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Autore: Onda nel silenzio    30/05/2022    2 recensioni
"Dobbiamo andare, Nami" la voce di lui è bassa, ferma, le sfiora l'orecchio con dolcezza, ma stavolta si porta dietro anche un tremito che lei non gli ha mai sentito.
"Non possiamo restare qui?"
Lo fissa al di sotto degli occhi appannati, un'onda invisibile che le affiora alle labbra e lì vi resta impigliata.
Sa già la risposta.

Dimenticheranno tutto.
"Ci dimenticheremo."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alberi.
Rami.
Fiori a profusione.
Fiori candidi, fragranti, fiori colmi di vita.
C'è tanto verde. E una luce piena, gentile, che filtra dalle foglie immergendo la foresta in un tepore dorato.
Si sta bene fra quei sentieri. Sanno di estate, di pace.
È mattina, un tintinnio lieve e morbido risuona di tanto in tanto tra le fronde, sembra inseguire i raggi del sole, manifestarsi quando le foglie luccicano, per poi svanire nel silenzio. Nami non riesce a stabilire cosa sia, forse non si rende nemmeno conto che è da tanto tempo che lo avverte. Continua a camminare senza sentire alcuna stanchezza, è più energica e scattante del solito.
Un bambino esile - il capo chino, gli occhi celati da un cappuccio - se ne sta seduto ai piedi di una quercia. È la prima cosa che vede quando sposta lo sguardo dall'intreccio di rami sopra la sua testa, lo nota da lontano come un bagliore nel buio, e la sua immobilità apparente le provoca un brivido d'inquietudine. Eppure sa che non deve averne paura, se lo sente nel profondo, è una sensazione tanto potente da scardinare le proteste della sua parte razionale. Così accelera il passo, lo raggiunge.
Il tintinnio tra le fronde ritorna, si intensifica. Il piccolo alza il viso nella sua direzione, gli occhi gli restano celati sotto il cappuccio, la bocca serrata in una linea inespressiva.
"Ti sei perso?"
"No" le risponde, le labbra incurvate in un sorriso appena accennato, "tu forse sì però."
Ha qualcosa di familiare, un che di dispettoso e giocoso insieme che la fa sentire sulla sua stessa lunghezza d'onda.
"Dici?" Gli si avvicina, lo osserva con attenzione. Indossa una tunica blu finemente ricamata, sul busto e sulle maniche ha raffigurati dei simboli che non è in grado di leggere, i piedi sono scalzi, ma puliti, privi di graffi, e da quel poco che riesce a vedere del suo volto suppone che non abbia più di dieci anni.
"Allora potresti aiutarmi a trovare la direzione giusta." Nami sposta lo sguardo sul sentiero davanti a loro, dove l'orizzonte cambia e la moltitudine di querce che popola la foresta non è più illuminata dal sole. Laggiù le foglie sono spente, i fiori languidi, dormienti.
"Vorresti andare da quella parte?"
Alle sue spalle si respira profumo di boccioli, di frutti maturi immersi nel verde accecante di una natura trionfante - davanti a loro, invece, dove le chiome degli alberi si diradano, si intravede solo una feritoia che si apre a fatica fra due massi scuri grevi di pioggia imminente.
"La zona da cui sei arrivata è più bella" continua lui in tono quieto.
Più bella. Invitante, luminosa, dolce come l'abbraccio di un amante che aspetta solo di offrire riparo.
"Vuoi andartene davvero?" Il bambino inclina la testa di lato, accarezza alcuni fili d'erba con le dita - dita sottili, bianchissime.
Nami ha l'impulso di abbassarsi per guardarlo al di sotto del cappuccio. "Sto cercando una persona" gli dice.
Una farfalla gli vola vicino, plana lentamente verso di lui, si posa sul dorso della sua mano, batte appena le ali nere, e lì si ferma. "Già, lo immaginavo."
Il contrasto con la sua pelle chiara è così netto da risultarle ipnotico. Non riesce a smettere di guardarla.
"Tutti cercano sempre qualcuno."
Nami si accovaccia, il bambino abbassa il viso. "Come ti chiami?"
Il tintinnio risuona ancora tra le fronde, le ali della farfalla si agitano per un istante, lievi, poi tornano a riposo.
"Ho tanti nomi."
"Ah, ti piace fare il misterioso."
Le sorride.
"Non hai paura?"
"Di cosa?"
Per Nami è talmente ovvio che le fa strano sentirselo chiedere. "Di restare qui da solo."
"Perché dovrei?" Le parla con calma, senza muoversi di un millimetro - sembra quasi che non stia nemmeno respirando, come se volesse evitare di disturbare la farfalla posatasi su di lui. "Si sta bene qui, non è pericoloso."
Nami si rimette in piedi e si gira verso il sentiero che ha davanti, gli occhi rivolti lontano, dove gli alberi si diradano e la foresta si restringe verso due contrafforti rocciosi che inghiottono la luce. Il richiamo della pioggia che proviene da laggiù le arriva nitido, portando con sé l'eco di un vento rabbioso.
"Hai ragione. Io però devo proseguire per di là."
"Devi?"
Glielo chiede lui, se lo chiede lei fra sé e sé.
Sbagliato. Non deve proseguire, lo vuole.
C'è pace in quella foresta. Così tanta che le basterebbe sedersi ai piedi della quercia, starsene lì in silenzio a guardare il sole dorare il fogliame, accarezzare i fiori, la terra, il prato, per dimenticare il male di una vita intera. Il pensiero di lasciarsi quel luogo alle spalle è doloroso, eppure per lei la voglia di proseguire è più forte.
"No, lo voglio" ammette, i piedi che le si muovono da soli in avanti.
"Rischi di perderti davvero. Non andare."
Nami si gira verso di lui, per un attimo le sembra di intravedere il brillio delle sue pupille, ma in realtà il cappuccio gli sta ancora schermando il volto. Gli sorride anche se sa che non la sta guardando - "Io non mi perdo mai" gli risponde, poi tira dritto verso il sentiero odoroso di pioggia. Non aggiunge altro, non lo saluta, continua a camminare e basta.
Il sentiero poco a poco si restringe, le querce e le betulle dorate dal sole lasciano il posto a salici piangenti avvolti nelle ombre. I fiori si riducono, l'aria si appesantisce, la temperatura scende, la luce cala.
Al di là dei contrafforti rocciosi che si fanno sempre più vicini Nami intravede un paesaggio brullo e grigio. Non ci pensa due volte, li oltrepassa con la fretta di chi sa di non poter sprecare neanche un secondo, preda di una curiosità che sa di sollievo e anche di panico.
E mentre l'estate appassisce sotto i suoi occhi una voce lontana, pacata - quella del bambino col cappuccio - la raggiunge e le dice "Hai una bella anima."





~~~






Nami cammina da ore.
Ha visto il cielo illividire in un ammasso di nubi nere, la terra sciogliersi in fango, i salici spezzarsi sotto la furia di un vento selvaggio. È fradicia di pioggia, il freddo le ha gelato il respiro, i rovi le hanno ferito i piedi. Sa di aver preso la strada sbagliata (indietro, deve tornare indietro), ma vuole proseguire.
Sta cercando qualcuno, così cammina cammina cammina senza chiedersi quanto tempo le resti ancora, se la pioggia finirà mai, se le nubi se ne andranno. Non le importa del terreno melmoso che la rallenta, del freddo che le si incunea nelle ossa, del clima capriccioso che non si lascia ascoltare.
Deve - no, vuole andare avanti.
Ogni minuto che passa ha la sensazione di perdere un pezzo di sé. La nostalgia per la foresta assolata a cui ha dato le spalle le pulsa addosso come un dardo conficcato nello stomaco.
Sa di dover fare in fretta.
Si sente sempre più debole, come se si stesse deteriorando.
Forse è colpa di quel paesaggio desolato, di quell'autunno tetro e triste che la circonda. Forse è solo il buio a spegnerla. Oppure è colpa del vento che le soffia contro sempre più irruente, sempre più astioso, come se volesse dirle tu di qui non puoi passare.
Nami è spaventata, ma è anche ostinata. E prepotente.
Non lo lascerà vincere. Non se ne andrà finché non avrà trovato ciò che sta cercando, non si fermerà finché non sarà il suo corpo a cedere.
Avanti, maledizione, va' avanti.
Chiude gli occhi, fa un respiro profondo, prova a calmarsi, a controllare i brividi.
Avanti.
Cammina.
Pianta i piedi nel terreno scivoloso con rabbia, aspetta di sentirli sprofondare, ma inaspettatamente non lo sente più molle e appiccicoso. È compatto.
E asciutto. Come le sue mani, i suoi capelli, i vestiti che indossa - ogni cosa.
Nami riapre gli occhi ed è subito costretta a socchiuderli per la troppa luce inattesa. Il cielo non è più buio, ora brilla di un azzurro limpido, senza nuvole.
Ha smesso di piovere.
Il vento si è addolcito.
Al posto di un terreno coperto di fango e grovigli di rovi sorge un campo immenso trapunto di fiori - fiori bianchi, gialli, arancioni, tutti nel loro pieno ciclo vitale.
Ci sono dei paletti di legno piantati in quel campo. E c'è un lago dietro di loro. La sua superficie lucida affiora oltre la processione di petali tingendo il paesaggio di zaffiro, una visione mozzafiato che la invita a fermarsi e le sussurra guardami, guarirai.
Nami è stanca, ha tutti i muscoli ammaccati, i piedi doloranti, le tempie pulsanti, gli arti scossi da brividi insistenti, ma c'è qualcosa che l'attira verso il lago, qualcosa di potente e ancestrale che agisce su di lei come il richiamo di un incantatore di serpenti. Le viene istintivo correre. E il suo corpo trova il modo di donarle l'energia necessaria per assecondarla.
Quando raggiunge la riva ha il cuore che le trema per l'emozione. Perché lì, dove l'erba si incurva su sé stessa creando un giaciglio, se ne sta sdraiata la persona che stava cercando - gli occhi chiusi, le braccia distese lungo i fianchi, una gamba leggermente piegata.
Nami gli si avvicina con passo leggero e si accovaccia ai suoi piedi, i petali dei fiori che le solleticano le caviglie.
Smette quasi di respirare.
Perché quel volto squadrato, fiero anche nel sonno, è inconfondibile. Lo riconoscerebbe da lontano fra migliaia di persone, ma al tempo stesso non si capacita di ciò che vede.
Quello è Zoro, il suo Zoro, eppure è molto diverso dall'uomo che l'ha lasciata.
Nami è scossa da una strana inquietudine mista a meraviglia. Lo shock iniziale, violento e brevissimo, viene presto inghiottito dalla paura.
Qualcosa non va.
Zoro è pallido. Ha le sopracciglia contratte e la fronte leggermente aggrottata. Non sembra soffrire, eppure non ha nemmeno l'aspetto di chi stia dormendo sereno.
Sa cosa significa, che è perso in una ricerca mentale - cosciente solo per se stesso, assente per il resto del mondo.
Gli occhi le si inumidiscono, le palpebre le pizzicano.
Da quanto?
Sta viaggiando altrove.
Da quanto tempo è così?
Gli posa una mano sul volto - ha la guancia fredda come pietra (tombale). Stringe la presa per infondergli calore, fissandolo al di sotto delle ciglia offuscate.
Fa' che non sia troppo tardi.
Non capisce più cosa stia succedendo, cosa le stia succedendo.
Sente un vuoto al centro del petto che è come un abisso.
Ha voglia di piangere. Di gridare.
Non riesce a muoversi, a pensare (ricordare).
Poi però avverte un movimento - un guizzo piccolo, lieve, sufficiente a lenire la sua paura. Nami batte le palpebre per scacciare l'accenno di pianto, trattiene il respiro, aspetta.
E lui apre gli occhi.
La guarda.
La riconosce.
Rilassa il volto.
"Ti aspettavo" le dice fiocamente.
Le scappa un singulto.
La sua voce - quella è la sua vera voce.
Non la sentiva più da cinque anni (cinque lunghi, infiniti anni).
Zoro si porta una mano al volto, la posa sopra alla sua. Negli occhi ha una luce triste, ma vittoriosa.
"Sei così bella."
Nami sorride e trema e piange. Le era mancata tanto la stretta della sua mano ruvida e gentile. Lo sguardo appannato le scivola sulla superficie del lago.
L'acqua, limpida come uno specchio, le restituisce l'immagine di una giovane ragazza dai capelli rossi. La se stessa di molto tempo prima, quando era nel fiore degli anni.
Come Zoro.
Zoro che è senza cicatrice sull'occhio, Zoro che le sorride senza quelle rughe che gli hanno increspato tante volte gli angoli della bocca. Zoro che adesso è soltanto un ragazzo, come lei.
E allora Nami ricorda.
Felicità, tristezza.
Sollievo, paura.
Accettazione, rifiuto.
Tutto, tutto le piove addosso in un solo vorticoso istante.
È morta.
Lo sono entrambi.
Zoro se n'è andato prima di lei - non sopporterei di sopravviverti, le diceva sempre, un po' crudele un po' indifeso, e la sorte l'aveva accontentato.
Nami lo vede chiudere gli occhi per un attimo, serrare le labbra, come se volesse concentrarsi per scacciare qualcosa. Forse anche lui sta pensando a quel giorno di cinque anni prima, forse anche a lui, adesso, sanguina il cuore.
"Non potevo andarmene senza di te."
Parlare sembra costargli una fatica dolorosa, ma trova le forze per stendere le labbra in un sorriso ribelle.
Nami lo sente accarezzarle delicatamente il dorso della mano - e trema, trema ancora, interdetta. Le lacrime le scorrono calde sul viso, calde come la loro stretta, calde come l'intreccio dei loro sguardi.
Ricordi.
Lei e Zoro non sono altro che un ricordo.
Ma sono insieme.
E quel posto - il campo, il lago, i fiori - ora trova un senso che prima non aveva. Se Nami si voltasse un attimo vedrebbe un giardino adorno di piante di mandarino costeggiare una casa gialla. La loro casa.
Prova a parlare, le spalle scosse da singhiozzi, gli occhi che si rifiutano di chiudersi per scacciare le lacrime col timore di perdere tutto.
Zoro sapeva di non poter restare, eppure ha lottato per rimanere agganciato a quella dimensione. Zoro sapeva che prima o poi si sarebbe perso nello spazio fisico, e ha continuato a cercarla con la mente.
"Mi hai aspettata."
Non riesce a fare altro che ripetere le sue parole, la voce fievole, spezzata dall'emozione.
Il sorriso ribelle di lui si accentua. Nami cerca di farlo desistere dall'alzarsi, ma Zoro non le dà retta - come ogni volta - e in sfregio alla sua stessa sofferenza si solleva a mezzo busto, il respiro lento e provato. Lei gli afferra il volto tra le mani, se lo porta più vicino, spera di infondergli energia al solo tocco. Lo bacia e non le sembra vero.
La sensazione della sua presenza dentro di lei, il suo sapore, il conforto e la mestizia che prova - è tutto più bello di ciò che le ha lasciato la memoria.
È un risveglio che porta con sé ricordi felici e insieme dolorosi. Ricordi dove c'è lui e dove c'è lei, ricordi dove sono stretti l'uno all'altra, ancora nudi e caldi dopo aver fatto l'amore, dove lui le chiede Perché tremi? e lei in risposta si limita a cingergli la schiena.
È uno di quei giorni passati così, a unirsi ancora e ancora, dimentichi di ogni cosa, del resto del mondo al di fuori della loro stanza. Uno di quei giorni in cui Nami è preda di una strana malinconia e a fatica, con la paura che le scava dentro, gli sussurra Non mi basta.
È uno di quei giorni dove Zoro resta in ascolto, dandole tempo. Perché la conosce bene, e sa che sta per dirgli qualcosa che le costa molta fatica.
Non mi basta una sola vita, è troppo corta, continua allora Nami con un tremito, stringendoselo addosso ancora più forte, come se l'essere avvolta dalle sue braccia non le permettesse di sentirlo già vicino.
Morire significa rinascere dimenticando chi siamo stati prima - si ferma, deglutisce - e io non voglio dimenticarci - lo dice piano, il tono sommesso di chi confessa un segreto anche a se stessa - voglio altre vite - le parole sono lame che le tagliano la gola - ma le voglio tutte con te - piange in silenzio, senza accorgersene.
Non riesce a fermarsi.
E il sussulto che emette in uno di quei ricordi la scuote anche nel presente.
Zoro le sta accarezzando le guance, ha la fronte poggiata sulla sua. "Dobbiamo andare" le dice piano.
Lei scuote la testa. Sa che è arrivato il momento, ma come allora - in quei giorni ormai lontani, in cui fare l'amore era una felicità trafitta da quei pensieri dolorosi - si rifiuta di accettarlo.
Paura, ha paura.
"Dobbiamo andare, Nami" la voce di lui è bassa, ferma, le sfiora l'orecchio con dolcezza, ma stavolta si porta dietro anche un tremito che lei non gli ha mai sentito.
"Non possiamo restare qui?"
Lo fissa al di sotto degli occhi appannati, un'onda invisibile che le affiora alle labbra e lì vi resta impigliata.
Sa già la risposta.
"Dimenticheremo tutto" gli sussurra.
Come si erano conosciuti, persi, ritrovati, innamorati.
I loro ricordi.
La loro storia
- ogni cosa.
"Ci dimenticheremo."
Nami preme la fronte alla sua, gli stringe i capelli fra le dita, lotta contro se stessa per impedire anche al pianto, al dolore, di rovinarle quel momento, di portarglielo via.
"Se restiamo qui svaniremo per sempre." Zoro le asciuga le lacrime, le raccoglie una a una, ostinato, anche se loro non smettono di scendere. "E io preferisco rinascere per avere la possibilità di incontrarti ancora."
Le sembra di essere tornata bambina, paura paura paura - ha paura.
"Ma tu ti perdi sempre, Zoro."
Non vuole - no, non vuole - andare.
"Tu invece sai sempre dove cercare."
L'emozione le stronca la voce, la vista, i pensieri, i ricordi.
Paura, ha paura. Non -
Fa freddo.
Tira vento.
Il campo di fiori è svanito.
Il respiro di Zoro è sempre più lento e pesante.
Nami spalanca gli occhi. Nel cuore le vibra un battito doloroso che è un urlo - muto. Si alza in piedi come strattonata da qualcuno, di scatto. Lo tira su con lei, si mette un suo braccio attorno alle spalle, e cammina.
Il cielo sopra di loro è bianco, livido di neve.
Le torna in mente il bambino col cappuccio.
Aspettami.
Aspettaci, ti prego.

Zoro arranca. Nami lo sostiene a sé, continuando a camminare. Vede il mare, sotto di loro. Le sembra di osservarlo da oltre un vetro immenso, ed è sereno.
Così azzurro da farle bene all'anima.
"Magari ti darò la caccia."
Sa a cosa si sta riferendo lui (un'altra vita terrore ha il terrore), ma stavolta cerca di farsi forza, di essere lei la sua ancora.
"E se fossi io a dare la caccia a te?"
Continua a camminare, a farlo camminare.
Non è tempo per essere codarda.
Basta piangere.
Basta farsi controllare dalla paura.
Nami, i piedi insanguinati dai rovi che ha calpestato prima, avverte ora la neve insinuarsi tra i loro passi.
"Non ci contare, sarò... "
"Risparmia il fiato."
"...sempre io a-
Zoro cade in ginocchio e la trascina giù con sé. Nami si rimette in equilibrio, lo aiuta a rialzarsi, non spreca un attimo neanche per pensare.
Camminare.
Deve soltanto camminare.
Non è rimasto più niente davanti e intorno a loro.
Niente mare, niente cielo.
Solo neve.
Eppure lei sente che ci sono quasi, che ormai -
"Nami, sarò sempre..."
Un brivido di dolore le attraversa la schiena, le fa tremare le ginocchia, poi le si pianta nel cuore.
Le gambe le cedono.
E con lei cade anche lui.
Nami non riesce più ad alzarsi, a muovere la testa. Cerca la mano di Zoro con la sua. La trova e la stringe, ma non può fare altro.
La neve le cade sul viso, il vento le fischia nelle orecchie.
Non lo vede.
Non vede più niente.
Paura paura paura, ha -
Gli occhi le si chiudono.





~~~






La casa sulla collina è grande, affaccia su un mare calmo, ed è sempre piena di sole. La casa sulla collina ospita la famiglia perfetta, a detta di tutti gli isolani.
Oggi però sputa fuori dalla porta un uomo ammanettato, e le sue mura sembrano buie come non sono mai apparse, buie come gli occhi di lui, dove si annida un segreto malato pieno di colpa e vergogna.
C'è una ragazza dagli occhi nocciola ferma sul ciglio della strada. Lui guarda lei e lei guarda lui, nessuna traccia di pietà sul volto, mentre gli agenti di polizia lo trascinano via.
"Come l'ha incastrato?"
La voce del poliziotto che le è accanto attira la sua attenzione. Sa cosa le sta chiedendo, come ha fatto un'assistente sociale alle prime armi come lei a fregare lui, l'uomo più ammirato, rispettato e benvoluto di tutta l'isola - in che modo sia riuscita a capire che in realtà fosse marcio, che non meritava di essere chiamato padre, che non era niente per quello che aveva fatto a suo figlio.
È ancora scossa e arrabbiata e ferita e triste per il piccolo Sun, eppure sente anche una curiosità inedita prendere vita dentro di lei.
Si volta verso il poliziotto. Lo guarda. Ha i capelli neri, le spalle larghe, occhi scuri severi, ma gentili, che la scrutano cauti e attenti.
Apre la bocca per rispondergli, la richiude subito sentendosi un'idiota, poi dice qualcosa di cui lei stessa non si capacita. "Le dirò tutto, ma prima vorrei chiederle un'altra cosa."
Lui sembra sorpreso, ma le fa un cenno d'assenso. È strano, è convinta di sapere cosa gli stia passando per la testa, che lui, sotto sotto, non stia aspettando altro che le parole che sta per dirgli.
"Le posso offrire un caffè?"
Mai, mai in vita sua ha provato un brivido così irresistibile nel vedere qualcuno sorriderle.
È la prima volta che vede questo ragazzo, eppure le sembra di conoscerlo
da una vita.

















Note
Lascio a libera interpretazione l'identità del 'bambino incappucciato', così come il resto delle immagini che ho inserito. Forse un giorno riprenderò questa tematica per svilupparla in modo più approfondito.
Grazie per aver letto,
alla prossima!

  
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