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Autore: Layla    08/09/2009    7 recensioni
"Invece era solo Gustav , batterista, odiato e poco considerato che non era padrone della sua vita.
Progettava una vacanza di svacco?
Era finito ai lavori forzati.
Voleva stare lontano dai suoi compagni di band?
Li avrebbe visti più di prima.
-Perché quello che progetto io non si avvera mai?-"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gustav Schäfer, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei componenti Tokio Hotel, nè offendere il gruppo o i suoi componenti singoli in alcun modo'


Holidays!

 

Lo sai cos'è la notte dei leoni ?
Ho bisogno di un mezzo che mi conduca
in posti vivibili
Di una macchina comoda
e di una musica che mi spinga via

(“La notte dei leoni” PornoRiviste)

 

Iniziò tutto con una telefonata, con il rumore fastidioso e artificiale di una suoneria di un telefonino che gracchiava ininterrottamente da almeno dieci minuti sul comodino in parte al suo letto.

Aprì gli occhi, uno alla volta, lentamente e mise a fuoco la sveglia digitale, segnava le due del pomeriggio e lei era a letto ancora ko per la sera prima.

Era stata a un concerto della band di un amico, poi in giro per  bar a festeggiare  e non connetteva  molto, così allungò perplessa una mano verso il cellulare.

“Pronto?”

“Oh Lia, alla buon’ora!”

“Ciao Ma’!”Borbottò insonnolita, grattandosi la testa.

Cosa voleva Martha?

E perché aveva una voce così strana?

“Lia sono nelle merda! Aiutami, siste’!”

Non erano davvero sorelle, Martha era sua cugina, ma erano nate lo stesso anno e si somigliavano discretamente così avevano iniziato a considerarsi come delle gemelle separate o qualcosa del genere.

Avevano entrambe occhi scuri e capelli scuri, solo che i suoi ora erano tinti di un rosso semaforo e al momento erano parecchio scarmigliati.

“Cosa hai fatto?”

“Non te lo chiederei se non fossi alla canna del gas Thalia, ma sono nella merda e ho bisogno che tu mi faccia questo favore, ti pregoooo!”

Lia si svegliò completamente, sua cugina non usava mai il suo nome di battesimo e non era preda di attacchi di logorrea di solito, anzi per cavarle una parola bisognava usare le tenaglie.

“Inizio a preoccuparmi…

“Sostituiscimi al lavoro!”

“COOOOSAAAA????!!”

L’urlo fece affacciare sua madre allo stipite della porta, la allontanò con un gesto della mano.

“Dico sei impazzita Ma’?

Sostituirti? Io?

Io che faccio cadere qualsiasi cosa tocchi?”

Tati ho la febbreeee! E non posso stare a casa o mi fucilano!”

Si massaggiò le tempie, Martha lavorava in un’impresa di pulizie da dopo il diploma, per prendersi un anno sabbatico e decidere cosa fare dopo.

“Dai, mi somigli.

Ti copri i capelli e il gioco è fatto!”

“Ma io sono imbranata!”

“Devi solo pulire! È la casa di un riccone che viene affittata per un po’ a qualcuno!”

“Peggio ancora! Se dovessi spaccare il vaso delle zia Clotilde o qualcosa di fragile e prezioso quelli sono capaci di esigere il mio sangue per ripagare il tutto!”

Thalia, ti prego….”

La sua mente le proiettò l’immagine della cugina febbricitante, con gli occhioni lucidi e l’aria supplichevole, ossia la versione umana del gatto con gli stivali.

Dovette capitolare, maledicendosi con tutta se stessa.

Martha…va bene….

A che ora devo essere dove?”

“Devi essere tra un’ora alla villa..”

Dettò l’indirizzò, mentre Lia sopprimeva un urlo animalesco e cercava di memorizzarlo.

-Io quella la uccido…anche se è mia cugina…-

Uscì dal letto scalciando e urlando imprecazioni a tutto spiano, si guardava intorno alla frenetica ricerca di vestiti da poter indossare.

-La devo sistemare questa camera….-

Trovò un paio di pantaloni neri, una maglia verde militare e una cintura di borchie, incespicando uscì dalla camera e si chiuse in bagno per poi buttarsi sotto la doccia.

Quando uscì trovò sua madre ad aspettarla con le mani sui fianchi e lo sguardo assassino delle peggiori occasioni, erano previsti guai.

“Dove credi di andare?”

“Da Martha.”

“Ti sei appena svegliata e stanotte sei tornata alle quattro di notte, Thalia Neumann…

“Mamma, devo uscire!”

“Certo! Devi sempre uscire!

Questa casa non è un albergo!”

Si impose di non mandarla al diavolo e la oltrepassò mentre quella ancora urlava furiosa, era in momenti come questi che rimpiangeva di non essere figlia di miliardari.

Lavorava in una libreria e studiava, i soldi che guadagnava non le bastavano per un appartamento e doveva ancora vivere con i suoi.

Purtroppo.

A ventun’anni era insofferente a mami e papi che chiedevano il resoconto della sua vita e volevano metterci il becco sempre e comunque.

Rinunciò a mettere qualcosa sotto i denti e prese le chiavi della macchina,se avesse fatto sufficientemente alla svelta si sarebbe evitata la seconda parte della predica…

Ci riuscì, l’autovettura era parcheggiata davanti alla villetta e lei partì sgommando.

-Così non si fa Neumann!-

-Fottiti coscienza!-

Guidò svogliatamente verso una villa in periferia, aveva la sensazione della catastrofe imminente, ossia un’ansia strisciante, opprimente e immotivata.

Era come se fosse una vecchia amica, si faceva viva fin dai tempi della scuola annunciando in anticipo che quel giorno il professore avrebbe fatto una verifica o un’interrogazione  a sorpresa, non cambiando comunque il suo stato di impreparazione.

-Perfetto….Mia madre quando tornerò a casa mi farà a pezzi, sta già affilando il coltello e qui sarà un disastro!-

Fece un profondo respiro come a darsi coraggio e alzò al massimo la radio, non doveva pensare in negativo.

Sarebbe andato tutto bene…

-Dissero i passeggeri del Titanic mentre la nave colava a picco…-

Come poteva essere ottimista con una coscienza del genere?

 

Come faceva a essere tranquillo?

Come?

Tutti, dal manager ai gemelli gliel’avevano suggerito dopo l’incidente del boccale che gli avevano rotto in testa in discoteca, eppure lui non ci riusciva.

Non era mai stato un tipo molto festaiolo, ma non poter nemmeno uscire per fare un giro lo mandava fuori di testa.

Si sentiva dannatamente inquieto, una parte della sua mente correggeva con un “in prigione” e questo dava la misura di quanto fosse agitato.

In quei giorni aveva risposto male a tutti, arrivando a non sopportare persino i due Kaulitz, quando per lui non era mai stato un problema che fossero loro quelli più sotto i riflettori.

Lui non era un tipo che amasse emergere, preferiva stare dietro la sua batteria e lasciare che il suo carattere venisse fuori attraverso la musica piuttosto che con le parole,eppure….

Eppure nei giorni in cui tutti lo esortavano alla calma, sentiva di detestare il frontman e il chitarrista, i loro look eccessivi e tutte quelle ragazzine invasate cotte di loro.

Li fulminava con occhiatacce memorabili a ogni errore durante le registrazioni e faceva lo scorbutico a tutto spiano,  lasciandoli allibiti.

“Dio ma che ha?” senti sussurrare Tom una volta”Da quando gli è successa quella cosa sembra che qualcuno gli abbia installato la personalità di una vipera incazzata!”

“Zitto Tom…sta metabolizzando l’accaduto! Sta cercando di riequilibrare il suo spirito!”

“Piantala con lo yoga, fratello…

Lui scosse le spalle e decise di non illuminarli sui perché del suo malumore, continuando a comportarsi come una iena, pregando che le sudate vacanze arrivassero presto.

L’album venne pronto, il due ottobre sarebbe stato nei negozi e loro si ritrovarono ad avere del tempo libero, finalmente.

Gustav in particolare si ritrovò a fantasticare su giornate passate sdraiato sul letto di casa sua o sul divano , interrotte solo da corse al parco o giri in bicicletta.

Un pacchia.

Distrutta dal suo manager.

“Ragazzi, vi vedo poco affiatati…farete una settimana in campagna…

Non possiamo mostrare alle fan che siete così disuniti!”

Come se tante fan non vedessero comunque sempre e solo i gemelli Kaulitz….

-Calmo Gustav…

Sorridi! Se Jost si fissa su una cosa non lo smuove niente, accetta il destino…

Ma che destino di merda però!-

Tutti gli altri furono entusiasti, lui solo alzò gli occhi al cielo insegno di protesta e per un attimo gli parve di intravvedere un cenno di solidarietà di Georg.

“Problemi Gustav?”

“No David… quando partiamo?”

“Dopodomani …”

Bello… Anche a breve preavviso! Ciò che diceva David Jost era legge e non si poteva contraddire, se non fosse stato per il manager dove sarebbe stato lui in quel momento?.

-Mha… Non lo so…forse a vivere da persona normale, senza dovermi preoccupare di fan, anti e boccali..-

Berciò la sua parte ribelle.

In ogni caso due giorni dopo era in macchina a guidare verso una località imprecisata, ascoltando i Metallica e riflettendo su come sarebbe stata la sua vita se non fosse stato il batterista dei Tokio Hotel.

Cosa avrebbe potuto fare?

- Il piastrellista non sarebbe male…

Ti fai un bel fisico, guadagni, lavori quasi sempre…

O l’idraulico…

Quelli si fanno pagare gli interventi a peso d’oro…-

Invece era solo Gustav , batterista, odiato e poco considerato che non era padrone della sua vita.

Progettava una vacanza di svacco?

Era finito ai lavori forzati.

Voleva stare lontano dai suoi compagni di band?

Li avrebbe visti più di prima.

-Perché quello che progetto io non si avvera mai?-

Domanda retorica ed alquanto inutile, che comunque venne lasciata senza risposta dal suono del cellulare, chi era?

Schiacciò il vivavoce e la voce di Georg invase l’abitacolo.

“Ehi Gustav, ci fermiamo al prossimo autogrill.”

“Io no.”

“Ma insomma siamo un gruppo, non dovresti andare da solo….”

Georg… Sai dove volevo passare io le mie vacanze?”

No…al mare?”

“No, a casa mia svaccato sul divano, in giro, al parco…

Da qualche parte da solo,  a ritrovare il mio karma perduto.”

“Mi dispiace che siano saltati i tuoi piani…

Però David ci ha imposto questa cosa...”

“Lo so….ma io per un paio d’ore sono in uno stato di secessione anarchica…

Se mi cercate non ci sono, ci vediamo alla villa.”

Chiuse in malo modo la chiamata, ridendo  come un pazzo, immaginandosi la faccia perplessa dell’amico che si era trovato ad affrontare una versione inedita del batterista.

Per precauzione staccò il telefonino e si godette il viaggio nella campagna tedesca, tentando invano di rilassarsi e di non pensare.

-Dicono che fumare rilassi…

Ma io non sono il tipo, anche se una sigaretta ci starebbe….si…patetico iniziare a vent’anni a  fumare perché sono sclerato…

No, così non va… forse dovrei darmi allo yoga…

Basta, voglio disconnettere il cervello!-

Si fermò in un autogrill, si camuffò per non essere riconosciuto e comprò un panino che consumò furtivo in macchina.

Si sentiva decisamente idiota, ma la celebrità non era solo rose e fiori, purtroppo e quei tagli in testa ne erano la prova.

Prima di ripartire, per scrupolo controllò il cellulare, c’erano quattro chiamate senza risposta, due di Bill, una di Tom e una di Georg.

….oh cazzo!

Alla villa sarebbe stato rimproverato e così fu, quando si fece vedere gli toccò subire la ramanzina del vocalist per il suo spirito antisociale e quando il moro ci si metteva era davvero una piaga.

Avrebbe voluto urlargli di stare zitto almeno un attimo che in nemmeno tre secondi aveva già disintegrato i suoi timpani e la scarsa scorta di pazienza di quel periodo, invece tacque.

In fondo di litigare non aveva poi tanta voglia, annuì se necessario alla predica dell’amico mentre scaricava la sua roba in una stanza della villa e poi la sistemava.

Gli altri stavano facendo lo stesso probabilmente.

Gustav…usciamo a fare un giro…tu vieni con noi!”

-Grazie per la comprensione Georg..-

Suo malgrado si ritrovò trascinato fuori con gli altri, in un’allegra e spensierata gita.

Sarebbe stata una lunga settimana.

 

 

La villa era enorme.

Thalia Neumann non aveva altri aggettivi per descriverla, sebbene fosse ormai al secondo anno di università e così rimase a bocca aperta.

All’ingresso c’era un enorme scalone di marmo bianco su cui si stendeva un morbido tappeto rosso, vedendolo pensò che fosse una sorta di abbraccio della villa, visto che poi da lì si aprivano le altre stanze, un salotto e uno studio.

“Oh Martha, ti sei incantata?

Datti una mossa!”

Rimase un attimo interdetta, poi si ricordò che quel giorno era Martha Weber, non Thalia Neumann e doveva almeno fingere di saper rispondere al suo nome.

-Insomma Lia, ti prenderebbero per matta se non risponderesti al tuo nome!-

Salì le scale, sentendosi a disagio, al piano superiore un corridoio portava alle stanze da letto, ed era rivestito con un parquet lucidissimo, con quadri che occhieggiavano alle pareti.

-Ok Neumann…Sei in ballo e balla!-

Iniziò a pulire la prima stanza, un gran numero di valigie era disordinatamente ammucchiato per tutto il perimetro, con la sua imbranataggine ci  inciampò svariate volte e rischiò di rompersi il collo.

Chiunque fosse il proprietario era o un egocentrico o uno precisino di quelli che si portano dietro la casa nel terrore di essersi dimenticati qualcosa di fondamentale.

-Psicologia alla cazzo eh, Neumann…-

Che altro poteva fare?

Passò alla seconda stanza, il proprietario l’aveva già colonizzata, distribuendo i suoi effetti personali, tra cui un basso, ovunque.

Forse era uno che marcava il territorio con il caos, per far capire ad estranei e conoscenti che la stanza era sua.

-Ancora Neumann?-

-Te l’ho già detto, coscienza, f o t t i t i ! –

Rimetterla a posto fu un’impresa che pregò di non dover ripetere più in tempi brevi e che la fece compatire Martha.

La terza invece era la stanza perfetta, precisa, ordinata, sentiva già di adorare il proprietario con tutta se stessa perché le semplificava il lavoro.

Se avesse potuto l’avrebbe abbracciato.

L’ultima stanza era un incubo, caotica come la seconda, presentava in più un angolo ordinato in modo maniacale, il che indicava che il proprietario se ne fregava di tutto il mondo tranne di quello che c’era su quel ripiano.

Doveva essere orgoglioso il tipo o la tipa.

Rassegnata iniziò a rassettare e spolverare, la disgrazia si stava avvicinando e lei nemmeno lo sapeva quando arrivò all’ Angolo.

Prima si fermò ad ammirarlo, notò che erano tutti premi musicali, assegnati a una band chiamata Tokio Hotel, il nome non le era nuovo, ma la sua tendenza a vivere staccata dal mondo non l’aiutò a ricordarsi chi fossero.

Iniziò spolverare mentre ancora pensava a questa band e la disgrazia avvenne, un premio finì a terra.

…oh merda.

Disperata si guardò attorno, cosa poteva fare?

Provare a ripararlo?

Imboscarlo da qualche parte?

Distruggerlo e far sparire le prove del suo crimine e poi fare la vaga quando qualcuno gliene avesse reso il conto?

Il sudore le colava lungo la schiena, contemplava quei pezzi di vetro e metallo come se per magia potessero riattarsi da soli.

“Che cazzo hai fatto?”

Si voltò.

Un ragazzo alto dai vestiti larghissimi e dalle treccine da rapper nere la guardava accigliato.

Io…è caduto…non ho fatto apposta!”

-Complimenti Neumann, secondo anno di università ed inventiva zero!-

“Dio! Ma sei scema! Hai idea di quanto cazzo tenessi a quel premio?

Ti farò licenziare!”

“NOOO!”

“Come, prego?”

“Ti prego non farlo, come posso spiegare?”prese fiato.

“IO non sono la persona che dovrebbe essere qui, sono sua cugina, se licenzieresti me licenzieresti lei che è innocente e lei ha bisogno di quel posto di lavoro!

Ti starai chiedendo che cazzo ci faccio qui, bhe la sto sostituendo di straforo perché lei sta male e non può prendersi le ferie,.

Ti prego non licenziare Martha!”

Lui inarcò un sopracciglio.

“Dovrei crederti?”

In effetti la sua era una storia strampalata, poteva essere benissimo sembrare una palla inventata a suo uso e consumo.

Bhe cosa leggi sul mio cartellino?”

Lui strinse gli occhi per leggere meglio.

“Martha Weber…

Ok…” Cercò la carta d’identità e gliela mostrò.

“Qui c’è scritto Thalia Neumann….Non mi hai raccontato una stronzata….”

Si avvicinò a lei suadente.

Bhe…potremmo raggiungere un accordo..”

Le accarezzò un braccio.

Porco.

Si…io ti darò la cosa che ho di più importante….Martha te la farà avere domani…

Lui si leccò i piercing, forse si aspettava un appuntamento fissato con lei.

Povero illuso.

“Perché non adesso?”

“Devo controllare la mia agenda…”ammiccò lei

“Ok, bella a domani! IO sono Tom comunque”

E si allontanò sorridendo.

Strano tipo davvero, ma aveva intenzione di fargli un bello scherzo.

 

Primo giorno di vacanza dopo l’arrivo.

Il sole splendeva nel cielo, il vento  scuoteva dolcemente le fronde degli alberi della villa, tutto ispirava un senso di pace e di calma, peccato che lo stesso non si potesse dire di lui.

Era di nuovo in preda all’ansia, anche perché la sera prima Tom aveva raccontato che era già riuscito a fare conquiste, ossia una della cameriere.

“Strana ragazza, ma carina…

Domani ci combino qualcosa!”

Domani era oggi, Gustav non aveva molta voglia di vedere l’ennesimo spettacolo del genere, ma  a quanto pareva non si poteva fare diversamente.

Scese svogliatamente a fare colazione, Georg si stava imburrando una fetta biscottata, Bill dormiva sulla sua tazza di caffè, Tom stava dando l’assalto al vassoio del prosciutto.

“ ’giorno” borbottò scorbutico.

“Ehi Gustav!”Georg serafico( doveva chiedergli dove se la procurava quella flemma!)

Gnooo….” Bill in coma.

Buuuongioornoooo!”

“Ciao Tom….

Fai il pieno di energie?”

Ovvio…. Oggi sarà una giornata interessante!”

Gustav sbuffò e si versò del caffè, la sua non sarebbe stata una giornata interessante…

Forse sarebbe riuscito a scomparire per farsi un giro in bici se fosse stato fortunato o a piedi, era questo il massimo a cui poteva aspirare.

Un lieve bussare li distrasse dai loro pensieri, una cameriera fece il suo ingresso, aveva lunghi capelli neri e gli occhi castani e sembrava parecchio intimidita da tutti loro.

Bill alzò la faccia per guardarla e scambiò un’occhiata con lui e Georg, la ragazza aveva sottobraccio un poster e si avvicinava decisa a Tom.

“Scusi se la disturbo, lei è Tom?”

“Sono Tom Kaulitz, si.

Dammi del tu, non sono così vecchio…

“Oh Scusa…Io sono Martha…

Non so cosa ti abbia fatto mia cugina, ma Thalia ha detto di darti questo, mi dispiace di averti disturbato…

Arrivederci”!

Filò via a testa bassa, rossa per l’imbarazzo, Tom rimase paralizzato per cinque minuti buoni reggendo il foglio di carta plastificata arrotolato.

Si alzarono tutti curiosi di sapere cosa fosse, Tom si riscosse e lo srotolò davanti a loro, era un poster di Kurt Cobain, l’ex rasta spalancò la bocca.

Già questo era un modo divertente per iniziare la mattina, la parte migliore però era una piccola scritta sul fondo che così recitava:” Questa è la mia cosa più importante…sbruffone! Thalia

Doveva ammetterlo quella ragazza aveva stile, Kaulitz era rimasto a fissare attonito il poster per un paio di minuti prima che la fragorosa risata di Georg irrompesse nella stanza, dando il via anche alle loro.

“Ti ha dato buca, Kaulitz!!”

“Questo l’ho visto da me hobbit!”

Irritato buttò il poster per terra e lasciò la stanza, Gustav lo raccolse.

Non sapeva perché ma voleva assolutamente incontrare quella ragazza,anche solo per farle i complimenti.

“Colpito Gustav?”mormorò un Bill con la voce da oltretomba.

Si…vado a cercare Martha!”

Il vocalist scosse la testa, il bassista gli fece un segno d’incoraggiamento, lui corse fuori dalla stanza alla ricerca della cameriera.

-Dove potrà essere?-

Senti un paio di strepiti provenire dalla camera del rasta e seppe di averla trovata, si diresse lì e la trovò davanti alla porta della camera di Tom, che poco prima aveva sbattuto.

“Ehi!”

Lei si voltò ostile.

“Cosa vuoi? Altri insulti?”

“No, vorrei portare questo poster a tua cugina, potresti dirmi dove la trovo?”

“Glielo consegno io, tranquillo!

Glielo faccio anche mangiare!”

“No no… Ci penso io!”

La ragazza sgranò gli occhi.

“Non ci credo, quella…. Vabhe…

Ascolta stasera è sicuro come l’inferno che la trovi al Half Moon, è un locale in centro dove fanno  musica live, ce n’è uno solo non puoi sbagliarti!”

“Descrizione fisica? Sai giusto per non fermare un'altra sconosciuta….”E non beccarsi altri colpi sul cranio…

“Alta come me, corporatura normale, mi somiglia come lineamenti e come colore degli occhi, ma ha i capelli tinti di un rosso semaforo e un po’ più corti dei miei, scalati, riga di lato e leggera frangetta..

“Ok Grazie!”

Gustav sogghignò, forse non sarebbe stato così noioso….

“Ehi Gus…

“Si Georg?”

“Bill non è tanto contento di questa cosa…

“Sai una cosa? Non me ne importa proprio nulla!”

Detto questo uscì a farsi un giro in giardino.

 

Thalia non avrebbe classificato come buona la giornata che si era appena conclusa e nemmeno quella precedente, Martha era stata intrattabile e scorbutica.

Sospirò.

La colpa era sua, quando le aveva detto del poster da consegnare la cugina  aveva sgranato gli occhioni da cerbiatta uguali ai suoi e aveva rischiato la sincope.

“Che cazzo hai fatto Lia?”

“Niente, Scialla Ma’!”

Ma Martha non era stata per niente calma, al ritorno dal lavoro la nube temporalesca del malumore aleggiava attorno a lei, percepibile come se fosse reale.

“Io o d i o Tom Kaulitz!

E odio te! Che cazzo hai fatto? Lia, Cristo, ti ho chiesto un giorno di coprirmi e tu mi irriti la superstar?”

Difendersi era praticamente impossibile.

Martha era la persona più dolce e comprensiva del mondo, tranne  in quello stato, diventava una belva  irrazionale e irragionevole.

Che il tipo sbruffone si fosse arrabbiato?

- Mmm…poco importa!-

Tracannò un altro sorso di birra, il locale era pieno, quella sera si esibiva una band di metal locale che attirava sempre un gran numero di energumeni devoti alla birra.

Thalia era vestita in modo decisamente appariscente,  un vestito nero che la arrivava poco sopra il ginocchio, con un corpetto in pizzo e i lacci bordeaux a stringere su un seno messo in risalto più possibile, collant a rete, anfibi neri.

A completare quell’abbigliamento c’era il collare nero e il trucco pesante, eppure veniva lasciata stare, forse per il fatto che aveva  fatto assaggiare a mezzo locale la punta dei suoi anfibi o forse per altri motivi.

Lasciò il boccale al bancone e uscì dal “Half Moon”, musica e gente quella sera non le andavano a genio, quindi tanto valeva andare altrove.

Appena fuori si accese una sigaretta, buttando fuori il fumo soddisfatta,  la luna era alta nel cielo e vederla la mise di buon umore.

Qualcuno la chiamava  strega o licantropo per questo fatto, ma a lei poco importava.

All’improvviso qualcuno le picchiettò sulla spalla, si voltò inviperita per vedere chi fosse e si ritrovò davanti a una ragazzo non molto alto che le sorrideva timido.

Chi era?

Notò che in mano stringeva un poster che somigliava pericolosamente a quello che aveva fatto recapitare allo sbruffone quella mattina, alzò un sopracciglio.

“Scusa chi sei?”

“Sono un amico di Tom, lo sbruffone, sono venuto a restituirti questo.”

Le porse il poster, lei sorrise.

Bhe poteva tenerselo, guarda che non era davvero così importante per me!”

Lui scoppiò a ridere.

“Guarda che lo so! Volevo solo vedere in faccia la ragazza che aveva messo a posto Tom, mi stavi simpatica!”

Lia inarcò un sopracciglio e lo guardò attentamente.

“No, il basso non lo suoni, non sei il tipo da milleduecento valigie, quindi sei per forza lui, il mio adorato della camera in ordine…

Gustav la guardò perplesso, le sue sembravano farneticazioni ne era conscia, purtroppo non riusciva ad impedirsi di parlare da sola.

“Scusa?”

“No nulla! Diciamo che per motivi che so solo io ti meriti questo.”

Lo abbracciò, lui rimase alquanto perplesso e rigido, quando si staccò la guardò incredulo.

“Io sono Thalia comunque, ma mi chiamano tutti Lia.”

“Io sono Gustav!”

Scoppiarono a ridere tutti e due.

“Scusa, ma è il tuo modo di presentarti quello?”

“No, tu sei stato un’eccezione.”

Iniziarono a chiacchierare piacevolmente, era un bravo ragazzo, forse troppo per una testa calda esagitata come lei, ma le piaceva lo stesso.

Andò tutto bene finche un gruppetto di metallari non passò accanto a loro, gli ultimi due squadrarono prima lei(cosa normale e a cui lei rispose con un ghigni satanico)e poi lui.

I guai iniziarono li, i due si misero davanti al ragazzo con le braccia incrociate sul petto, poi iniziarono a girargli attorno minacciosi.

Conosceva troppo bene quella sensazione per non sapere cosa fosse, era quella della rissa imminente, Gustav era nei guai, grossi guai.

Ehi…Tu non sei mica il batterista della band dei frocietti?”

Mormorò il più basso e tarchiato dei due.

Band di frocietti…Lia corrugò la fronte, la definizione non le era nuova, cercò di ricordarsi il nome che aveva letto sul premio, com’era?

Tokio albergo? Tokio ostello?

Tokio hotel!

…oh cazzo!

I metallari l’avrebbero fatto a pezzi e poi avrebbero sacrificato ciò che rimaneva al dio del metal, quelli poi che erano frustrati e già gonfi di alcool non avrebbero avuto pietà.

“Ti sbagli…

Altra gente si frappose tra lei e i litiganti, lei ne approfittò per tirare un colpo a tradimento a uno di loro, il tizio si voltò arrabbiato e si guardò intorno.

Lei non venne calcolata, lo sguardo di quello che aveva colpito si focalizzò su quello accanto a lei, una pertica punk con una cresta di capelli verdi.

“Ehi tu,stronzo!”

Gli mollò un pugno e questo fu sufficiente a scatenare una mischia che distrasse i due metallari attorno al suo nuovo amico e a permetterle di acchiapparlo e trascinarlo fuori dalla massa a gomitate.

Anni di pogo ai concerti punk erano serviti a qualcosa!

Non si fermarono finche lei non vide il suo vecchio catorcio.

“Dai Sali! Giuro che non ti rapisco ne violento!”

Lui annuì, lei partì sgommando, ritrovandosi a cantare  una vecchia canzone in un italiano stentato, residuo di una vacanza  di anni prima, fatta da lei e Martha.

Lui si rilassò contro il sedile.

“Grazie per avermi salvato!

Il mio manager mi avrebbe ucciso se fossi finito si nuovo sui giornali per una rissa…

“Ah, vero! Tu sei quello del boccale!”

“Eh già….”

“Dì un po’…è vero che siete una band di froci?”

La fulminò con un’occhiataccia degna di un serial killer.

“Ovviamente no…. Ci conosci?”

No… solo qualche immagine… se vuoi un opinione spassionata eravate adorabili da piccoli…

Tu anche adesso, quel tizio che si chiama Tom no…

Carino si, ma adorabile come un riccio di castagna attaccato ai piedi.”

Lui scoppiò a ridere.

“La fine del Sexgott!”

Quello un Sexgott?lui intercettò il suo stupore.

“è il suo soprannome”

“Datogli da ragazzine arrapate?”

“Più o meno.”

“Come è la vita da super star?”

“Bella, ma seccante.

È esaltante incontrare gente famosa, visitare posti che altrimenti non avresti visto in tutta una vita, girare come trottole e fare quello che ti piace, però….

Però è stressante, hai poca vita privata, le fan possono essere opprimenti, a volte anche pericolose, se non hai guardie del corpo difficilmente esci.

Inoltre la gente tante volte parla con te per avere favori o dire di essere amica tua, le ragazze a volte ci stanno solo perché sei famoso.

Dopo un po’ diventa difficile distinguere il vero dal falso.

E poi…

“Poi?”

Poi… A volte pur essendo famoso mi sento poco considerato…

Le ragazzine spesso vedono solo i due gemelli.

Io non sono un tipo che ci fa caso, ma ogni tanto ho dei periodi in cui questa cosa mi dà fastidio, in cui mi pesa di più.”

“Posso immaginare, deve essere strano e frustrante sapere di essere famoso e di non contare nulla allo stesso tempo, essere qualcosa di simile a una  tappezzeria.”

Si… in questo periodo poi mi dà particolarmente fastidio, dopo l’incidente alla mia testa, sono particolarmente nervoso.

Vorrei starmene  per i cavoli miei e il mio manager mi obbliga a venire qui con i miei compagni al seguito!

È frustrante!”

Capisco…bhe non sei il solo che debba rendere a qualcuno, io devo farlo con mia madre…. “

“ A volte vorrei essere normale…

“Tu sei normale….non hai tre teste o cinque braccia…

Sei solo stressato, devi rilassarti e poi tirare fuori quello che hai detto a me con chi di dovere!”

Lui annuì e rimase in silenzio.

La macchina era ormai fuori dal paese, si inoltrava tranquilla nei campi, dai finestrini abbassati entrava l’aria della notte.

Lia svoltò in un sentiero che sboccava sulla strada, il tizio accanto a lei era imperturbabile nonostante fosse seduto accanto a una sconosciuta che lo stava portando Dio solo sapeva dove.

Fermò la macchina sul ciglio di un campo, da lì la luna si poteva vedere senza sforzo, così come le stelle, un posto romantico ed isolato.

Opsss…

“Guarda che non ho secondi fini!”

Lui scoppiò a ridere.

“Tu sei davvero strana!”

Thalia scosse la testa, scese dall’automobile e si stese sul cofano ancora caldo, lui si sgranchì le gambe in un giretto.

“Che ci fai appollaiata sul cofano?”

“Guardo la luna!”

Gustav scosse la testa.

“Dai vieni anche tu!”

Reticente il batterista si stese accanto a lei e lasciò di nuovo calare il silenzio tra di loro, a Lia non dispiaceva che fosse di poche parole, bastava lei a essere casinista per due.

“In fondo non è male guardare le stelle…

Sono così…perfette!

“Le stelle sono quello che noi vogliamo che siano.

Il fatto che siano belle e perfette è tutta una storia nata dalla nostra smania di controllo, la verità è che le stelle sono altro da noi e non possiamo usare i nostri metri di giudizio su di loro

Quelle che noi crediamo vive, spesso sono morte da secoli e noi nemmeno lo sappiamo.

Siamo talmente presuntuosi da proiettare le nostre storie, i nostri miti, le nostre leggende su di loro, vedendo disegni nel caos e costringendo a vederli.”

Se fosse stata con qualsiasi altro dei suoi ex si sarebbe schiaffata una ciabatta in bocca invece di iniziare quel discorso pseudo filosofico, ma lui era diverso, lui invitava a parlare.

Senza contare che lui era una di quelle rare persone che davvero sapevano ascoltare, quindi iniziò a mostrargliele quelle dannate costellazioni.

Si perse a raccontare vecchie storie che aveva letto sui libri, che aveva sentito raccontare, gesticolando, perdendo la cognizione del tempo, come mai le era successo.

Si fermò solo quando si sentì osservata, solo allora lo guardò a sua volta e si perse in quegli occhi castani, quello che accadde dopo per alcuni sarebbe stato prevedibile.

Farsi baciare e poi finire a fare l’amore in un campo era sicuramente un classico, eppure quella fu la serata più magica della sua vita e sperava che non rimanesse l’unica.

 

E l’ansia sparì.

Così come era arrivata se ne andò.

Forse era merito di quella strana ragazza, dei suoi discorsi, di quello che successo dopo.

Forse fu la sua risposta alla domanda” ma a te Tom, interessa?”

Era stata schietta.

Tom era quello che visto in foto le piaceva di più, ma era con lui che si era intrippata, non con il playboy del gruppo.

Forse fu quello che successe quando la presentò agli altri.

Bill era stato cortese, così come Georg, Tom scorbutico, per l’orgoglio ancora offeso.

“Chissà cosa ci troverà in Gustav, una come te?”era stato il commento acido del chitarrista.

Lei non si era offesa, aveva sorriso sorniona, l’aveva afferrato e poi baciato davanti a tutti.

“Questo!”

E in quel bacio aveva sentito il sapore di una rivincita e di qualcosa che era solo suo e che sperava non si sarebbe dissolto alla fine di quella vacanza.

Il suo antidoto personale all’ansia.

 

 

 

Angolo di Layla.

 

Ok..Buongiorno…Come state?

Io molto in ansia…. Cooomunque, questa è la mia prima one shot sui Tokio Hotel, non ho idea di come sia uscita -_-!

Fatemi sapere^^.

Ah! È scritta per il compleanno di Gustav! Auguri ^^.

E…ovviamente i Tokio hotel non mi  appartengono e ciò che racconto è frutto solo della mia fantasia.

Alla prossima.

 

Layla

 

 

   
 
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