Questa storia è stata interamente pensata ascoltando (e osservando) Runnin' (Lose it All); quindi vi consiglio di dare un'occhiata al video e di ascoltarla - magari mentre leggete who knows. È stata scritta per il flash contest indetto da Cora sul forum "Ferisce più la penna"; il prompt che ho scelto è "oceano".

Chasing (you)

Un cigolio persistente; una mano che fissa la bici al parapetto.

Prima: quella di un diciannovenne inesperto, dal volto trasparente. Era in ritardo per una consegna ed aveva sentito il richiamo dell’acqua.

Ora: quella di un ventitreenne inesperto, dal volto trasparente; assicura la bici con mani callose, mette i piedi sulla sabbia. Sente i granelli che si insinuano tra le dita, l’aria salmastra che penetra sotto pelle.

La sabbia scotta e brucia e si insinua: è il prezzo delle lacrime. Neppure il sole cocente di Rio gli concede di asciugarle.

Quando i piedi incontrano l’acqua cristallina, per una piccola frazione di secondo, Shouyou Hinata pensa di aver fatto la scelta giusta. 

Si immerge di getto, dimentico della protezione 50 che ha comprato ma che giace abbandonata sul fondo della sacca, dimentico delle lacrime - non solo sue -, eppure mai dimentico di quel cuore che tutto vuole (ma proprio tutto).

La sabbia presto cede all’acqua cristallina: il piccolo granello si fa impercettibile - costruisce un fondale; l’acqua si fa più azzurra, profonda - diventa oceano.

Nessuno può vederti sott’acqua, i rumori si annullano; una lacrima, testarda come il suo padrone, si ribella al suo controllo. Scende veloce, silenziosa, deve far mostra della sua presenza. Non gli resta, poi, che osservare il fondale. Non gli resta, poi, che ricordare - ancora, sempre - tutto. Non gli resta che sognare - ancora, sempre - una risata irrefrenabile, dei capelli colorati, un sorriso sincero.

/ Where else can I go?

Chasing you?/

La prima volta che Atsumu mette piede sulla sabbia, sente un moto di stizza. Scotta, gli dà fastidio, ha dimenticato le hawaianas in albergo. Ha dimenticato il motivo per cui gli dava così fastidio acconsentire a questo viaggio (Shouyou è a qualche metro di distanza).

Atsumu lo raggiunge - il volto fintamente corrucciato -, gli spalma la crema - Shouyou l’aveva già dimenticata sul fondo della sacca.

A Shouyou sembra ancora più bello di come lo aveva lasciato (questo, però, non glielo dice).

Atsumu incontra l’acqua, dimentico di tutto. Del perché era arrabbiato - lo è ancora -, del perché si trova qui - lo ama ancora -, del perché di questo viaggio dai contorni inafferrabili, come la sabbia fastidiosa che si ritrova ovunque. Del perché corra e gli sembra di farlo invano, come se fosse in campo e tentasse un’azione sconsiderata - diventa un punto mancato, perché Shouyou non è più lì a correre nel verso della sua corrente.

Atsumu si immerge nell’acqua e Shouyou lo segue. Atsumu si volta e Shouyou si volta di rimando.

Amare Shouyou vuol dire amare la sfida.  (La sabbia sporca e l’oceano pulisce.) 

Amare Shouyou vuol dire correre. L’abbandono è in ogni partenza, la pista non ha limiti; si dipana, sconfinata, accanto e oltre e al di fuori. 

Atsumu tende il braccio - Shouyou è lì.

Amare Shouyou è amare l’oceano che li ricongiunge - lo stesso oceano che minaccia di dividerli.

(Nessuno dei due è disposto a perdere.)

/Ain’t runnin' from myself no more

Together we'll win it all/