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Autore: Yachi10    07/06/2022    0 recensioni
Questa fanfic è ambientata nel futuro post manga dove i personaggi hanno dai 29 anni in su.
Non segue in tutto la trama originale, è una angst con protagonista Atsumu Miya.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Osamu Miya, Shinsuke Kita
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Era una calda giornata estiva e Atsumu,Bokuto e Sakusa si stavano recando all’aeroporto, oggi il loro adorato Shoyo kun insieme a Kenma sarebbe tornato in Giappone, questa volta definitivamente.

Come aveva detto loro lo stesso Hinata “ormai ci siamo fatti grandi, siamo adulti, ho 29 anni, per quanto ancora potrò fare il vagabondo da una squadra all’altra? E Kenma è stanco di stare dietro ai miei spostamenti. Nah torno in Giappone e sta’ volta per sempre”.

Così aveva esordito il mese scordo per avvisarli che sarebbero tornati e che sarebbe tornato a giocare nei Black Jackal.

I suo amici erano davvero felicissimi di riaverlo in squadra e questa volta definitivamente.

Persino Sakusa che di solito era imperscrutabile aveva sorriso alla notizia del mandarino iperattivo che tornava a casa.

L’aereo era appena atterrato, e loro si erano messi la con un cartellone enorme con su scritto “per i Black Jackal da questa parte” attirando, per disappunto di Sakusa, l’attenzione di tutti quanti.

Ed ecco apparire in lontananza le due teste che si sarebbero riconosciute tra mille, un mandarino ed un creme caramel. Che si trascinavano dietro mezzo brasile dentro le valige ed un sorriso enorme diretto verso di loro.

-Shoyo kun Kenma kun- si sbracciò Atsumu attirando la loro attenzione

-hey hey hey Hinata Kenmaa- si agitò anche Bokuto

-calmatevi, come se il vostro stupido cartellone non avesse già attirato abbastanza attenzione- si lamentò Sakusa, ma in realtà era più allegro del solito, si capiva perché non riusciva a star fermo sul posto.

-RAGAZZIII- urlò Shoyo saltando in braccio prima ad Atsumu, poi a Bokuto e persino Sakusa si fece stranamente abbracciare, anche se solo per mezzo secondo. Mentre più tranquillamente Kenma faceva un inchino, venendo però ignorato da Bokuto che lo sollevo di peso come faceva ai tempi del liceo.

-dov’è Kuroo- chiese Kenma cercando il suo migliore amico con lo sguardo

-Il poverino eravamo quasi arrivati quando l’hanno chiamato in ufficio per un problema urgente, ha dovuto prendere un taxy e correre via- raccontò loro Bokuto.

-oh- disse solo tristemente Kenma

-Tranquillo Kenken, vedrai che ci raggiungerà a casa appena stacca- lo rassicurò Hinata, guadagnandosi un sorriso da suo marito.

-Andiamo, sarete stanchi, abbiamo affittato un furgoncino, altrimenti il mezzo brasile che vi siete portati dietro vi toccava lasciarlo qui!- ridacchiò Atsumu guardando i 4 trolley extralarge che i due si trascinavano dietro.

- È quasi tutta roba di Kenma, PC, console di ogni genere, videogiochi, videocamere. La dura vita della web star- disse fintamene disperato Hinata.

-Senti chi parla, hai una valigia con solo roba da pallavolo e beach volley- mise un leggero broncio Kenma facendo ridere tutti quanti

-Una valigia su 4 Sho-chan. Mica male- ridacchiò Bokuto

-Piantala stupido gufo- lo rimproverò Kenma. E tra una risata e l’altra iniziarono a dirigersi verso l’uscita dell’aeroporto.

E fu li, questione di un attimo e tutto finì.

-ATSUMUUU- L’urlo sconvolto di Shoyo Hinata fu l’ultima cosa che sentì Atsumu prima di perdere conoscenza.

Le sirene, la corsa in ospedale, i quattro sconvolti che urlavano e piangevano, il caos più totale.

La chiamata ad Osamu e Kita.

I Pugni al muro, la polizia che non smetteva di fare domande.

La corsa verso la sala d’attesa.

La spia della sala operatoria che non voleva saperne di spegnersi

Kita che urlava disperato

Osamu che piangeva e batteva i pugni a terra.

Poi la luce finalmente si spegne ed il medico esce.

Erano passate 6ore.

6 ore di ansia tensione e lacrime.

-I familiari del signor Miya?- chiese il medico che camminava verso di loro con una cartella in mano

-siamo noi- urlarono Kita e Osamu, indicando il gruppetto

-il signor Miya è fuori pericolo, il trauma cranico era lieve per fortuna, ma la sua gamba destra era irrecuperabile, siamo stati obbligati ad amputarla. Ci dispiace.-concluse facendo un piccolo inchino

Osamu sentiva le orecchie fischiare, sembrava come quando nei film ti fanno sentire come sentono quelli a cui è appena esplosa una bomba davanti. Stava barcollando,Shoyo lo prese al volo e lo fece sedere.

Lo shock per lui fu troppo.

Non resse e svenne.

Delle infermiere corsero chiamate dal medico per occuparsi di lui.

-Tra quanto possiamo vedere Atsumu?- chiese Shoyo mentre teneva per mano un Kita che non riusciva a smettere di singhiozzare.

-dovrebbe uscire dall’anestesia tra circa 40 minuti- disse poi chiedendo all’infermiera di accompagnare i signori nella stanza del paziente.

-Andiamo Kita san. Andiamo da Tsumu. Avrà bisogno di te.- disse Shoyo aiutando il ragazzo ad alzarsi da terra

Osamu si era ripreso e lentamente si alzò aiutato da Bokuto.

I ragazzi aspettarono in silenzio dentro la stanza di Atsumu. I 40 minuti più lunghi della loro vita, di questo erano tutti convinti.

Poi Atsumu mosse un braccio, dei lamenti e poi gli occhi che si aprirono.

Atsumu si guardò intorno, confuso, vedeva tutto ovattato, sentiva ovattato, sembrava di essere sott’acqua.

Ma quel tocco lo avrebbe riconosciuto tra mille.

-Samu- disse con voce impastata

-Stupido idiota- rispose Samu tra i singhiozzi –Mi vuoi far morire?- chiese

-cos’è successo?- chiese confuso, si guardò attorno

-Shinsuke- sussurrò piano –Bokkun,Omi,Shokun? Perché state tutti piangendo?- chiese ancora, confuso.

Kenma si avvicinò a Shoyo e gli strinse la mano.

-Qualcuno mi spiega?- chiese ancora Atsumu

-Hai avuto un incidente TsumTsum- singhiozzò Bokuto

-Un pazzo ti si è lanciato addosso con la macchina- singhiozzò Shoyo –Pensavamo fossi morto- e di nuovo scoppiarono tutti a piangere senza sosta.

-Mi dispiace tanto Tsumu- disse solo Samu. Ed in quel momento entrò il medico che aveva operato Atsumu

-Oh il paziente si è svegliato, chiedo scusa potreste uscire, vogliamo controllare che sia tutto apposto- tutti annuirono ed uscirono dalla stanza.

Un urlo disperato raggiunse il gruppetto fuori dalla stanza.

Atsumu aveva appena scoperto della sua gamba.

La sua vita, Osamu lo sapeva bene, era finita in quel preciso momento.

Passarono i mesi, la riabilitazione era pesante da gestire per Atsumu.

Quella protesi la sentiva così pesante.

Non si riusciva a muovere come voleva lui.

Kita era sempre al suo fianco.

Aveva assunto dei nuovi dipendenti per rimpiazzare la sua assenza in azienda.

Non si allontanava mai da Atsumu.

Lo aiutava.

Almeno accanto a lui c’era l’amore della sua vita.

Però Atsumu lo sentiva, non era abbastanza.

Altri mesi passarono.

Ora la protesi era più facile da gestire. Riusciva a fare tutto come prima.

Quasi tutto, ormai la sua ragione di vita non c’era più. Non avrebbe mai più potuto giocare a pallavolo.

-Shin? Andiamo al mare?- chiese Tsumu che guardava annoiato dietro la finestra.

-Certo- rispose Kita con un dolce sorriso. –metti una felpa, tira parecchio vento- aggiunse avvicinandosi a lui con una felpa in mano

-Grazie- sorrise debolmente Atsumu.

Arrivarono alla scogliera, il posto preferito di Atsumu, si sedettero nelle panchine vicino allo strapiombo a godersi la tiepida luce del tramonto autunnale.

Atsumu scattò una foto con il suo smartphone e la inviò a Osamu.

-sicuramente a Samu piacerà- sussurrò rivolto a Kita.-ti dispiace se gli scrivo una mail, ci metto poco, poi conservo il telefono e sono tutto tuo promesso- disse Atsumu con un enorme sorriso sul volte rivolto a Kita.

Sorriso che poteva ingannare tutti, tranne Kita, che sorrise tristemente e gli disse di scrivere con calma al fratello.

“Caro Osamu, Samu, mia metà, mio gemello, mio tutto.

Ci sono delle cose che non ti ho mai confessato.

Beh, non che tra noi ci sia mai stato realmente bisogno di parlare.

Tu sai sempre cosa voglio dirti, o cosa sto pensando.

Come quando mi presi la cotta per Sakusa o quando poi mesi doppo dissi di essere follemente innamorato di Shoyo kun.

E tu entrambe le volte ridesti di me dicendomi che ero un idiota perché non amavo nessuno di loro.

Oh e come avevi ragione.

Tu avevi già capito tutto anni prima di me.

Quanto mi accorsi di non aver mai amato nessuno di loro quando dopo 4 anni dal diploma rividi Kita san.

Ricordo ancora quando venni da te e tu mi dicesti solo, “era ora che te ne accorgessi stupido imbecille”.

Mio caro fratello, ti chiedo perdono, so che per questo non mi perdonerai mai, non sarà come quando ti rubavo il budino, gli onigiri, o la tua giacca nuova.

Non sarà nemmeno come quando litigammo perché hai lasciato la pallavolo.

Quello era il mio mondo, tutto il mio mondo.

Mondo che ora non ho più.

Caro Samu per favore salvami, perché l’abisso mi sembra molto invitante ora.

Non voglio buttarmi, non voglio che finisca tutto, sta tranquillo Samu sto resistendo, ma tu e solo tu puoi davvero capire, perciò dimmi Samu cosa faccio? Cosa sono? Ho un valore ancora?

Non mi sto lanciando ma allo stesso tempo il vuoto mi sta inghiottendo.

Cosa mi resta ora che non ho più la pallavolo?

Cosa mi resta ora che ho solo una gamba?

A cosa servo?

Ti prego Samu salvami”

Atsumu asciugò velocemente una lacrima, sperando che Kita non la vedesse.

Come se fosse possibile non vedere la disperazione afferrare sempre di più il viso della persona che ami.

Come se fosse possibile non morire sempre un po’ di più dentro perché ti senti inutile, perché non sai come aiutare la persona che per te è tutto il tuo mondo.

Passò un attimo e il telefono di Atsumu squillò

-Samu?-

-Ti aspetto in ristorante stupido idiota, la tua ragione di vita sono io, che ti amo come cìnon amo nemmeno me stesso, se tu molli mollo anche io, ti seguirò ovunque andrai, siamo nati insieme e insieme moriremo.-

Ed ora Atsumu singhiozzava, ora finalmente Atsumu piangeva. Dopo quasi un anno dall’incidente finalmente piangeva e urlava e si sfogava, e con lui piangevano anche Kita e Osamu dall’altra parte del telefono.

Si dice sempre che dopo la tempesta c’è sempre il sereno.

Sono passati ormai 5 anni dall’incidente ed i gemelli Miya sono di nuovo assieme. Se prima erano il duo della pallavolo ora erano il duo della ristorazione.

Il sorriso sincero era tornato sul viso di Atsumu.

Non aveva più la pallavolo, è vero, ma come diceva sempre Osamu lui era uno stupido idiota.

Non era la pallavolo la sua vita.

Ma il suo gemello, i suoi amici, la sua famiglia, e Kita san.

La sua vita.

   
 
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