Note dell'autrice: hello! Visto che la Riot ha finalmente deciso di ufficializzare la mia seconda otp preferita ( la prima è la CaitVi, ovviamente ) di League of Legends, ho deciso di cogliere l'occasione di scrivere qualcosa di estremamente melenso su questi due cretini. Li amo alla follia e li ho sempre amati, si dai tempi dell'evento del Butcher's Bridge. Ora sono ufficialmente sposati, in occasione del pride month. Warning: nel testo sono menzionate indirettamente parti della loro lore, vincete un biscottino se capite quali sono. Buona lettura! E felice pride month a tutti ♥♥
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Bang
Bang ( he shot me )
La
nave salpava lenta e placida quella notte di luna piena.
Tobias
la osservava dall’oblò della loro minuscola
cabina; splendeva di un giallo
intenso nel cielo terso e scuro, privo di qualsiasi nuvola,
così lucente che
era difficile scorgere le stelle attorno ad essa. L’uomo era
disteso su un
piccolo letto, fatto di poche assi di legno curve e della paglia chiusa
in un
lenzuolo di lino come materasso; anche se non riusciva a vederlo
direttamente,
l’uomo s’immaginava il riflesso della luna
sull’acqua illuminare l’orizzonte,
limpida come un faro che guida i navigatori verso terre sicure.
Sentiva il mare
calmo cullare la nave verso la sua destinazione. Da quando aveva
lasciato il
porto di Rat Town, un paio di giorni prima, il vento e le onde erano
state
clementi e avevano assicurato un viaggio tranquillo. Ormai erano in
pieno mare
aperto, il chiasso e il puzzo di interiora di serpenti marini dei Moli
del
Sangue un eco lontano.
La loro meta? Forse
Ionia, forse Piltover, forse anche Noxus se la benevolenza della
signora
fortuna fosse venuta improvvisamente meno. A Tobias alla fine non
importava più
di tanto; non avere una meta è qualcosa che portava nelle
vene. Anche se era da
tempo che non si riteneva più parte della gente del fiume,
il cercare sempre un
posto nuovo dove arrivare e da cui ripartire era un’abitudine
così radicata nel
suo essere che non ha effettivamente mai desiderato il contrario.
Per la gente del
fiume era una questione di sopravvivenza, trovare un luogo sicuro dove
passare
la notte per svegliarsi il domani e sperare di trovarne uno migliore.
Per Tobias invece
era molto diverso. Da una parte, sì era sopravvivenza, una
costante ricerca per
il prossimo lavoro da svolgere che avrebbe appesantito quel
po’ di più le sue
tasche. Ma era anche il brivido dell’ignoto, delle nuove
possibilità che la
vita gli avrebbe presentato in una nuova città lontana,
dalla lingua
incomprensibile e persone dagli aspetti più disparati. E a
lui divertiva come
un bambino a cogliere quelle possibilità, giocarci con le
dita come faceva con
le sue amate carte; gli sembrava che tutto il mondo fosse alla portata
dei suoi
polpastrelli, i fili del destino malleabili come argilla al suo volere.
A volte si era
chiesto però se una parte molto profonda di lui avesse
bisogno di una casa. A pensare che
nella sua lingua
natìa non esisteva nemmeno un termine simile; era una parola
che aveva imparato
quando varcò la soglia di Bilgewater per la prima volta,
decenni prima, quando
era ancora troppo giovane e ingenuo.
La sentì da un
sermone di un vecchio sacerdote buhru, che con una voce cantilenante
predicava
instancabilmente qualcosa di incomprensibile e noioso, a giudicare
dagli
sguardi e dai grugniti contrariati dei pescatori lì intorno.
Tobias rimase
impressionato da quell’uomo, dopotutto era la prima volta che
vedeva un buhru
in vita sua, e quelle poche parole che riuscì a capire le
ricorda tutt’oggi:
“casa è dove apparteniamo, dove la dea barbuta ci
protegge e ci mette in
movimento”.
“Quante cazzate”
disse Malcolm ai tempi, scuotendo la testa e sbuffando una risata di
scherno.
Lui e Malcolm
Graves si conoscevano già da qualche mese. Si erano
incontrati in un putrido
locale su un’isola poco lontana da Rat Town, e Tobias
capì che sarebbero stati
inseparabili dal momento in cui i loro sguardi si incontrarono per la
prima
volta. Quella sera, senza nemmeno conoscere i rispettivi nomi,
riuscirono ad
ingannare e guadagnare più denaro di quanto ne avessero mai
visto in tutta la
loro breve vita.
Erano molte le cose
che lo colpirono di Malcolm quella famigerata notte. Sicuramente la
sfacciataggine di puntare tutto il suo denaro su una pessima mano di
carte,
bluffando palesemente; sicuramente l’atteggiamento da
spaccone per nascondere
il fatto che stava rubando dal mazzo per fare una giocata vincente;
sicuramente
i suoi occhi verdi come il mare che gli comunicavano quali carte aveva
in mano
per spillare ancora più oro ai quelli che improvvisamente
erano diventati i loro avversari.
Malcolm Graves e Tobias
Felix contro il mondo intero: da quella sera nessuna minaccia era mai
sembrata
troppo grande da affrontare, nessuna avventura troppo pericolosa da
intraprendere.
Erano passati ben
più di vent’anni e le cose non erano mai cambiate.
Tobias si girò nel
letto per voltarsi verso l’interno della cabina. Seduto per
terra a petto nudo,
con la schiena appoggiata alla parete di legno, c’era proprio
Malcolm: aveva in
grembo il suo enorme fucile e lo stava lucidando e sistemando con una
cura
maniacale, mentre teneva tra le labbra un mezzo sigaro, ormai spento.
Lui era ciò che di
più lontano c’era da l’essere un uomo
delicato. Le sue dita tozze, tempestate
di cicatrici di tagli e bruciature, erano morbide e leggere solo nei
confronti
di poche cose: una di quelle cose era proprio New Destiny, rimpiazzo
nuovo di
zecca del suo vecchio fucile, acquistato su commissione direttamente
dai uno
dei migliori ingegneri di Piltover.
Tobias sospirò e
indugiò ulteriormente sulla figura del suo compagno.
Rimaneva ben poco del
giovane furfante che era una volta: i folti capelli castani che legava
in
treccine sparse avevano lasciato il posto ad una zazzera ispida e
indomabile,
che aveva cominciato ad imbiancare insieme alla barba, ad incorniciare
perfettamente le rughe che increspavano le sue sempre più
corrucciate
espressioni. Le spalle e il petto erano più ampie di quando
era ragazzo e decisamente più
pelose. Il suo torso era
costellato di tantissime cicatrici, e Tobias non fu sorpreso quando si
rese
conto di sapere la natura di tutte.
Uno squarcio chiaro
che partiva dalla spalla destra fino a metà del pettorale
risaliva ad un colpo
fatto su una nave di mercanti noxiani qualche anno prima: un omone
tutto
armatura e niente cervello aveva cominciato ad agitare il suo spadone a
destra
e a manca nel mezzo dello scontro a fuoco, accecato dalla granata
fumogena di
Graves; ci vollero mesi perché si rimarginasse
completamente. Attorno ad essa
c’erano altri segni, davvero troppi da contare, di
ciò che erano colpi di
proiettile, e nessuno di questi era mai riuscito a compiere il loro
dovere
sull’uomo. Le uniche alla cui creazione Tobias non aveva
assistito era la
ragnatela di marchi di colpi di frusta che gli attraversavano tutta la
schiena,
gentile concessione del Locker. Il cuore gli si strinse nel petto al
pensiero
di quei dieci anni perduti per sempre.
Malcolm Graves era
un uomo che aveva visto e subito così tanto dolore che in
pochi sarebbero
sopravvissuti, o perlomeno rimasti sani di mente. Eppure, ecco
lì, che si
staglia fiero e imperturbato, troppo cocciuto persino per morire.
“Ho qualcosa in
faccia?”
Tobias tornò alla
realtà troppo in fretta per registrare la frase.
“Huh?”
“Ho detto, ho
qualcosa in faccia?” Malcolm tirò fuori un
accendino d’acciaio dalla tasca dei
suoi pantaloni, “per Tommy Kench, mi stai fissando da
mezz’ora.”
Si riaccese il
sigaro e prese una bella boccata di fumo, che uscì grigio e
denso dalle sue
narici quando espirò.
“Non hai niente in
faccia” sottolineò Tobias, “a meno che
tu non intenda la tua espressione da
pesce lesso. Quella ce l’hai sempre.”
“Ah-ah. ‘fanculo,
Tobias.”
Risero entrambi di
gusto. Di solito quando uno cominciava con gli insulti giocosi,
l’altro seguiva
sempre prontamente, producendo un’escalation che spesso
arrivava fino a madri
meretrici e parenti prossimi. A volte Tobias esagerava ( ed era sempre lui che esagerava ) e finivano
con il litigare davvero e Malcolm metteva su un broncio che, se non
immediatamente trattato con una bottiglia del peggior rum di tutte le
Isole
Serpentine ( il suo preferito ), poteva durare anche per giorni.
Tobias si sistemò
meglio nel letto, mettendo il braccio piegato sotto la testa a
mo’ di cuscino.
“Lascia in pace quel povero fucile, che a furia di lucidare
finirai per
consumarlo.”
“La bambina ha bisogno di
essere coccolata
prima di essere messa a letto, lo sai bene” disse,
accarezzando le canne del
fucile con esagerata dolcezza e rivolgendogli le stesse moine che si
fanno nei
confronti di un neonato, per poi scoppiare a ridere. Tobias
sbuffò sconsolato,
ma fu tradito da un lieve sorriso che gli si arricciò sulle
labbra.
Tobias Felix non
sapeva precisamente quando si innamorò di Malcolm Graves.
Sicuramente da molto
più tempo di quanto lui volesse ammettere, forse dal primo
momento che
s’incontrarono, forse poco più tardi.
C’era un’energia che gli nasceva nel
petto ogni volta che mettevano a segno un colpo insieme, una scarica di
adrenalina lungo la schiena ad ogni quasi
esperienza premorte da cui ogni volta riuscivano miracolosamente a
scappare,
una scintilla di gelosia negli occhi ( e quanto si malediva ogni volta
che la
provava ) ogni volta che Malcolm condivideva il letto con un altro uomo.
Non sapeva quando
s’innamorò, ma il momento in cui capì
di esserlo era fisso nella sua mente:
Malcolm incatenato ad un vecchio cannone di piombo che affondava veloce
verso
il fondale del porto, condannato a morire affogato; e lui non ci
pensò due
volte a gettarsi in acqua per salvarlo, lui che non aveva mai nuotato
un giorno
della sua vita e cadere in acqua era uno dei suoi peggiori incubi. Non
trovò il
senso delle sue azioni finché non consultò
più e più volte il suo mazzo a
riguardo: indipendentemente dalla combinazione di figure e colori,
ciò che le
carte gli dicevano era sempre sulla linea di “sei
cotto di lui, amico. Fattene una ragione.”
Tobias dubitava fortemente
che Malcolm l’avesse
capito. Da quel
punto di vista non era un uomo sveglio, tanto meno romantico o simile,
nonostante avesse una schiera di amanti ed ex amanti da far invidia
alle più
belle prostitute zaunite. Non che lui fosse da meno, ma nessuna delle
sue
avventure amorose gli aveva messo in mente di
restare. Non restava mai.
Tranne che con lui.
Il destino aveva un modo tutto suo di essere pragmatico.
“Visto che ci tieni
a stare sul pavimento, dormi lì”
sentenziò, stanco di chiacchierare, e si girò
dandogli le spalle. Sentì da prima delle parolacce mugugnate
a denti stretti (
“che cazzo, ho pagato anche io per
il
letto” ), poi il clangore del metallo del fucile
che veniva poggiato a
terra, poi ancora dei passi pesanti prima che il peso di Malcolm
colpisse il
letto, incurvando leggermente le assi di legno. Quel giaciglio era
palesemente
troppo piccolo per entrambi, ma era l’unico disponibile e, in
tutta onestà,
avevano dormito in posti peggiori.
Tobias sentì il
calore del corpo di Malcolm sulla sua schiena nuda, la sua pelle liscia
si
scontrò contro la sua ruvida ed aspra.
Maledetto bastardo, pensò,
chiedendosi se lo stesse facendo apposta, se sapesse,
se finalmente ci fosse arrivato quella testa dura che non
era altro: intanto le sue budella si attorcigliavano a causa di un
sentimento
che il suo cervello rifiutava in tutti i modi di chiamare amore.
Tobias si sollevò
su un gomito e girò la testa. Con sua somma sorpresa, il
compagno stava già
ronfando profondamente a pancia in su e con le braccia conserte sul
petto.
Si girò completamente col corpo e si accucciò
addosso a lui, appoggiando la
guancia sulla sua spalla. Le preoccupazioni che quell’uomo
era capace di
generare in lui erano troppe per i suoi gusti, ma vederlo
già dormire con quel
disinteresse nel mondo che lo caratterizzava lo
tranquillizzò. Il maestro di
carte lasciò che il movimento della nave lo cullasse,
godendosi il silenzio
della notte, interrotto solo dallo scricchiolio del legno e le voci
lontane dei
mozzi che lavoravano sul ponte.
Era ormai
addormentato quando Malcolm sciolse le sue braccia, e con una di esse
cinse le
spalle dell’altro in un atto inconscio. Grugnì
qualcosa di incomprensibile
mentre si rimise comodo, sistemando la sua testa in modo da avere il
naso tra i
lunghi capelli scuri del compagno. Nel torpore del sonno, Tobias gli si
strinse
al petto e sorrise.
Per Twisted Fate non c’è mai stato un posto che
potesse chiamare casa: né tra
le risacche del fiume dove era nato, né Bilgewater,
né qualsiasi posto che
Runeterra offriva. Casa è dove
apparteniamo, e in cuor suo Tobias sapeva benissimo dove
apparteneva.
E il resto del
mondo poteva anche bruciare.
"He was walkin' around with a
loaded shotgun
Ready to fire me a hot
one, it went bang, bang,
bang
Straight through my
heart (straight through my
heart)
Although I could have
walked away
I stood my ground and
let him spray, ooh"