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Autore: chiara_saffioti    20/06/2022    0 recensioni
La persona sbagliata al momento perfetto, oppure, la persona perfetta ma nel momento sbagliato?
Charlie e Sam sono tutto questo, un valzer di appuntamenti mancati, di impresti, di attimi di vita tra loro.
Di momenti che potevano essere e invece non sono, di messaggi cancellati, di ricordi e pensieri.
Riuscirai mai a Raggiungermi?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Vorrei ringraziare chi ha speso un paio di minuti per leggere la mia storia. se vi va, scrivetemi pure per commenti, suggerimenti ecc... grazie :) Something I Need - One Republic Il telefono non smetteva di suonare un attimo, sentiva le notifiche impazzare sul telefono mentre cercava di non impazzire nel traffico. Era il gruppo del lavoro, e non prometteva niente di buono. Era già pronto a cancellare la chat senza nemmeno leggere quando scoprì che non si trattava di rotture di scatole ma di un invito all’aperitivo aziendale: pare che i risultati eccellenti delle ultime settimane avessero spinto i titolari ad organizzare un momento di convivialità tra i reparti. Più leggeva quelle parole, più le sentiva vuote. Ma infondo, non aveva impegni per giovedì sera ed erano giri di bevute gratis, con l’aiuto di Bianca era certo che sarebbe sopravvissuto. Sam non aveva avuto modo di legare con i suoi colleghi, a pelle aveva deciso che non gli piacevano, e non faceva nulla per trovare un piccolo punto di contatto con loro. Però, era pur vero che doveva sopravvivere li dentro, e forse legare con qualcuno poteva essere una buona idea, se non altro in caso di bisogno. Fu così che prese coraggio e rispose positivamente all’invito, destando nei suoi colleghi un certo stupore. Bianca ci mise circa un secondo e mezzo a scrivergli “ehi orso!!!! Sei impazzito? Ti degni di farci compagnia?” Sam rise fra sé, quella ragazza sapeva farlo ridere anche con una parola stupida, dopo Laura era l’unica che lo aveva fatto sorridere, ma in modi completamente diversi. Laura era il grande e unico amore della sua vita, prima di lei nessuna lo aveva fatto sentire così e lui sapeva che prima o poi sarebbero tornati insieme, perché loro erano un’unica cosa. Lui la amava, follemente. E sapeva che anche per lei era la stessa cosa, solo che aveva avuto paura, per le solite paranoie. Ci sarebbe voluto tempo, ma lui l’avrebbe aspettata. Anche per sempre. Lei era la sua casa, non era solo un segno sulla pelle, era un marchio nel cuore. Bianca invece era una grande amica, una sorella, quella che riusciva ad allontanarlo dai suoi pensieri bui, quella che lo aveva aiutato quando aveva avuto bisogno di scappare. Bianca e Leo erano stati una coppia per sei anni, poi avevano realizzato che quell’amore che all’inizio li aveva fatti bruciare, dopo quegli anni, dopo la convivenza, si era trasformata in amicizia. Avevano mantenuto un bellissimo rapporto, erano amici, ma amici veri, ma una coppia no, non potevano più esserlo. Quando uscivano Sam li osservava e si chiedeva come fosse possibile che due persone che si erano tanto amate, che si erano scelte e volute, che avevano fatto l’amore, litigato e urlato, che avevano scelto i mobili di una casa, e pensato di essere la loro scelta per la vita, l’altra metà del cielo con cui mettere su una famiglia e invecchiare, di punto in bianco si erano trasformati in due amici. Certo, due amici che si volevano bene, con un rapporto quasi fraterno. Ma comunque due amici. Si chiedeva come fosse possibile che non ci fosse gelosia tra loro, che non ci fosse risentimento. Una sera al pub ne aveva parlato con Leo, e lui gli aveva detto che le loro strade ad un certo punto avevano preso direzioni differenti, che voleva bene a Bianca, ma sentiva che non erano più felici come un tempo, che il legame, la quotidianità era diventata un’abitudine, e se non riuscivano più a sentirsi felici, sapeva che sarebbero arrivati a odiarsi invecchiando. Ma che Bianca per lui era troppo importante: il suo cuore, la sua pelle, le sue mani, il suo respiro avevano capito che non ci sarebbe stato un futuro per loro come coppia. Ma una vita senza Bianca, Leo, proprio non la voleva. Perché per lui era importante. E d’altronde, come non poteva non essere così? Come si poteva condividere un pezzo di vita così lungo insieme e poi diventare un estraneo? Sam lo aveva ascoltato, ma non riusciva a comprendere in pieno. Era convinto che Leo non avesse combattuto abbastanza, che forse, se si fosse impegnato di più, avrebbe convinto Bianca a rimanere nella loro casa. Pensava alla sua vita, lui stava ormai da qualche mese con Laura, e non poteva pensare effettivamente ad una vita senza di lei, perché lui voleva che ogni suo risveglio fosse scandito dal suo respiro, dai suoi occhi e dai suoi capelli arruffati. E ora? E ora pensava alle parole di Leo, e no, ancora non riusciva a comprenderle. Perché per lui non avere Laura nella sua vita era una tortura. Ma mai sarebbe riuscito a convivere con il pensiero di vederla andare via con un altro, o raccogliere le sue confidenze, come facevano Leo e Bianca. Non capiva il loro equilibrio, così come non capiva l’equilibrio tra lei e Laura. Cazzo, quanto ancora sarebbe durato il loro allontanamento? I giorni passarono velocemente scanditi dal ritmo di lavoro serrato, le cene con amici e a casa dai suoi genitori. Sembrava che nessuno lo volesse lasciare da solo, aveva come la sensazione che tutti volessero continuamente farlo sentire coccolato, meno solo. Ma si sentiva più solo che mai. Perché che tra tutti i visi amici, mancava l’unico che poteva farlo sentire amato, al sicuro e davvero felice. Si finì di preparare allo specchio, la camicia bianca di lino aderiva perfettamente alla sua pelle abbronzata, mise un braccialetto di cuoio al polso destro, nello stringere la fibbia sfiorò quella scritta… you are my home… sentii come sempre la pelle bruciare, ma non c’era tempo per il ricordo di Laura, non ora. Prese la giacca e le chiavi al volo, il clima di metà giugno era piacevole: il sole non era ancora troppo caldo, mentre il cielo sembrava voler rimanere chiaro, e non svelare l’arrivo della notte. Il tempo adatto per la sua amata vespa. Mise il casco, ignorando l’altro casco che giaceva nel bauletto, un casco bianco, con un cuore rosso su un lato. Una stretta al cuore per il ricordo di quando lo avevano comprato insieme, quando lui glielo aveva allacciato la prima volta per farglielo provare. No. Laura dalla sua testa non voleva proprio uscire. Però doveva andare o sarebbe arrivato tardi. L’azienda aveva organizzato un aperitivo in uno dei bagni, appena fuori dal centro della città. Sam parcheggiò poco distante, le ruote già sulla sabbia, che sentiva scricchiolare sotto le converse. Era in ritardo, seppur di poco, ma decise di attendere ancora un attimo, all’angolo dietro l’ingresso del locale, per prendere un’ultima boccata d’aria prima di entrare, prima di doversi sforzare di sorridere per forza davanti a tutti quegli estrani. Fu allora che venne letteralmente travolto. Non capii immediatamente cosa stava accadendo, riuscì solo a percepire una nuvola di capelli rossi e un corpo sbattergli contro, sentii i piedi incespicare sulla strada e un verso sorpreso provenire da quel terremoto che lo aveva colpito in pieno. Fu un attimo. Sam fece appena in tempo per fermare la caduta a terra di quella ragazza sbadata, la sorresse un attimo, con le sue braccia ferme e con cautela la fece rimettere dritta. Era Carlotta, la ragazza che lavorava in ufficio. Lui lo guardò da sotto, bofonchiando, la borsa le era caduta a terra rovesciando tutto il suo contenuto sulla sabbia. Si chinarono per raccogliere la borsa. Insieme. E inevitabilmente finirono per scontrarsi con la testa. E la ragazza doveva avere una testa particolarmente dura perché Sam finì a terra. Non se ne rese conto, ma stava ridendo per quella situazione assurda. “Scusa…. Scusa davvero… sono un disastro…”. Sam la guardava sorridendo mentre raccoglieva il pacchetto di Chesterfield e lo rimetteva in borsa. Senza volerlo la sua risata divenne sempre più forte, incontenibile. Era seduto a terra, travolto da una rossa semi sconosciuta. Chissà, magari nei libri e nei film poteva anche essere l’inizio di una storia d’amore, ma ai suoi occhi erano veramente divertenti. “hai l’abitudine di travolgere così tutti i colleghi…?” Vide alzarsi due grandi occhi verdi, che lo guardavano perplessi. Poi, come se un lampo le fosse passato dentro, scoppiò anche lei in una fragorosa risata. Allungò la mano verso di lui per aiutarlo ad alzarsi “comunque piacere, io sono Charlie”. Sam si rialzò pulendosi. “Charlie? Che nome è?” commentò, involontariamente, ad alta voce. Lei non sembrava particolarmente turbata, lo guardò ridendo, dritto negli occhi “In realtà mi chiamo Carlotta, ma tutti mi hanno sempre chiamata Charlie, fin da piccola…” Fu allora che furono interrotti da Lea e Bianca, che stavano arrivando insieme al locale, e li guardavano un po' perplesse. Entrarono tutti insieme, erano praticamente gli ultimi perché il locale era pieno, in sottofondo la musica non riusciva a coprire le voci dei colleghi. Lasciò le ragazze, e con un grande sforzo, e dopo aver recuperato un gin tonic si avvicinò al suo responsabile per scambiare due parole. Era quasi arrivato quando un braccio lo fermò ad un passo da lui “ma sei pazzo? È insopportabile al lavoro e non è meglio fuori, vieni con noi a bere.” Era Freddy, uno degli autisti “anziani” dell’azienda. Lo portò a bere insieme agli altri ragazzi delle consegne. Freddy era forte, nonostante l’accento sud americano aveva un modo impeccabile di parlare, lavorava in quell’azienda da circa dieci anni e per tutti era diventato il vero punto di riferimento. Riuscì a staccare la testa, complice la parlantina di Freddy e il gin tonic, e improvvisamente, quei colleghi, che sembravano così lontani da lui, diventarono un pochino meno sconosciuti. C’è chi aveva figli, chi viveva ancora a casa coi genitori, chi aveva sogni di gloria e chi invece aveva solo bisogno di uno stipendio da portare a casa. Una cosa li accomunava tutti: nessuno sopportava quel responsabile, che di responsabile non aveva nulla e che non aveva voglia di fare alcunché nella vita, se non imporre assurdità a proprio uso e consumo. “Guardate chi c’è! Le terribili dell’ufficio!!!!” Freddy gli urlò letteralmente nell’orecchio, facendosi spazio tra lui e un altro collega per far passare il “trio” delle segretarie: Lea, Bianca e…. la ragazza col nome strano, Charlie. Il gruppo di chiacchiere si allargò, ospitando quelle tre ragazze così diverse, ma all’apparenza così affiatate. Sam si avvicinò all’orecchio di Bianca e le chiese se quegli eventi capitavano spesso, lei stava per rispondergli quando Freddy si avvicinò, incastrando il braccio intorno al suo collo, in un abbraccio decisamente forte. All’altro braccio, con meno forza, Freddy cingeva la ragazza rossa, che sorrideva per il gesto affettuoso di quell’omone casinista. “Sam tu conosci la mia segretaria preferita??? Si chiama Charlie, ma non farti illusioni lei ha occhi solo per me!!!” Charlie scoppiò a ridere, una risata che per un attimo bloccò Sam. Era sincera, eppure trattenuta, come se non volesse mostrare troppo di sé. “si ci siamo conosciuti” rispose Charlie “finalmente dopo settimane di musi lunghi si è degnato di rivolgermi almeno un cenno di cortesia… “ continuò ridendo, con l’intenzione, benevola, di prenderlo in giro. “Certo, difficile rimanere impassibili quando vieni travolto…” replicò Sam divertito. Charlie lo guardò dritto negli occhi, abbassandoli fugacemente e ridendo “ti ho già chiesto scusa, e infondo non è colpa mia se ti sei piazzato dietro un angolo… non avevo visuale…” “beh, allora meno male che fai la segretaria e non guidi il camion…” rispose ancora Sam. Scoppiarono tutti a ridere, Charlie e Sam compresi, in quel momento tra le risate, Sam riuscì a riconoscere in sottofondo le note e le frasi di una canzone dei One Republic, Something i need, che conosceva molto bene “Honey don't you be afraid If we got nothing, we got us". Il ricordo di lei lo azzannò alla gola tramortendolo. Laura. Laura che cantava quella canzone, la domenica mattina, mentre girava per casa scalza. Laura che cantava quella canzone, mentre andavano al mare in vespa, con le braccia che stringevano il suo petto. Come se lei lo stesse abbracciando ancora adesso, sentii l’aria di colpo sparire dai suoi polmoni, aveva la sensazione di non riuscire a respirare, che le parole degli altri e le risate fossero improvvisamente sfocate e confuse. Strinse il bicchiere, cercando di non rovesciarne il contenuto, e fingendo che tutto andasse bene si congedò dagli altri, uscendo sulla spiaggia. Per fortuna nessuno aveva capito, ma l’aria ancora non riusciva a tornare. “Dannazione esci dalla mia testa…” Sam si appoggiò ad un ombrellone chiuso, cercando di recuperare un po' di calma. “Sam va tutto bene?” No, non era passato inosservato. Si voltò con cautela, con gli occhi lucidi, e incrociò due occhi verdi, grandi, che lo guardavano preoccupati. Charlie rimase un secondo bloccata davanti agli occhi lucidi del ragazzo, “Dai non posso averti fatto così male…” tentò una battuta, per farlo sorridere, sperava di riuscire a distrarlo dal suo dolore. Sam lo aveva capito. E funzionò. Rise, con le lacrime agli occhi, davanti a quella ragazza quasi sconosciuta, con cui fino a quel momento non aveva nemmeno scambiato una parola. “come ti senti?” lei lo guardava, con quei grandi occhi curiosi e strani. “stranamente, nonostante te, meglio” le rispose ridendo “è stato solo un momento mi sono già ripreso”. Lei lo fissò, seriamente “lo sai che quello che hai avuto era un attacco di panico, vero?”. Lui le sorrise, sbuffando leggermente “esagerata!!! Un attacco di panico…. Nemmeno mi conosci come fai a dire queste cose… io sto bene!”. Lei gli sorrise, gli occhi fissi su di lui, attenti e pazienti “ Sam… non ci conosciamo così bene, ma se vuoi parlarmene, io sono brava ad ascoltare”. Si sedette sulla sabbia, con il suo spritz in mano. Charlie gli aveva fatto una domanda, ma sapeva benissimo la risposta che avrebbe ricevuto. Era sicura di sé, una sicurezza che spaventava Sam. Mentre si sedeva, cercava di trovare anche lui una risposta ad un’altra domanda. Come aveva fatto? Come si era accorto che stava male e che aveva bisogno di aprirsi e di parlare? Come aveva fatto a farsi aprire la porta e convincerlo a fidarsi? Chi era quella sconosciuta con gli occhi curiosi e i capelli rossi come il tramonto che li avvolgeva? E semplicemente, ignorando tutti i suoi dubbi e le sue domande, si sedette accanto a lei, e iniziò a parlare.
  
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