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Autore: elenabastet    21/06/2022    4 recensioni
Un what if su sviluppi differenti e senza alcune celebri morti, basato sulle due date legate al 20 giugno, la fallita fuga di Varennes nel 1791 e la morte di Fersen. Potrebbe essere un abbozzo di idea per un giorno un seguito più lungo e ampio tipo romanzo su queste premesse. Chissà... Amo molto la città dove si svolge questa storia e avrei voluto che Oscar e André fossero fuggiti qui.
Genere: Angst, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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20 GIUGNO

Aka L’ULTIMO INCONTRO

 

Rating: fatti storici, tematiche difficili, lutto, morte, vita.

Fandom: Lady Oscar.

Note: Un what if su sviluppi differenti e senza alcune celebri morti, basato sulle due date legate al 20 giugno, la fallita fuga di Varennes nel 1791 e la morte di Fersen. Potrebbe essere un abbozzo di idea per un giorno un seguito più lungo e ampio tipo romanzo su queste premesse. Chissà...

 

L’avrebbe riconosciuta tra mille e lo sapeva bene: era lei, non poteva sbagliarsi, a distanza di anni era sempre uguale, con la sua figura alta e slanciata, il suo portamento elegante, i capelli un po’ disordinati ma bellissimi, anche se ormai l’oro aveva in mezzo qualche filo d’argento, ma meno che nei suoi, ormai di un vecchio, lo sguardo fiero ma sensibile, dietro cui si apriva un mondo.

Doveva parlarle, c’erano cose da chiarire e da capire, anche se il perdono era impossibile. Per questo iniziò a seguirla, mentre girovagava a fare la spesa come una borghese qualsiasi, una di quelle persone che gliel’avevano uccisa, in quella mattinata già tiepida di giugno, il solito maledetto giugno e in più lo stesso maledetto giorno del suo fallimento, in quella città dove era venuto a cercare alleati, anche se non aveva mai granché amato i suoi abitanti.

La vide scegliere del cibo, concordando per alcune cose la consegna a casa, del resto lei non era sola, lei aveva una famiglia, lei aveva una vita, e per un attimo la odiò profondamente, perché aveva avuto tutto quello che lui non aveva avuto e che era stato portato via alla sua amata. Non sopportava la gente felice, l’aveva capito da tempo.

La vide scegliere alcune mele rosse, come uscite da una fiaba, e quelle metterle in un cesto a parte e portarle a casa, certo, dovevano essere per lui, quello per cui aveva lasciato tutto e tradito tutto, onore, lignaggio, i suoi sovrani.

Non riusciva ad odiarla, ma non riusciva a capirla. Avrebbe dovuto morire con la sua regina, e invece era lì, vestita come si vestiva tanti anni prima, ma con quello che a loro era stato negato, e non poteva sopportarlo.

La continuò a seguire, e dire che dicevano che aveva rischiato di morire, mentre combatteva per quei pezzenti, era stata ferita insieme al suo amante, l’ex lacché, e poi si mormorava di una malattia grave da cui era guarita. No, continuava a non poterlo sopportare, ma doveva parlarle.

Erano vere le voci che aveva sentito, veniva ogni mattina a fare la spesa a Convent Garden e poi tornava a casa sua, non lontana, un palazzo sobrio circondato dal verde. Ormai sapeva dove abitava, se avesse voluto avrebbe potuto fargliela pagare, anche se in nome di quella loro antica amicizia sarebbe stato troppo difficile.

Il selciato sotto le sue scarpe scricchiolava, ora che erano lontani dal mercato non c’era più rumore: lei lo sentì e si girò, riconoscendolo:

“Avevo sentito che eravate qui a Londra per incontrare alcuni émigrés, sono felice di vedervi… conte di Fersen!”

Lo guardava in volto, notando come era cambiato, come era lontano da quel giovane da fiaba, da quel principe che sembrava uscito dalle storie di Perrault e di madame d’Aulnoy, che quando era ragazza, tanti e tanti anni prima, le aveva fatto battere il cuore, facendola innamorare dell’amore e infatuare dell’impossibile. Ora era invecchiato, e anche lei lo era, ma non aveva più il fuoco del coraggio nello sguardo, era gelido come i ghiacci del suo Paese, con una venatura cinica e cattiva che lei conosceva bene, l’aveva vista in tante persone, in Francia allora, ma anche da quando viveva oltre Manica.

“Beh anche voi siete una émigré… madamigella Oscar!”

“Che effetto sentirmi chiamare così, sono anni che nessuno più lo fa, nemmeno la mia cara Rosalie, che vive con noi”.

“Ah, sì, me la ricordo, badò a Sua Maestà in prigione, era la moglie di uno di quei macellai o sbaglio, vero?”

Oscar sospirò, non poteva sopportare che qualcuno criticasse una delle sue amiche più care e preziose:

“Bernard, il marito di Rosalie, era un moderato, e questo gli fu fatale, visto che fu spedito sul patibolo da Robespierre pochi mesi prima poi della sua fine. Rosalie è rimasta sola con due figli, di cui una in fasce”.

“Sempre macellai erano, anche quel maledetto corso, pensate davvero che fermerà le guerre ora che l’Imperatore Francesco gli offre la sua figlia bambina come sposa?”

“No, non lo credo e io non sono per il corso, e non solo perché vivo qui. Il più caro amico di mio marito ed io, il colonnello Alain de Soissons, è morto cercando di fermarlo, pochi giorni prima che si proclamasse Imperatore, dopo aver combattuto per lui è rimasto terrorizzato dalla sua arroganza e dalla sua follia”.

“Commovente. Comunque, come vi chiamano? So che rinunciaste ai vostri gradi, quando vi uniste a quei facinorosi, il 13 luglio, dopo averla abbandonata...”

“Mi chiamano madame o Lady, Lady Oscar. Il secondo nome mi piace molto, mi ricorda lady Marian della ballata di Robin Hood, una delle storie preferite dai miei figli”.

“Divertente, così come deve essere divertente insegnare la scherma e a sparare ai rampolli dei nobili britannici. Io li ho combattuti in America, non li ho mai molto amati, ma sono molto meglio comunque dei vostri amici in Francia”.

“Non ho più amici in Francia”.

“Avete tradito anche loro?”, disse Fersen con una nota sarcastica e di rimprovero.

Oscar guardò il conte in volto, come era cambiato, allora le voci che si dicevano in giro erano vere, era diventato freddo, cinico, spietato, vile, ossessionato.

“Oscar non ha tradito nessuno”.

La porta di casa si era aperta e sulla soglia si ergeva l’ex lacché, ecco il risultato della Rivoluzione, i nobili tradivano la famiglia reale e si legavano ai servi. Anche lui era invecchiato, con un occhio solo che splendeva di fierezza, ma aveva ancora tutti i suoi capelli color dell’ossidiana. Pur avendo passato la vita non negli agi era invecchiato meglio di lui che era conte, forse perché non aveva sofferto davvero, tra le braccia della sua bionda padrona.

“André, ti prego, stavo rincasando...”

“Certo, Rosalie e Marguerite hanno visto tutto dalla finestra… Non posso accettare che ti dicano certe cose, non dopo quello che hai fatto”.

“Fersen, se volete entrare un attimo, sarete comunque nostro gradito ospite”, disse Oscar.

André restò basito, ma stette zitto.

“Sapete, non amo i traditori e voi lo siete. Se certi valori funzionassero ancora, vi sfiderei a duello, voi e anche vostro marito. So che razza di matrimoni sono quelli nati dalla Rivoluzione, si possono sciogliere in un attimo...”.

André stava per sbottare, una volta anni prima aveva accettato che Fersen offendesse Oscar e la ferisse, ma stavolta non poteva permetterlo.

Oscar guardò l’uomo che amava con dolcezza e poi si rivolse a Fersen:

“Io non ho mai tradito Sua Maestà. Io volevo una monarchia costituzionale come c’è qui in Inghilterra, e dove credo che durerà ancora molto tempo, forse in eterno. Io continuai a vegliare sulla famiglia reale quando venni reintegrata nella Guardia francese dopo la Bastiglia agli ordini di Lafayette...”

“Un altro traditore!”

“Non sono d’accordo, è un uomo valoroso e retto, gli scriviamo sia io che mio marito, ricorda con molto piacere la sua permanenza nelle colonie americane… Comunque, io seppi che le loro Maestà volevano fuggire il 20 giugno del 1791 e cercai di dissuadere la regina, le chiesi udienza, ma lei non volle sentire ragioni. Disprezzava tutto e tutti, quello che di buono si stava facendo...”

“Ma come osate parlare di cose buone?”

“C’erano e ci sono cose buone, stabilire che siamo tutti liberi e uguali, permettendo a persone come me e André di poter passare la nostra vita insieme come sposi, combattere contro le ingiustizie, togliere privilegi assurdi, mettere al centro del mondo i diritti degli uomini, sono gli stessi valori per cui combatteste anche voi in America...”

“Era diverso. E comunque poi la abbandonaste...”

“No, rimasi in Francia e cercai di continuare a servire la famiglia reale all’interno dell’esercito, ma la situazione era insostenibile...”

“Non andaste a morire per lei il 20 agosto 1792 all’assedio delle Tuilieries, come il vostro ex secondo Girodel...”

“Non potevo, ero a difendere con mio marito i confini del mio Paese. Soffrii per la famiglia reale, e con mio padre cercai di far evadere Sua Maestà dalla Conciergerie, ma la nostra regina non volle andare via senza i suoi figli...”

“Ma davvero, preferì farsi coprire di insulti, accuse immonde e odio, farsi processare, farsi uccidere in quel modo orribile?”

“Lei era rassegnata, e mi disse: Voi non dovete correre rischi per me, voi siete un soldato, ma siete anche una moglie e una madre, è bello sapere che vi ricordate di me e mi amate, avrei voluto sentire i vostri consigli. Veglierò su di voi, ma almeno voi vivete e cercate di costruire un mondo migliore”.

Fersen restò zitto, ma poi andò di nuovo all’attacco:

“E i suoi figli? Non avete mosso un dito nemmeno voi...”

“La principessa Maria Teresa fu scambiata su iniziativa del nostro amico Alain de Soissons. Per Luigi Carlo, ci furono delle complicazioni, ma c’è chi giura che si sia salvato… Io volevo salvarli tutti, ho fatto il possibile, ho odiato il sangue che ho visto versato, e se sono venuta qui è stato per dovere verso mio marito e verso i miei figli, non potevo morire, non volevo morire con tante cose ancora da fare. Poi, è arrivata Rosalie con i suoi bambini. Io non ce la faccio a vivere con odio e rancore, non posso, malgrado tutto. Ognuno di noi ha pagato un prezzo alto, ma non sono una traditrice”.

Oscar si drizzò sulla sua statura: sulla porta di casa sua erano apparsi Rosalie e due ragazzi, un maschio con i suoi stessi capelli biondi e una femmina con i riccioli bruni di suo padre.

“Fersen, avrei voluto che le cose fossero andate in maniera diversa, ma io ho scelto la vita, la mia vita, le loro vite, l’amore e costruire un mondo migliore, anche qui, anche con i miei allievi, anche con chi mi vende le mele al mercato.”

Il conte la guardò con invidia: lei era rimasta pura e coraggiosa come sempre, non poteva odiarla, non poteva biasimarla, e no, lei non aveva mai tradito nessuno. Ma non poteva perdonarla, perché gli buttava in faccia cosa era diventato lui.

“Perdonatemi per la mia maleducazione, è meglio che mi congedi da voi”, disse Fersen.

“Non volete restare?”

“No, ho approfittato fin troppo della vostra pazienza”. Certo, e non potrei stare a tavola con chi è rimasto un eroe. Si allontanò in quella mattina piena di sole.

André si avvicinò a sua moglie Oscar prendendole una mano:

“Mi spiace per quello che è successo, ma come si è permesso?”

“André, lui ormai dentro ha solo dolore e odio. Pregherò perché un giorno possa anche non vivere di solo odio”.

“Maman!” Sua figlia Marguerite la chiamò con la sua voce squillante.

“Andiamo poi ai festeggiamenti per il solstizio al parco?”

“Certo, ci puoi contare”.

Entrarono in casa, era il 20 giugno 1809.

 

Un anno dopo, Fersen fu ucciso a Stoccolma durante i funerali del principe Cristiano Augusto, che era stato accusato di aver avvelenato.

Oscar e André lessero della sua morte su un giornale. André abbracciò sua moglie, ora poteva consolarla.

“Era cambiato, troppo cambiato, era pieno di odio… E questo alla fine l’ha perso. Nessuno merita una fine del genere”.

“Alla fine, ognuno di noi sceglie cosa diventare”.

Oscar non seppe mai che quel 20 giugno 1810 l’ultimo pensiero di Fersen fu proprio per lei. Non per la regina, ma per lei. Mentre lo calpestavano rimpianse una cosa:

“Se fossi rimasto come te, Oscar… se fossi rimasto un eroe… Avrei voluto avere la tua forza, avrei avuto avere il tuo coraggio”.

 

  
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