νέκυια
- Capitolo XI-
Sol Invictus, il volo
[Codice sul volo e sugli uccelli – con illustrazioni di Leonardo da Vinci]
Tesserò
i tuoi capelli come trame di un canto,
Conosco
le leggi del mondo,
e
te ne farò dono.
Supererò
le correnti gravitazionali,
lo
spazio e la luce per non farti invecchiare.
Ti
salverò da ogni malinconia
perché
sei un essere speciale,
ed
io avrò cura di te.
[Franco Battiato – La Cura ]
Hogwarts,
Guferia
25
dicembre 2023, ore 06:57
Il
cielo è una lastra immutabile onice sulla quale sono rimasti
impigliati brandelli di nuvole sottili, color fumo, una sottile e
blanda cortina per le infinite lucciole – stelle – che,
incastonate come piccoli diamanti ivi sfolgorano, contornando una
luna che ha iniziato a perdere rotondità, assumendo lo stesso taglio
degli occhi profondi – gialli – di Nagini; oltre il parapetto in
pietra il mondo riposa avvolto in una cortina nero blu che ne
sbiadisce i contorni, facendo rilucere la neve come fosse preziosa
polvere siderea, d'un biancore accecante nel pallido ed argenteo
riverbero dei raggi gentili proveniente dall'astro notturno.
Dietro,
all'interno dell'ampia sala circolare ove riposano e s'industriano
numerosi rapaci d'ogni forma, razza e dimensione, il fuoco prodotto
da due torce getta una luce aranciata oltre l'arco a botte della
porta d'ingresso, permettendole di continuare a leggere con facilità
le pagine del libro che s'è portata dal dormitorio, fra le quali ha
infilato un dito per non smarrire il segno, essendosi persa a
contemplare quello scorcio di Scozia selvaggio e sconosciuto, rapita
dalla bellezza che pare acquisire il paesaggio quando il buio inizia
a farsi ricordo, pronto a soccombere sotto l'inclemente fulgore
dell'aurora; si riempie i polmoni d'aria fredda, pulita, nella quale
il lezzo delle cacche d'uccello e paglia è solo un lieve sottofondo,
mentre gelide punture le pizzicano le cosce penetrando sotto il
pesante tessuto dei pantaloni della tuta e del mantello che ha
poggiato sul parapetto in pietra grigia prima di sedersi, con la
schiena ben dritta e le gambe a penzoloni nel vuoto.
Un
allocco dal piumaggio castano spruzzato di bianco s'invola verso la
torre, atterrando con grazia vicino a dove s'è accomodata per
fissarla con tondi occhi ossidiana che rilucono nel bagliore delle
fiamme, tenendo ben saldo nel becco adunco quel che pare un topo di
campagna dalla coda insolitamente lunga; la ragazza sorride e lo
saluta con cortesia, augurandogli una buona colazione e questi
inclina appena la testa rotonda, facendo ondeggiare la preda inerte
prima di planare all'interno dell'edificio, lasciandola in compagnia
dei rumori della notte e di pensieri pesanti – opprimenti – che
da giorni le impediscono di dormire come vorrebbe perché nel mondo
onirico evocato dal sonno profezie e cadaveri s'inseguono turbandola,
spingendola a vedere orrori – immaginari – così reali da farla
svegliare di soprassalto in un bagno di sudore.
Forse
urla, sicuramente geme e ciò la preoccupa, poiché ora che le altre
sono partite per passare le vacanze a casa ed è sola può
permettersi anche queste stranezze, ma quando torneranno dovrà
trovare un modo per tornare a dormire regolarmente: non deve
assolutamente attirare l'attenzione più di quanto non abbia già
fatto - specialmente con Milena Trevisan -, continuando a mantenere
quella maschera di cinico distacco che le ha permesso d'evitare
amicizie per sei anni d'onorata carriera scolastica, senza apparire
troppo 'sospetta'; si osserva distrattamente il dorso della mano
sinistra ferma sopra le pagine aperte del libro, studiando con
curiosità una piccola cicatrice che prima non c'era, il segno
lasciato dal tacco dello stivale di Yaxley quando – inclemente –
è calato con forza sopra la pelle frantumando le ossa sottostanti,
che riluce biancastro come una debole e solitaria stella ricordandole
quante cose 'sospette' siano accadute dal trentun ottobre sin ora,
sotto gli occhi – ciechi - dell'intera scuola.
Piega
le labbra in un sorriso amaro.
Le
è bastato guardarsi allo specchio negli ultimi due giorni per
scoprire differenze sottili – sostanziali – fra la sé beata ed
ignorante d'inizio anno e quella figura magra e sottile dagli occhi
castani cupi, spruzzati di buio, che le ha restituito uno sguardo
fermo ornato da occhiaie che spiccano vistose sulla pelle pallida del
viso, incorniciato da una massa di capelli ancor più selvaggi del
consueto.
Chi sei tu?
Ha
chiesto allo specchio e le labbra sottili del suo doppio si sono
mosse afone, annegando quella risposta che ora inizia a comprendere –
accettare – in un silenzio pesante, opprimente, che l'ha spinta ad
abbandonare il bagno della camerata per correre verso la Stanza delle
Necessità in un impeto di 'distacco' dalla realtà, iniziando ad
ammucchiare ciò che restava degli oggetti apparsi per aiutare lei,
Piton e Silente nelle ricerche all'interno di una grossa scatola di
cartone che poi ha fatto evanescere e ricomparire all'interno della
Camera di Salazar su suggerimento di Al che l'ha proposta come nuovo
quartier generale, ritenendola più sicura e meno accessibile da
parte di qualche ignaro studente o professore sospettoso.
Il
fatto che sia sigillata da un incantesimo non ha costituito alcun
problema né per Silente, essendo incorporeo, né per Piton, il quale
ha sviluppato un certo talento – post mortem – nel fondersi con
le ombre ed attraversarle come un muro d'acqua, mentre lei, povera e
solida mortale, ha deciso di ricorrere alla tecnologia babbana per
sopperire all'incapacità di parlare il perseltongue, lasciando che
un messaggio vocale registrato dal fratello sblocchi la porta in sua
vece.
Tornando
ad osservare la luna ripensa a Nagini, sentendosi un po' in colpa per
averla allontanata dalla natura per spedirla nella caotica Londra
babbana, chiedendosi se non fosse stato più saggio tenerla nascosta
ad Hogwarts all'interno della Camera di Salazar, ma poi rammenta le
ingenti quantità di carne e sangue di cui necessita per poter
continuare a mantenersi 'integra' e scuote il capo, riflettendo che
sarebbe stato impossibile sfamarla; non può certo arrischiarsi nelle
cucine a rubare animali morti o carne cruda, poiché è certa che gli
Elfi domestici riferirebbero subito alla McGranitt questa assurda
bizzarria, così come non può continuare a tagliarsi i polpastrelli
per offrirle sangue fresco, inoltre il serpente ha bisogno di parlare
con qualcuno che la capisca, non che vada ad intuizione come ha fatto
lei all'interno della Testa di Porco.
Sospira
pesantemente ed una nuvoletta biancastra fuoriesce dalle labbra
dischiuse, perdendosi come fumo di sigaretta nell'aria fredda, mentre
lei torna a concentrare l'attenzione sulle pagine stampate correlate
sul fondo da note piccole come formiche, tentando di riprendere il
filo delle gesta compiute da Ulisse quando un improvviso frullo d'ali
la distrae di nuovo ed alza il capo volgendolo alla sua destra, verso
una porzione di cielo scuro come una macchia d'inchiostro in cui si
distingue appena una grossa ombra dalle lunghe ali spiegate, che
plana verso il parapetto su cui è accomodata atterrandovi con
grazia, lanciandole poi un occhiata penetrante con piccoli e rotondi
occhietti ossidiana.
“Buongiorno”
saluta la strega sorridendo, togliendo dalla tasca del giubbino in
poliestere un segnalibro in legno intagliato per porlo fra le pagine
prima di chiudere il libro e posarlo alla sua destra, mentre il
grosso corvo balza dal muro verso il pianerottolo ove s'allunga e si
scinde in un battito di ciglia, acquisendo forma umana; alto e magro,
con il corpo avvolto da un lungo mantello nero pece, l'uomo pare un
frammento rubato dal paesaggio notturno che si estende sotto la torre
ed il suo viso pallido, spigoloso, è l'unica macchia di colore –
bianco – in contrasto con gli abiti, i lunghi capelli neri e gli
occhi dal taglio aguzzo profondi come abissi, che ora la scrutano
malevoli mentre incurva le labbra in una smorfia.
“Stai
cercando di morire d'ipotermia, Potter? O preferisci finire i tuoi
giorni schiantata al suolo? Scendi da li e rimettiti il mantello,
quel giubbino mi pare una misera protezione contro l'inclemente clima
scozzese” commenta acido, osservando con sufficienza
l'abbigliamento sportivo – sin troppo leggero – indossato dalla
ragazza, che consiste in una paio di pantaloni scuri ornati per il
lungo da tre bande rosse ed una giacca con zip del medesimo materiale
e colore, portata sopra quella che pare essere una maglia dal collo
alto a maniche lunghe, della quale s'intravedono le estremità.
“Va
più che bene, non ho mai patito il freddo. Poi un po' d'aria fresca
non ha mai ucciso nessuno e le altezze non mi fanno paura. Ricordo
che gioco a Quidditch da quando ero piccola ed adoro volare, stare
appollaiata quassù non mi turba di certo” replica tranquillamente
la strega gettando la gamba destra oltre la parte interna del
parapetto, così da potersi sedere a cavalcioni senza dare la schiena
al mago e, mentre compie quel movimento con una naturalezza
disarmante, per nulla preoccupata dagli infiniti metri che la
separano dal suolo, le sembra di scorgere una scintilla – piccola,
un fantasma – d'apprensione negli occhi immutabili e neri che non
si spostano dalla sua figura.
“C'è
differenza fra volare su una scopa e volare con il proprio corpo,
Potter. Non mi sembra che la natura t'abbia fornito ali, quindi
scendi da li prima di scivolare. E' pieno di ghiaccio ed il bordo del
parapetto è stretto, potresti sbilanciarti e cadere da un momento
all'altro, senza nemmeno accorgertene”
Per
tutta risposta lei afferra il libro poggiato al suo fianco e lo
sposta lontano, lasciandosi lentamente cadere all'indietro finché la
schiena non aderisce alla pietra fredda ed umida,poggiando poi la
testa così da schiacciare la massa informe di capelli rossi e
ribelli, trattenuti a fatica da un molle elastico scuro, che le
ricadono attorno formando una sorta di corona di fuoco; inspira a
pieni polmoni l'aria frizzante e si bea delle stilettate fredde che
le attraversano la pelle sotto i tessuti come corrente elettrica,
stringendo con forza cosce e ginocchia contro il muretto per
mantenersi ben salda e stabile.
Piton
la guarda sgranando appena gli occhi a mandorla, sbuffando contrito e
congiungendo le braccia contro al torace magro per cercare di
contenere l'impulso d'afferrarla malamente, gettandola poi sul
pavimento del ballatoio come si farebbe con un cucciolo molesto prima
che – davvero – cada di sotto, costringendolo a gettarsi per
recuperarla al volo prima che impatti contro al tetto della sala
sottostante.; appoggia la schiena contro la parete fredda ed
irregolare della guferia, mantenendosi ben lontano da quel disastro
ambulante e sconsiderato - folle – che è la figlia adolescente di
Harry Potter, lasciandola in quell'assurda e scomoda posizione a
ridere sola, mentre osserva il cielo stellato con occhi ardenti di
gioia.
“Non
sai cosa darei per poter volare. Non con una scopa, ma come fanno gli
uccelli e gli animagus che sanno trasformarsi in essi, tipo te. Dalla
mia poca esperienza so che il mondo acquisisce un'altra prospettiva
dall'alto ed è meno vincolante, meno oppressivo. Lassù non esistono
regole imposte dal Ministero, né morti, né magie proibite. Non
esistono uomini malvagi che danno la caccia a povere ragazze
adolescenti, né i problemi legati alla terra. Ci sono solo le
correnti e l'eternità, il corpo che si piega per adattarsi al vento
impetuoso, così da fendere meglio le nuvole e l'aria, a volte calda,
a volte fredda. Mi sono sempre domandata se non fosse possibile
creare, combinando magia e scienza, ali per gli uomini come quelle
progettate da Da Vinci, che però durino per sempre, trasformandoli
in terreni e reali angeli. Sai, a nove anni avevo preso una vera e
propria cotta per Da Vinci ed i suoi disegni erano divenuti
un'ossessione. Specialmente quelli legati agli esperimenti sul volo.
Nel capanno di nonno Arthur ricordo d'aver provato a costruire
qualcosa di simile con stecche di legno e vecchie lenzuola, ma non
potendo incantarle come si deve non hanno funzionato molto bene”
“Sei
caduta dalla staccionata?” domanda il mago, scrutandola con
interesse senza trovare nulla di più intelligente da chiedere,
colpito da quell'assurdo scorcio di vita raccontato con allegra
noncuranza che la fa apparire ancora più assurda – strana – di
quanto già non sia, poiché a nove anni le bambine per bene, o
quantomeno 'normali', dovrebbero giocare con le bambole e progettare
future e sfavillanti vite coniugali, non innamorarsi di ambigui
personaggi storici morti da secoli, cercando di riprodurne le
invenzioni; ma gli occhi di lei ardono come stelle mentre da voce ai
ricordi e Piton capisce che, ancor prima d'essere 'femmina',
quell'assurda creatura è una sognatrice dall'intelligenza non
comune, particolari che devono averle regalato un'infanzia assai
difficoltosa.
“Dal
pioppo secolare, in verità. Mi sono arrampicata sul ramo più alto e
sono saltata con le ali ben spiegate, sotto gli sguardi attoniti di
Al e James che non sapevano se incitarmi o dirmi di lasciar perdere,
ritrovandomi poi a galleggiare all'interno del laghetto assieme alle
carpe Koi allevate da Jerkins, il vicino dei nonni, che mi hanno
guardata terrorizzate guizzando da una sponda all'altra in cerca d'un
riparo. Le ali distrutte fradicie e spezzate”
“Come
Icaro, caduto in mare” sogghigna Piton immaginando una bimba dai
ribelli capelli di fuoco, infagottata in una vestitino estivo sin
troppo femminile, saltare senza paura con occhi animati da una luce
di sfida, invitando la gravità ad annullare il proprio –
soverchiante – potere per permetterle di realizzare il suo sogno.
Testarda.
“Beh
non proprio, Icaro è morto dopo essere riuscito a volare e se non
fosse stato così ambizioso da sfidare il Sole si sarebbe salvato. Io
invece sono caduta come 'un corpo morto cade', schiava della maligna
gravità e dell'ignoranza di non aver fatto bene i calcoli. Le ali si
sono spezzate ed inzuppate d'acqua, prima di essere incenerite da mio
padre, accorso a seguito degli strilli isterici di James per
ripescarmi”
Severus
guarda con attenzione il viso illuminato dalla calda ed aranciata
luce del fuoco, che incendia al contempo i capelli selvaggi scurendo
l'iride, trasfigurandola in una creatura divisa fra il mondo umano e
le ombre danzanti che la circondano, scoprendo di provare una punta
di compassione per quel Ragazzo Sopravvissuto che ha dovuto fare da
genitore ad una bambina così atipica ed assurda, scontrosa e
taciturna con tutti tranne che con gli adulti, dotata d'una dose
incontenibile di ingegno e follia supportate da una fantasia
instancabile, nonché da un'intelligenza rara e preziosa; è curiosa,
affascinata dal sapere e proiettata ad imparare quante più cose
possibili fin dalla tenerà età, una sfida per qualsiasi genitore,
figuriamoci per uno con la volontà d'apprendere d'un vermicolo quale
era Potter, la cui figlia vive con la testa nei libri, tanto che a
volte lui teme che la ragazza si senta un personaggio da romanzo a
sua volta, agendo così in modo assurdo.
“San
Potter avrà sicuramente avuto il suo bel tribolare dovendo seguire
tre figli, dei quali la minore risulta essere così particolare e
poco centrata nei canoni. Ma, toglimi una curiosità, quale nuovo
tarlo ti ha spinta a uscire dal dormitorio alle cinque e mezza del
venticinque dicembre, considerato che siamo in Scozia, è inverno e
non è affatto saggio per te girare sola?”
“Insonnia”
sussurra lei sospirando pesantemente mentre un'espressione seria e
cupa soppianta la maschera di spensieratezza mostrata poc'anzi,
affilando ed indurendo i lineamenti così da renderli ancor più
alteri ed adulti, quasi appartenessero ad una donna fatta, anziché
alla sedicenne che è; gli occhi cerchiati da profonde occhiaie scure
si velano d'una stanchezza pesante mentre si passa distrattamente una
mano sulla fronte per pettinare indietro i capelli ribelli,
rimanendovi impigliata con le dita, raccontando stancamente gli
incubi che la tormentano dal ventidue dicembre nei quali cadaveri e
proiezioni piroettano in un vortice di follia, truculenza e sangue
che la fanno svegliare agitata, in un bagno di sudore.
“Non
vi ho detto nulla prima perché pensavo fosse una casualità. Ma
questa è la terza notte”
“Sono
proiezioni del subconscio. Quel che stai affrontando ti sta turbando
molto più di quanto tu stessa, da sveglia, ammetta. Reprimi le tue
paure perché vuoi mostrarti forte ed accondiscendente verso ciò che
hai scoperto di essere, nonché nei confronti del ruolo che altri si
aspettano che tu ricopra e questo tuo reprimere ansie, paure,
inadeguatezze, non fa altro che divenire combustibile per gli incubi.
O forse vedi stralci di cose che dovranno accadere, dopotutto
Fiorenzo e glia ltri centauri sono convinti che tu sia una
Nekyomanteia”
“Sto
cercando di accettare quel che sono e ci potrei anche riuscire se il
mondo non mi crollasse addosso ad ogni nuova profezia. Quel che ha
rivelato Nagini mi ha spaventata, lo ammetto, poiché fino ad ora ho
sempre creduto che questa missione legata al rito fosse unicamente
mia. Mio errore, mio onere il rimettere a posto. Inoltre pensavo che
nascesse e morisse tutto qui ad Hogwarts, non certo che i cadaveri
prendessero ad espandersi per tutta l'Inghilterra. Poi vi è la
questione del 'Signore', dell'uomo che mi ha fatto recapitare il
libro contenente il rituale” la voce diviene un sussurro incrinato
dall'angoscia mentre cerca di dare ordine ai pensieri, controllando
la tachicardia indotta dal panico che le assale il torace, rendendo
difficoltoso ogni respiro.
“Sa
cosa sono. Lo sa da prima che lo scoprissi io e non posso fare a meno
di chiedermi, come?”
“Probabilmente
è una persona che conosci, ma non qui ad Hogwarts. Fuori” replica
Severus stringendosi nel mantello scuro e caldo, dando voce a parte
delle teorie elaborate con Albus durante le ultime due notti passate
a spulciare l'archivio con tutte le cartelle degli studenti ancora
frequentanti, scoprendo che quella di Amanda Anderson non contiene
alcuna informazione su dove si sia trasferita, nonché sulle
motivazioni che hanno spinto i suoi genitori a ritirarla così
bruscamente dal sesto anno; sicuramente lei è stata una pedina
manovrata da qualcuno posto più in alto, il cui desiderio è far
conoscere alla Potter gli improbabili e pericolosi doni ereditati dai
Peverell, ma la domanda resta: chi è costui?
“Albus
suppone si tratti di un amico di famiglia”
“Ne
dubito, mio padre è famoso e conosce tanta gente ma ha pochi, veri,
amici. Non ha mai invitato conoscenti a casa, inoltre nessuno dei
miei sa del dono di sangue tramandato da Iolanthe Peverell. Han fatto
fatica a scoprire i Doni della Morte durante la Seconda Guerra
Magica, figurarsi se si sono soffermati a pensare che all'interno
della famiglia Potter qualcuno potesse possedere doti negromantiche.
Però terrò in considerazione quest'ipotesi” esclama la strega
assottigliando gli occhi castani pizzicati dal gelo, umidi a causa
dell'inclemente brezza che ha preso a soffiare da est mentre continua
ad osservare distrattamente il cielo, ripetendo a fior di labbra la
profezia sibilata dal serpente che, oramai, conosce a memoria.
“Più
morti spedirai verso il riposo eterno più chiara apparirà questa
vicenda. Ora possiamo solo limitarci ad elaborare teorie basandoci
sulle informazioni in nostro possesso e, dato che potrebbe davvero
divenire un problema se le tue compagne di stanza ti sentissero
urlare ogni notte, cercheremo di risolvere la fastidiosa questione
degli incubi. Devi trovare equilibrio, Potter. Devi mettere ordine
nel caos che hai dentro così da trovare pace ed una certezza che ti
permetta di affrontare l'orrore di ciò che stai vivendo senza
impazzire. Allora sarai libera. Allora smetterai d'avere incubi”
ascoltandolo parlare, Lily Luna avverte una sottile incrinatura nella
voce solitamente cupa e monocorde di Piton, ma è così debole da
spingerla a credere d'averla immaginata; quando però volta il capo
per lanciare un'occhiata distratta a quegli occhi ossidiana così
oscuri, convinta di trovarvi il solito – immutabile – mare
d'ombra, rimane sbigottita nel scorgere una scintilla di sentimento,
un barlume di ricordo incastrato fra iride e pupilla che ne attenua
la fermezza e capisce che, indirettamente, gli ha parlato di sé,
evocando le sensazioni provate durante gli infiniti anni di spia.
“Sarà
dura. Ad ogni risvegliato che mando indietro sento più forte in me
il cambiamento. E' come se il potere, continuando ad essere
utilizzato, si rafforzasse e mutasse permettendomi di ottenere nuove
abilità. Difficile è anche trovare una certezza data la precarietà
della mia condizione. A proposito, te lo chiedo giusto per capire,
quando eri nei Mangiamorte e per il tempo in cui hai protetto mio
padre, è stata mia nonna la tua certezza?” domanda cercando di
mantenere un tono neutro, sebbene il pensiero – amaro - di come
Lily Evans sia perennemente presente – seppur morta e lontana –
in ogni rapporto che tanta d'intessere con altre persone la faccia
rabbrividire d'una rabbia sorda ed insensata, dato che tutti tendono
sempre a paragonarle senza aver capito quanto siano profondamente
diverse; inoltre vedere Severus incupirsi al solo sentir nominare la
donna che è stata suo cruccio e condanna la esaspera, poiché non
riesce a comprendere come un uomo dai mille talenti, abituato sin da
ragazzo ad occultare i propri stati d'animo e ad essere indipendente,
debba morire – letteralmente – dietro ad un'idiota come sua
nonna.
“Pensavo
che tuo padre avesse già risposto in maniera esaustiva a questa
domanda tempo fa, quando ha deciso di raccontare la mia vita come
fosse un romanzo ottocentesco. Quindi non intendo parlarne in questa
sede, dato che non è argomento pertinente alla discussione che
stiamo portando avanti” replica l'ex professore di pozioni con una
vena d'astio ad intridere la voce piatta e calma, dalla quale è
sparita ogni vena di sentimento e comprensione; l'idea di disquisire
di ciò che è stata per lui Lily Evans con questa strana ed assurda
ragazza dall'espressione mortalmente seria e funerea lo aborre,
inoltre è ormai giunto alla certezza che quell'idiota di Potter le
abbia affibiato un nome decisamente sbagliato, poiché è si 'Luna',
con la maschera di luminosa perfezione che cela ombre cupe e due
volti gemelli, seppur opposti che s'alternano agitando le maree dello
spirito, ma di certo non è Lily: non è il Lilium Candidum
consacrato come simbolo di nobiltà e purezza in arte ed araldica, né
una reincarnazione del suo amore illusorio – perduto -, bensì una
creatura giovane ed irrequieta, marchiata, bella e pericolosa come
solo le cose perdute possono essere.
O
forse un po' giglio lo sei anche tu, con la tua corona di fiamme.
Con
quella punta di menefreghismo che anima ogni tua azione.
Lilium
bulbiferum, meno nobile e fragile, più incline a crescere da sé
senza bisogno dell'aiuto altrui.
Rosso
e screziato come la tua anima.
Scuro
all'interno, come l'ombra che si annida nei tuoi occhi.
“Curioso
come mia nonna non sia mai 'argomento', ma permei in ogni cosa che
facciamo”
“Silenzio,
Potter. Tornando al problema degli incubi, forse sarebbe meglio che
iniziassi a studiare Occlumanzia. Tuo padre si è rivelato negato
oltre ogni previsione in questa disciplina, data la scarsità
d'attenzione e la pigrizia mostrata nell'esercitarsi in dormitorio.
Tu invece mi sembri già più predisposta, o quantomeno sei
abbastanza intelligente da non accantonare lo studio per perderti
dietro a frivolezze” riprende Piton zittendola malamente, ignorando
con ostinazione i commenti acidi borbottati a fior di labbra dalla
ragazza ancora distesa pancia all'aria, sebbene il freddo contatto
con la superficie in pietra grezza l'abbia spinta a rabbrividire
vistosamente.
“Ricordo
che sto frequentando il sesto anno ed ho un mucchio di compiti e cose
da fare per scuola. Quando trovo il tempo per esercitarmi in
Occlumanzia? Già faccio fatica a venire a lezione di difesa la sera”
obbietta Lily Luna sospirando esasperata mentre pensa alla mole di
lavoro che la aspetta durante il secondo quadrimestre, unito al
tempo da dedicare alle ricerche su risvegliati, oggetti magici ed un
ipotetico uomo che sia a conoscenza del suo potere, poi vi sono gli
allenamenti con Piton ed il Quidditch; improvvisamente la
consapevolezza di non essere divenuta prefetto assume vantaggi che
prima non aveva considerato – non che le fosse mai interessato,
quella che voleva divenirlo a tutti i costi era Rose – e l'idea
d'imparare qualcosa di nuovo, malgrado la mole immane di lavoro, la
tenta terribilmente animando un'impazienza che non riesce a
controllare.
“Quanto
mi piacerebbe avere la vecchia giratempo che la preside prestò a zia
Hermione durante il suo terzo anni, così da aiutarla a seguire i
numerosi corsi a cui si iscrisse. A far tutto senza aiuti sto
diventando deficiente”brontola sconsolata, passano una mano sul
viso stanco.
“Smettila
di lagnarti, Potter. Sottinteso che deficiente lo sei già, faccio
presente che se vuoi risolvere velocemente il problema degli incubi
questo è l'unico modo. All'inizio potrai prendere qualche goccia di
Dolcesonno o Pozione della Pace, per essere sicura d'addormentarti
senza spiacevoli risvegli notturni, ma ricorda che non puoi abusarne
o rischieresti di finire in infermeria intossicata. Inoltre ricordo
che, fino al sei gennaio, sei ancora in vacanza. Sfrutteremo questo
tempo per portaci avanti con ricerche, duelli e lezioni”
“Oh,
fantastico!” sbotta alzando le braccia al cielo in un chiaro gesto
esasperato, domandandosi cos'abbia fatto di male in un -ipotetica –
vita precedente per meritare questi infiniti tormenti e la presenza,
a volti irritante, di quel mago arcigno e scorbutico che non perde
occasione per insultarla o sommergerla di cose – compiti – da
svolgere; lo osserva sottecchi ghignare, divertito dallo sconforto
che pare averla colta e, mentalmente, lo manda affanculo sperando che
lui – da bravo Legilimens – lo percepisca.
“E
ti ringrazio per il complimento, sempre graditi. A cosa devo tutta
questa cortesia già di prima mattina?”
“Venticinque
dicembre, Potter. E' sempre stata mia premura rendere questo giorno
un inferno per tutti gli sventurati studenti che si arrischiavano a
restare al castello per le vacanze invernali, subissandoli di
rimproveri e punizioni ad ogni gioioso augurio di: 'felice Natale,
professor Piton'” il ghigno beffardo muore sulle labbra di Severus
nell'istante in cui la ragazza scatta a sedere d'improvviso,
voltandosi poi per guardarlo con la stessa espressione stupita – ed
idiota – mostrata dallo zio Ronald ad ogni sua lezione.
“Opporcamorgana,
me ne stavo dimenticando!” esclama spingendosi giù da muro per
atterrare con grazia sul ballatoio in pietra, estraendo poi la
bacchetta dalla tasca assieme a quella che pare una borsa in
miniatura, delle dimensioni d'un portachiavi; la appoggia
delicatamente sul corrimano per poi darle un colpetto e questa
s'allarga, riacquisendo le originali dimensioni sotto lo sguardo
attento e perplesso dell'ex insegnante che, ancora poggiato contro al
muro a braccia conserte, si domanda quale nuovo tarlo abbia preso a
rodere il cervello della giovane Potter, scatenando una tal follia;
inoltre è stupito dalla quantità di oggetti contenuti – e dalla
profondità – nella tracolla in tela grezza dentro la quale la
strega scava, immersa con tutta la parte superiore del busto,
riconoscendo che l'incantesimo di estensione le sia venuto davvero
bene.
“Devo
decidermi a buttare un po' di cose. Tipo i tramezzini. Saranno dentro
da settimane ed iniziano a puzzare in modo sospetto” borbotta
distrattamente impilando alla sua destra numerosi saggi e romanzi,
passando poi a lanciare distrattamente giù dalla torre mele oramai
avvizzite e pezzi di cracker mezzi sbriciolati, seguiti da pezzi di
pergamena che s'involano nella brezza e scontrini di qualche locale
babbano; dopo aver rimosso un paio di cuffie e delle scarpe da
ginnastica finalmente ciò che cercava si palesa e lei afferra
l'oggetto esultante, riemergendo dalla borsa come uno speleologo
uscirebbe da una nuova caverna, sorridendo.
“Eccolo!”
Piton assottiglia lo sguardo fissandolo sul pacchetto quadrangolare fasciato da una pacchianissima carta verde smeraldo ornata da serpenti in rilievo, chiusa da un nastro argenteo con fiocco schiacciato,che la Potter tiene fra le dita intirizzite dal freddo, mentre una terribile certezza congela pensieri e movimenti inchiodandolo a tradimento lì, fra lei e la parete esterna della guferia.
Non
può essere.
Non
è così tanto matta...
“Mi
spiace, il fiocco deve essersi schiacciato contro i libri e la carta
è piena di briciole. Ma questo è per te, non ti dico 'Buon Natale'
perchè non voglio ricevere gli insulti che riservavi ai tuoi
studenti, ma...beh...oh, Auguri!” le guance di Lily Luna si tingono
d'un leggero color porpora quando ruota per averlo di fronte,
allungando con un gesto incerto e frettoloso che tradisce tutta
l'ansia e l'imbarazzo provato il pacchetto stropicciato,
maledicendosi per aver avuto un'idea così tanto stupida; non è mai
stata brava a fare regali, né ha mai sentito il bisogno di comprare
cose 'inutili' per persone al di fuori della famiglia, inoltre non sa
come gestire quel senso d'inadeguatezza che pare coglierla ogni volta
in cui tenta d'instaurare un dialogo – rapporto – civile con
Piton che vada oltre le consuete battute di scherno.
Dalla
notte del Solstizio, quando l'ha abbracciato per consolarlo e fatto
sdraiare sulle sue ginocchia per dormire, si rende conto che molte
cose sono 'cambiate'; è cambiata lei, il suo modo di porsi nei
confronti del burbero ex insegnante e le sensazioni causate dalla sua
vicinanza, che paiono risvegliare sottopelle un fuoco caldo e
languido che lei non sa come controllare, né come chiamare,
spingendola a chiedersi se oltre all'amicizia – che lui rifiuta con
forza – esso non indichi altro ma, negata nel comprendere i
sentimenti com'è, teme che questo quesito non troverà risposta per
lungo tempo.
“Sarebbe?”
domanda Severus monocorde, fissando il pacchetto come se fosse una
sacca di sterco ancora fumante senza accennare a scomporsi per
afferrarlo; fra tutte le follie compiute dalla giovane strega negli
ultimi quattro giorni questa è sicuramente la più azzardata – o
se la gioca con l'uscire nella tormenta, quantomeno – e per qualche
istante l'unico impulso folle e feroce dell'uomo è svanire
all'interno delle ombre circostanti piantandola lì, dopo averla
ricoperta d'insulti per la sua stupidità, poiché non riesce a
comprendere il perché lei si ostini a voler instaurare un legame che
vada oltre la semplice collaborazione a fini pratici, abolendo il
'lei' per l'informale seconda persona e spingendolo ad affrontare
internamente – a fatica – una miriade d'emozioni che credeva
morte assieme alla sua infanzia perduta.
Non
capisci il tormento che mi causi, mocciosa?
Non
comprendi quanto sei stata folle, la notte del ventuno?
Le
bestie feroci non si addomesticano, vanno lasciate libere
d'autodistruggersi.
“Potter,
non voglio regali. Non da te” vi è una nota intransigente nelle
parole pronunciate con astio che smorza il sorriso imbarazzato della
ragazza, intenta a snocciolare assurdità in preda ad uno dei suoi
tipici attacchi d'ansia che la portano a parlare a sproposito,
facendole nuovamente assumere quell'espressione adulta e seria che
tanto stona con i suoi sedici anni anagrafici e che la rende
terribilmente altera; abbassa le braccia sconfitta, piegando appena
il capo per nascondere la sottile patina di lacrime che le ha velato
gli occhi, prima di voltarsi di nuovo per concentrarsi sul buttare
nuovamente tutte le sue cose all'interno della borsa, sentendo fra le
scapole lo sguardo tagliente e penetrante del mago.
Il
silenzio cala fra loro come una coltre sinistra, rotto appena dallo
stridio dei gufi e dal frusciare del vento fra le fronde innevate
della foresta proibita, fischiando poi in modo lugubre quando
s'insinua negli anfratti fra le pietre rozzamente squadrate della
guferia circolare, ottima cassa di risonanza; getta 'l'Odissea' ed il
mantello all'interno dell'infinito spazio contenuto dalla tela
grezza, recuperando poi la bacchetta per ridurne le dimensioni a
quelle d'un portachiavi, lasciando volutamente poggiato sul corrimano
coperto di brina il pacchetto stropicciato e malandato.
Abbandonato.
“Lo
lascio qui. Puoi buttarlo o fare in modo che lo trovi qualcun altro.
Non importa. Per me l'importante è il pensiero e farti capire che,
nonostante la morte, non sei solo. Che qui ci sono ancora persone che
s'interessano di te e vogliono esserti amiche, amiche davvero. Beh,
auguri Severus Piton” scandisce piattamente voltando appena il capo
per inchiodarlo con occhi castani scuri e tetri, accusatori, velati
da una patina troppo luminosa per essere la naturale membrana che
riveste il bulbo; Piton trattiene un'imprecazione fra le labbra e
s'impone autocontrollo, nonostante la vista di quelle lacrime non
versate – rabbiose – lo spinga a trovare una scusa qualsiasi per
non farla andar via in quello stato, creando un'ulteriore crepa in
quel rapporto fatto di slanci e folli eccessi che li lega
indissolubilmente.
Ma
davanti a quella giovane strega sedicenne, dai capelli di fiamma e
l'animo in tumulto, non può far altro che mantenere la rigida e
composta posizione distaccata assunta quando s'è palesato sul
ballatoio, evitando accuratamente il contatto che – follemente –
desidera, così da lasciarla scendere le scale a balzi nervosi,senza
intervenire né afferrarla per un braccio, trascinandola nuovamente
indietro per provare a spiegarle quanto sia difficile per lui
accettare regali, credere che qualcun altro oltre a Silente – per
opportunismo – e a Lily – finché è durata – possa
interessarsi alla sua persona, facendole però capire che qualunque
rapporto possa nascere tra di loro sarà sempre, profondamente,
sbagliato.
Profumi
ancora d'incenso e sapone d'Aleppo?
Perché,
nonostante l'addestramento e l'autocontrollo, sento ancora
quell'abbraccio e mi manca?
'Salazar!
Hai solo sedici anni ed io non ho mai provato alcunché per le teste
di legno femmine transitate in questa scuola quand'ancora ero
insegnante.
Inoltre
puoi essere un giglio, ma non sarai mai Lily.
Vigliacco.
Sei
un vigliacco.
Serra le palpebre con forza ed il mondo svanisce inghiottito da una coltre nera costellata da bianchi punti mobili, mentre una torma di pensieri gli agita la mente abbattendo raziocinio ed autocontrollo, rammentandogli con insistenza l'ampio stanzone della Testa di Porco e la pietra fredda che fa da rivestimento al grande camino contro la quale l'ha gettata con l'idea di – farle del male – schernirla; poi la memoria si sfalda restituendogli frammenti di ricordi che paiono fantasie strappate ad un sogno: i rossi capelli legati in una treccia a lisca di pesce dalla quale sfuggono alcune ciocche ribelli e le labbra morbide, ferite, tinte di cremisi sotto uno sguardo altero e profondo, da dona più che d'adolescente, mentre lei si alza sulle punte per passargli le braccia attorno al collo e stringerlo a sé; cantava, l'ha vegliato finché il sonno non l'ha vinta anziché lasciarlo solo, abbandonandolo alle sue ombre come aveva fatto Lily Evans decenni prima, mostrandosi assai più saggia e crudele.
Non
so provare sentimenti, Potter.
Non
so ringraziare né mostrarmi felice per questo stupido, folle gesto.
Però
di una cosa sono certo, sebbene sia sbagliata.
Devo
sdebitarmi prima di pentirmene.
“Potter!”
Lily
Luna arresta la corsa – discesa negli inferi – così bruscamente
da dover afferrare il corrimano in pietra coperto di brina per non
scivolare sugli stretti gradini ghiacciati, voltandosi poi con
espressione smarrita ed il cuore in gola verso la curva compiuta
dalla scalinata, trovando l'alta e longilinea figura dell'uomo in
piedi immobile, ad osservarla con occhi ossidiana muti e profondi
come l'abisso
“Torniamo
alla guferia. C'è una cosa che voglio che tu veda” scandisce
piattamente pregando che – per una volta – lei lo segua in
silenzio senza porgli assurdi quesiti sul perché l'abbia richiamata
in modo così brusco, indagando poi sulla natura di ciò che vuole
mostrarle con una pedanteria talmente fastidiosa da rasentare quella
mostrata dalla Granger durante i sui anni da studentessa; è figlia
dei sui genitori, d'altronde, d'una Weasley troppo combattiva per
arrendersi alla sconfitta data dal non contare alcunché per il
Salvatore del Mondo Magico, che l'ha spinta a perseverare finché lui
non l'ha sposata davvero, in una calda mattinata di giugno, e del
ragazzo cocciuto che l'ha odiato per anni senza alcuna – ponderata
– motivazione, ma la giovane Potter ancora una volta lo stupisce,
seguendolo in silenzio dopo diversi minuti passati a fissarlo con
quegli occhi di terra e buio velati di lacrime non versate.
La
salita verso il cielo è una sorta di catabasi militare, un viaggio
d'espiazione compiuto da entrambi senza emettere fiato poiché – a
volte – il silenzio è davvero la miglior soluzione, il miglior
spazio in cui lasciar vagare pensieri che altrimenti non troverebbero
collocazione, troppo astruisi per prendere forma verbale; ad ogni
passo Piton trema, colpito dall'avventatezza con la quale s'è
staccato dalla posizione sicura contro al freddo muro per correre
dietro alla ragazza, fermandola poco prima che svanisse nel caldo e
rassicurante corridoio del castello, animato da un riflesso della
folle audacia che lei pare avergli trasmesso per osmosi e che ora gli
secca la bocca, rendendo amara la saliva, poiché ciò che sta per
accingersi a fare è decisamente folle e fuori dai suoi schemi.
Lily
Luna sale lentamente ogni gradino osservando il lungo mantello
dell'uomo ondeggiare nella brezza fredda, con occhi ancora umidi e
l'espressione contrita ereditata da nonna Molly ad incurvare le
labbra, studiandone la schiena con crescente sospetto poiché teme
l'ennesima cattiveria, una sequela di parole taglienti alle quali non
potrà reagire, poiché sapere – sa, non è stupida - che sua
nonna l'ha danneggiato al punto da spingerlo ad essere chiuso e
perduto, la getta in uno sconforto torbido.
Quando
giungono sul pianerottolo l'alba è ormai una linea sottile
all'orizzonte e taglia il velo della notte come una lama, ma le
stelle brillano ancora fulgide attorno alla luna non più piena e
paiono osservarli divertite, chiedendosi quanto durerà quello stallo
silenzioso che li ha colti di nuovo lì, circondati da gufi
industriosi intenti ad andare e venire dalla tana, portando in bocca
piccole prede; sul corrimano in pietra giace ancora, intonso e
spiegazzato, il pacchetto verde dal fiocco schiacciato.
Piton
gli lancia un'occhiata fugace e sospira, estraendo la bacchetta dalla
manica della casacca con una lentezza che trasuda paura prima
d'avvicinarvisi, toccandolo con la punta dimodoché rimpicciolisca e
possa comodamente entrare fra le ampie tasche del suo mantello poi,
inaspettatamente, ripone il legno al suo posto e si issa sul
parapetto in uno svolazzo di capelli e manto neri come l'ala d'un
corvo, alzandosi in piedi sullo stretto muro con il viso rivolto
verso l'abisso e la schiena alla guferia, sotto lo sguardo attonito
d'una Lily Luna il cui cuore ha iniziato a battere frenetico,
slanciatasi in avanti per fermarlo.
“Sei
impazzito?” domanda la strega guardandolo con occhi sgranati ed
un'espressione decisamente preoccupata mentre stringe saldamente fra
le dita fredde un lembo del suo mantello scuro, tirandolo verso sé;
anche se cadesse non morirebbe – non può –, di ciò ne è
conscia, ma l'idea che Piton possa prodigarsi in una cosa tanto
assurda ed insensata quale saltare dal muro che delimita il ballatoio
della guferia la inquieta, specie poi se il motivo è uno stupido
regalo di Natale consegnato in modo assai frettoloso ed imbarazzato.
“Fino
a pochi minuti fa non eri tu quella appollaiata qui sopra,
infastidita dal fatto che ti avessi chiesto di scendere? Su Potter,
smetti d'importunarmi con le tue inutili apprensioni e sali, non
abbiamo tutta la mattina” replica accigliato, scostando con un
movimento secco della mano i lunghi capelli neri che il vento gli
sospinge contro il viso per donare un'occhiata seria ed
intransigente, la stessa che accompagnava le istruzioni scritte alla
lavagna per la preparazione della pozione del giorno, cosicché gli
studenti non si arrischiassero ad importunarlo; lei scuote il capo,
facendo ondeggiare la massa di capelli ribelli e, riluttante, molla
la presa sulla stoffa scura senza però accennare ad eseguire la
richiesta, reputandola troppo insensata.
“Potter...”
sibila spazientito l'ex professore tendendole una mano pallida ed
affusolata, con dita costellate di cicatrici e calli procurati dai
numerosi anni a tagliare e trattare ingredienti che lei studia
incerta, con il cuore tachicardico e la mente in subbuglio per
l'assurdità di quel gesto così spontaneo, ma poco consono alla
natura schiva e conservatrice di Piton.
“Quel
che sto per dire mi costa fatica, quindi cerca di comprendere: sono
ancora convinto che tu non debba farmi regali, poiché la nostra
'situazione' è talmente scomoda da non permetterci alcun
approfondimento d'interazione oltre la collaborazione per cacciare i
risvegliati e porre fine alla magia che mi ha resuscitato. Però
mentirei se ti dicessi che il tuo gesto mi è stato indifferente. E
non voglio. Non qui. Quindi fidati di me e sali, Potter, permettimi
di mostrarti una cosa” ogni parola pronunciata pesa come granito ed
è difficile, carica d'altri mille significati rimasti inespressi,
Lily Luna lo capisce osservando gli eterni ed immutabili occhi
ossidiana del mago inginocchiato sulla balaustra in pietra e la sua
mano tesa, così elegante rispetto alle sue; titubante s'avvicina e
l'afferra senza proferir verbo, issandosi sul muretto aiutata da
Piton mentre l'aria le sferza il corpo con inclemente ferocia,
spingendola a barcollare.
Con
un gesti fluidi ed impensati Piton l'aiuta a mantenere l'equilibrio
trattenendola per le spalle, appoggiandosi con il petto contro la sua
schiena in un modo così – innaturale – repentino che alla strega
tremano le ginocchia e deve far ricorso a tutto il suo autocontrollo
per non cedere, cadendo nel vento come una foglia avvizzita; il cuore
pompa frenetico pulsando con la cadenza d'un tamburo da guerra nelle
tempie, annichilendo pensieri e ragione in favore d'un formicolio che
si diffonde tiepido e piacevole sulle guance fredde, pallide,
originando dal basso ventre; un guizzo nero l'attira, così volta la
testa alla sua sinistra, trovandosi pericolosamente vicina il volto
pallido e spigoloso dell'uomo, chinatosi per sussurrarle con estrema
calma quella citazione tratta dal libro di Sepùlveda che lei stessa
aveva pronunciato settimane addietro, al termine della partita di
Quidditch contro Tassorosso.
“Perché
tutto questo?” domanda incerta, con la voce incrinata dalla
tachicardia e gli occhi pizzicati dal gelo, studiando le iridi nere
in cui, da così vicino, riesce a scorgere l'anello di stacco dalla
pupilla lievemente più scura; lui incurva le labbra pallide in un
sorriso senz'enfasi e la trascina ancor più contro di sé,coprendola
con il lungo mantello pece.
“Perché
sull'orlo del baratro mi hai fatto capire la cosa più importante,
Potter. Vola solo chi osa farlo. Ed in questo lasso di tempo che non
è alba né notte voglio mostrarti ciò che non ho mai mostrato ad
anima viva, una parte di me che nemmeno tua nonna ha mai conosciuto,
poiché la temeva. Non montarti la testa, questa sarà l'unica
eccezione che ti concederò e solo, sottolineo solo, perché sei
stata tanto folle ed avventata da salvarmi, giorni fa. Poi pregherei
che tu mi lasciassi in pace, importunando qualcun altro” ma la voce
non suona affatto ammonitrice come dovrebbe, bensì calma e pacata,
carica d'una serena consapevolezza che tradisce il vero senso di
quanto appena pronunciato, ma Lily Luna non vi bada, persa ad
inspirare l'odore di sandalo e pergamene antiche dell'uomo che ora la
stringe in una abbraccio così simile a quello immortalato da Klimt
nella sua famosa opera, poco prima d'invitarla a trattenere il
respiro e prepararsi; la giovane non fa in tempo a chiedere 'per
cosa?' poiché le parole le restano incastrate in gola, falciate
dalla sferzata del vento che le frusta il viso quando il mago si
sbilancia in avanti, gettando entrambi in caduta libera nel vuoto.
Una
selva d'imprecazioni le invadono la mente senza però acquisire
forma, poiché i polmoni sono improvvisamente svuotati e non riesce a
coordinarli sufficientemente bene per riprendere la respirazione,
stordita dalla gravità e dalla visione del tetto buio che riveste il
corridoio del settimo piano farsi sempre più vicino; strizza gli
occhi con forza, chiedendosi come mai Severus si sia deciso ad
ucciderla così, quando avrebbe potuto utilizzare metodi meno
sospetti e più rapidi, mesi addietro.
Lo vorrà far passare per suicidio, sicuro.
Ma
l'impatto contro le tegole scura non giunge e, quando riapre a fatica
le palpebre, scopre d'essere divenuta un brandello di fumo ed ombra a
cavallo delle correnti ascensionali, avvinghiata come un gatto
terrorizzato al corpo di Severus che la sospinge verso l'immensità
della volta notturna, prodigandosi in evoluzioni impossibili da
compiere a cavallo d'una scopa; la ragazza piange di gioia e ride,
ride come pensa di non aver mai fatto durante i suoi sedici anni di
vita mentre osserva con occhi rapiti il mondo nero, sull'orlo
dell'alba, stagliarsi sotto al suo corpo così lontano e perso, quasi
appartenesse ad un'altra realtà; girano attorno alle torri del
castello, salendo e scendendo nel vento accompagnati da allocchi e
gufi, civette e Thestral, planando poi a pochi centimetri dalle
gelide acque del Lago Nero nelle quali lei intinge la punta delle
dita fumose, deliziata, prima che il mago s'involi di nuovo,
portandola a girovagare sopra le alte cime dei pini innevati.
“Da
Vinci aveva ragione, l'uomo può davvero volare. Senza bisogno d'ali
o aerei però” sussurra Piton nel vento, facendola rabbrividire
mentre il petto le si gonfia colmo d'una gioia incontenibile,
alimentata dalla certezza che quello – nonostante non fosse
premeditato – sia stato il gesto più bello e premuroso che
qualcuno le abbia mai rivolto.
A
lei, selvaggia e folle kore figlia della Terra,
Severus
Piton ha appena donato l'alba e la vastità del cielo.
Stralci
d'indagini: Il Nome del Pellegrino
[foglio A4 a quadretti, allegato sopra al Codice sul volo mediante clip]
Ministero
della Magia,
24
dicembre 2023, ore 09.17
Dipartimento
per la Difesa Magica, Sezione Auror – Celle di detenzione
Un
pesante oggetto metallico cozza ritmico contro la parete in pietra
spessa, scandendo l'incedere del tempo in quel luogo ove esso pare
assente, dato che ogni minuto pare eterno e non v'è distinzione fra
giorno e notte, dato che le celle non hanno finestre e le uniche
presenti – finte – sono incantate; Harry Potter cammina a passo
marziale lungo il buio e stretto corridoio ornato da lampade alogene
sfarfallanti, che inondano l'ambiente d'una luce pallida e sinistra
come un velo mortifero, calcando bene i tacchi degli stivali sulla
pietra squadrata affinché facciano più rumore possibile, così da
coprire quel ticchettio così fastidioso, incessante.
Sottobraccio
stringe una cartellina blu alla quale sono pinzati diversi fogli
stampati e pezzi di pergamena, correlati da un fascicolo fotografico
e dalla perizia medica svolta sul detenuto ospitato nella cella 31,
l'ultima in fondo, posta nella parte più scura e buia della Sezione
Detenzione; tutti gli altri cubicoli – 35 in totale – sono vuoti,
poiché generalmente i sospettati restano lì 'ospiti' giusto il
tempo di definire l'accusa, venendo poi immediatamente trasferiti ad
Azkaban, inoltre ora che è stato ultimato il nuovo distaccamento
comprendente l'accademia per Auror e la centrale operativa, nessuno
dei suoi colleghi entra più lì da mesi, preferendo utilizzare le
nuove e più sicure celle del reparto sito nella East London Tech
City.
Toc..
Toc...
Toc...
Quando arriva di fronte ad una grossa e vetusta porta metallica munita di spioncino all'altezza del viso, l'Auror inspira lentamente l'aria fredda e greve – viziata – di quel corridoio buio e dimenticato, mentre gli occhi verdi s'assottigliano studiando le numerose ammaccature nel ferro e lo strato sottile di ruggine che ha preso ad avanzare lungo i bordi; la mano destra trema quando l'alza per aprire la chiusura a ghigliottina, gettando poi uno sguardo all'interno della cella semibuia per studiare la figura accucciata a terra vicino alla finta finestrella a feritoia, con il capo chino ed i biondi – paglierini – capello scarmigliati a ricoprire il volto smunto e cadaverico, intenta a picchiare ritmicamente l'angolo d'una macchina fotografica vintage contro i lastroni in pietra che costituiscono il pavimento.
Toc...
Toc...
Toc...
“Buongiorno.
I medimaghi che ti hanno visitato la settimana scorsa mi hanno fatto
avere i referti completi, uniti alla diagnosi che potrebbe
classificare la tua 'condizione'” mormora Harry con voce incrinata
da una nota d'angoscia ben udibile, senza distogliere lo sguardo dal
giovane basso, sin troppo magro, che pare non ascoltarlo per niente,
perso in chissà quale universo – o ricordo – folle, continuando
a giocare con la macchina fotografica.
Indossa
una divisa scolastica sovrastata da un mantello foderato in rosso,
sporca di terriccio risultante provenire dal Cairngorns National
Park, più specificatamente dall'area sita fra i grandi laghi ove
sorge Hogwarts – ed cimitero dei caduti – , sul quale spicca
all'altezza del cuore il logo della casa di Godric; il particolare
inquietante però non è il terriccio, bensì la quantità enorme di
sangue secco che impregna i tessuti, conferendo al maglioncino scuro
una sinistra tonalità cremisi, come 'inquietanti' sono stati i
responsi dei guaritori che hanno visitato il ragazzo: ha circa sedici
anni, non presenta battito né circolo ed il poco sangue che gli
scorre in corpo fra stomaco ed intestini non è suo, bensì d'una
mucca, la stessa trovata morta a Blair Atholl.
Inoltre
è clinicamente morto da circa venticinque anni.
Lo
so, perché io c'ero quand'è successo.
Fra
le mura di Hogwarts.
“Colin...”
mormora Harry addolcendo lo sguardo, osservando con sgomento il viso
del ragazzo che, dal suo secondo anno in poi, l'aveva seguito
adorante e speranzoso continuando a scattare imbarazzanti fotografie,
oltre a subissarlo di futili quesiti ed attenzioni non richieste;
quando, la notte del 12 dicembre, Dudley l'aveva chiamato alle dieci
di sera con la voce incrinata dal terrore, adducendo ad
un'aggressione da parte di un 'essere magico' ai suoi genitori,
l'Auror non ci aveva pensato due volte ad abbandonare l'ufficio per
correre in Privet Drive numero 4 a controllare cosa fosse accaduto.
Quando
aveva scorto l'esile e bassa figura di Colin Canon, immobile sulla
soglia di casa Dursley ed intento a terrorizzare i suoi zii con un
espressione decisamente folle, cantilenando quella che – all'inizio
– aveva scambiato per un'assurda ed infantile filastrocca, il suo
cuore aveva perso un battito ed il sangue gli era gelato nelle vene,
lasciandolo in stato di shock poiché quello, seppur sporco ed
emaciato, non poteva essere altri che il suo vecchio compagno di
scuola, perché Colin era rimasto identico a quando l'avevano
seppellito nel Cimitero dei Caduti, con la sciarpa giallo- rosso di
Grifondoro ben stretta al collo ed i mocassini ai piedi, solo i suoi
occhi apparivano diversi: più folli e spiritati, assenti e pallidi
come quelli d'un cadavere.
Devo
trovare la fonte.
Ha
un cognome così familiare
“I
medimaghi dicono che non sei affatto vivo. Cammini e parli, sembri
umano. Ma non lo sei più. Escludono che tu sia un Inferus, dato che
hai dimostrato di possedere una tua volontà ed il tuo corpo non
sembra controllato da alcuna magia oscura, ma io ho bisogno di sapere
come hai fatto ad arrivare a Londra. Chi ti ha prelevato dal
cimitero? Chi ti ha...” la parola 'risvegliato' gli muore in gola
prima d'affiorare alle labbra, annichilita da quella certezza che per
giorni ha tentato di scacciare con forza e raziocinio, poiché l'idea
che vi sia un vero negromante in giro per l'Inghilterra è assai più
terribile ed inquietante d'una semplice fuga da una nave cargo di
qualche bizzarra e straniera creatura importata illegalmente, oppure
del coinvolgimento di qualche freak scozzese in loschi traffici di
sangue; sebbene sia conscio che gli americani ed il Ministro della
Magia non aspettino altro – un'ottima occasione per presentare
l'efficienza della nuova squadra operativa – lui, che ancor prima
di divenire un Guardiano già aveva sconfitto il più grande Mago
Oscuro del secolo, avverte un sinistro brivido freddo corrergli dalla
nuca lungo la spina dorsale, allarme che lo pone ad affrontare la
situazione con calma e discrezione poiché potrebbe risultare assai
pericolosa: la negromanzia è stata bandita dall'Inghilterra Magica
già nel X sec. d.C con una bolla ufficiale ancora in vigore,
sottoscritta dai più grandi maghi del tempo e vi è un motivo se gli
atti di tutti i processi a stregoni venivano compiuti rapidamente,
spedendo i condannati al rogo prima che potessero raccogliere
seguaci.
Voldemort
possedeva una legione di Inferus ed era ritenuto pericoloso, ma
queste creature sono solo corpi rianimati e controllati dalla magia,
non esseri senzienti in grado di provare impulsi quale fame, rabbia e
desiderio d'uccidere, come invece fanno i cadaveri resuscitati da un
negromante comunemente definiti zombie.
Sa
che in molti stati d'Europa e nel mondo, Italia compresa – cosa
strana, vista la presenza entro i suoi confini della Città del
Vaticano - , quest'arte è legale e praticata da numerose persone,
per lo più facenti parte di 'agenzie' apposite quando non vengono
assunte alle dirette dipendenze dello Stato e sono tutelate, talvolta
privilegiate, poiché il loro è un potere estremamente raro; dalle
scarne ricerche svolte ha compreso che si tratta di un 'dono di
sangue' tramandato con cura ed orgoglio che si manifesta più nelle
donne che negli uomini, arrivando alla conclusione – affrettata –
che, se davvero la rinascita di Colin è stata opera d'un negromante
– esso deve per forza essere giunto dall'estero dato che in
Inghliterra non ne esistono.
“Colin,
ho bisogno di sapere perché la persona che ti ha resuscitato è
arrivata fino ad Hogwarts. Cosa cercava nel cimitero dei caduti?”
Tum...
Tum...
Tum...
Le domande poste sono sempre le stesse, da ormai undici giorni, ma Canon pare non udirle chiuso com'è nella sua realtà distorta ed impegnato a battere sempre più violentemente la pesante macchina fotografica contro i lastroni in pietra, scandendo un tempo che per lui non esiste più da decenni; Harry ha provato a parlargli di Hogwarts, delle avventure condivise assieme cercando d'invogliarlo a parlare ininterrottamente come faceva quand'ancora era in vita, scoprendo che il ragazzo ricorda poco o nulla delle esperienze ante-mortem ed il suo unico pensiero fisso è trovare questa fantomatica 'fonte' a cui deve riferire 'cose importanti', avendo come unico riferimento il suo nome senza ben sapere quale sia, solo che è 'così familiare'.
Un rebus.
Non
sa nemmeno perché l'istinto – crede che l'amico utilizzi quello
per muoversi – l'abbia condotto al numero 4 di Privet Drive, né
come abbia fatto ad arrivarvi dalla Scozia o quanto tempo sia durato
il suo viaggio, dato che i medimaghi non possono certificare la data
del risveglio nel cimitero di Hogwarts; ha chiesto a Minerva
McGranitt, sua ex insegnante di Trasigurazione ed ora preside della
scuola, di svolgere un discreto sopralluogo nell'area funeraria,
chiedendole di contare quanti cadaveri manchino dalle tombe ed è
rimasto sgomento nel constatare il loro numero: tanti, troppi.
Probabilmente
le creature che hanno creato scompiglio ad Edimburgo sono tutti ex
studenti di Hogwarts morti durante l'assedio e resuscitati da questo
fantomatico negromante per imprecisate ragioni, poiché non v'è
motivo di liberare un'orda di cadaveri senza controllo in giro per
l'Inghilterra rimanendo poi in silenzio, senza avanzare alcuna
richiesta, quasi quanto accaduto fosse stato un gesto causale, non
voluto; o forse sta semplicemente aspettando che la nazione piombi
nel caos, poiché non ci vorrà molto prima che qualcuno – anche di
sfuggita – riconosca qualcuno dei morti.
Eppure, nonostante la pericolosità del quadro raccolto sin ora – incompleto, frammentato e claudicante – non ha condiviso queste informazioni con nessuno, nemmeno con la sua squadra, nascondendo Colin all'interno di quel reparto di Detenzione oramai in disuso ed obliviando i medimaghi che l'hanno visitato cosicché non ricordassero le informazioni fornitegli; se Green – il suo capo – dovesse scoprirlo finirebbe degradato, a pulire i cessi con spugna e detersivo da qui al giorno della pensione, ma qualcosa – istinto di sopravvivenza – gli ha suggerito che condividere tali informazioni ora sarebbe risultato assai pericoloso, specie dovendo coinvolgere gli americani dei quali sì, si fida, ma non così ciecamente come pretendono i suoi superiori: Marcus Meyer, suo parigrado e comandante della squadra giunta dagli Stati Uniti è capace, competente ed abile nello scovare maghi oscuri, ma possiede anche una crudeltà nel catturarli ed interrogarli brutale, come se dimenticasse che si tratti di esseri umani come lui e che il fatto d'aver abbracciato le Arti Oscure non lo autorizza a compiere atrocità per farli confessare; Anderson poi, il giovane e brillante Ministro degli Esteri americano è brillante, dotato di un'eleganza e padronanza del lessico che incanta – e Marlowe-Finch sogna ardentemente -, ma quando cerca di far notare i comportamenti sin troppo aggressivi del suo collega, glissa sorridendo benevolo.
Harry,
chi sceglie la via Oscura è destinato a soffrire.
Marcus
glielo sta solo ricordando.
“Colin, so che sono sparite altre sal...altri, dal parco di Hogwarts. Durante il tuo viaggio fino a Little Whinging li hai forse incontrati?”
Tum..
Tum..
Tum...
La mano sottile di Minerva McGrantt aveva sicuramente tremato nello scrivere la missiva di risposta, date le numerose sbavature che si diramano dalle lettere scritte in un corsivo tremolante, timoroso, che formano i nomi dei compagni caduti in battaglia le cui bare sono ora tristemente vuote ed i corpi svaniti; Harry inghiotte un grumo amaro di saliva e si schiarisce la gola, continuando a fissare la schiena fasciata dal mantello di Grifondoro di Colin senza però vederla davvero, infilando la mano sinistra in tasca per stringere ancora una volta, quasi volesse essere sicuro della sua presenza, il pezzo di pergamena giunto dalla Scozia con gufo prioritario, sigillato e coperto d'incantesimi anti-rintraccio.
Alban
Davies (Corvonero)
Colin
Canon
Lavanda
Brown
Ninfadora
Tonks
Remus
Lupin
Fred
Weasley
Severus
Piton.
E
qui la professoressa – ora preside – deve aver pianto, poiché
l'acqua ha sbavato l'inchiostro sino a rendere il nome del suo ex
insegnante di pozioni solo intuibile, un'accozzaglia indistinta di
lettere separate dall'ordinato elenco comprendente circa una decina
di nomi, tutti appartenenti a persone importanti per lui, amici e
compagni che s'erano sacrificati per permettergli di sconfiggere
Voldemort mettendo così fine al suo regno di terrore; più volte
negli scorsi giorni e durante le notti passate insonne, ha riflettuto
sul perché buona parte dei cadaveri resuscitati appartengano a chi,
in vita, gli era stato vicino, giungendo alla conclusione che questo
fantomatico negromante deve per forza avere qualche conto in sospeso
con lui.
Non
si spiegherebbe, altrimenti.
Tum.
Concentrato su infausti pensieri e possibili teorie, Harry non s'accorge dell'improvviso e tombale silenzio disceso nell'area di detenzione, né nota che Colin ha finalmente voltato il capo nella sua direzione, accantonando la macchina fotografica per squadralo con occhi pallidi e lattiginosi come burro chiarificato, storcendo le labbra incrostate di sangue secco in un sorriso decisamente inquietante, simile alla bocca sbavante d'un mastino pronto ad azzannare al collo la preda; è l'impatto violento d'un corpo contro la spessa e fredda porta della cella a spingerlo – riflesso condizionato – a balzare indietro con foga, gettando la cartellina a terra ed estraendo la lunga bacchetta ornata da palline intarsiate per puntarla contro lo spioncino ancora aperto, dal quale s'intravede, nell'intermittente luce prodotta dalle lampade alogene, una porzione del viso cadaverico del ragazzo, che lo fissa in silenzio, serio e terribile.
“La
fonte...” gracchia sommessamente, grattando con le corte unghie il
metallo venato di ruggine.
“Prima
che la trovi lui...io devo trovare la fonte. Ha un nome così
familiare e deve sapere, sapere la sua storia. Sapere della reliquia”
“Colin...non
posso aiutarti se non mi spieghi. Chi è la fonte? Di che oggetto
parli?” domanda l'Auror avvicinandosi cautamente, mantenendo la
bacchetta ben salda davanti a sé, ma l'ex compagno di scuola ignora
le domande, continuando a biascicare nozioni sconnesse legate alla
via che conduce alla 'reliquia', di cui solo la 'fonte' può
conoscere l'esatta ubicazione poiché è l'unica in grado di
ascoltare ed interpretare quanto ha da riferire; una goccia di sudore
freddo scivola lungo la tempia del ragazzo sopravvissuto, perdendosi
all'interno dell'alto colletto del giaccone.
“Chi
è la fonte? Dove sono gli altri? Colin...sono Harry. Puoi fidarti di
me” mormora dolcemente, osservando la porzione pallida e smunta di
viso del ragazzo con occhi colmi di tristezza per la condizione
misera in cui versa, intrappolato in un mondo fatto di follia, sangue
ed ombre che gl'impedisce di ricordare cos'è stato in vita; gli
occhi pallidi – morti – si fissano nel verde liquido dei suoi,
seri e solenni come una condanna mentre il ragazzo, a fatica, sibila.
“E
la fonte...potrà fidarsi...di te?
Quando
saprai cos'è...
Quando
capirai.
Tu
la...proteggerai?”
Lettere I
[Corrispondenza epistolare archiviata assieme all'A4 a quadretti, pinzata]
Alla cortese attenzione
del Sig. Harry James Potter,
Ministero della Magia – Dipartimento per la Difesa Magica
Sez. Auror
Buonasera
Potter,
Domando
perdono per il ritardo con il quale giunge questa mia risposta,
purtroppo impegni inderogabili mi hanno tenuta lontana da Hogwarts in
data odierna; non mi dilungherò in ulteriori chiacchiere, vista la
gravità della situazione e della richiesta che mi hai fatto
pervenire con urgenza.
Ho
eseguito, recandomi all'interno del Cimitero dei Caduti.
Sebbene
la terra delle tombe non risulti smossa e le lapidi siano ancora
intatte, sono bastati pochi incantesimi per capire che qualcosa, lì,
è successa davvero.
Diversi
corpi sono stati strappati al loro riposo eterno ed è con sgomento
crescente che allego, qui, sotto, una lista dei loro nomi:
-
Brown Lavanda
-
Canon Colin
-
Davies Alban
-
Lupin Remus
-
Tonks Ninfadora
-
Weasley Fred
ed in ultimo, Sev....s P...t.n.
Non
negherò che il colpo è stato violento e mi ha costretta ad
appoggiarmi alla tomba di Albus per non cadere a terra, mia unica
certezza dato che, fortunatamente, lui sembra tutt'ora riposare in
pace.
Ti
informo che ho già provveduto a controllare tutti gli incantesimi
difensivi posti attorno al parco e sul castello, notando che nessuno
è stato manomesso o ha riscontrato elevate quantità d'energia
magica negli ultimi trenta giorni; chiunque si sia intrufolato qui
per spostare i corpi deve essere davvero abile; confido in te e nelle
tua capacità, certa che saprai identificarlo e che restituirai i
nostri cari compagni al loro giusto e meritato riposo.
Restando
a disposizione per ogni necessità porgo
i
miei più sinceri auguri d'un felice Natale a te e al resto della tua
famiglia.
Cordialmente,
Minerva McGranitt
Preside di Hogwarts
P.S:
Come da tua richiesta ti informo che Lily Luna sta bene, è molto
presa dello studio e dagli allenamenti di Quidditch; so che ha in
programma di restare ad Hogwarts per le vacanze di Natale e prometto
che farò del mio meglio per tenerla d'occhio. Ora alleva un corvo,
dice d'averlo salvato vicino all'orto delle zucche di Hagrid e,
nonostante sia un volatile assai cocciuto, sembra essersi affezionato
molto a tua figlia.
Non
preoccuparti eccessivamente per lei, è una ragazza molto giudiziosa
ed assai matura per la giovane età che possiede, inoltre è dotata
d'un intelligenza rara, che la spinge ad essere sempre posata e
riflessiva, mai irruenta; sarà in grado di tenersi lontana dai guai
come non sei mai riuscito a fare tu, durante i tuoi anni al castello.
A Minerva McGranitt
Presso Castello di Hogwarts
Ufficio del Preside,
Buongiorno professoressa,
Le
chiedo scusa se questa risposta giunge dopo diversi giorni ma, come
immaginerà, sono nel bel mezzo di un indagine decisamente spinosa;
le chiedo nuovamente di mantenere il massimo riserbo e di non
divulgare ciò che ha scoperto all'interno del Cimitero dei Caduti,
pur sapendo che ha già rispettato questo mio desiderio.
La
ringrazio per le informazioni su Lils, da quando è iniziata questa
faccenda sono molto preoccupato per lei, specie ora che le vacanze
sono iniziate e lei ha manifestato la ferma intenzione di non voler
tornare a casa, come invece ha fatto la cugina Rose, chiedendo a Ron
ed Hermione di venirla a prendere.
Ma
questo lei già lo sa.
Rose
non ha commentato la scelta di mia figlia, fatto assai strano,
limitandosi ad un ' E' impegnata con compiti extra' che mi ha
insospettito, quindi le chiedo di indagare, se possibile, su quali
attività stia svolgendo Lils che le impediscano di passare il Natale
con la famiglia, anche se sono sicuro che non si tratti di nulla di
preoccupante; ha ragione, Lily è una ragazza intelligente e
coscienziosa, forse le mie sono solo ansie d'un genitore troppo
apprensivo (e Auror!).
Il
fatto che abbia salvato un corvo e lo stia allevando non mi stupisce,
ha sempre adorato gli animali, affezionandosi a quelli più soli e
bisognosi di cure; le cosiddette cause perse.
Prometto
che farò del mio meglio per trovare il colpevole e riconsegnare le
salme dei nostri amici al meritato riposo eterno, abbia fiducia.
Ricambiando gli auguri d'un Buon e Sereno Natale porgo,
Cordiali Saluti.
Londra, 23/12/2022 Harry J. Potter
NDA: Eccoci giunti al quattordicesimo – undicesimo – capitolo.
@AutumnWind
ho deciso di accontentarti e mostrare il momento in cui Lily Luna
consegna il regalo di Natale a Severus, dopo averlo ritrovato
all'interno della sua stanza, consegnato da Ernest (il gufo di Rose).
L'atmosfera
non è affatto natalizia, bensì cupa e selvaggia, tanto che potrebbe
tranquillamente essere un giorno d'inverno qualsiasi e non la cadenza
del Sol Invictus, che da tradizione antica viene festeggiata la notte
fra il 24 ed il 25 dicembre; in modo molto sottile e velato questa è
una sorta di 'rinascita', un atto di fede mascherato da casuale
follia che fungerà da altro piccolo nodino, legando Lily Luna e
Severus un poco più strettamente.
La
fissa della ragazza per i modelli di Da Vinci è la mia.
Questo secondo stralcio d'indagine si ricollega al primo (Capitolo IX) ed in esso trovano contesto alcuni altri elementi seminati fra i capitoli II (Scopriamo l'identità del famoso 'Pellegrino) ed 'Interludio: II' (iniziamo ad avere qualche dettaglio in più sugli americani): Harry Potter, nonostante sia cresciuto divenendo un Auror famoso e brillante, mantiene il brutto vizio di fare di testa sua, segregando il cadavere per trovare da sé una possibile soluzione alla sua presenza; ha già collegato molti punti della vicenda, ma tanti rimangono ancora oscuri, mentre altri indizi sono stati seminati con cura.
Siamo circa alla metà di questa storia, giusto per tirare un po' le somme e, più si va avanti, più la trama si fa matassa.
Ringrazio
tutti coloro che sono giunti fin qui, che hanno aggiunto questa
storia alle preferiteseguitericordate e chi ha trovato un briciolo
di tempo per recensire e lasciarmi un parere.
Grazie davvero!
Alla prossima!
_Morgan