san, sul serio...!” sghignazzò Tanaka, coprendosi la bocca con la mano.
Yuu schioccò la lingua e puntò le mani sui fianchi.
“Tutta invidia la vostra!” asserì sicuro di sé, senza fare una piega, prima di impuntarsi e prendere a spintonare il suo migliore amico verso l'entrata della Karasuno. “Avanti, sbrighiamoci, ho promesso a Yaotome di andarlo a salutare dopo la cerimonia!”


 

( sei.)

 

“Ma guarda chi si rivede,” esordì qualcuno alle sue spalle.
Se non avesse riconosciuto quella voce Yuu avrebbe pensato che fosse rivolta a qualcun altro, dopotutto l'arena era piena zeppa di persone non solo dal Giappone, ma letteralmente da tutto il resto del mondo; invece seppe subito a chi apparteneva, e infatti quando sollevò lo sguardo dalle due squadre in campo non si sorprese affatto di vedere Kuroo. Sarebbe stato difficile dimenticare quei capelli, comunque.
Il moro gli rivolse un piccolo sorriso serafico, il cartellino riconoscitivo al collo e le mani in tasca. “Noya-kun, ti sapevo in Perù.”
Yo, Kuro-san!” Yuu gli rivolse un cenno con la mano e un sorriso di saluto, che gli anni avevano reso un po' più affilato, ma non meno caldo. Era un po' più abbronzato di quanto ricordasse, davvero poco più alto, ma con abbastanza muscoli in più da riempire una jersey con il numero 17 stampato dietro che solo un idiota non avrebbe saputo essere originale. “Vengo da lì infatti, non potevo mancare.”
Kuroo lo affiancò dove si era appoggiato con le braccia alla balaustra, e guardò anche lui il campo olimpionico, dove la squadra maschile giapponese era allineata in attesa di iniziare. Tra tutti, gli occhi del moro si soffermarono sul numero quattro.
“Hhm, penso di capire che intendi,” mormorò con fare pensoso, sollevando gli angoli della bocca all'indirizzo di Bokuto.
Yuu non rispose lì per lì, e come se avesse potuto sentire i suoi occhi gravare sulla sua figura o avesse saputo dove trovarlo in mezzo a una folla, dal campo, Yaku sollevò lo sguardo nella loro direzione, incontrando quello del corvino.
Istantaneamente, il viso di Nishinoya si aprì in un sorriso diverso – dalla linea delle sue labbra allo scintillio dei suoi occhi scuri – e sebbene più discreto e piccolo lo stesso sentimento (orgoglio, ammirazione, entusiasmo, complicità, tenerezza, amore) si riflesse, incredibilmente, sui tratti solitamente severi di Yaku. Ricambiando il sorriso del più piccolo, sollevò una mano chiusa a pugno nella sua direzione, e Yuu fece altrettanto.
Kuroo assistette allo scambio con fare neutro, ma non senza un minimo di interesse, restando cautamente fuori dalla gravità che pareva aleggiare tra il suo ex-compagno di squadra e il giovane uomo al suo fianco. E appena Nishinoya abbassò il braccio, non poté davvero fare a meno di commentare.
“Il mio occhio da sponsor mi dice che quella maglia non l'hai comprata in un impeto da tifoso.”
Il corvino si girò a guardarlo con le labbra piegate in un sorriso tutto pepe e sicurezza e la risposta letteralmente indosso, eppure non si vergognò minimamente ad esternarla. “Non ne ho bisogno, io e Morisuke portiamo quasi la stessa taglia!”
Venne dato il fischio d'inizio.
“Ah, sì, le gioie dell'essere una coppia, la condivisione.” Ridacchiando, Kuroo tornò a osservare il campo, ed entrambi si concentrarono sul primo servizio prima che la curiosità avesse la meglio su di lui. “Questo significa che ti vedremo qui fino alla fine dei Giochi?”
“Anche dopo, abbiamo trovato casa qui— NICE RECEIVE, MORISUKE!”
La verità però era, e questo Yuu e Morisuke lo avevano sperimentato su pelle, che almeno metaforicamente parlando una casa loro l'avevano sempre avuta.




OKAY FELLAS, un paio di precisazioni per chiudere in bellezza:

1. 
i pov o comunque i personaggi coinvolti in ciascuna scena (tutte in ordine cronologico) non sono casuali. Sono infatti le persone che negli headcanon miei e della mia Morisuke bellissima hanno tenuto dei discorsi al matrimonio di Yaku e Nishinoya.
2. sono presenti degli OC: Kotone e Haru sono la madre e uno dei fratelli di Yaku, e non sono di mia invenzione. Shinya, Chiaki e Mariko sono invece il padre, la cuginetta e la zia di Nishinoya, e sono stati creati da me.
3. 
nel punto cinque si fa riferimento all'usanza giapponese per cui il giorno del diploma, alle medie così come soprattutto alle superiori, i ragazzi regalano il secondo bottone della loro divisa scolastica alla persona amata. Può anche avvenire l'opposto, ossia che una ragazza o un ragazzo (siamo inclusivi please) generalmente più piccoli (ma non solo me thinks) si faccia avanti e si dichiari, chiedendo di ricevere il bottone in caso i sentimenti siano ricambiati. Qualora l'uniforme fosse come quella del Nekoma, per intenderci, invece del bottone si regala la cravatta.
4.
 la timeline è, come ho detto prima, in ordine cronologico, e l'ultima scena è ambientata durante le Olimpiadi di Tokyo del 2021.

Detto ciò, non mi resta che ringraziare chi è arrivato fin quaggiù! Sono molto affezionata a questa coppia, la loro trama e la loro dinamica, quindi spero davvero che se non altro questa storia possa aver fatto sorridere qualcuno. :)
Grazie per aver letto, alla prossima! <3
  
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