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Autore: Lalani    08/09/2009    2 recensioni
“La ragazza si voltò di nuovo verso la tavolata, mentre le lacrime si dissolvevano, e tornò a guardare lo strano spettacolo delle luna spiona e dei fuochi d’artificio scintillanti. E, per l’ennesima volta, si sentì una prigioniera in una gabbia di cristallo. Proprio come lei, la principessa invisibile. In fondo, a Lavinia non è stato permesso scegliere.”
Fan fic su Hinata e sulla crudeltà della vita reale. Tributo a Lavinia, la principessa invisibile.
PRIMA CLASSIFICATA AL CONTEST "I CAN'T STAY WITHOUT MUSIC" DI ONLY_ME
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Eccomi, buongiorno a tutti!Questa fic si è classificata prima al “I can’t stay without music Contest” di Only_Me, che ringrazio infinitamente^^ assieme alle partecipanti!Spero di leggere presto le vostre storie.
Dunque, questa fic è angosciante, quindi se siete prossimi al suicidio vi consiglio di non leggerla, se no potrebbero incolparmi di avervi inflitto il colpo di graziaXD La fic, inoltre, è NaruHina, una coppia che io detesto cordialmente, quindi quando parlo di questi due poveracci devo per forza scrivere qualcosa di drammatico. Ma ora passiamo ai caratteri generali: la fic è ambientata negli anni novanta in Giappone e nonostante l’epoca moderna, ho deciso si rendere la famiglia Hyuuga(che sarà protagonista della fic) ancora molto severa e rigida, dato che sono di stirpe nobiliare.
Le altre note autore le ho inserite alla fine di ogni capitolo. Il titolo è la frase iniziale di Amaranth, una canzone dei Nightwish. Buona Lettura^^


Lavinia
Baptised with a perfect name



I've been stranded here and I'm miles away.
Making signals hoping they will save me
I lock myself inside these walls.


23 Maggio 1989


Hinata, annidata a capotavola, come un’aquila, come un’imputata, ascoltava la musica frammentata e frizzante; quest’ultima si insinuava timida nei suo lobi ammantati da enormi perle, che oscillavano lievemente, come se fossero terrorizzate dalla onnipresente forza di gravità. Alla ragazza ogni nota sembrava violenta e sadica, prepotente e crudele...o forse era lei che era diventata troppo fragile?
Villa Hyuuga, quella sera, era un trionfo di candore, perfettamente abbinata agli occhi puri dei suoi abitanti e alla luna eterea, appesa al cielo. Persino il ghigno di Hanabi sembrava più candido e innocente che mai, perfetto nella sua egoista soddisfazione.
Le tavolate, sistemate fra il giardino e la sala da pranzo, eccezionalmente comunicanti, permettevano agli ospiti di godere in contemporanea del profumo cristallino tipico della dimora e dell’amena temperatura serale.
I violini sfrigolavano e i flauti fischiavano note acute, da civette, tutte rivolte alla fragile figura di Hinata, seduta al posto d’onore, dopo anni di ombra. La ragazza avvertiva la stoffa morbida ma troppo, troppo larga, fasciarle il corpo minuto, come se fosse una neonata. Si sentiva proprio così: il respiro strozzato in gola, che vuole esplodere in pianto ma non sa come fare( d’altra parte, non gliel’ hanno insegnato). E poi le tracce ancora umide di sangue, come la macchia di rossetto che chiazzava il suo viso, reso evanescente dagli spruzzi dei fuochi d’artificio. E una mano, estranea e calda che ti stringe, ti abbraccia.
In realtà, la mano di Itachi Uchiha era fredda, quasi scheletrica, mentre stringeva(scorticava) la sua, in un mero gesto formale.
Un altro fuoco d’artificio morì, sacrificato per la gioia degli uomini.
“Leggete, Hinata?” chiese Itachi, poiché aveva notato un leggero movimento nella mano libera della giovane, che si era appigliata, angosciata, a una copertina di un libro color nocciola.
La luna, curiosa ed enorme, sembrava sporgersi dal cielo stellato per ascoltare la conversazione.  
“È-è l’Eneide, I-itachi” balbettò Hinata come un ladro esposto al pubblico ludibrio. “V-vi piacciono le opere l-latine e-e greche? I-io le ho studiate e-e-e…”. L’eco eterno del suo balbettio si perse tra le note del pianoforte, decisamente più sicure e squillanti.
Itachi condannò il libro con un’unica, infallibile occhiata: “Io invece ho conseguito studi più scientifici, Hinata. Non trovo appagamento nella lettura di queste favolette” mormorò mentre dalla bocca sgorgavano parole ottuse e glaciali.
“E neanche a voi dovrebbero interessare: se mi sarà concesso, amplierò la vostra biblioteca con tomi più idonei. La vita non è una fiaba, Hinata” sussurrò annoiato, prima di gettare il volume dietro il tavolo, dove il libro scivolò sotto il divano e fece fuggire mosche e moscerini, desiderosi di trovare qualche briciola di cibo perduto.
Hinata assottigliò gli occhi, e a questo movimento parteciparono le sopracciglia fini, le ciglia sottili e le iridi albine, prive di pupilla; se fosse stata più coraggiosa avrebbe disegnato sul suo volto uno sguardo di sfida, avrebbe sentito le iridi stringersi, doloranti, per esprimere l’odio nero in quegli occhi bianchi.
Ma l’assottigliamento del suo sguardo provocò soltanto un senso di impotenza che le punse lo stomaco come un ago e la nascita di lacrime codarde.
Forse erano proprio loro che le facevano vedere la luna così immensa e sfuocata, come se finalmente stesse precipitando sulla terra.
I fuochi d’artificio illuminavano e sporcavano il cielo con le loro scintille e il loro fumo: avrebbe voluto usarli come segnale, Hinata, come l’ SOS di un naufrago, nel mare sterminato che era la vita, un mare pieno di anime che la stavano soffocando. Avrebbe voluto, Hinata, che lui tornasse, allarmato dai suoi segnali, che percorresse i chilometri che li separavano, correndo. Avrebbe voluto risplendere e chiamarlo, non rintanarsi nei muri della sua vergogna.
Ma era Hanabi il Fuoco d’Artificio: la frigida bimba che esplodeva di forza innata, una forza così potente che le scappava dai polpastrelli soffici. Era lei la prediletta, colei che poteva esplodere e farsi ammirare nella sua effimera potenza.
Hinata si voltò lentamente, come se avesse un cappio intorno al collo, e i suoi occhi allenati ritrovarono le pagine scomposte dell’Eneide, l’ultimo libro che si potesse definire una favola; era la tomba senza fiori di un amore perduto.
La ragazza si voltò di nuovo verso la tavolata, mentre le lacrime si dissolvevano, e tornò a guardare lo strano spettacolo delle luna spiona e dei fuochi d’artificio scintillanti.
Hinata sbirciò Itachi, e quasi si sorprese di non vedere gli incisivi da Marmotta spuntare dalle sue labbra screpolate per poterle mordere il cuore.
E, per l’ennesima volta, si sentì una prigioniera in una gabbia di cristallo.
Proprio come lei, la principessa invisibile.
In fondo, a Lavinia non è stato permesso scegliere.




Dunque, questo è un mini-prologo. O meglio un epilogo, perché questa è la fine della fic^^. Infatti sotto l’atto primo ci saranno i giorni che dividono Hinata da questa cena. Il significato dei nomi dei personaggi sarà molto importante per il resto della fic. I riferimenti ai poteri degli Hyuuga sono voluti e velati, ma questo ovviamente non implica che ce li abbiano, dato che siamo in un’AU. Nella parte iniziale, ho usato il presente perché la similitudine della nascita è generica e non fa parte di uno specifico passato.
Lavinia è la principessa dell’Eneide, destinata a sposare Enea e a dare inizio alla stirpe romana. Di questa figura, fondamentale per i fini della storia, non abbiamo niente: non una descrizione fisica o psicologica, e, a parte qualche dettaglio, non si sa nulla di lei. Dato che io mi chiamo Lavinia(povera me=_=) ho deciso si analizzare la figura della principessa inesistente.
Grazie per la vostra attenzione,
LaLa
  
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