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Autore: GurenSuzuki    07/09/2009    8 recensioni
Dedicata a Shinushio
"Cosa fai?" chiese Ryo[...]
"Un piano per impossessarmi dell'ala est." ribattè Takanori altezzoso.
"Intendi il recinto di sabbia dove i mocciosi dell'asilo fanno la pipì assieme ai gatti?" domandò l'altro poco convinto.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fic è dedicata a Shinushio, per tanti motivi: mi fa sognare con le sue storie (me ne ha dedicata una da far accaponare la pelle, andate a leggere "Icaro"), è una bella persona.. che potrò conoscere il 4 ottobre a Milano.. (Grazie Mivvo *_*).
E poi ama le Reituki!! u.ù
Spero ti piaccia, cara!
Enjoy!

La prima volta non si scorda mai

I fiori tappezzavano il prato -in cui querce secolari puntavano i loro vecchi rami avvolti di foglie al cielo terso, rendendolo accogliente quanto un letto dalle fresche lenzuola profumate.
Takanori vi si sarebbe steso volentieri, tra quei piccoli petali colorati come l'arcobaleno.
Si sedette all'ombra dell'albero più alto, prendendo tra le piccole dita una maregherita striata di rosa acceso.
Prese a carezzarla lentamente e con misurata placidità.
Nonostante la bellezza di quella visione, il ragazzo dai corti capelli neri e rosa, non riusciva proprio a sorridere. Mettere da parte la malinconia che da qualche ora gli attanagliava lo stomaco e gli intorpidiva la mente era come chiedere alle stelle di non brillare.
Paragone infantile, ma la mente di Takanori era l'eco della fanciullezza, che risiedeva dietro ai suoi grandi occhi di cioccolato, finestre aperte su un animo tanto vasto quanto splendente.
Eppure, il piccolo cantante, si sentiva come chiuso in una stanza, impossibilitato ad accendere la luce. Una stanza piena di insidie.. doveva fare attenzione a dove metteva le mani o piantava i piedi, per non correre il rischio di inciampare o di tagliarsi.
Era davvero difficile, ma piano piano aveva imparato a conoscere quelle quattro mura oscure, apprezzandone i pochi lati buoni.
E a quel punto qualcuno, l'aveva messo dentro a un'altra stanza... con più insidie della precedente.
E Takanori si era stufato di sopravvivere.
Lui voleva vivere.
E mentre accarezzava la corolla di quel piccolo fiore, gli tornò venne in mente un singolare pensiero: era proprio in quel prato, che aveva conosciuto il motivo della sua rovina:

Il sole splendeva alto nel cielo, riscaldando tutto sotto al proprio tocco di fuoco.
Takanori si dilettava nella costruzione di un impero -formato dallo scivolo e le altalene- assieme ad un plotone immaginario, costituito da centinaia di uomini valorosi, pronti a dare tutto per la gloria.
Stava progettando un attacco al recinto di sabbia, quando una voce lo richiamò alla triste e monotona realtà.
"Ciao."
"Ciao." rispose il futuro cantante con una nota infastidita e cuoriosa al tempo stesso nella piccola voce.
"Cosa fai?"
A domadarglielo un bambino che aveva circa la sua età: portava un paio di jeans sdruciti e una semplice maglietta blu a strisce bianche e rosse.
Molto comune.
"Un piano per impossessarmi dell'ala est." ribattè Takanori altezzoso.
"Intendi il recinto di sabbia dove i mocciosi dell'asilo fanno la pipì assieme ai gatti?" domandò l'altro poco convinto.
"Sì." si alzò in piedi, ostentando un'altezza che non era sua -già all'epoca i segnali che sarebbe stato un tappo erano evidenti- constatando che l'altro bambino lo superava già di cinque abbondanti centimetri.
"Come ti chiami, conquistatore?" lo schernì il nuovo venuto.
"Takanori. Colonnello Takanori. Tu?"
"Ryo. Solo Ryo."
Takanori riprese a disegnare con un bastoncino per terra, coaudiuvato dagli onnipresenti capi: l'orsacchiotto e l'elefantino di pezza.
"Colonnello?! Hai dei superiori?" domandò pacificamente Ryo.
"No, che ti credi?" sputò oltraggiato l'altro.
"Sopra al Collonello c'è il Generale." spiegò questi.
"E tu come fai a saperlo?"
"Me l'ha detto il mio papà che lavora nell'esercito."
Takanori non trovò nulla da obbiettare.
"Allora sono un Generale, io." riuscì a dire alla fine, stendendosi nuovamente di pancia sul terreno sottostante lo scivolo.
"E io posso essere il Colonnello?" domandò Ryo.
Takanori soppesò la scelta. Poi si illuminò: poteva aver trovato un amico. Non andava molto a genio ai bambini della sua classe: tutti lo reputavano troppo strano. Primo tra tutti gli piaceva il rosa, elemento che i maschietti vedevano meglio addosso alle femmine.
Ma Takanori leggeva qualcosa di nuovo negli occhi del bambino di fronte a se: dolcezza.
"Sì va bene."
E il futuro cantante si esibì nel primo di molti sorrisi che negli anni avrebbe donato a Ryo.

Sorrideva tristemente Takanori, ormai ultra-ventenne, seduto a terra con ancora la margherita tra le dita.
Riportare al presente tutti quei ricordi era una dolce agonia.
Una leggera brezza si alzò, scompigliandogli i capelli. Ma lui non vi badò, continuò ad osservare il piccolo fiore, mentre altri ricordi si impossessavano della sua mente:

"No Ryo, ci scopriranno!"
"Non dire sciocchezze, Taka-chan!" sorrise l'altro.
Il futuro cantante non riusciva ad abbandonare la smorfia spaventata che si era cucito in volto da quando avevano messo piede nella scuola -deserta a quell'ora di notte.
Ryo aiutò l'amico ad issarsi dalla finestrella dell'aula di musica. Capitolarono a terra, ridendo come matti. Si rialzarono e si spazzolarono i vestiti frettolosamente.
"L'hai portata?" sussurrò Ryo.
"Ovvio." e così dicento Takanori estrasse dalla tasca posteriore dei jeans logori una piccola pila che accese: puntò il tenue fascio di luce un po' dappertutto, prima di decidersi a procedere.
Il bassista scorse in un angolo ciò che smaniava mostrare al piccolo amico: era posto sopra a un cavalletto rialzato, e lo contemplò come fosse oro.
"Eccolo, Taka-chan." si avvicinò a grandi falcate, mentre il cantante si osservava in giro, incerto. Lui era ancora alle elementari, mentre Ryo andava alle medie: dunque per mostrargli il suo piccolo tesoro aveva dovuto attendere un momento in cui la scuola fosse deserta.
Infilò lo strumento e lo mostrò agli occhi esterrefatti di Takanori: un basso blu notte, scintillante. Non era esattamente nuovo e bello, però agli occhi di due bambini di undici anni sembrava un miracolo sceso in terra.
"Posso-posso.." chiese esitante Takanori, additando con la piccola mano lo strumento.
Ryo sorrise e se lo sfilò, porgendolo a Takanori che provò a strimpellarci qualcosa sopra.
"Sei terribile!" commentò così lo show del piccoletto, storcendo il naso.
Poi preso da uno slancio lo abbracciò. Stretto. In una morsa soffocante e gelosa.
"Ti voglio bene Takanori"
"Anche io, Ryo".

Una lieve risata sfuggì alle sue labbra lucide di gloss, mentre i begli occhi si esibivano nella loro migliore espressione d'amore.
Gli voleva bene, sì. Tanto. Era stato il suo migliore amico per anni.
Con lui aveva visto la nascita dei gazettE:

"Se continuiamo così, finisce che divento afono." esordì Takanori alla fine dell'ennesimo brano provato.
"Non fare la mozzarella Taka-chan! Su ancora una volta" gli rispose Ryo.
"No, ha ragione lui, io mi sto spelando le dita a furia di suonare!" soggiunse Yuu, guardandosi pensieroso le belle mani curate.
"Oh, e Sua Maestà è troppo preso dalle sue mani per pensare al gruppo e al fatto che avremo il nostro primo live, cazzo!"
"Ryo, non è il momento di farsi prendere dal nervoso!" esordì Kouyou, sfilandosi la chitarra.
Anche Yune abbandonò le bacchette sul tamburo, rifilando una pacca amichevole sulla spalla di Ryo. Uno alla volta i due chitarristi e il batterista si congedarono, lasciando Ryo con un palmo di naso e Takanori a rigirarsi il filo del microfono tra le piccole mani.
Ryo stava per sfilarsi a sua volta il basso, quando il cantante parlò "Fermo. Se vuoi io so suonare qualcosa con la chitarra. Possiamo provare un'ultima canzone"
Ryo sorrise: il suo piccolo amico non era cambiato. Sempre pronto a far felici gli altri, ad anteporre il bene del prossimo al prorpio.
Lo adorava.
E forse, provava anche qualcosa di più...
Doveva dirgli dei sentimenti che provava?
Suonarono un'ultima canzone, ridendo e scherzando felici.
Poi, Takanori si passò una mano sulla fascetta bianca che gli raccoglieva i capelli. Se la sfilò e la porse al bassista.
Questi lo guardò stranito.
"Ieri parlavi di qualcosa per spiccare: un segno particolare che ti facesse ricordare subito. Un qualcosa che si imprimesse nella mente delle persone. Ecco." e così dicendo gliela legò attorno al naso, per poi tastarla con i polpastrelli.
In quel momento Ryo lo attirò a sè e lo baciò con dolcezza, spingendo lentamente la propria lingua nella bocca dell'altro.
"Scusami." si staccò da lui, mortificato. Aveva ceduto ai sentimenti, non preoccupandosi che questi avrebbero potuto ferire il vocalist, "Non scusarti, Aishiteiru" disse Takanori con voce strozzata, prima di intrappolare un Ryo completamente basito in un bacio passionale.

E così era cominciato tutto. La sua rovina. Il lento decadimento della propria vita. Tutto perchè a quindici anni si era innamorato di un tonno, dagli occhi calamitici e una bravura indiscussa col basso!
La vita era strana.
Una piccola lacrima gli rigò il volto eburneo, mentre l'ennesimo ricordo gli si parava innanzi agli occhi: sotto a quello stesso albero, dieci anni prima, loro due:

Una mano callosa da musicista percorse con solerzia la camicia del biondo cantante, andando ad aprire il primo di dieci bottoni.
"Ryo, io-"
"Ssssh" lo zittì il bassista con un bacio piccolo e tenero.
"Io non l'ho mai fatto. Specie con un uomo" biascicò Takanori alla fine.
"Una tua parola, un segno, e io mi fermo. Okay?"
"O-okay"
Lo voleva Takanori, accidenti. Voleva fare l'amore con Ryo. Lo voleva con tutto il cuore.
Si spogliarono lentamente, amandosi appena sotto al tocco leggero dei polpastrelli.
I vestiti scivolarono via, mentre le margherite gli pizzicavano la pelle nuda.
A quell'ora del pomeriggio, il parco era deserto.
Si godettero quei lunghi minuti di piacere, scivolando nella promessa eterea ed effimera del tempo. Sarebbe durato per sempre? Non si sarebbero lasciati corrodere dal mondo, che li avrebbe avvolti nelle sue spirali apatiche di egoismo, sopraffando il loro amore?
No.
In quel momento erano convinti di no.
E mentre Ryo affondava dolcemente in Takanori, un timido fiore sbocciava, poco distante dai loro corpi uniti.

Si asciugò quella piccola e stupida lacrima.
Era proprio vero che la prima volta non si scorda mai.
Ricordava tutto di quel giorno: i profumi, le sensazioni.. se chiudeva gli occhi ri-sentiva persino il tocco gentile delle mani di Ryo.
E poi? Cos'altro si ricordava? A si, c'erano i ricordi di qualche ora prima, dolori e freschissimi.
Gurdandolo nel cuore degli occhi si poteva scorgere una ferita che zampillava sangue. E non si sarebbe arrestata tanto facilmente:

Era allegro. Sarebbe andato a casa di Ryo e gli avrebbe chiesto di uscire a cena. Poi avrebbero guardato un film abbracciati e fatto l'amore per ore. Avrebbero fatto pace. E' vero, lui -Takanori- era stato uno stupido ad aggredirlo in quel modo: non stava facendo nulla di male, solo parlando con un ragazzo. Era solo fottutamente geloso e complici i quattro bicchieri di vodka scolati, si era aizzato contro il bassista.
Sì, la vita era proprio bella a volte.
Salì a piedi i pochi piani che lo separavano dal suo amore ed entrò in casa usando il mazzo di chiavi che Ryo gli aveva doppiato.
Era così felice che si sentiva scoppiare.
Eppure si sà.. la felicità è effimera ed evanescente...
Una visione niente male gli si presentò innanzi, non appena aprì la porta: gemiti. Gemiti su gemiti giunsero alle sue orecchie. E poi, i suoi occhi resi di ghiaccio dalle lenti artificiali, incapparono nelle figure avvinghiate di un gigolò e Ryo.
Inutile dire che il ghiaccio dei suoi occhi si spanse fino alla sua anima, vero?
Sì inutile.
Ovviamente Ryo, accortosi della presenza del vocalist nella stanza, si era degnato di ricomporsi almeno un po', infilandosi i jeans.
Non era particolarmente dispiaciuto.
Takanori non pianse davanti a lui. Gli faceva troppo schifo.
Ryo si accese una sigaretta, placidamente.
Sbuffò una nuvoletta di fumo prima di parlare:
"Visto, Ruki? I torti fatti a Reita si pagano."
Odiava essere chiamato così.
Il suo nome era Takanori. Lui era Takanori. Ruki era solo un'immagine mediatica, porca puttana!
Avrebbe voluto mutilargli l'espressione di vittoria che troneggiava sul suo volto.

Si era invece incamminato per le strade di Tokyo, le mani affondate in tasca, lo sguardo vacuo. Si era tolto le lenti a contatto, scacciando folosoficamente il ghiaccio che gli avvolgeva le viscere.
E senza rendersene conto era giunto in quel parco.
Quella mattina Takanori aveva in programma di andare a casa di Ryo, chiedere scusa e invitarlo a cena fuori. Poi guardare un fim abbracciato a lui e fare l'amore per ore.
Invece, si era ritrovato a rivangare il passato seduto in una coperta di fiori, stringendo tra le mani una margherita.

E la margherità scivolò via dalle mani del vocalist, volteggiando nell'aria sospinta da un brezza leggera.
Così era la vita.
Ti toglieva di mano ciò a cui tenevi di più in un momento di distrazione, per poi non ridartela mai più.
Così era la vita.

Note: mi piace. Udite udite.. mi piace. C'è molto -troppo- di mio in questa fic.
Eppure mi piace.
Saluti,
Guren
   
 
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