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Autore: FreDrachen    14/06/2022    1 recensioni
Luca aveva davvero tutto nella vita. Era una promessa del calcio, popolare tra i suoi coetanei tanto da essere invitato a ogni festa, ed era oggetto di attenzione di ogni ragazza e non.
Insomma cosa si poteva volere dalla vita quando si aveva tutto?
Basta, però un semplice attimo, un incidente lo costringerà a una sedia a rotelle, e per questo sarà abbandonato dalle persone che un tempo lo frequentavano e veneravano quasi come un Dio.
Con la vita stravolta si chiude in se stesso e si rifiuterà di frequentare la scuola. Sua madre, esasperata da questa situazione, riesce a ottenere la possibilità, dalla scuola che Luca frequenta, di lezioni pomeridiane con un tutor che avrà lo scopo di fargli recuperare il programma perso.
E chi meglio di uno dell'ultimo anno come lui può riuscire nell'impresa?
Peccato che Luca sia insofferente agli intelligentoni e non sembra affatto intenzionato a cedere.
Peccato che Akira non sia affatto intenzionato ad arrendersi di fronte al suo carattere difficile.
Due ragazzi diversi ma destinati ad essere trascinati dall'effetto farfalla che avrà il potere di cambiare per sempre le loro vite.
[Storia presente anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Capitolo 26


* Questo è un capitolo di transizione, prima del "grande momento"...volevo avvisare che potreste provare istinti omicidi nei confronti del padre di Luca, meritatissimi perché nel micro momento in cui comparirà darà proprio il meglio (peggio) di sé 😅. Buona lettura ❤️ *
 

Non gli diedi tempo di pronunciare altro.
Non gli avrei permesso di dire altro.

«Ti vedo shockato» mi disse, un sorriso crudele che gli solcava il volto.

Mi allontanai in fretta prima che potesse dire altro, uscendo da quel bar che sembrava quasi richiudersi su me stesso, tanto da farmi mancare l'aria.

Fuori il cielo era plumbeo e l'aria glaciale e per questo ebbe il potere di anestizzare un attimo i miei pensieri in subbuglio.

Tornai a casa in preda alla confusione più totale. I pezzi avevano cominciato a mettersi a posto, facendomi finalmente comprendere alcuni comportamenti di Akira. Ma perché tenermi nascosto tutto questo?

Sapeva come la pensavo su quell'argomento, ma non doveva averlo convinto del tutto.

E poi quel ragazzo aveva parlato di colpa. Cos'era davvero successo tre anni prima?

La verità l'avrei voluta unicamente sapere da Akira e da nessun altro. Saperla nell'altro modo sarebbe stato un tradimento nei suoi confronti, ma avevo bisogno di risposte. Desideravo ardentemente che si confidasse con me, che condividesse il suo pesante fardello. Da quello che immaginavo dovevano essere successi eventi terribili se gli avevano impedito di aprirsi.
Da quel momento si teneva dentro un segreto simile?
Quanto aveva sofferto?

Tentennai con il dito sospeso sul simbolo dell'audio di Whatsapp. Come potevo chiedergli un faccia a faccia senza fargli capire che volevo parlare di quella cosa?

"Ciao Akira, sai ho chiamato il tuo ex compagno di scuola per capire che cosa ti é successo e mi ha rivelato che sei gay e che molto probabilmente saresti coinvolto nel suicidio di un vostro compagno".

No, assolutamente così non andava. Dovevo essere piú diplomatico.

"Conosco il tuo segreto".

Sehhh, senza dubbio così non l'avrei inquietato, senza dubbio Luca.
Accidenti, la mia mente non riusciva a partorire un'idea decente?

"Ehi Aki. Sono Luca. Potresti chiamarmi appena riesci. Vorrei parlare un attimo con te di una...cosa"

Visto che visualizzava e non rispondeva e quando provavo a chiamare partiva la segreteria telefonica, agì prima ancora di pensare.

"Ehi Aki sono sempre io. Senti, ho parlato con il tuo ex compagno di scuola. Scusami se mi sono permesso ma era l'unico modo che avevo per capire il motivo per cui quello si é comportato in quel modo con te. Puoi chiamarmi dato che hai sempre la segreteria attiva? Dobbiamo parlare. Oppure se non puoi possiamo vederci a scuola. Ok, a domani".

Dopo aver constatato che aveva visualizzato nuovamente ma che non mi avrebbe risposto, con un sospiro uscì dalla camera e mi diressi in cucina per la cena. I miei genitori erano già seduti attorno al tavolo, di fronte ai piatti fumanti.

Mio padre stava guardando le ultime notizie al telegiornale, sul volto un'espressione irritata.

«Ma guarda un po' questi! Cosa pretendono? Che diventiamo come loro?» lo sentì bofonchiare.

Alzai lo sguardo dal piatto con fare dubbioso.

«Chi?» domandai senza trattenermi.

«Questi froci. Pensano di essere come noi ma si sbagliano e vogliono essere tutelati. Quello che si meriterebbero è una terapia di conversione, altroché!»

«Ma sono come noi» risposi punto sul vivo, pensando ad Akira.

Lui si voltò verso di me, con un'espressione disgustata sul volto.

«Mi stai forse dicendo che sei un finocchio? Già mi hai deluso, se davvero lo fossi...»

Che problema ci sarebbe se lo fossi stato?

La discussione andò avanti per un po', dove cercai di prendere le difese di quei ragazzi o ragazze che venivano picchiate, derise, cacciate di casa...per cosa? Per la mentalità ristretta di una società che, ancorata alle loro idee retrograde, li condannava, umiliava e svestiva del loro diritto di essere felici. E il discorso poteva essere anche esteso a ragazzi come Roberto e a chissà quanti altri.

In parte comprendevo la ragione di Akira di non sbandierare ai quattro venti quel suo lato di sé. Per colpa di persone come mio padre, vittima di bigottismo o semplicemente dalla mente limitata a impediva loro di vivere serenamente.

Ma perché non confrontarsi con il trio? O con me? Specialmente con me. Avendo accettato e sostenuto Roberto doveva essergli facile aprirsi con noi.

Poi intuì. Il suicidio del suo ragazzo. E il suo periodo d'ospedale. I due fatti dovevano essere collegati ma in preda all'incazzarura che mi era scaturita dentro parlando con quel cervello di ameba del suo ex compagno di scuola non conoscevo tutta la storia. Quei fatti dovevano aver innescato dentro di lui un rifiuto di questo lato di sé che gli impediva di aprirsi del tutto.

Ok, con queste analisi mentali mi sentivo uno psicologo.

Vidi distrattamante che mio padre aveva continuato a parlare durante le mie analisi mentali, ma di cui non avevo registrato una sola parola. Senza dubbio non dovevano essere state cose utili.

Finì cena in fretta e con altrettanta velocità tornai in camera, seguito da Freddy che si acciambiellò al mio fianco non appena mi sedetti sul letto.

«Cosa posso fare affinchè Akira si apra con me?» gli domandai. Era risaputo che i gatti fossero molto più intelligenti di noi esseri umani.

Lui mi osservò un po' per poi strusciarsi contro la mia gamba facendo le fusa.

Allungai la mano per accarezzarlo, pensando per un attimo che al suo posto ci fosse Akira.

«Mi stai consigliando forse che, malgrado tutto, dovrò fargli capire che sono dalla sua parte e che non lo abbandonerei?»

Freddy drizzò le orecchie come a dire: "Stupido umano fa quello che ti pare, ora fammi i grattini".

Davvero molto utile il felino.

Continuai a coccolarlo, stendendomi sul letto per stare più comodo.

Quella notte sognai un Akira più giovane sofferente, su mente e cuore un macigno che lo schiacciava. Mi svegliai che non erano neanche le due del mattino, Fredfy assopito al mio fianco.

Ripresi un attimo fiato prima di provare a tornare a dormire.

Avrei fatto in modo che non soffrisse più come doveva essere successo in passato, perché Akira aveva saputo tirare fuori il meglio di me. Da quando lo conoscevo desideravo essere sempre di più una persona migliore.

Non era vero che non mi ricordassi di lui, gli avevo mentito quel primo giorno, perchè in quel periodo il mio obiettivo ultimo era ferire gli altri. La prima volta che avevo incrociato il suo sguardo era il primo giorno di scuola del terzo anno. La maggior parte della gente pensava che mentre camminavo guardavo dritto di fronte a me senza degnare di uno sguardo chi o cosa mi stesse attorno. Il che era vero, ma quel giorno avevo fatto inconsapevolmente lo strappo alla regola.
L'avevo notato subito, forse per il fatto che fosse un viso nuovo oppure per i suoi tratti asiatici che mi avevano i curiosito. Ma fatto sta che non appena avevo incrociato i suoi occhi era stato come essere colpiti da un fulmine a ciel sereno. Avevo avvertito dentro di me come una scossa elettrica, piacevole che mi aveva dato un senso di pace. A quei tempi sapevo del magnetismo e del potere che esercitavo sugli altri, e essere preda di quel ragazzo nuovo mi aveva un attimo destabilizzato.
Ripensandoci ora era come se la mia anima l'avesse riconosciuto nel profondo e che la sua presenza acesse toccato le corde del mio cuore (ok, tutta questa smielezza da dove proveniva? E tutto questo significava che avevo cominciato a provare qualcosa per lui già in quel momento? Mo facevo davvero troppi castelli mentali).

Poi com'era nato il contatto si era infranto e da quel momento non avevo più avuto occasioni di vederlo, se non di sfuggita nei corridoi. E quando poi il destino aveva messo lo zampino l'avevo odiato, si. Perchè vederlo mi aveva ricordato il ragazzo che ero stato e che in quell'attimo, di qualche anno prima di fronte al suo sguardo, si era quasi frantumato in mille pezzi.

A conti  fatti mi era andata bene perché lui non mi aveva abbandonato e mi aveva aiutato a raccogliere i cocci di qyel ragazzo arrogante e presuntuoso che pensava di sapere tutto della vita seduto sul suo trono fatto di illusioni e meschinità.

Era stato Akira ad aprirmi gli occhi, a farmi capire che avevo vissuto come in una gabbia dorata di gelosie e bugie.

Era stato Akira ad aiutarmi a uscirne e ad accettarmi per quello che ero e che ero diventato.

Adesso toccava a me aiutarlo a liberarsi della sua gabbia.

Non riuscì a dormire molto, pensare mi aveva deconcentrato e impedito di far riposare adeguatamente cervello,  per questo di fronte allo specchio la mattina, quasi mi spaventai nel vedere il volto sconvolto e con le occhiaie di un ragazzo che mi s...


Non riuscì a dormire molto, pensare mi aveva deconcentrato e impedito di far riposare adeguatamente cervello,  per questo di fronte allo specchio la mattina, quasi mi spaventai nel vedere il volto sconvolto e con le occhiaie di un ragazzo che mi somigliava.
Poi, con l'intelligenza che mi contrastingueva, capì di essere io.

Potevo far concorrenza a uno zombie.
Così si che Akira sarebbe scappato a gamve levate.

Mi trascinai in cucina per carburare, non tanto per le lezioni, quelle erano in secondo piano, ma per essere in forze quando avrei parlato con Akira.

Mi feci accompagnare come a mio solito da mia madre, ma a differenza delle altre volte ero un fascio di nervi. Se qualcuno mi avesse toccato sarei saltato letteralmente in aria.

«Qualcosa non va Luca?» provò a domandarmi mia madre a cui risposi con un mugugno poco convincente, girandomi dall'altra parte.

La seta prima non aveva preso le mie difese dalla discussione con mio ladre facendomi capire alla fine da che larte sarebbe semlre stata. E spoiler, non la mia.

Dopo quel giorno saremmo stati io e Akira soli contro il mondo, sempre che non volesse coinvolgere il trio dei Nerd. Ma se non l'aveva fatto fino a quel momento dubitavo che l'avrebbe voluto fare dopo.

All'entrata non lo vidi, ma la campanella era già suonata. Magari era già salito per poter ripassare per una qualche verifica e interrogazione, oppure non era ancora arrivato. Mi arrischiai a cercarlo in classe.

Fermai un ragazzo alto e magro, tanto da ricordarmi un poco Akira, ma dai capelli rossi e gli occhi di un colore particolare, una via di mezzo tra l'azzurro e il violetto tenue, intento a messaggiare con il cellulare.

Non appena gli chiesi del suo compagno non mi mandò a quel paese anzi, mi sorrise in modo dolce.

«Akira? Non l'ho ancora visto stamattina. Ma se ti fa piacere gli dico che sei venuto a cercarlo». Anche la voce era delicata come avevo immaginato.

La ringraziai  con il capo e quando feci per allontanarmi avvertì un suo compagno appena entrato in clasee sussurrare: «Ma che coraggio a parlare con il travestito».

Mi voltai parzialmente verso il ragazzo che aveva parlato e lo trovai che mormorava qualcosa a quello che gli stava di fianco. Non appena videro che lo stavo osservando smisero immediatamente.

Il ragazzo dai capelli rossi o si era ormai arreso oppure aveva una certa dose di autocontrollo. Gli diedi una seconda occhiata e constatai che aveva lo smalto nero alle unghie e un leggero ombretto e un filo di matita e mascara che rendevano i suoi occhi più ferini. Sinceramente non ci trovavo nulla di male, ognuno era libero di poter esprimere se stesso come meglio credeva.

La voglia di intervenire era talmente tanta che avvertivo le mani prudermi ma quel ragazzo mi bloccò con lo sguardo. Non era la mia battaglia, questo cercava di trasmettermi.

Stavolta mi allontanai sul serio per raggiungere la mia classe, trovandola quasi del tutto piena.

Ignorai palesemente il sorrisetto sarcastico di Ippolito, le leggere occhiate di Agnese e la parlantina del mio ex compagno di banco, il secchione che fino a qualche giorno prima mi aveva assillato con le sue chiacchiere da nerd.
Avevo già a che fare con quattro di quella specie, bastavano e avvanzavano.

Per fortuna qualche giorno prima mi avevano cambiato di posto, forse per i prof era troppo avermi sempre a poca distanza, la mia bellenza senza dubbio li accecava e distraeva dal loro lavoro, e per questo mi avevano infilato in ultima fila, il massimo della scomodità per spostarmi visto che i miei cari compagni, estremamente intelligenti, abbandonano le cartelle in mezzo alla strada. Ma se si voleva un po' spegnere il cervello era senza dubbio la posizione migliore.

Utilissimo anche per cazzeggiare con il telefono senza destare sospetti visto che potevi nasconderti dietro a qualcuno.

Fu per questo che durante l'ora di legislazione sanitaria, perché  "rottura di palle" era troppo poco lusinghero per chiamarla, entrai nel mio profilo Facebook. Lo usavo poco anche prima, l'avevo creato sopratutto su richiesta di Agnese, poi sfruttato per salvare i livelli dei giochi che mi scaricavo, ma avevo constatato che il livello di stalking era assai migliore rispetto a quello di Instagtam.

Dopo essere entrato nell'app cliccai sulla lente d'ingrandimento e mi fermai con un dito a mezz'aria. Constatai fin da subito peró che in tutta questa faccenda non avevo ancora capito come si chiamasse l'oramai ex di Akira.

Contrariato scrissi di nuovo a quell'insensibile di vecchio compagno di classe di Akira per domandaglielo.

Sulle prime mi rispose in malo modo, manco fosse mestruato, a dopo varie insistenze da parte mia cedette.

Fabio Parodi.

Sinceramente mi aspettavo un nome diverso anche se non sapevo quale, e poi il cognome era tipico di questa città. Sembrava essere stato uno fra i tanti eppure aveva fatto breccia nel cuore di Akira. Cos'aveva di tanto speciale?

Digitai il nome e per un attimo ebbi il timore che fosse più bello del sottoscritto. Non lo nascondevo dietro a falsa modestia, ero un vero figo e il penserio che questo Fabio mi superasse non mi andava proprio a genio.

Magari era il classico palestrato tutto muscoli e dal ciuffo pazzesco che infondeva una sorta di senso di protezione. Ora si che avevo l'autostima sotto zero a far compagnia ai pinguini.

"Devi rassegnarti Luca. Devi accettare che ci sono altri ragazzi con una bellezza canonizzata più apprezzabile della tua. Per cui affronta la realtà a testa alta" mi ricaricai e cliccai sull'invio.

Il primo profilo presentava un'immagine di quelle che mi sarei aspettato da Akira per cui intuì che potesse essere il nostro ragazzo.

Ecco. Macho e nerd. Ero fottuto! Non avrei mai potuto reggere la concorrenza. Anche da morto avvertivo una sorta di rivalità nei suoi confronti.

Ricacciai indietro il mio senso di autocommiserazione e aprì il profilo.

Trovai molte immagini di stile asiatico, ma i post suoi si fermavano a tre anni prima, in prossimità di aprile. I più recenti erano stati scritti da altri ragazzi che ne commemoravano la scomparsa con brevi frasi. Spilucchiai tra i suoi amici e trovai quello stronzo di Tommaso e cercando bene anche Akira che, constatai cedendo alla tentazione, non pubblicava nulla da almeno tre anni, stavolta da marzo.

Tutto confermava i miei castelli mentali che mi ero fatto dopo le parole dello stronzo. Tornai in quello di Fabio e rastrellai l'album, alla ricerca di un suo scatto.

Infine ne trovai uno sommerso dall'alto tasso di nerdaggine. La foro ritraeva un ragazzo che riconobbi subito come un Akira più piccolino e dal sorriso dolce, che mai avevo visto sul suo volto, che avvolgeva con il braccio destro un ragazzo talmente basso da poter essere scambiato per un nano da giardino. Basso e gracile e dai colori di capelli e occhi opposti ai miei.

Se non fosse che mi avrebbero beccato e sequestrato il cellulare avrei tirato un sospiro di sollievo.

A un ragazzo simile ci sarei passato di fianco senza dedicargli una seconda occhiata anzi, me lo sarei letteralmente perso visto visto la bassezza che lo caratterizzava. Ma come aveva fatto allora ad attirare l'attenzione di Akira? E perchè al solo pensiero sentivo crescere una sorta di gelosia?

Uscì da Facebook e, dopo aver riposto il telefono nel sottobanco, strinsi le mani che mi tremavano.

Quel ragazzo si era suicidato e ancora non sapevo il motivo. Secondo lo stronzo era stata per colpa di Akira ma non ci credevo. Se solo avessi potuto confrontarmi con lui avrei potuto zittire tutte queste incognite che mi affollavano la mente.

Basta, non ne potevo più! Tutti questi penseri mi avrebbero fatto esplodere il cervello.

Recuperai il telefono ed entrai su Whatsapp e nella chat privata che avevo con Akira formulai un breve messaggio.

Tu:
Come mai assente?


La risposta, stranamente, non si fece attendere molto.

Akira:
Faccende mie

Sembrava scritto con fare scocciato e scorbutico facendomi intuire che o si era svegliato dalla parte sbagliata del letto, oppure che la faccenda era ben più grave di quella che sembrasse.

Non avevo mai sentito Akira rispondere a qualcuno in quel modo. Ma non demorsi. Se mi fossi tirato indietro non me lo sarei mai perdonato.

Tu:
Affari di che tipo?

Me lo immaginai di fronte allo schermo che alzava gli occhi al cielo, con fare esasperato.

Akira:
Sono con una persona a me cara. E se mi chiederai altro sappi che non ti risponderò. Ora ti prego, lasciami in pace

D'istinto pensai subito quel ragazzo, Fabio.
Era da lui.
Me lo sentivo.

Tu:
Aki...


Akira:
Lasciami in pace Luca...ti prego

ribadì lui. Per fortuna suonò in quel momento la campanella che segnava il cambio dell'ora e subito provai a chiamarlo. Ma lui fece in un primo momento partire la segreteria telefonica e infine spense il telefono. Forse voleva davvero rimanere solo come un'eremita.

Tutta quella situazione mi fece salire una sorta d'apprensione.

Dovevo assolutamente andare da lui.

 

Angolino autrice:

Buonsalve :3 sono riuscita ad aggiornare prima del tempo XD (non abituatevi però ^^")

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e per il prossimo vi prometto scleri (spero che venga come vorrei 🤞🏼 sarà uno dei punti cardine della storia 😍)

A presto! FreDrachen

P.S. il compagno di classe di Akira, citato in questo capitolo, avrà anche lui una sua storia (in cui sarà più grande dei diciotto anni che ha in questa) e, come Hermes e altri (l'autista di bus e, molto probabilmente, il taxista del capitolo precedente), fa parte di un progetto crossover con altre mie storie XD di lui vi spoilero il nome: Pigmalione (comunque in questa storia comparirà anche più avanti 😍)

 

   
 
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