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Autore: Rinalamisteriosa    07/09/2009    4 recensioni
“Non vale la pena ottenere qualcosa se non la si conquista personalmente.”
Queste parole - che aveva udito uscire dalla bocca di suo nonno, primo sindaco della cittadina di Konoha, nella regione del Fuoco, tanti anni prima - rimbombavano senza posa nella testa di una bella donna quarantenne, bionda, mentre abbassava lentamente il braccio che impugnava stretta una pistola.
Con essa non aveva esitato a sparare cinque colpi, decisi e mirati, al suo obiettivo.
Con essa aveva appena ucciso a sangue freddo un uomo che imparò a disprezzare fortemente, con tutta l’anima.
[Accenni DanTsu e JiraTsu]
- Partecipante al Contest "Donne assassine" indetto da bambi88 e kalanchoe -
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jiraya, Pain, Shizune, Tsunade
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: For love and for revenge

Autore: Rinalamisteriosa

Personaggi: Altri, Jiraya, Pain, Shizune, Tsunade

Genere: generale, drammatico

Rating: giallo

Avvertimenti: AU, one-shot, What if?

Coppie presenti: DanTsu, JiraTsu

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Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male.

Friedrich Nietzsche

 

 

INTRODUZIONE

 

 

 

Non vale la pena ottenere qualcosa se non la si conquista personalmente.”

Queste parole - che aveva udito uscire dalla bocca di suo nonno, primo sindaco della cittadina di Konoha, nella regione del Fuoco, tanti anni prima - rimbombavano senza posa nella testa di una bella donna quarantenne, bionda, mentre abbassava lentamente il braccio che impugnava stretta una pistola.

 

Con essa non aveva esitato a sparare cinque colpi, decisi e mirati, al suo obiettivo.

Con essa aveva appena ucciso a sangue freddo un uomo che imparò a disprezzare fortemente, con tutta l’anima.

Perché egli meritava solo questo: le aveva investito – facendolo passare per un incidente ma lei sapeva che, in realtà, si trattava di omicidio premeditato – Nawaki, il suo adorato fratello minore, morto sul colpo; aveva spedito delle lettere minatorie a Jiraiya, un suo caro amico che stava indagando per lei; aveva aggredito Shizune, la nipote di Dan.

Perché avrebbe dovuto perdonarlo?

Ci aveva provato, eccome se ci aveva provato!

Ma ogni volta quell’individuo odioso e strafottente, gelido e privo di sentimenti, ribaltava la situazione, spingendola sempre più verso la tortuosa strada della vendetta.

 

Come ha avuto inizio quest'incubo?

Quali sono stati i motivi che hanno alimentato tale odio viscerale verso Pain?

Perché la dottoressa Tsunade, la migliore (degna del suo ruolo) in città, è diventata un'assassina?

Che cosa può averla spinta a fare ciò?

 

 

*-*-*-*-*

 

 

FOR LOVE AND FOR REVENGE

 

 

 

Il diciottenne Nawaki Senju*(Senju è il nome del loro clan. L'ho trovato su wikipedia.)* era occupato davanti allo specchio ad annodarsi minuziosamente la cravatta sulla camicia candida, immacolata, quando la sorella Tsunade entrò nella sua stanza, già vestita di tutto punto.

"Ancora non sei pronto? Oggi hai la prima prova dell'esame di Stato, muoviti!"

"Ho quasi finito. Nee-san calmati: dovrei essere io quello nervoso, non tu!" la rimbeccò lui, girandosi e mostrandole un ghigno perfetto.

Sebbene ci fossero dieci anni di differenza, Tsunade era sempre quella più apprensiva, pericolosamente suscettibile e impaziente tra i due.

"Sicuro di essere tranquillo? Ricordi tutto quanto?" si premurò di chiedere, mentre lui finiva con la cravatta e passava ad allacciarsi la cintura dei pantaloni già infilati.

"Sì. Ho ripassato fino a ieri sera, lo sai!" Sguardo vago. Questo perché si metteva a studiare sempre tutto negli ultimi giorni.

"Andrà tutto bene. Sono determinato a fare del mio meglio per terminare gli studi e a seguire pian piano le orme del nonno. Amo la mia città e non vedo l'ora di esserne il sindaco, anche se non sarà facile, anche se dovranno passare parecchi anni prima che..."

"Sono sicura che ci riuscirai. Io credo molto in te, Nawaki!"

"Grazie"

Il ragazzo fece per prendere il gilet verde dell'uniforme scolastica (che dovevano indossare anche per gli esami), ma Tsunade fu più veloce di lui.

"Lascia che sia io a infilartelo" aveva detto, gentile e amorevole come una madre.

Nawaki sospirò, per poi lasciarla fare. In effetti, da quando avevano perso entrambi i genitori, lei si era sempre fatta in quattro per lui.

In quegli anni era stata madre, padre e sorella maggiore insieme.

E lei era felice. Felice, perché il suo caro fratellino era venuto su bene: più grande, più maturo e più responsabile di quanto sia stata lei negli anni dell'adolescenza sbandata che aveva condotto.

Con la testardaggine e la fierezza di cui era dotata, infatti, attirava su di sé solo guai.

Guai a cui, poi, aveva dovuto rimediare in fretta.

A Nawaki, invece, non succedeva; non aveva mai avuto problemi del genere.

Faceva tutto da solo, in modo intelligente e giudizioso; era persino riuscito a darsi una pettinata ai corti capelli castani che - di solito - amava tenere ribelli e scompigliati.

In più, adorava uscire di casa, stare all'aria aperta, viaggiare, avere tanti amici.

Eh, sì!

Tsunade era proprio fiera dell'uomo che stava diventando e gli voleva molto bene...

 

[Peccato che, di lì a poche ore, lo avrebbe perso per sempre.]

 

****

 

"Buongiorno, dottoressa!" l'aveva salutata la receptionist dell'ospedale primario di Konoha, una signora di mezza età, robusta e con gli occhialini, vedendola entrare dalla porta principale: un impianto scorrevole e all'avanguardia.

Tsunade le rispose con un cenno rispettoso del capo e proseguì fino al secondo piano in cui si trovava il suo studio, nella stanza 110.

Qui si lasciò cadere sulla poltrona nera girevole dietro la scrivania, la testa alzata a fissare assorta la bianca parete della stanza. Tra le mansioni lavorative che doveva svolgere, era prevista la visita di tre pazienti, l'ispezione igienico-sanitaria di due nuovi macchinari giunti dalla capitale, un intervento allo stomaco e qualche controllo sulle ricette mediche; operazioni che le avrebbero occupato tutta la mattinata, se non di più.

Decisa a sbrigarsi, si alzò e indossò il camice bianco sopra il completo verde foglia.

 

Quando le rimase solo la mansione di controllare le ricette mediche, un'infermiera la informò di una telefonata urgente.

Se la fece passare.

"Pronto?"

"Tsunade, sono io. Jiraiya."

Jiraiya era un amico di vecchia data della donna, ex compagno di classe e di scorrerie varie. Dopo le scuole superiori, aveva deciso di mettere la testa a posto e di entrare nella polizia e, in pochi anni, data la sua astuzia e i suoi continui successi, l'avevano nominato commissario.

L'unico atteggiamento - a suo parere detestabile - che l'uomo non cambiava mai era la fissazione esagerata per il gentil sesso.

"Dimmi tutto" aveva pronunciato subito. In genere, quando le telefonava direttamente all'ospedale, aveva bisogno del suo aiuto per esaminare un cadavere, oppure per chiederle un consiglio urgente.

E Jiraiya proseguì, in tono grave.

"Tsunade... non so come dirtelo."

Insolito attimo di esitazione.

"Mi duole terribilmente essere l'araldo di una simile notizia, ma l'avresti scoperto comunque e-"

"Oh Jiraiya, andiamo! Smettila con questi giri di parole e sputa il rospo. Non ho tempo da perdere, e sai benissimo che detesto aspettare: devo finire di controllare delle ricette mediche, tornare a casa e informarmi sulla prima prova di Nawaki, che oggi-"

"E' proprio per lui che ho chiamato, Tsunade!" la interruppe bruscamente, ma avrebbe voluto non farlo. Si fermò nuovamente, mentre puntava uno sguardo addolorato al lenzuolo bianco che avvolgeva il corpo senza vita di quel ragazzo a cui - lo sapeva e per questo ci stava male - Tsunade teneva più di ogni altra cosa al mondo.

Come avrebbe preso la notizia di quel tragico incidente?

Di sicuro non bene, pensò.

La voce alterata della donna lo perforò come un raggio laser dal cellulare accostato all'orecchio.

"Perché mi dici questo? Dov'é mio fratello?"

Diede un'occhiata all'orologio da polso.

"A quest'ora dovrebbe essere a casa. Avanti, parla!" gli impose, battendo esasperata il pugno libero sulla scrivania.

L'attesa di Jiraiya le aveva contorto lo stomaco in un legittimo stato d'ansia.

Che cosa gli prendeva al suo amico?

Perché tutta quella esitazione?

Se non avesse messo in ballo suo fratello, poi, lei gli avrebbe già chiuso il telefono in faccia, imprecando ai quattro venti sul perché l'avesse interrotta nel bel mezzo di un lavoro senza un motivo valido.

"Tuo fratello... lui è..."

"Sì?"

"E' morto."

Eccole qua: era stata dura ma, alla fine, Jiraiya era riuscito a pronunciare queste fatidiche quanto dolorose e taglienti parole; era riuscito a liberarsene, sputandole fuori come veleno.

Dall'altro capo del cellulare, la bionda sgranò incredula gli occhi ambrati.

"No. E' uno scherzo, vero... Jiraiya?"

" Vorrei che fosse così" le mormorò franco l'albino dagli occhi scuri.

"E' uno scherzo" ripeté meccanicamente Tsunade, mentre percepiva qualcosa frantumarsi in mille pezzi all'altezza del proprio cuore, lo stomaco contrarsi sempre di più in una morsa insopportabile, la bocca incapace di chiudersi.

"E' uno scherzo"

La voce, prima alta e decisa, ora bassa e tremante, seguì calde lacrime che rigavano senza freno le gote pallide della donna.

Jiraiya non poteva vederla, eppure avrebbe dato qualunque cosa per essere lì con lei, a consolarla, a stringerla delicatamente tra le braccia e a dimostrarle tutta la sua vicinanza in un periodo che si preannunciava doloroso, orribile, vuoto e grigio come l'asfalto sotto ai suoi piedi.

Alla luce del sole di fine giugno, la carreggiata mostrava segni evidenti di sangue umano, sangue che non avrebbe più pulsato nelle vene di quel ragazzo steso su di essa, pieno di sogni e di speranze infrante in un solo, velocissimo e implacabile istante.

 

[Ciò che la vita dà, la vita toglie, senza riserva alcuna. Tsunade l'aveva sperimentato, e l'avrebbe sperimentato ancora e ancora.]

 

Era accorsa molta gente al funerale: tra colleghi di lavoro, studenti, compagni di classe, insegnanti, amici e conoscenti, il piazzale della chiesetta era gremito.

Tutti quanti si avvicinarono a darle rispettosi sincere condoglianze ma lei, muta e chiusa nel proprio dolore, non li vedeva realmente.

Era il corpo, la mano che stringeva le altre a rispondere per lei, non la sua anima.

Jiraiya le rimase accanto come si conviene ad un cane fedele, e le restò affianco anche al cimitero, anche quando tutti se ne furono andati eccetto loro due.

La bionda non staccava gli occhi vacui dal marmo grigio della lapide sotto di lei, come se il solo tenere la visuale in quel punto preciso le potesse ridare in qualche modo il fratello perduto.

"Tsunade... posso confidarti un sospetto?" iniziò, dopo un po'.

Non avrebbe voluto parlarle proprio in quel frangente di infinito compianto e ricordi, ma era venuto a sapere una cosa di cui la bionda doveva essere informata.

"Ecco... prima, mi si è avvicinata la professoressa di giapponese di Nawaki e mi ha fatto notare una cosa."

"Cosa?" si sforzò di sapere, in realtà disinteressata.

"Uno dei compagni di classe di tuo fratello non si è presentato alla prima prova, e nemmeno al funerale. Il suo nome è Pain, e pare che fosse un... insomma, un malavitoso, un membro dell'Akatsuki." la informò.

L'Akatsuki era il nome della mafia di Konoha, una spietata organizzazione a delinquere dalla quale era meglio stare alla larga.

"E allora? Chiunque sia questo ragazzo, non mi interessa... voglio solo restare sola..." sentenziò con tono grave.

"Ma-"

"Lasciami sola, Jiraiya. Ti prego! Se sei realmente mio amico, se mi capisci e mi vuoi bene, lasciami stare..." lo implorò, voltando la testa mentre un colpo di vento le fece ondeggiare la lunga coda; dovette stringersi meglio lo scialle scuro, per non sentire freddo.

"Ti importerebbe se ti dicessi che potrebbe essere stato lui a investire tuo fratello, e non un passante ubriaco come pensavamo?" le disse lui, come se la richiesta di Tsunade non l'avesse toccato minimamente.

Ma, dopo uno sguardo fulminante che non ammetteva repliche, Jiraiya si allontanò, mettendo una mano in tasca mentre l'altra era alzata a mo' di saluto.

Finalmente era rimasta sola... ma era proprio questo ciò che desiderava?

 

[La solitudine?]

 

 

Camminò adagio e proseguì la sua lenta e solitaria camminata, stretta nello scialle nero che le copriva le forme del vestito da lutto, finché non giunse ad un'osteria che avevano inaugurato da poco.

Da quanto non beveva un bicchiere di birra o di vino?

Un anno... forse due.

Ed era risaputo che l'alcool aiutasse a soffocare tutti i dispiaceri, quindi perché non approfittarne?

Tsunade spinse con la mano destra la porta del locale e vi entrò decisa, incurante degli sguardi sbigottiti degli uomini presenti tutti puntati su di lei. Si sedette su uno sgabello libero al bancone di legno scuro e ordinò con tono perentorio un boccale straripante di quella bevanda dorata e spumosa che servisse ad alleviare le sue pene.

Fu accontentata da un uomo dal volto sereno e raffinato, magro di corporatura, lunghi capelli lisci a metà tra il bianco ed il grigio e uno sguardo indagatore.

Tsunade si scostò un ciuffo di capelli dalla fronte, afferrò seria il boccale e, chiudendo gli occhi sfumati da un leggero ombretto viola, mandò giù la prima sorsata.

"E' tutto a posto, bella signora?" domandò genuinamente, senza muovere un passo da dove l'aveva servita.

Tsunade sbuffò.

"Sì. Signorina, prego. Io non sono sposata!"

"Ah, mi scusi tanto. Non era mia intenzione essere... scortese." precisò, grattandosi imbarazzato la testa.

"Si figuri! D'altronde, come poteva saperlo?"

"Già"

Dan ridacchiò alla vista del muso imbronciato di lei.

Ha una bella risata!, pensò Tsunade.

"Che cos'hai da ridacchiare?"

"La trovo... buffa! Sì. Non so spiegarle come mai, però mi avete giusto fatto una buona impressione." ammise il giovane inserviente, accostandosi di più al bancone per fronteggiarla.

Ha un bellissimo sguardo magnetico!, pensò Dan.

"Ma quanto sono maleducato! Mi sono dimenticato di fare le presentazioni: il mio nome è Dan. E voi, signorina...?"

Ostentò una sicurezza affascinante che paralizzò la donna, impastandole la lingua.

"Tsu-Tsunade..." mormorò timida, un lieve rossore sulle guance.

Il gelo angosciante che provava dentro se stessa prima di incontrare quell'uomo misterioso sembrò scemare, sostituito all'improvviso da un forte torpore, un calore indescrivibile che la abbracciò interamente: bastò la loro conversazione a sciogliere la sua riservatezza, portandola a confidarsi con lui; tanto che arrivò a dimenticarsi della birra, per quanto fu presa dalle parole coinvolgenti e cariche di ottimismo di Dan.

Passarono i giorni e i due iniziarono a frequentarsi anche al di fuori della taverna in cui lui lavorava.

Passarono i mesi ed entrambi capirono di essere fatti l'uno per l'altra, di essere perdutamente innamorati.

E poi, in un certo senso, Dan possedeva persino molti aspetti del carattere di Nawaki, cosa che riuscì a compensare lievemente - non si trattava certo di un rimpiazzo! - il vuoto lasciato dalla sua prematura scomparsa.

Tsunade parve aver ritrovato la felicità di un tempo...

 

[E Jiraiya?]

 

L'uomo, all'inizio, ci rimase decisamente male: provò addirittura una sorta di gelosia per il loro grande amore, un sentimento che lo incupì, trasformandolo in una persona schiva.

E segretamente, propenso a distrarsi, proseguiva ostinato le indagini con zelo accurato, sempre più convinto che ci fosse sotto qualcosa, che la propria tesi su Pain fosse corretta: si era informato in merito alle azioni del sospettato durante la settimana trascorsa; aveva consultato innumerevoli documenti, anche quelli privati; aveva interrogato chiunque centrasse qualcosa con lui e con l'Akatsuki.

Era arrivato persino a scoprire un ingente traffico illegale di tabacco e droga, anche se gli necessitavano maggiori prove concrete per incastrare Pain e i suoi compari e sbatterli in galera.

 

Dopo attente letture di un pomeriggio afoso, nel suo modesto e disorganizzato appartamento, Jiraiya optò per una pausa al cervello che gli urlava pietà, implorandolo di stare lontano da quei libroni sulla criminalità organizzata in giro per il mondo e di rilassarsi, dilettandosi in attività più interessanti come, ad esempio, sfogliare giornaletti hard oppure sbirciare le vicine dalla finestra con il suo fido cannocchiale.

Si alzò dalla sedia di legno, stiracchiandosi e sbadigliando sonoramente per la noia.

Si ricordò di non aver ancora controllato la cassetta della posta, così raccolse il suo inseparabile mazzo di chiavi tenute insieme da un buffo portachiavi a forma di rospo arancione ed uscì, scendendo le scale in ciabatte poiché era troppo seccato per infilarsi le scarpe.

Lo sguardo annoiato si allarmò di curiosità e sospetto quando scoprì di aver ricevuto due buste color carbone, sigillate con uno stemma rosso scuro a forma di nuvoletta.

"Questo è il segno di riconoscimento dell'Akatsuki" ricordò, strappando la prima busta per vederne il contenuto.

Jiraiya sgranò gli occhi: erano minacce belle e buone, avvertimenti impliciti tesi ad interrompere immediatamente le indagini, se ci teneva alla propria vita.

Figuriamoci se lui era tipo da spaventarsi per qualche lettera minatoria! Proprio lui, un commissario di polizia!

Distogliendo l'attenzione dalle carte, pensò a Tsunade: se era il caso di infrangere la barriera protettiva formata dall'idillio con Dan e confessarle tutto ciò che stava facendo per Nawaki e - soprattutto - per lei, oppure tenerla all'oscuro di tutto, aspettando di avere sottomano quel criminale che, ora più che mai, gli aveva dato una ragione in più per non arrendersi e non perdere la speranza di catturarlo.

 

****

 

Dopo due anni di rigenerante fidanzamento, il fato le portò via anche Dan.

Si era beccato una polmonite rara, devastante, che lo aveva annientato lentamente e senza alcuna possibilità di recupero.

Tsunade tentò di salvarlo, progettando due nuovi farmaci, ma questi ebbero scarso risultato; pregò tutti gli dei esistenti e vegliò amorevolmente al suo capezzale fino alla fine, quando era irrimediabilmente spirato tra le sue braccia.

Così un'altra parte del suo cuore fu brutalmente dilaniata e strappata via con morsi laceranti di incapacità, di impotenza.

Il giorno del funerale non riuscì neanche a piangere, svuotata per quante lacrime aveva versato in precedenza.

E non aprì bocca quando la triste nipotina di Dan, Shizune, undici anni, le si era avvicinata con gli occhietti lucidi nel bel mezzo della cerimonia e l'aveva abbracciata; e mentre la stringeva forte a sé, carezzandole i corti capelli scuri, la bionda intravide l'alta e impassibile figura di Jiraiya tra la folla.

Sospirò, rassegnata.

Prima o poi, avrebbero dovuto riprendere confidenza, di questo ne era certa: non poteva continuare ad ignorarlo solo perché voleva aiutarla, solo perché premeva sull'ipotesi dell'assassinio di Nawaki, che non si era trattato di un brutto incidente a portarglielo via.

Magari aveva ragione, però non le piaceva affatto l'idea che qualcuno potesse aver odiato il suo angelo a tal punto da volerlo ammazzare.

Alla fine della cerimonia funebre, gli si avvicinò.

Lui sostava in piedi sotto ad un abete sempreverde.

"Tsunade, io..."

"Ciao. Avanti, parla! So che hai qualcosa di importante da dirmi." disse, seria, a braccia incrociate.

"Ecco, io credo... anzi, sono sicuro di essere vicino alla soluzione del caso. Sai che volevo bene a tuo fratello: come te, l'ho visto crescere, ed è stata un'immensa sofferenza trovarlo senza vita in mezzo ad una strada. Era ingiusto! E per questo motivo, io ho ricercato con insistenza la sola ed unica verità di tutta questa angosciante faccenda, la traccia che mi ha indotto ad associare Pain all'incidente."

Inspirò a fondo.

"Hai delle prove... vero?" domandò Tsunade, dopo averlo ascoltato attentamente.

"No. Ma posso fornirti il numero di questo giovane misterioso ed ostile. Ritengo che tu abbia più carisma di me, quindi con te potrebbe - non dico che lo faccia - confessare qualcosa." detto questo, estrasse dal portafoglio un bigliettino piegato in quattro parti e lo porse alla donna.

Tsunade gli diede un'occhiata veloce, per poi metterlo nella borsetta.

"Non ho più niente da perdere," espresse in tono grave, "quindi penso che lo chiamerò al più presto!"

"D'accordo, ma sta' attenta." si preoccupò Jiraiya.

Forte era il desiderio di abbracciarla, di baciarla, di sussurrarle all'orecchio una frase del tipo "Ti amo. Non piangere: ci sono io, qui con te.", ma l'orgoglio e il desiderio di non ferirla ulteriormente con la confessione dei propri sentimenti repressi lo trattenne.

"Non preoccuparti. Avrebbe la stessa età di Nawaki, se fosse ancora tra noi: non dovrebbe costituire un problema."

 

Si congedarono quando il sole era in procinto di tramontare e la placida luna e le luminose stelle avrebbero preso il suo posto nel cielo notturno.

Rincasata, Tsunade non perse tempo e, raccattato il numero di cellulare di Pain dalla borsetta, si diresse in salotto, accese l'abat-jour e compose i numeri indicati pigiando sul cordless, attendendo che il diretto interessato si decidesse a rispondere.

Dopo una manciata di squilli, sentì una voce roca e profonda - quasi irritata - dire un semplice "pronto".

La donna stette un attimo zitta.

Come doveva cominciare?

"Pronto. Ho bisogno di sapere una cosa." pronunciò ciò che le dettò l'istinto.

Non ricevette risposta, quindi continuò:

"Starai pensando che sono una gran maleducata: arrivare direttamente al sodo senza prima presentarmi come si deve. Per il momento, voglio solo dire che conoscevo Nawaki Senju... questo nome... ti ricorda qualcosa?"

gli chiese, mentre si accomodava sul suo divanetto blu e accavallava le gambe, in attesa.

La piccola abat-jour sul tavolino emanava una luce azzurrina che creava uno strano gioco di colori con le ombre intorno alla stanza.

Quasi spettrale.

"Sì." finalmente parlò. "Mi ricorda un ragazzo che mi dava un sacco di grane."

Freddo e glaciale: questa fu l'impressione che ricavò Tsunade ascoltando quell'affermazione e quella frase per lei enigmatica.

"Lo odiavi?" e qui, la bionda strinse coi denti la parte inferiore della bocca.

"Diciamo di sì. E diciamo anche che ho avuto - da sempre - una voglia matta di ammazzarlo, una voglia matta di togliergli quel sorriso dolce e simpatico dalla faccia."

Ancora perentorio, ancora freddo e gelato come un iceberg incrollabile.

Doveva prenderla come una confessione? O aspettare, porgli altre domande, fino ad arrivare a capire se la tesi di Jiraiya fosse esatta oppure no?

Di certo, accennando al sorriso del fratellino, le aveva fatto salire i brividi lungo la schiena.

Cercava di stritolare il telefono portatile, immaginando che rappresentasse quel tizio misterioso, di cui non conosceva l'aspetto, che aveva appena osato parlare male di suo fratello.

Calmati, Tsunade. Calmati!, pensò.

"Mi sembra di intuire che non andavate molto d'accordo. Ma ti rendi conto che ciò che hai appena affermato è una brutta cosa? Uccidere qualcuno solo perché non lo si sopporta... è... è intollerabile! E' assurdo!"

si accalorò lei.

L'altra mano, quella che non reggeva il ricevitore, era saldamente ancorata al ginocchio velato dal vestito nero, lo stesso che aveva già indossato, anni prima, per il funerale di Nawaki.

"Dipende dai punti di vista. Io non la trovo affatto una cosa ingiusta." Pain dichiarò il suo pensiero senza tentennamenti.

Aveva a che fare con un assassino in piena regola, ormai si capiva.

Stava per ribattere, ma quello proseguì: "La morte fa parte di noi: a lei non scampa nessuno, tutti ne rimarranno coinvolti, un giorno o l'altro. Io, e chi la pensa come me, cerco, cerchiamo semplicemente di evitare che arrivi il più tardi possibile. Perché sarebbe ingiusto affrettarla?"

Basta!

Tsunade sbatté violentemente il telefono a terra.

Non voleva più ascoltarlo, non voleva più sentire quelle sciocchezze!

Si disperò, strizzando gli occhi, urlando, stringendo la testa tra le mani.

Sebbene non l'avesse mai visto in faccia, già le urtava da morire.

L'avrebbe preso a sberle, a pugni, a graffi.

Stupida.

Volontà fragile come non mai.

Basta! Basta! Basta!

 

[Perché, Nawaki?

Perché non le hai mai detto di questo conflitto, questa antipatia con il tuo - pazzo, mafioso - compagno di classe?

Perché Tsunade non ha mai fatto caso a tutti quelli che ti circondavano ogni giorno?

Perché? Perché? Perché?]

 

Mille interrogativi affollarono la sua mente provata, nei giorni, nei mesi e negli anni a venire.

E sarebbe andata a cercarlo, l'avrebbe ammazzato prima se Jiraiya - tutte le volte in cui lei impazziva - non l'avesse fermata in tempo, ripetendole di non abbassarsi al suo livello, di aspettare che la giustizia facesse il suo corso.

E Jiraiya… Povero Jiraiya!

Altre lettere minatorie, strani incidenti e ben tre agguati notturni, alla fine dei quali fu costretto a ricoverarsi in ospedale.

Aveva rischiato di morire, anche se mai l'aveva visto in fin di vita.

E mai sarebbe dovuto accadere, questo Tsunade doveva impedirlo ad ogni costo.

 

[Lui era l'unico che le rimaneva ancora accanto, nonostante tutto.]

 

****

 

Dieci anni trascorsi, passati in fretta, volati via, fuggevoli tra le dita.

Una quarantenne Tsunade, ancora bellissima e formosa, si apprestava - come ogni giorno - a salire le scale e a ritornare nel proprio appartamento, dopo un'intensa giornata lavorativa.

Il lavoro.

Solo quello la distraeva, la aiutava ad andare avanti con serenità, non la faceva impazzire come quando lei e Jiraiya si trovarono alle prese con Pain che, nonostante un processo giudiziario contro l'Akatsuki, era riuscito a farla franca.

Innocente.

Ecco cosa avevano decretato quei corrotti dei giudici al termine di un processo durato per sei anni.

Un processo in cui loro avevano perso, in cui la giustizia non era stata abbastanza forte da prendere il sopravvento.

Chiunque, al posto suo, sarebbe impazzito: come biasimarla?

Ma c'erano quei giorni in cui non voleva pensarci, in cui doveva condurre la propria vita come una corsa normale, un tran tran in qualche modo protettivo e stimolante.

 

[Finché non cadde la goccia che fece traboccare pericolosamente il delicato vaso.]

 

Sul pianerottolo di casa, seduta a terra, la schiena contro la porta e le braccia tese a premere le ginocchia contro al petto, c'era una giovane donna che conosceva bene.

Aveva il volto sofferente, rigato di lacrime e presentava diverse ferite e lividi sulle parti del corpo scoperte dall'abito che indossava.

Tsunade accorse da lei, preoccupata.

"Shizune! Che cosa è successo? Chi ti ha ridotto così?"

La mora soffiò su col naso.

"Io sta-stavo venendo a lavoro, stamattina, percorrendo Via dei ciliegi - come sempre -, quando... quando so-sono stata aggredita."

"Sei stata aggredita? Da chi?"

Adesso Tsunade era serissima in volto, come se le fosse appena sorto un sospetto.

Shizune, finite le superiori, era stata assunta come sua assistente all'ospedale. E, in effetti, pensò che quella mattina non l'aveva proprio intravista.

Avrà avuto un contrattempo!, si disse.

Invece...

"Rispondimi, Shizune! Chi cavolo è stato?"

Le strinse una spalla, pregandola con sguardo deciso di rivelarle tutto quanto.

E Shizune non riuscì a tacerle la verità: era stato un uomo sulla trentina - anche se sembrava più giovane -, occhiali da sole, capelli rossicci - tendenti all'arancione -, e il viso disseminato da una marea di piercing a fermarla per strada, a insultarla, a picchiarla.

Fortuna che, dopo un po', trovò la forza di scappare via, sennò chissà a quali altre violenze l'avrebbe sottoposta quel tizio.

Ancora una volta la parola "basta!" si fece strada nella mente di Tsunade.

Ancora una volta la sua pazienza stava crollando come un palazzo in demolizione: prima Jiraiya, adesso la nipote dell'amato Dan.

Intollerabile.

"D'accordo. Shizune: fammi un grosso favore. Entra in casa mia, medicati e aspettami. Penserò io a sistemare tutto!"

Fece per alzarsi in piedi, ma la giovane la trattenne per un braccio, gli occhi scuri ancora rossi e lucidi.

"Che cosa vuole fare? Non faccia pazzie, la prego! Mio zio e il signor Jiraiya non..."

"Non vorrebbero? Tranquilla: farò ciò che riterrò giusto. Né più, né meno." riferì.

Così la aiutò ad alzarsi e, tranquillizzandola, la convinse a rimanere a casa sua.

Alla prima cabina telefonica che trovò libera, per strada, fissò l'importante appuntamento che avrebbe dovuto già esserci tempo prima.

La decisione era definitiva, non sarebbe tornata indietro.

Il tribunale le aveva voltato le spalle e Tsunade, per amore e per vendetta, si sarebbe fatta giustizia con le sue stesse mani: per essere più precisi, con la pistola che si portava sempre dietro nascosta nella borsetta.

Camminando a passo fiero e a testa alta, giunse al luogo stabilito un'ora prima: un vecchio magazzino dell'ospedale, inutilizzato da parecchi anni.

Optò di nascondersi dietro uno dei pilastri portanti e aspettò - orecchie attente, sensi all'erta e pistola alla mano - la causa di tutti i suoi problemi.

"Eccolo! Puntuale il bastardo." parlottò sottovoce.

Emozionata e ansiosa, percepì nitidamente i passi pesanti del giovane senza scrupoli addentrarsi all'interno della struttura, oltrepassata la saracinesca sempre aperta.

Tsunade calcolò ogni minimo gesto da compiere, sperando di essere favorita dall'effetto sorpresa.

 

[Ecco il suo nemico Pain.

Sempre più vicino.

Sempre vestito di nero, come un avvoltoio.

Un passo... due passi...]

 

Al terzo passo, Tsunade si spostò rapidamente di lato e premette mesta il grilletto, facendo partire il primo colpo e chiudendo gli occhi.

In contemporanea, un proiettile le sfiorò rasente il braccio sinistro: anche lui era armato.

Altri cinque colpi - alla cieca - scattarono fulminei dalla sua pistola.

Prima, lo spavento del momento.

Dopo, il silenzio dell'azione rischiosa giunta al termine.

La bionda coraggiosa, fiera, testarda emise un profondo sospiro di sollievo, schiudendo repentina gli occhi.

Per la prima volta protagonista di una sparatoria, per l'ultima volta un'assassina.

Un tonfo e il corpo del mafioso non si mosse più da terra.

 

E fotogrammi del passato le slittarono nella mente, risanando in parte ogni fibra del suo essere.

 

Il nonno.

I genitori.

Nawaki.

Dan.

 

Affiorarono tutti i suoi cari; la salutavano agitando le mani e sorridendo spensierati.

Invece lei pianse: pianse lacrime di gioia e liberazione, gettando via la pistola e coprendosi il volto con le mani.

 

[A Tsunade non importava se aveva appena tolto la vita ad un altro essere umano, compiendo il maggiore dei peccati.

E non si curava del tempo da scontare in una squallida prigione.]

 

Tutto ciò che bramava era vendicarsi e ci era riuscita: nulla l'avrebbe resa più felice.

 

 

EPILOGO

 

 

Com'era prevedibile, le volanti della polizia di Konoha avevano raggiunto presto il luogo del delitto.

Jiraiya fu il primo a scendere dal suo veicolo e a precipitarsi dentro al magazzino.

"Salve, mio caro commissario!" l'aveva salutato sarcastica Tsunade, inginocchiata per terra, le mani acciambellate in grembo.

Controllata la situazione assieme agli altri agenti, non gli ci volle molto per spiegare come aveva scoperto il fatto: un passante aveva udito degli spari e, allarmato, si era prodigato per telefonare alla centrale.

"Tu... come stai? Tutto bene?" le domandò serio, facendola alzare in piedi.

"Sì. Un po' intontita, ma sto benone. Non preoccuparti..."

"Infatti non mi preoccupo! Stupida che non sei altro!! Adesso finirai in prigione, lo sai?" sbottò, agitato e con una nota di rimprovero.

"Certo, per chi mi hai preso? Però..."

La donna si fermò, alzando gli occhi verso il soffitto a piramide sopra di loro.

"Però ho tre richieste da farti."

Jiraiya le si affiancò, a braccia conserte.

"Dimmi" mormorò a labbra strette, sbirciando di sottecchi gli agenti impegnati a studiare il cadavere.

"Nessuno ci sta ascoltando."

"Passa da casa mia. Ho lasciato Shizune da sola: avvertila dell'accaduto, con calma, senza farla preoccupare troppo."

"Va bene" le assicurò.

"Appena puoi, passa dal cimitero. Metti dei fiori sulla tomba di mio fratello; digli che la sua nee-san l'ha vendicato, che può riposare in pace..."

"D'accordo. E la terza richiesta?"

"Promettimi che, quando uscirò di prigione, noi due..."

Tsunade si concesse un respiro profondo e chiuse gli occhi, rasserenata al pensiero della sua vicinanza e infinitamente grata per il continuo sostegno dimostratole in tutti quegli anni di amicizia.

Jiraiya la scrutò, interrogativo.

Loro due... cosa?

"Noi due ci sposeremo." espresse, col tono più naturale del mondo.

"C-cosa?" balbettò, incredulo.

A momenti non gli prendeva un infarto bello e buono!

"Hai capito bene, scemo. E adesso" lei gli tese i polsi, decisa a non opporre alcuna resistenza "ammanettami e fai il tuo dovere, così come io ho adempiuto al mio."

Ma cos'era quella? La giornata delle sorprese?

L'albino dilatò le pupille per lo stupore improvviso.

"Ho... ho se-sentito bene?"

"Certo. Non ho intenzione di rimanere nubile per sempre! Dovrò pur sistemarmi, una volta scontata la pena: e chi meglio del mio migliore amico scapolo può capirlo?" spiegò la bionda, imbronciata.

Dopo aver aggiustato il passato e il presente, perché non costruire assieme un futuro migliore?

 

Fortunatamente, il buon Jiraiya colse la sua ambita occasione di abbracciarla, dicendole che poteva stare tranquilla, che avrebbe mantenuto tutte quelle promesse senza più dubbi ed esitazioni.

 

[Perché non è mai troppo tardi per essere veramente felici.]

 

 

FINE

 

 

 

 

Note dell'autore: E' una specie di racconto giallo/thriller (dico specie perché, purtroppo, non sono una giallista! XD) ambientato in tempi attuali, in una città immaginaria e senza una cronologia precisa.

I personaggi trattati non mi appartengono.

Le personalità di Nawaki e di Dan (preciso che erano solo comparse, non i personaggi principali!) le ho dovute immaginare io dato che non si trovavano molte notizie su di loro, essendo scomparsi presto.

Spero di essere stata IC sia con loro due che con i protagonisti della storia (se non l'avete capito, i protagonisti sono solo Jiraiya e Tsunade; Pain lo detesto talmente da non considerarlo, quindi non mi interessa come è venuto! ù.ù): è la prima volta che scrivo su tutti loro e ogni mio dubbio è pertanto lecito.

Riporto di seguito lo schemino delle età dei personaggi per esigenza della storia ^^

 

Schemino età:

(morte di Nawaki)

Nawaki, Pain - 18 anni

Tsunade, Dan, Jiraiya - 28 anni

(morte di Dan)

Tsunade, Dan, Jiraiya - 30 anni

Pain - 20 anni

Shizune - 11 anni

(assassinio di Pain)

Tsunade, Jiraiya - 40 anni

Pain - 30 anni

Shizune - 21 anni

 

Ah, quasi dimenticavo di dire che ho "abolito" l'università (XD), quindi dopo le superiori si cerca direttamente lavoro: magari fosse così anche nella realtà! ç_ç

 

 

Ulteriore nota: E’ dalla fine di aprile che conservo questa fic nel mio pc e finalmente oggi riesco a postarla.

Ringrazio ancora una volta le giudici perché, pur essendo arrivata ultima, non mi sono buttata troppo giù e ho continuato a migliorare ^^

Ringrazio Cira, la beta-reader a cui ho chiesto di controllare la fic e che mi ha aiutato a capire dove avevo sbagliato e dove l’IC dei personaggi non è convincente. (Però ritengo che non vale più la pena cambiare due scene!)

Ringrazio la bannerista che in soli due giorni ha preparato dei bannerini stupendi. *_* Grazie mille Erena!

Congratulazioni a tutte le partecipanti ^^ è stato un piacere gareggiare con voi!

 

Commenti, consigli e critiche saranno sempre bene accetti.

 

Un bacione!

Rinalamisteriosa

 


 

  
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