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Autore: Bardiel    23/05/2005    3 recensioni
Provo ansia. Terrore… La sensazione di un’altra presenza oltre alla propria, accompagnata dall’insicurezza e dalla consapevolezza inaspettatamente e paradossalmente alleate. Sapere che c’è qualcun altro lì con te, qualcuno che non desideri perché vuole farti del male. E tu lo sai.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Misato Katsuragi, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN BIMBO CHE TREMA NELLE TENEBRE.


Lo sento…

è qui…

Cerca di nascondere la sua presenza…

Forse involontariamente, ma lo fa…

Sì.

E’ qui…

Lo avverto fin troppo bene…

Ormai so quando c’è…

anche se non lo vedo, anche se non lo sento, lo avverto.


E’ una percezione extrasensoriale.

Provo ansia.

Terrore…


La sensazione di un’altra presenza oltre alla propria, accompagnata dall’insicurezza e dalla consapevolezza inaspettatamente e paradossalmente alleate.


Sapere che c’è qualcun altro lì con te, qualcuno che non desideri perché vuole farti del male.


E tu lo sai.


Ma sei troppo debole per scacciarlo, sei abbastanza forte per fuggire da tutto, ma non abbastanza per fuggire da lui, sei solo un uomo, un misero e debole uomo… anche la parola “uomo” eccede nel tuo caso, è decisamente troppo… ma che puoi farci?

Sei Shinji Ikari.

E lo sai anche tu, che quando anche la conoscenza, l’unica arma che puoi utilizzare per combatterlo, non è efficace lo sai, lo sai che fine farai…

Paura…Terrore…



Quando poi abbandona ogni sotterfugio…

Quando poi non si fa più scrupoli…


allora esce…


Non subito mostra la sua immagine…

Attende…

ti mette ansia…ma…

è questa la sua parte preferita: fare ciò per cui è venuto… e più hai paura più il bastardo è contento, più forte...

si nutre della tua paura e si rinvigorisce.

Non puoi farci niente, sei tu che l’hai voluto.

Accettalo.


Nel mentre esce allo scoperto inizia sempre così, ormai ti è noto cosa fa e come lo fa, conosci tutte le sue mosse e ti turba poter prevedere le azioni del tuo nemico ma non poter reagire in alcun modo per fermarlo.


Lo senti, ora lo senti…


Ma non come all’inizio, ora lo senti… sì… aguzzi l’orecchio e…






Ecco.

Un brivido ti percorre la schiena.

No, non è una tua impressione.


Lo hai sentito, tu sai di averlo sentito e non provare a convincerti che sia stato solo frutto della tua immaginazione… non azzardarti, ma tanto non lo farai, perché tu sai di averlo sentito.


Ti tremano le labbra, sudi sotto le coperte che sembrano imbottite di magma, spalanchi gli occhi nella tua stanza buia, li riapri e li richiudi varie volte perché non sei sicuro di averli veramente aperti: sulle tue pupille poggia la stessa oscurità, che tu abbia o no le palpebre chiuse.

Terrore, provi terrore.

Lo stesso terrore che potrebbe afferrare il cuore di un uomo solo, al buio, in una foresta, di notte, che corre perché inseguito da qualcosa di crudele, malvagio ed affamato, di cui riesce a vedere solo gli occhi rosso sangue, tanto c’è buio.

Temi di essere diventato cieco…

ma in parte questo ti tranquillizza: non vuoi vedere il suo aspetto… perché sai che se succedesse tu moriresti.


Temi che qualcosa debba toccarti da un momento all’altro i piedi e magari afferrarti, trascinarti giù dal letto per sbranarti… o semplicemente abbracciarti, per farti morire di paura…


Pensando a queste due eventualità, ti stupisci di te stesso perché temi di più la seconda alternativa.


Esatto.


Temi di più il suo abbraccio dei suoi denti…


Perché? I denti farebbero più male, sai? Soffriresti di più, se lui ti sbranasse.


Allora, perché?


Ah… capisco.


Hai ragione: perché ti ucciderebbe con un gesto che dovrebbe trasmettere amore… e invece QUELLO STESSO GESTO compiuto da LUI ti porterebbe alla morte… moriresti di paura tramite un gesto d’amore.


Una morte troppo atroce per essere anche solo immaginata…


Per questo ora temi…

Temi il buio…

Temi il suo tocco freddo…

Temi la sua compagnia…

Temi lui…


Tutto questo da quando il tuo orecchio inizia a sentire qualcosa…

Diamine, lo senti.

Continui a sentirlo…

Maledizione, lo hai sentito di nuovo!!! Anche adesso… lo senti!! Ti prego, smettila!!! Lo senti, lo senti, è qui!!!!! E’ a pochi metri da te e avanza! Va avanti! Il suo obiettivo sei tu!! E’ QUI!! E’ QUI CON TE!! E’ IN QUESTA STANZA!!!

Lo senti di nuovo, più di prima…

Lo senti…






Lo senti respirare…




Sì.

Sì, sì… esatto…

respira maledizione, è vivo!! Sta respirando!! Senti quel maledetto bastardo respirare!! Alle tue spalle!! E’ dietro di te!!!

Lo percepisci bene ora: il suo sibilo è tale che capisci che mentre ti alita…sta sorridendo…

Sì, lo vedi…

Nella tua mente puoi vedere la sua maligna bocca allargata, che ti sorride…

Un sorriso malvagio…


Hai paura, lo vedi e hai paura…


Ti sembra di rivivere un incubo già vissuto in passato: sai cosa succederà, ma corri e rimani fermo, urli e non senti la tua voce, scappi e sei morto… ma da quest’incubo non ti puoi svegliare.

Chiedi anche il perché? Dovresti saperlo…

Perché sei stato tu stesso a volerlo.



E tu lo sai, ne hai la consapevolezza…

Lui ride per le tue sofferenze, si compiace per il suo lavoro: metterti paura.

E lo fa fin troppo bene, ma tu non puoi farci nulla.


Lo senti più forte, ora.





Bastardo…





Dannato bastardo…




Lo sta facendo apposta… il bastardo.

Respira più forte apposta: lui VUOLE che tu lo senta.

Quindi fa respiri più veloci, più affannati, più profondi… e tu hai paura.

Anzi, ormai la paura l’hai oltrepassata da un pezzo… già, sei molto più avanti della paura, se ti volti non la vedi neanche più, mentre il terrore…

Quello ancora lo vedi, ma ti stai allontanando anche da lui, ormai… non c’è un nome con cui chiamare il tuo attuale stato d’animo, non sai se esiste ne se mai esisterà…

Provi ad immaginare te stesso, più per non immaginare il suo ghigno che non per altro: sei raggomitolato sotto alle coperte, che stanno per scioglierti addosso tanto sono calde, che vorresti toglierti per rinfrescarti un poco ma le tieni nella futile speranza che possano proteggerti da lui; stai tremando, non hai più la forza per tenere gli occhi chiusi, tanto se li tieni aperti o chiusi non cambia niente; vuoi sapere com’è fatto, vuoi conoscere il suo aspetto ma non ti volti per guardarlo, rimani con il corpo rivolto verso il muro…provi a darti qualche consolazione rassegnandoti all’inevitabile, dicendoti che sei pronto, che non te ne importa niente di morire, ne tanto meno come morirai, ci provi… ti convinci alla fine.

Ma non basta.

Cazzo, con lui non basta mai niente, CAZZO!



Ora… ora… ora…

NO!!!!


No, vattene!! No!!!


No… Ti…t… t-ti prego, n…no… non …farm-mi… del male…

Inizi a piangere: singhiozzi e non riesci più a respirare, però i lamenti non escono dalla tua gola… sei zitto. Singhiozzi e basta, mentre le lacrime ti scendono copiose dagli occhi…

Ti vedi: sembri un bambino, ma in fondo non hai orgoglio, non ti è mai importato di nulla di queste cose, quindi non ti fai neanche pena.

Sì, ora lo senti…

Prima il tuo sesto senso, poi l’udito…

ora il tatto.

Ti poggia una mano sulla spalla, piano, con delicatezza… ma non per non farti temere… al contrario, vuole che tu abbia paura… il freddo che alberga in lui ti invade: ora la tua pelle brucia come ricoperta da olio bollente, mentre sotto di essa sei congelato… letteralmente, il sangue è ghiaccio e le tue interiora neve. Avverti distintamente la differenza di temperatura.

E temi… temi che il tuo corpo non possa resistere al freddo e al caldo insieme… come quando al mattino togli il ghiaccio dai vetri della macchina con l’acqua: se usi acqua calda i vetri si spaccano, per la differenza di temperatura… e temi questo, temi questa fine per il tuo corpo.

I tuoi sospetti erano fondati…

Ti senti improvvisamente male.

Ti viene da vomitare, la gola ti si chiude, le ossa ti si spaccano, ti vengono delle convulsioni, senti dolore, dolore lancinante a tutto il corpo, lo stomaco ti si apre, la testa ti si apre, gli occhi disperati tentano una via di fuga spingendo dalle orbite, la lingua ti schizza fuori dalla bocca, stranamente non esce neanche una goccia di sangue dal tuo corpo, almeno non liquido, il sangue che vedi è ghiaccio rosso e la tua voce ha deciso di rimanere dentro di te… ha paura di uscire perchè sa che fuori c’è lui… e lo vedi…. Vedi il tuo corpo spaccarsi.

Come avevi temuto…






E’ finita? Sono morto? Finalmente la mia sofferenza, è finita?







No.







Non sono ancora morto… strano, d’avvero strano

Ma non lo sono.








Il bastardo…

C’è il suo zampino.

E’ colpa del bastardo…

Lui può…

Sì, lui ne è capace…

Perché lui non è un uomo, è ad un livello superiore… non è un demone, non è un angelo… è un dio.

Per questo lui può, maledetto bastardo.

Lui può…

Può impedire alla morte di arrivare…

Si piazza tra la sua preda e la morte e impedisce a questa di raggiungere l’essere che non ha ancora torturato abbastanza, che non ha ancora torturato come voleva lui.

In questo caso sarei io quell’essere e lui non era ancora soddisfatto: mi voleva martoriare ancora più di così… nonostante stessi soffrendo come non mai, soffrivo… e ora che non provavo più dolore fisico provavo dolore nell’animo, quello a cui sono più abituato... Ma adesso era più forte.


La sua mano è ancora lì.

Su ciò che resta della mia spalla la sua mano è lì.

Ora preme un po’ di più, si avvicina… avvicina il suo viso al mio orecchio… sta ancora sorridendo, ora è più che soddisfatto…sento il suo freddo alito sulla pelle e mi chiedo come riesco ancora a percepire qualsiasi cosa col mio corpo…

E’ tutto merito del suo incantesimo, della maledizione con cui il bastardo mi tiene soggiogato.


La sua ultima tortura: proietta delle immagini nella mia mente squarciata.


I miei amici, le persone a cui voglio bene, ma anche coloro che odio… il mio mondo, mi mostra il mio mondo… o perlomeno ciò che c’è fuori dal mio io.


Signorina Misato, Asuka, Ayanami, Toji, Kensuke, signor Kaji, Hikari, signorina Ritsuko, l’Eva, Mamma… Papà… tutti.


Ora provo angoscia, tristezza.


Voglio piangere… voglio piangere ma temo di essere troppo debole anche per questo.

Già, infatti non ci riesco… e se è colpa del fatto che ho finito le lacrime allora piangerò sangue.

Ti prego basta… non mi hai già fatto soffrire abbastanza? Che male t’ho fatto io?!

Ma è inutile che cerchi scuse vane, perché lo sai che a lui non serve una ragione…è il suo lavoro.

Avrà finito adesso?

La smetterà ora?

No, non gli basta, continua: ora vedo me.

Vedo me.
Vedo me.

Insieme a loro.

I momenti più belli che ho passato nella mia vita li ho passati qui a Neo Tokyo 3, diciamo anche i più brutti, ma soprattutto quelli più belli, e li ho passati con gli altri.







Piango.







Finalmente… Ma non constaterò se ciò che piango sono sangue o lacrime, so solo che non potrei sentirmi più triste di così…

Piango perché penso che sono stato io a rinunciare a loro… piango perché ora vorrei che qualcuno entri a consolarmi, che qualcuno entri a farmi compagnia, che qualcuno entri e dica di volermi bene, che qualcuno entri e scacci il bastardo, che qualcuno entri e mi ricostruisca il corpo, che qualcuno entri e mi dia una prova, una prova che qualcuno tiene a me… piango…

Piango perché non entra nessuno…

Piango perché sono solo.

Piango perché sono io che me ne sono andato, piango perché sono fuggito.

Piango perché io l’ho voluto.

Li ho feriti ed è normale che ora loro non mi vogliano più... la mia fuga è stata la mia ultima azione spiacevole nei loro confronti.


Avvicinandosi, lui, pone fine alle mie torture dicendomi: "Soffrirai ancora, finchè sarai solo… io tornerò..."



Shinji si svegliò di soprassalto.


Era nella sua stanza… ormai era mattina, la luce del sole entrava dalla finestra e sbatteva sul pavimento… non c’era traccia del bastardo… era un sogno.

Ancora…

Ancora quel sogno…

E’ la quarta volta che faceva quel sogno nell’ultima settimana.

Glielo aveva detto anche a Misato e lei gli aveva risposto che avrebbe potuto provare ad andare da uno psicologo, se non capiva il significato di quel sogno e se lo rifaceva diverse volte.

Non era questo il punto… il suo significato lo aveva capito da subito: il bastardo era la paura e lui ne aveva paura…

Un momento…

Paura? Aveva paura della paura?

Ecco. Se fosse andato dallo psicologo lo avrebbe fatto solo per chiedergli se è normale avere paura della paura.
Ma prima di andarci lo chiese a se stesso: 'è normale avere paura della paura?'

'secondo me no…' si rispose.

'Sono pazzo?'

'No, semplicemente il significato che hai attribuito al bastardo non è pienamente esatto, per forza: lui non è la paura e basta…'

'Allora cos’è?'

'Lui è la tua paura di fuggire…'

'E allora, mi tortura… mi fa soffrire, perché…'

'perché conosci la sofferenza che incontrerai quando fuggirai'

'…'

'allora perché fuggi, scusa? Non saresti più felice stando con gli altri?'

'Anche stando con gli altri ho sofferto…'

'Però sei stato felice, lo hai ammesso anche tu…'

'Ok, sono pazzo…'

E’ vero…








E’ tutto vero…









Shinji capisce in quel momento che se avesse continuato a fuggire avrebbe continuato a soffrire e il bastardo avrebbe maledetto le sue notti.

Non è facile, pensò.

'Non è facile…'

Per un po’ decise che avrebbe continuato così, a stare lontano dagli altri e a sorbirsi i dolori e le paure del bastardo ogni notte… non gli importava, in fondo erano solo sogni, si sarebbe abituato prima o un poi.

Sì, avrebbe fatto così.

'Non mi importa più di nulla… soffrirei in ogni caso, anzi con gli altri soffrirei di più: perché sarei ferito da coloro che amo e ciò mi farebbe ancora più male… come l’abbraccio del bastardo, avrebbe avuto lo stesso effetto, avrebbe fatto più male del dolore'.


Era convinto, Shinji, che quella fosse la decisione migliore, in effetti il sonno non gli importava più di tanto e a soffrire fuggendo, in fondo, c’era abituato ormai. Non sarebbe stato tanto terribile.


Prendendo questa decisione, Shinji tolse le gambe da sotto le lenzuola calde e fradice di sudore, come il suo pigiama, e le portò piano, giù dal letto mettendosi così seduto.

Chinò il capo ed osservò un punto indeterminato del pavimento e lì vi fissò il suo sguardo.


'E’ la decisione migliore… sia per me che per loro… tanto io, sono indesiderato… e una cosa indesiderata è una cosa spiacevole, meglio che io mi levi dalle scatole…'

'Sì…

è la decisione migliore'



A questo pensava quando sentì bussare alla porta.

"Avanti".

La shoji ( n.d.a.: porta giapponese, di quelle scorrevoli) si aprì e da qui fece capolino Misato: bellissima, sorridente, con la luce negli occhi e particolarmente allegra.

"Shinchan!! Sei sveglio!! Oggi è festa, che ne dici se ce ne andiamo tu io ed Asuka a mangiare qualcosa fuori tutti insieme? Ti va? Naturalmente se volete chiamare Ayanami o qualcun altro non c’è problema!!"







Ci fu un lungo silenzio.

Lungo ed estenuante.

Alle parole di Misato, Shinji rimase di stucco: l’uscita della bruna era stata come se lui avesse appena finito di scrivere ad una lavagna un importante progetto da prendere e continuare, la sua decisione di fuggire appunto, e lei fosse arrivata e avesse dato una martellata alla lavagna frantumandola in mille pezzi.


Shinji non capì bene cosa stava provando in quel momento: era molto confuso.

Nella sua testa infuriava una vera e propria battaglia all’ultimo sangue che vedeva da una parte la sua ferma decisione di allontanarsi e dall’altra le parole della tutrice: “Shinchan”, “…tu, io ed Asuka…”, “…tutti insieme…”…

Insieme…

Più si ripeteva quella parola più stava male…

'Perché…?

Perché…?

Perché, quando decido che posso stare senza di loro devono venire e farmi credere di essere importante, per loro? Perché, sempre in questi momenti, quando pensarlo mi fa solo più male?'

Misato non capiva bene il perché della strana espressione con cui Shinji la guardava: sembrava quasi spaventato, la guardava come se fosse un fantasma, come se avesse detto chissà cosa… poi divenne improvvisamente triste, distolse lo sguardo da lei e lo portò a terra.

…chissà a che stava pensando? Si chiese lei.

Capì subito che in lui c’era qualcosa che non andava, per qualche motivo era triste… dopo un po’ pensò di provare a tirargli su il morale, sempre pensando bene a ciò che doveva fare perché sapeva che lui temeva i contatti e più erano diretti più lui aveva paura… così…

"Oohh, Shinchan, cosa c’è? Non ti senti bene? Vuoi, che facciamo un altro giorno?"

Dicendo ciò, Misato assunse un’espressione compassionevole e si sedette, lentamente, sul letto, accanto a Shinji.

Sapeva bene che quella vicinanza era già troppo e probabilmente Shinji le avrebbe chiesto di andarsene.

Tuttavia non lo fece.



Anzi, piano piano Shinji, quasi senza accorgersene, alzò lo sguardo perso e un po’ confuso sul viso della tutrice, la quale ora lo guardava sorridendo.

'Che devo fare? Che devo fare? Cos…

Cosa…

Cos’è…Questa nostalgia?

La mamma?

L-La….mamma?

Perché…ora, mi viene…da piangere?

Guardando la signorina Misato?

Il suo sorriso? I suoi occhi?

Sentendo il suo odore?

E perché ho paura?

E’ la solita paura che ho nei confronti dei contatti che ho con gli altri?

E’ per questo?







No…


E’ diversa, questa paura è diversa…

Questa è la paura che provo perché temo i postumi della mia scelta, temo i postumi di quello che sto per fare… starò facendo, ora, la scelta giusta?

Non me ne pentirò in futuro?'



Misato si stupì nel vedere gli occhi di Shinji pieni di lacrime, ora singhiozzava, ora la continuava a guardare, ora tremava, ora piangeva… ora la abbracciava.

Era confusa: non si sarebbe aspettata una reazione simile da parte di Shinji, che la stava abbracciando forte piangendo sul suo petto, per cui ci mise un po’ prima di portare una mano dietro la schiena di Shinji e l’altra sui suoi capelli, così lo strinse teneramente.

"Sshh, Shinchan, su non piangere… dimmi cos’è successo, io sono qui…"

Alle parole della tutrice il pianto di Shinji diventò ancora più forte. Ora era quasi un pianto disperato.



Quel giorno, Shinji decise.

Avrebbe provato.

Avrebbe tentato… se fosse stato necessario avrebbe anche fatto finta, di stare bene con gli altri.

Decise che si sarebbe ricostruito lui, da solo, ma con l’aiuto degli altri, con l’aiuto della signorina Misato.



Lui ora era distrutto… era una bambola che era riuscita da sola a staccarsi le braccia, la testa e le gambe e ora doveva rimontarsi. Misato, invece, sarebbe stata la sua guida: colei che lo avrebbe tenuto in braccio fino a quando le sue gambe non sarebbero state rimontate e non gli avrebbero permesso di stare in piedi da solo. Poi, una volta riuscito nel suo intento avrebbe ricominciato a stare in piedi e a camminare, e lei lo avrebbe tenuto per mano per impedirgli di cadere, fino a quando lui non avesse completato la sua ricostruzione; poi, una volta in grado di reggersi da solo, avrebbe continuato, lei, a tenergli comunque la mano, perché il contatto non era più temuto… perché lui non si rompesse mai più.

Lui sapeva che poi un giorno lei sarebbe scomparsa, avrebbe dovuto andarsene… anche se non voleva, avrebbe dovuto.

Ma quel giorno, lui sarebbe stato abbastanza forte da camminare da solo… senza più il suo aiuto e avrebbe, in seguito, tramandato gli insegnamenti di lei ai suoi figli.



E l’avrebbe ricordata per sempre.

L’avrebbe ricordata come una madre, come colei che aveva raccolto i cocci del vaso della sua esistenza distrutta, perché lui non riusciva a raggiungerli da solo, e glieli aveva ridati, sempre con il suo sorriso nelle labbra e con l’allegria che lui non sarebbe mai riuscito ad avere.

La ringraziò, la ringraziò e pianse.

Pianse perché era felice, pianse perché era triste, pianse perché non sapeva se sarebbe mai riuscito a ricambiare la tutrice, pianse perché sentiva il suo profumo… pianse perché aveva già ritrovato uno dei cocci più grandi della sua vita… ancor prima di iniziare la ricerca ne aveva trovato uno, il pezzo portante al suo vaso, la base… ciò da cui tutto ha avuto inizio, senza di lei non lo avrebbe mai potuto riavere.

E l’aveva trovato.

No anzi, Misato lo aveva trovato e conservato per lui tutto questo tempo e ora glielo aveva restituito, lo teneva.

Lo teneva stretto tra le braccia e ci piangeva addosso.

Avrebbe voluto guardarla nel viso sorridendo, avrebbe voluto dirle tutto ora, sarebbe stato il momento giusto… ma non lo fece.

Non lo fece per paura… aveva paura… paura di vedere nel viso della donna quello di sua madre… così rimase a piangere… tenendosi stretto al suo pezzo più grande, quello che gli era stato strappato via con troppa violenza e troppo presto.

Ora lo aveva ritrovato ed era felice.

Non lo avrebbe più lasciato andare via.

Non avrebbe permesso a nessuno di sottrarglielo.

Lo avrebbe abbracciato per sempre.


FINE

------------------------------------------ N.D.A.: vi prego, siate clementi!!! Abbiate pietà!!! E’ solo la mia prima fafiction ;__;!!! Non giudicatemi tanto male!
E’ da poco che visito questo sito, non ho avuto la possibilità di leggere molte storie ma ora mi metterò a leggerle e magari scriverò qualche recensione è_é… e a proposito di recensioni, se poteste recensire questa mia storia ve ne sarei grato ^^’’, anche per una qualsiasi critica, anche per farmi notare qualche errore grammaticale o di sintassi presente nel testo, o anche solo per farmi notare una qualche situazione o un qualche avvenimento che possa aver incrinato la sublime immagine di Evangelion, tutto quanto.
Cmq, a proposito della storia, la prima parte, un po’ cruda forse ^^’’, ovvero il sogno di Shinji ha un significato metaforico sulla fuga del ragazzo dalle persone e dalle cose spiacevoli e le sofferenze che lui prova, come la rovina del suo corpo, la tristezza e la paura sono le stesse che teme di incontrare fuggendo; la ripetizione del suo sogno sta a significare che conosce bene ciò che rischia. La distruzione del suo corpo, soprattutto, simboleggia la distruzione della sua esistenza, che nel testo chiamo anche vaso. Il titolo, poi, è preso dai promessi sposi di Manzoni, durante l’Addio ai Monti.
Avevo intenzione di scrivere una storia di Eva per ogni genere, dall’avventura sino anche all’erotico e così spero di fare ^__^, questa non ha un genere fisso, direi che è in parte Dark ed in parte Drammatico. Spero di riuscire a farvi piacere le mie storie. Cercherete di capirmi, vero ç__ç? Ricordate che sono pochi gli scrittori capaci di scrivere tutti i generi letterari e io spero di esserne all’altezza.
Ringrazio di cuore a tutti coloro che hanno letto la mia storia, spero vivamente che siate riusciti ad apprezzarla. Se vi sono parti che non vi sono chiare chiedete pure!!!
CIAO!!!! Alla prossima!!!

  
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