Sei la mia primavera
Era giunto quel
momento dell’anno. Sebbene fossero già tre anni che avevano deciso di
organizzarsi in quel modo, Tyrion non si era ancora
abituato a vedere Sansa partire.
Sapeva come si
comportava con l’avvicinarsi di quella data: diventava più scorbutico e di
poche parole, non riusciva a godersi i momenti insieme, perché la sua mente
pensava già ai prossimi sei mesi senza di lei. Come avrebbe fatto senza le sue
risate che riempivano la casa e che lo mettevano sempre di buon umore? Gli
sarebbe mancato svegliarsi ogni mattina con il suo dolce corpo affianco – anche
nella sua assenza, avrebbe continuato a cercare il suo calore, trovando però
solo lenzuola fredde dalla parte del letto di lei.
Aveva
l’impressione che la sua voce diventava sempre più flebile, nella sua testa,
nonostante la sentisse abbastanza regolarmente al telefono. Era un’inspiegabile
paura, quella di dimenticare la sua voce. Amava sentirla parlare, le brillavano
gli occhi quando descriveva qualcosa che le stava a cuore e si infervorava non
poco quando gli raccontava delle ingiustizie che qualche suo conoscente aveva
subito. Era una persona molto empatica, la sua Sansa. Le piaceva molto cantare,
lo aveva scoperto quando avevano iniziato a convivere, perché Tyrion non ricordava di averla mai udita prima. Aveva
questa abitudine di cantare sotto la doccia.
Sapeva che quello
di cui avrebbe avuto più nostalgia erano i suoi rimproveri – si era lamentata
più di una volta del suo disordine: «perché lasci sempre in giro i tuoi
libri?», ma gli era capitato più di una volta di trovare fuori posto alcune
delle sue cose, tra trucchi, ago e filo e le sue creazioni.
I suoi occhi non
sarebbero più stati graziati dalla sua figura, non avrebbe potuto soffermarsi
su alcuni suoi dettagli, come ad esempio le sue mani che sfogliavano una pagina
di un libro o quelle stesse mani che con maestria e leggiadria cucivano, le sue
dita affusolate intorno a una penna mentre scriveva, la sua espressione
concentrata che le formava delle piccole rughe sulla fronte, i suoi lunghi
capelli ramati che venivano illuminati da un raggio di sole proveniente dalla
finestra…
Si era ripromesso
di non guastare quell’ultimo mese prima della partenza, ma dalle espressioni
che lei gli aveva lanciato in quei giorni, non c’era affatto riuscito.
Non era stato
facile capire come leggere e interpretare i suoi modi di fare, perché la
giovane sapeva come apparire fredda e lontana. Aveva compreso che quella era
una sua arma di difesa: non voleva essere ferita. Tuttavia, una volta
conquistata la sua piena fiducia, Sansa offriva un’ampia gamma di emozioni. Era
come un libro aperto, il suo preferito.
Silenziosamente, Tyrion si era appoggiato allo stipite della porta della
camera da letto. Osservava la fidanzata, mentre metteva le ultime cose in
valigia.
«So che sei lì. Ti
ho sentito» gli fece presente, senza distogliere l’attenzione dalla sua
attività.
«Non te la si può
proprio fare» commentò lui, scherzosamente.
Sperò che bastasse
per alleggerire l’atmosfera, per allontanare quel peso che aveva sullo stomaco.
Perché
per lei è così semplice? O è solo una sensazione?
Seguì un istante
di silenzio. Pesante.
«Cosa c’è?» gli
domandò lei, perché aveva avvertito che voleva dirle qualcosa. E immaginò che
non sapesse come approcciare il discorso.
«È difficile per
me, sai, vederti andare via…»
«Lo abbiamo deciso
insieme. Mi sembra che eri d’accordo!»
«Certo, non è
questo.» Fece una piccola pausa, prima di proseguire. «È che mi mancherai.»
Sansa si fermò e
cercò gli occhi verdi di Tyrion.
Lui era così abile
con le parole, ne conosceva molte più di lei e a volte sfoggiava quelle più
desuete solo per sentirla ridere, poiché le pronunciava con un certo accento. «Nessuno
parla più così» era solita commentare, divertita.
Aveva notato che,
quando c’erano di mezzo i sentimenti, le sue abilità oratorie venivano meno.
Sapeva quanto gli era costato fare un’ammissione del genere.
Ed
eccolo lì, il mio fidanzato coraggioso.
C’era ancora chi
associava l’aggettivo forte alle abilità fisiche, più visibili, ma Sansa era
consapevole che esistevano diverse tipologie di forza. E in quel momento Tyrion non aveva nulla da invidiare all’immagine del
cavaliere dall’armatura scintillante sul suo cavallo bianco che affrontava
prove e ostacoli per salvare la principessa, l’eroe delle storie che amava da
bambina.
«Anche tu mi mancherai.
Lo sai.»
Lo sapeva, ma non
cambiava le cose. Quella sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco non
accennava a sparire.
«Lo faccio per mia
madre» continuò lei. «Non ha nessuno vicino. I miei fratelli e mia sorella
vivono lontano.»
Come
te del resto. A quanto sembrava, era l’unica disposta a
cambiare il proprio stile di vita, a sacrificare la propria relazione per stare
vicino alla madre sola. Forse, se Tyrion avesse avuto
un simile legame stretto con la propria madre o con una figura femminile da
considerare come tale – poiché Tyrion non aveva mai
conosciuto Joanna, che morì dandolo alla luce – avrebbe compreso meglio la
scelta, come figlia, di Sansa.
«E da quando è
morto papà, lei è molto triste…»
«Me l’hai detto.
Sei troppo buona.»
Lei tornò a
occuparsi della valigia. Inserì il beauty case e la chiuse. Trafficò un po’ con
le cerniere. La sua borsa sembrava una piccola bomba, pronta a esplodere, non
riusciva a farci stare dentro tutto.
«Accidenti!» e si
lasciò prendere dalla foga.
Tyrion
comprese che era giunto il momento di intervenire. Le si avvicinò, la calmò e
insieme riuscirono nell’impresa.
Alla fine alzarono
la testa e i loro sguardi si incrociarono.
Stettero così,
occhi negli occhi, a leggere le emozioni l’uno dell’altra.
«Sei la mia
primavera. Andandotene, la porti via con te.»
Era la prima volta
che le confessava come si sentiva, quando lei era a Londra. Poteva immaginare
che mesi tristi e grigi sarebbero stati i suoi.
Non svuotava del
tutto la casa, perciò non era un addio definitivo, ma nonostante se lo
ripetesse all’infinito non era abbastanza per rassicurarlo una volta per tutte.
Tutto ciò che prima era colorato e vivo perdeva quelle tonalità accese,
assumendone alcune più sbiadite, era come se l’ambiente rispecchiasse le sue
emozioni, un po’ come una pianta che si raggrinziva perdendo pian piano linfa
vitale.
Sansa avrebbe
portato quella gioia e quel calore altrove. E non faticava a immaginare il
volto radioso di Catelyn Stark alla vista della
figlia.
Per lui sarebbe
stato un lungo inverno. E, sebbene fosse la stagione preferita di Sansa, senza
di lei non avrebbe saputo apprezzarla allo stesso modo.
«Potresti venire
via con me?» gli chiese, conoscendo già la risposta. Ne avevano già discusso.
«Non posso.»
Suo padre, Tywin Lannister, non gli avrebbe
permesso di seguirla, perché lo voleva nell’ufficio dell’azienda di famiglia,
alla sede centrale di New York.
Non era un uomo
avvezzo a regalare complimenti in generale, con Tyrion
era particolarmente avaro di buone parole, tuttavia il giovane Lannister riusciva a cogliere nella durezza degli occhi del
padre e nell’impercettibile sollevamento delle sue labbra in un piccolo sorriso
la soddisfazione per un lavoro ben fatto.
All’inizio gli
aveva proposto l’incarico con la convinzione che il suo terzo genito non avrebbe
saputo destreggiarsi in quel campo, ma a poco a poco si era dovuto ricredere,
poiché Tyrion aveva dimostrato un’abilità innata
nella gestione. Inoltre era riuscito a risollevare la situazione, la ditta
allora registrava un calo non indifferente.
Non sarebbe
servito persuaderlo che la maggior parte del suo lavoro l’avrebbe potuta
svolgere tranquillamente anche dall’Inghilterra e che, in caso, avrebbe potuto
prendere un aereo per assistere alle riunioni e agli incontri più importanti.
Al momento il padre
era concentrato a conquistare più stati possibili dell’America, non si sarebbe
sognato di espandersi e approdare in Gran Bretagna.
Era certo,
tuttavia, che se al suo posto ci fosse stato Jaime, Tywin
avrebbe trovato del tempo per ascoltarlo e alla fine lo avrebbe accontentato. Era
chiaro a tutti che era il suo preferito.
Il
figlio d’oro.
E Jaime aveva
l’ardire di vivere la sua vita, di andarsene in giro, quasi noncurante
dell’adorazione del genitore. Era così ingiusto, perché lui e Cersei facevano di tutto per avere anche solo un briciolo
dell’attenzione e dell’approvazione che Tywin
riservava al fratello.
«E poi non sono
sicuro che a tua madre farebbe piacere. È convinta che io ti abbia rapito.»
«Ah, il mio Ade!»
allungò una mano e gli accarezzò il viso, dolcemente.
«Per lei sono io
il cattivo, non c’è nessun dubbio» chiuse gli occhi, per assaporare il suo
tocco. Le ricordava un gatto, desideroso di coccole. La mano di lui si posò
sopra quella di lei, imprigionandola in quella posizione, allungando quella
carezza il più possibile.
Sansa percepì in
quel gesto la sua paura; paventava che lei se ne andasse di punto in bianco e
che non tornasse più. Per lei era un timore insensato, ma lo comprendeva: ogni
tanto Tyrion si convinceva di non meritare il suo
amore, che era impossibile che lei potesse ricambiare i suoi sentimenti.
«Dipende chi
racconta la storia» e gli fece l’occhiolino.
«E nella tua
versione, che ruolo ricopro?»
Seppure la domanda
era stata posta per gioco, Sansa la soppesò seriamente.
«Direi che non sei
un cattivo. Sebbene tu possa essere molto vendicativo verso chi ti ha fatto un
torto…»
La sua espressione
cambiò come se volesse dire qualcosa, come se volesse dissentire, ma poi ci
ripensò.
In fondo non
avrebbe potuto negare.
«Ma del resto non
sei nemmeno il classico buono.»
Non si aspettava
un’affermazione simile, non gli piacque molto.
«Saresti un
personaggio complesso, uno di quelli che o si amano o si odiano. Hai presente
quei personaggi né neri, né bianchi, ma a metà via? I personaggi grigi, quelli
che hanno una profondità da avvicinarli alle persone reali. Sono complessi,
perché hanno sentimenti, motivazioni e desideri, a volte anche contrastanti. Ne
avrai incontrato qualcuno nelle tue letture, no?»
Non era così
comune, ma sì, gli era capitato di trovare personaggi caratterizzati così bene
da riuscire a immaginarli in carne e ossa accanto a sé, sentirli così vicini
come se fossero degli amici, con i quali si poteva fare una bella chiacchierata
e con l’umore sbagliato arrivare anche a litigarci.
«Sarebbe
divertente leggere un tuo punto di vista, perché non risulterebbe mai noioso»
gli sorrise.
L’aveva convinto,
non si dispiacque per non essere stato considerato tra i buoni, perché in fondo
da quella descrizione una sua ipotetica controparte letteraria sarebbe stata
più interessante e oggetto di diversi dibattitti tra i lettori.
«Comunque dovresti
ricordare a tua madre che è stata tua la scelta di vivere qui in America. Non
ti ho costretto. In fondo non ci conoscevamo ancora…»
«Ma lo sa, le ho
raccontato della nostra storia. Mi vede ancora come la sua bambina, non riesce ad
accettare fino in fondo il fatto che sia cresciuta, che abbia lasciato il nido
per avere una vita tutta mia.»
«Quello che
potrebbe rapirti o farti del male in qualche modo, semmai, è quel Baelish…»
«Petyr Baelish, l’amico della
mamma? Ma no dai, che dici?»
Credeva fosse una
battuta, ma la sua espressione era seria. Le sembrava un po’ esagerata come affermazione.
Era strano come i
due uomini, che non si erano mai incontrati di persona, provassero una strana
antipatia reciproca. Quando si trovava a Londra, più di una volta Baelish l’aveva ammonita su Tyrion:
a suo avviso, sarebbe arrivato presto il momento in cui lui l’avrebbe lasciata,
perché si sarebbe stufato di lei. E l’avrebbe fatta soffrire: questo Petyr non l’avrebbe permesso.
«Sono
tutti uguali i tipi come Tyrion»
sosteneva di continuo l’amico d’infanzia della mamma.
Sansa si trovava
d’accordo su una cosa: avrebbe provato molto dolore per una loro eventuale
rottura. Baelish non conosceva affatto il suo compagno,
era sicura che non l’avrebbe mai lasciata per un motivo simile.
Se mai avesse
deciso di farlo, era sicura che avrebbe messo al primo posto il suo benessere, sostenendo
che l’avrebbe fatto per lei, che sarebbe stata la scelta migliore, perché così
non avrebbero potuto continuare. Tyrion l’avrebbe
lasciata andare, perché convinto che lui non poteva offrirle quello che
desiderava e che un giorno avrebbe trovato l’uomo giusto per lei. Questo era
più il suo stile.
Ma per arrivare a
tanto, significava che aveva smesso di lottare e di credere in loro.
«Da quello che mi
hai raccontato di lui, non mi ha fatto una bella impressione. Non mi piace. Non
ti fidare troppo, fa’ attenzione. Me lo prometti?»
In effetti, quello
era un ottimo consiglio. A pensarci bene, Sansa aveva notato degli
atteggiamenti che lì per lì non le erano sembrati sospetti, ma a un’analisi
successiva, li aveva considerati quanto meno particolari. Non era chiaro cosa
volesse in realtà Petyr Baelish.
Forse avrebbe dovuto mettere all’erta la madre circa le sue intenzioni ambigue.
Era certa che non l’avrebbe presa sul serio, perché era impensabile, per sua
madre, che una persona così distinta come Petyr Baelish potesse tramare alcunché.
Iniziava a credere
che Tyrion, dopotutto, ci aveva visto giusto.
«Certo. Non
abbasserò la guardia» gli promise.
A queste parole le
sembrò che i suoi lineamenti si distesero un po’.
Tuttavia quel
sollievo non lo riscontrò nella profondità dei suoi occhi. Erano di quel verde
scuro che assumevano ogni qual volta il suo amato era preoccupato o turbato.
Sapeva quasi
sempre quando dei pensieri negativi, tristi o cupi gli passavano per la mente.
Aveva fatto del
suo meglio per non lasciarsi prendere dalle emozioni, ma in quell’istante
realizzò che da lì a poche ore sarebbe salita su un aereo alla volta di Londra e
si sarebbe lasciata dietro Tyrion. Per i mesi futuri
lo avrebbe sentito solo per telefono, non avrebbe potuto più toccarlo o
abbracciarlo, non avrebbero condiviso i pasti insieme, non avrebbero più
guardato un film o una serie tv accoccolati sul divano.
Se all’inizio
aveva creduto che mantenere una relazione a distanza non era poi così difficile
come sostenevano tutti, ora iniziava a sentirne il peso.
Avrebbero dovuto
trovare una soluzione alternativa, non era sicura che sarebbe stata in grado di
sopportare molti altri anni in questo modo.
Per quanto avesse
voluto resistere e lasciargli un’immagine di una donna forte, Sansa comprese
che non ce l’avrebbe fatta. Per nascondere le lacrime che erano sul punto di
sgorgare, si lanciò tra le sue braccia.
Tyrion
l’accolse, come sempre. Poteva contare su di lui, per lei ci sarebbe sempre
stato. Era la sua rete di salvataggio.
Non le chiese
nulla, ma comprensivo la consolò, ricambiando l’abbraccio. Lo faceva anche per se stesso, ne aveva bisogno. In quella stretta ci mise lo
stesso impeto e la stessa sofferenza. Le si aggrappò come un naufrago avrebbe
fatto allo scoglio, per non lasciarsi trasportare dalle onde del mare, ne
andava della sua vita.
Inspirò il suo
profumo per memorizzarlo, scongiurando il timore di dimenticare ogni cosa che
la riguardava. Non voleva essere come un puzzle senza un pezzo, quello spazio
vuoto che attraeva incessantemente la vista, dimenticandosi così dell’immagine
che raffigurava nel suo insieme.
Era leggermente
drammatico, se ne rendeva conto, ma da quando Sansa era entrata a far parte
della sua vita, non riusciva a immaginare un futuro senza di lei.
Indugiarono più
che poterono, stretti l’uno nell’altra, traendo forza dall’altro.
Giunse il momento
di separarsi. Sansa si asciugò gli occhi e con voce flebile gli disse: «Ce la
faremo. Sei mesi passano in un attimo.»
«Io sono sempre qui.
Ti aspetterò» e le sorrise. Non appena lei si voltò, una lacrima gli solcò la
guancia.
Ciao a tutti!
E dopo
un’eternità, ritorno a scrivere. Ne sono molto contenta, perché – tanto per
cambiare XD – ero in blocco. Non sono certa di esserne proprio uscita, ma in
ogni caso sono riuscita a produrre qualcosina. È un grande passo in avanti. Yey!
La storia
partecipa alla Greek Mythology challenge del forum Writings Games -Ferisce più la penna indetta
da Coraline.
Ho visto il prompt
Ade e Persefone e mi si è accesa l’ispirazione.
Chi altri potevano
essere i soggetti se non Tyrion e Sansa? Come sapete
la Sanrion è la mia otp.♥
Ah, buon Tyrion appreciation
month a tutti! C:
Grazie per l’attenzione.♥
Fatemi sapere cosa
ne pensate. :)
Bene, mi ritiro
nel mio angolino. ^^
Alla prossima! ;)
Selly