.37.
LA
DIAGNOSI
I giorni passavano e Joy sembrava stare benino, nonostante avesse
avuto una piccola ricaduta, un’altra scossettina come quelle che avevano
preceduto la grossa crisi. Aveva subito preso le medicine e aveva parlato con
Zero.
Il dottore non era molto tranquillo. Non gli bastavano più le analisi fatte, ma
non aveva gli strumenti adatti per fare ulteriori approfondimenti.
Era ancora molto indeciso se parlarne con Harlock, perché sapeva quanto fosse
delicata la situazione e quanto sarebbe stato pericoloso portare quella ragazza
su un pianeta per farla visitare in un centro specializzato. Era un azzardo
perché era certo che il Capitano sarebbe voluto andare con lei e si sarebbe
esposto ad un rischio inutile. Essendo il ricercato numero uno dell’intera
Galassia, per lui, andare in giro fuori dell’Arcadia poteva essere molto
rischioso.
Aveva traccheggiato per qualche giorno, anche in virtù del fatto che Joy, per
fortuna, stesse meglio, ma ora con questa nuova piccola crisi s’era deciso a
parlarne con Meeme.
Tra lui e l’aliena esisteva un rapporto particolare, indefinito, ma di profonda
e reciproca stima. Ci fu un momento, tanti anni prima, quando passavano molto,
troppo, tempo insieme a bere sakè, che c’era stato quasi un guizzo di tenerezza
tra loro. Meeme un giorno, all’improvviso, gli aveva chiesto un bacio(1), che però lui si era rifiutato
di darle. Non aveva mai capito quella bizzarra richiesta. Ubriaca non poteva
essere, dato che lei si nutriva esclusivamente di alcool, e quindi si era sempre
domandato il perché di quella uscita così singolare. Lui non si era mai sentito
all’altezza di quell’essere alieno quasi mistico, e non era voluto entrare in
così grande intimità con lei, ne aveva timore. Era una creatura così
particolare, così leggiadra ed eterea che gli sembrava asessuata, come una
sorta di angelo, che dovesse rimanere al di sopra delle cose degli uomini. Come
sapeva per certo, che la sua abnegazione per il Capitano, non era e non sarebbe
mai stata un legame tipicamente umano, né tanto meno di natura romantica. Meeme
di fatto era come una specie di coscienza vivente per Harlock, era come se
fosse stata la sua parte interiore personificata, così come Tochiro era l’anima
dell’Arcadia.
La devozione dell’aliena era puramente e decisamente platonica, perché al di
sopra delle debolezze umane, sebbene all’inizio, come tutti, anche lei fosse
stata vittima del potente fascino di Harlock, a cui non sfuggiva nessuno. Per
questo quella volta era rimasto così sconcertato da quella insolita richiesta,
che però era subito svanita nell’aria, come una bolla di sapone e che non fu
mai più ripetuta.
La stima tra loro era rimasta intatta, seppure negli ultimi tempi si fossero
visti molto poco e frequentati anche meno.
L’aveva fatta chiamare e adesso lei era lì, nel suo studio, elegantemente
seduta, in modo piuttosto rilassato, con una gamba accavallata e un braccio
appoggiato al tavolo.
“Gradisci del sakè?” le chiese il medico, mentre apriva uno stipetto in cui
teneva gli alcoolici.
“Sai che ho un debole per quel liquore, volentieri Zero” disse Meeme
sorridendogli amabilmente. Era stata sempre piacevole per lei, la compagnia di
quell’umano. Era una mente semplice e tranquilla, non intricata e contorta come
quella di Harlock. Con Zero poteva rilassarsi e non pensare a niente. Le
regalava una sensazione di leggerezza che le piaceva molto.
L’uomo versò da bere e l’aliena lo trangugiò tutto d’un fiato, era golosa di
quel liquore.
Se ne fece versare ancora e poi gli chiese “Dunque Zero, a che debbo l’onore di
questo invito, dopo così tanto tempo, nel tuo studio?” e riprese a bere il sakè.
Il medico gli spiegò a grandi linee quale fosse il problema e Meeme lo ascoltò
senza fiatare, una volta che l’uomo ebbe finito, parlò “Potrei portarla io
stessa da un vecchio amico di Harlock, che potrebbe fare in una giornata tutti
gli approfondimenti del caso. Però dobbiamo convincere il Capitano a non
esporsi al rischio di lasciare l’Arcadia” commentò.
Zero annuì e le versò altro sakè “Sono d’accordo con te, ma come intendi fare?
Non hai visto com’è iperprotettivo con quella ragazza? Non credo che
acconsentirà tanto facilmente a lasciarvi andare da sole”.
Meeme finì il suo liquore e si passò la punta della lingua sul piccolissimo
labbro superiore in un gesto del tutto spontaneo, privo di ogni malizia umana,
per non lasciare neppure una goccia di sakè, che fece comunque arrossire il
dottore come uno scolaretto, quindi sospirò “Parlerò io con Harlock. Una cosa è
certa, non possiamo opporci alla sua volontà; quindi, bisognerà convincerlo” e
si alzò “Appena saprò qualcosa mi farò viva. Grazie della bevuta, dovremmo
farne più spesso”.
L’uomo sorrise lievemente imbarazzato “Perché no?” buttò lì, prima che si
congedassero definitivamente. Ma quando se ne fu andata, si rilassò di colpo.
Era troppo bella e troppo strana per lui, sarebbe stato meglio se avessero
continuato a mantenere le distanze.
Meeme
aveva tentato di parlare con Harlock, ma lui, soprattutto sentendo che Joy
doveva fare una visita specialistica, era stato irremovibile.
Avrebbe accompagnato la biologa e non avrebbe ammesso intromissioni di alcun
genere, da parte di nessuno.
Il problema era che sarebbero dovuti andare su Cerere(2) dove
c’era il più grande centro di cura di tutto il sistema solare, in pratica era
una sorta di pianeta ospedale, voluto dalla Gaia Saction ai tempi
della Guerra di Come Home, per far fronte alle esigenze di cura dovuta alle
aspre battaglie. In seguito i medici operanti si erano pacificamente ribellati
e avevano ottenuto che tutti potessero andare a curarsi lì, non solo i soldati,
i membri della Gaia Fleet e della Gaia Sanction, ma chiunque, civili compresi.
L’unica condizione per accedere a quel pianeta era non avere pendenze con la
legge, né tanto meno con il governo della coalizione.
Harlock
e Meeme avevano conosciuto il dottor Heizo qualche anno prima, a causa di una
brutta ferita che era stata inferta a Yattaran durante un abbordaggio. Si era
infettata e il primo ufficiale aveva rischiato grosso, così anche loro avevano
deciso di azzardare e l’avevano portato su Cerere per salvargli la vita.
Da allora, dopo un inizio burrascoso, era nata una bella amicizia con il medico
che li aveva aiutati e che si era sempre messo a loro disposizione, ogni qual
volta ne avessero avuto bisogno. Dall’Arcadia però, difficilmente ricorrevano
all’aiuto di Heizo se non costretti, come questa volta, perché era troppo
pericoloso, sia per loro, che per lui, dato che rischiava la forca ogni volta
che li faceva atterrare in segreto su quel pianeta.
Avendo catturato Ezra, sicuramente da parte della Gaia Fleet erano stati
intensificati anche i controlli e per Harlock sarebbe stato un mezzo suicidio
atterrare su Cerere, ma non voleva sentire ragioni.
Fu così che Meeme lo lasciò perdere e andò a parlare direttamente con Joy.
“Devi convincerlo a non venire. Possiamo accompagnarti io e Yattaran, o io e
chiunque altro, ma non Harlock” le disse decisa e molto risoluta, dopo averle
spiegato la stretta necessità di nuove analisi.
La biologa si era molto preoccupata, ma non lo aveva dato a vedere all’aliena e
cercò di risponderle il più tranquillamente possibile.
“Non ti preoccupare, ci parlerò questa sera. Farò in modo che mi dia retta”.
Meeme annuì e ritornò da dove era venuta.
La biologa invece se ne tornò in laboratorio. Aveva puntato i piedi e ottenuto
di tornare alle sue normali occupazioni.
Non aveva detto niente ad Harlock della sua nuova piccola crisi e aveva pregato
Zero di tacere, sapeva che si sarebbe preoccupato inutilmente, anche se adesso
cominciava a non essere tranquilla neppure lei, non riuscendo a capire che cosa
le stesse capitando. Cercava di distrarsi con il lavoro per non cedere allo
sconforto e alla paura.
Quella sera, come si era ripromessa, parlò con lui.
“Devo fare questa visita specialistica su questo pianeta…” cominciò a dirgli.
“Sì lo so, si chiama Cerere ed il medico è il Dottor Heizo” la interruppe lui.
“Il punto è che non voglio che tu venga” gli disse senza mezzi termini.
Lui la incenerì con un’occhiataccia “Io faccio quello che è giusto fare” le
rispose tagliente.
Era arrabbiato, sicuramente Meeme o Zero le avevano parlato, ma non avevano
capito che lui non l’avrebbe lasciata da sola neppure a rischio della sua
stessa vita. Era preoccupato, questa faccenda non gli piaceva per niente,
voleva vederci chiaro e di persona, perché avvertiva che c’era qualcosa che non
andava.
Lei capì che avrebbe dovuto aggirare l’ostacolo e avere molta pazienza,
perché sembrava davvero irremovibile.
Gli si avvicinò e a sorpresa, lo abbracciò, spiazzandolo completamente. Infatti
rimase un po’ irrigidito.
La ragazza allora alzò lo sguardo verso di lui e disse “Che c’è? Ti do
fastidio?”.
“No…” rispose guardingo. Non che fosse propriamente un tontolone, poteva
benissimo intuire la motivazione di quel gesto, infatti le prese le mani e la
obbligò a sciogliere quell’abbraccio.
“Non mi convincerai” disse serio.
“In realtà, penso proprio che ti convincerò e comunque ti avevo abbracciato
perché hai il muso più lungo del solito e pensavo ti facesse piacere, ma tu a
volte sei davvero peggio di un istrice!” gli disse un po’ piccata.
“Non volevo essere scostante”.
“Ma lo sei stato e lo sei spesso” lo rimproverò.
Lui arricciò il naso. Aveva ragione. Già, lei era quella che aveva quasi sempre
ragione…
“Mi dispiace” disse sincero avvicinandosi, ma lei si ritrasse.
“Ora non ho voglia io delle tue gentilezze”.
“Che c’è, dobbiamo litigare?”.
“Magari ci farebbe bene” sentenziò Joy. “Io non ti voglio con me. E se tu
insisti, allora io non andrò a fare la visita” gli spiattellò. Si era
innervosita, quella sera non era incline a dargliele tutte vinte, come invece
faceva di solito e a dire il vero, era anche un po’ stufa di essere sempre lei
quella condiscendente, accomodante e comprensiva.
Lui s’incupì molto.
“Se non vuoi andare, temo che farò qualcosa che andrà contro i miei principi.
Ti obbligherò”.
“Prima o dopo avermi sculacciata e mandata letto senza cena?” gli chiese lei
sarcastica.
“È inutile che tu faccia dello spirito. Si tratta della tua salute e su questo
argomento non transigo”.
“A parte che è la mia salute, ma parli proprio tu? Non ti
ricordi che quando eri moribondo facevi di testa tua, trasgredendo tutti gli
ordini del medico?”.
E continuarono a discutere animatamente per un bel po’, fino a quando lei fu
molto chiara.
“Non permetterò che tu rischi la tua vita per portarmi a fare una visita! E non
mi obbligherai, perché non è nella tua indole comportarti così, perché mi vuoi
bene e mi rispetti, quindi mi farai fare a modo mio. Andremo io Meeme e Yama”.
“Neanche per idea!” sibilò lui.
“Sì invece. Lo farai per me, perché io desidero così e sto male, e tu non mi
farai arrabbiare, né mi farai venire un’altra crisi solo perché vuoi essere
testardo come tuo solito. E poi ragiona, daremo meno nell’occhio noi tre”.
“Oh certo, con una nibelunga al seguito, non darete nell’occhio proprio a
nessuno!”.
Ma stava per cedere, perché lei aveva toccato i tasti giusti.
“Meeme non è una stupida, sa come fare, fidati di noi. Non mi far diventare un
problema, ti prego, io non voglio essere quella che crea situazioni di pericolo.
Mi faresti un grave torto, vuoi davvero che abbia rimorsi per tutta la vita?”
gli disse davvero accorata.
“E poi, se tu per primo non riesci a trattarmi come un qualsiasi membro della
tua ciurma, come potremmo portare avanti questa cosa?”.
Lui si passò una mano tra i capelli frustrato, poi le si avvicinò.
“Come ti viene in mente anche solo di pensare, che tu per me sia come un
qualsiasi membro di questa nave?” le disse, con lo sguardo attraversato come da
una scintilla.
Lei lo abbracciò di nuovo e questa volta lui la lasciò fare.
“Se devo restare qui, devo per forza essere come chiunque altro Harlock,
altrimenti divento troppo pericolosa per te e per tutti gli altri. Quindi, ora
farai il bravo e mi dirai che abbiamo il tuo permesso per andare su Cerere, che
tu ci monitorerai e ci guarderai le spalle dall’Arcadia”.
Dopo qualche mugugno e sbuffo, alle fine si arrese, ma solo per compiacerla non
perché fosse d’accordo. Non voleva davvero farla arrabbiare, anche perché Zero
si era raccomandato di non farla stressare e così, seppur a malincuore,
cedette, ma solo a beneficio della sua salute. Non si sarebbe dato pace finché
non fossero rientrati e se fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai
perdonato, ma aveva promesso e avrebbe mantenuto la parola.
Due
giorni dopo, Meeme Joy e Yama salirono su un areo navalizzato e si
diressero su Cerere.
Arrivarono dalla parte più remota e meno controllata del pianeta. Appena
atterrati, trovarono ad attenderli una navetta-ambulanza attrezzata per le
malattie infettive, pronta a caricarli e portarli direttamente da Heizo. Era
uno stratagemma che usavano sempre. Nessuno scagnozzo della Gaia Saction si
prendeva quasi mai la briga di controllare quei velivoli, che si supponeva
trasportassero qualche umano infettatosi in chissà quale pianeta e in chissà
quale cantiere, o miniera aliena.
Dopo i soliti convenevoli, Heizo si affrettò ad iniziare i dovuti controlli su
Joy. Partì con esami del sangue, ma anche esami cellulari, esami
elettrostatici, scannerizzazione molecolare, eco tac celebrale, rilevazione
laser della polpa del midollo spinale, insomma un vero e accurato check-up
completo(3).
Ovviamente non erano esami che si potessero fare in breve tempo e come
previsto, soprattutto per avere i primi riscontri, sarebbe stato necessario
rimanere su Cerere almeno per l’intera giornata.
La ragazza fu chiusa in una stanza con dei fidatissimi collaboratori del
medico. Yama rimase fuori della porta a fare la guardia e Meeme si appartò con
Heizo, per metterlo a conoscenza di ciò che Zero le aveva detto su Joy.
“Le hai fatto la tua scansione del DNA?” s’informò l’uomo, conoscendo le
abilità dell’aliena.
“No. Non volevo impressionarla. Ma c’è qualcosa di poco chiaro che sfugge al
medico, sembra una reazione scatenata da qualcosa, ma non capisce in realtà che
cosa possa essere”.
Heizo si riservò di aspettare i risultati e fece qualche domanda a Meeme, tanto
per informazione, soprattutto su quel chip che la ragazza aveva impiantato in
testa e che lui aveva subito notato. L’aliena gli riferì quello che le aveva
detto Yattaran.
Il medico fin da subito aveva avuto un sospetto, ma non ne parlò perché voleva
vederci veramente chiaro prima di esporsi, tanto sarebbe solo stata questione
di tempo.
Però volle fare una domanda a Meeme “Questa ragazza è umana. Hai la certezza
matematica che lo sia?” gli chiese.
Meeme annuì “Assolutamente sì”.
Heizo si grattò pensoso il mento “E allora temo che ci sia davvero qualcosa che
non va… speriamo che non sia un processo irreversibile…” commentò a voce alta,
corrugando la fronte.
Meeme si preoccupò “Che intendi dire?” gli chiese.
“Te lo spiegherò ad analisi fatte, non mi piace parlare per ipotesi” tagliò
corto lui.
Intanto Joy si faceva studiare ed analizzare, non senza un sottile e
serpeggiante senso d’angoscia che aumentava ogni qualvolta passavano ad un
nuovo tipo di esame, sperava di finire presto, che le dicessero che tutto
andava bene. Voleva tornare da Harlock, sperando che non fosse troppo
agitato.
Cominciava ad avere paura ed a temere di avere davvero qualcosa di grave.
Yama intanto continuava a fare la guardia ed era piuttosto teso, perché
ovviamente non è che non si rendesse conto che stavano rischiando grosso. Su
Cerere c’erano un sacco di soldati che, se li avessero scoperti, probabilmente
li avrebbero fatti fuori, o presi in ostaggio per catturare Harlock, quindi era
costantemente in allerta e non vedeva l’ora che avessero finito, perché anche
lui era impaziente di rientrare.
Una
volta terminate le analisi, Heizo chiese di parlare in privato con Meeme.
Le confermò i dubbi che aveva avuto in origine e l’aliena rimase a dir poco
scioccata.
“Ma sei sicuro?”.
“C’è un margine d’errore del venti per cento circa, ma sono abbastanza sicuro e
ti dirò di più. Lei sarebbe meglio che non sapesse niente, questo per
preservare la sua salute. Non deve davvero agitarsi. Ad ogni modo, ti darò dei
medicinali più efficaci e più adatti di quelli che le ha somministrato Zero. Ve
ne darò una buona scorta, ma come potrai capire, l’unica soluzione valida
sarebbe rischiare un intervento, che però non può certo avere garanzie di
riuscita. Questa ragazza sta rischiando la vita. Più tempo passa, più il
pericolo aumenta, questione di mesi direi, uno, ad essere ottimisti due” le
spiegò.
Fu a quel punto che Meeme gli spiegò da dove venisse Joy e che non era di
quell’arco temporale.
Il medico sembrò sollevato “Allora credo la sua unica vera speranza di salvezza
sia tornare indietro nel tempo e risolvere a monte il problema, facendosi disinstallare
quel chip”.
Parlarono a lungo di questo e molto altro e l’aliena si convinse della cosa,
poi si congedò.
Ora su di lei gravava un peso veramente enorme.
Joy non doveva sapere tutta la verità… ma allora, come convincerla a tornare
indietro nel tempo?
E ad Harlock che cosa doveva dire? La verità, o no?
Era certa che l’avrebbe presa malissimo e come al solito se ne sarebbe
attribuito tutta la colpa… un vero dilemma.
Per ora decise di non pensarci, avrebbe studiato uno stratagemma e avrebbe
dovuto farlo da sola, perché gli equilibri di tutta quella situazione erano
delicatissimi. Aveva una responsabilità enorme e questa volta non avrebbe
commesso errori, avrebbe agito con la lungimiranza e la saggezza che la
contraddistinguevano.
Intanto Joy era stata congedata e stava spettando Meeme con i
risultati, per poter rientrare anche insieme a Yama sull’Arcadia.
L’aliena però non sapeva proprio che fare con Joy, sebbene qualcosa dovesse pur
dirle.
Il medico le aveva dato il suo consiglio e lei, seguendo la sua logica tutta
particolare, le disse l’unica cosa che poteva veramente sapere senza
sconvolgerla, o rompere il suo equilibrio psichico che era poi, in quel
momento, la cosa più pericolosa per la sua salute.
“Sei stata contaminata” le disse asciutta, come se le comunicasse di avere il
raffreddore.
“Come? E da cosa?” chiese la ragazza impaurita, guardando prima lei e poi il
medico con aria interrogativa e angosciata. Questa proprio non se l’aspettava.
“Da una sorta di virus alieno” rispose Meeme, lanciando un’occhiata
d’intesa al medico.
Il medico annuì “Purtroppo il tuo fisico sta reagendo molto male. C’è questa
sorta di auto difesa in corso, per cui sarai ancora soggetta a queste crisi.
Ora io ti darò una cura più forte e più specifica di quella di Zero, per
rallentare questo processo, ma la cosa più saggia da fare sarebbe quella di
tornare indietro nel tempo. Potresti bloccare questo processo che si è
innescato per via di quel chip che collide con il virus e avresti la certezza
che non soffriresti più, perché ciò che hai ti potrebbe causare anche tanta sofferenza
fisica” le disse l’uomo. Le stava dicendo una mezza verità, nascondendo una
cosa importante di quella specie di processo di metamorfosi, solo
ed esclusivamente per il suo bene e la sua incolumità. Doveva tassativamente
tornare indietro e salvarsi, ma non poteva assolutamente essere messa in
agitazione, perché era estremamente pericoloso per la sua vita, avere altre
crisi molto forti.
La sua tranquillità aveva la priorità su tutto.
Joy rimase molto interdetta, non era molto propensa a considerare l’idea di
tornare indietro nel tempo, aveva appena deciso restare e poi non capiva.
“Ma che significa? Che virus? E dove lo avrei contratto?” chiese per nulla
convinta.
“Qualcuno te lo ha trasmesso” disse vagamente il medico.
“Qualcuno?” chiese lei, cominciando a capire.
Poi si girò verso Meeme “È come penso?”.
L’aliena pensò che quello in fondo fosse il male minore e annuì.
“È stato Harlock e credo che tu possa capire come e che cosa” tagliò corto.
“Quindi non è un virus…” chiese lei piuttosto spaesata.
“È stata la dark matter” tagliò corto Meeme. Non avrebbe dovuto dirlo ma lo
fece.
Il medico la guardò malissimo, ma ormai il danno era fatto.
Joy si sentì morire.
E ora?
Che cosa sarebbe accaduto?
Che ne sarebbe stato di lei?
Sarebbe dovuta davvero tornare indietro nel tempo?
Qualunque cosa sarebbe stata per lei una tragedia, perché aveva fatto la sua
scelta ed era felice e convinta; invece, il destino le stava giocando un bel
tiro mancino, azzerando tutto e rimescolando ancora una volta tutte le carte in
tavola.
NOTE:
(1) Omaggio
alla serie classica del 1978, episodio n.29 in cui Met/Meeme/Miime bevendo
allegramente con il Dottor Zero gli chiede un bacio, per noia, lui si rifiuta e
lei lo rincorre! :D
(2) Cerere è l'asteroide più massiccio
della fascia principale del sistema solare; fu inoltre il primo ad essere
scoperto, il 1º gennaio 1801 da Giuseppe Piazzi, e per mezzo secolo è stato
considerato l'ottavo pianeta. Dal 2006, inoltre, Cerere è l'unico asteroide del
sistema solare interno ad essere considerato un pianeta nano, alla stregua di
Plutone, Makemake, Haumea ed Eris. L’ho preso in prestito e ho fatto finta che
fosse un pianeta terraformato, mi piaceva il nome latino :) (Fonte Wickipedia)
(3) Serie di
termini “medici” totalmente inventati a random dalla sottoscritta :P